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Articolo 1134 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Gestione di iniziativa individuale

Dispositivo dell'art. 1134 Codice Civile

(1)Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente [1110](2).

Note

(1) Articolo così modificato con legge 11 dicembre 2012, n. 220.
La modifica ha mutato il riferimento al condomino che "ha fatto spese per le cose comuni" in "condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni".
In ogni caso, resta fermo che il condomino ha solo la facoltà, e non il dovere, di intervenire per riparazioni urgenti.
(2) Sono urgenti le spese che non possono essere rinviate senza che da ciò ne derivi un danno per il condominio (es. riparazione di una tubatura rotta che ha causato l'allagamento delle scale) e senza che vi sia il tempo di avvertire l'amministratore o gli altri condomini.
Il rimborso delle spese anticipate da parte del singolo condomino si regge sui due presupposti oggettivi dell'urgenza e della trascuranza, intesa come omissione nella cura che si richiederebbe.
Quanto alle spese non urgenti, si ritiene in dottrina che, trattandosi di adempimento di obbligazione naturale (art. 2034 del c.c.), non nascerebbe il diritto alla ripetizione.

Ratio Legis

La disposizione prevede per il condominio una disciplina distinta da quella in materia di comunione, in ordine alle spese sostenute dal singolo condomino per la cura delle parti comuni dell'immobile.
In mancanza di una specifica autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea, l'onere economico che spetta al singolo condomino per il condominio non viene, infatti, restituito, anche se indispensabile; tali spese vengono, infatti, rimborsate esclusivamente qualora, oltre che necessarie, esse siano altresì urgenti.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

531 Nell'art. 1128 del c.c., che regola il caso di perimento totale o parziale dell'edificio, è riprodotto con lievi varianti l'art. 15 del R. decreto-legge 15 gennaio 1934. In forma più sintetica che negli articoli 17 e 18 del menzionato decreto-legge sono determinate (art. 1130 del c.c.) le attribuzioni dell'amministratore. Esse riguardano precisamente: l'esecuzione delle deliberazioni dell'assemblea e l'osservanza del regolamento di comunione; la disciplina dell'uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell'interesse comune; la riscossione dei contributi e l'erogazione delle spese per la manutenzione ordinaria delle parti comuni e per i servizi suddetti; il compimento degli atti conservativi dei diritti relativi alle parti comuni dell'edificio. Integrando la norma dell'art. 16, secondo comma, del R. decreto-legge 15 gennaio 1934 sulla obbligatorietà della nomina di un amministratore quando il numero dei condomini è superiore a quattro, ho demandato all'autorità giudiziaria tale nomina, su ricorso di uno o più condomini, se non provvede l'assemblea (art. 1129 del c.c., primo comma). Ho poi regolato casi in cui l'amministratore, su ricorso di ciascun condomino, può essere revocato dall'autorità giudiziaria. La revoca può essere pronunciata: se per due anni l'amministratore non ha reso conto della sua gestione; se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità; se, essendogli stato notificato un atto o provvedimento che esorbita dalle sue attribuzioni, non ne abbia dato senza indugio notizia all'assemblea dei condomini (art. 1129, terzo comma). Nel riprodurre le disposizioni dell'art. 20 del R. decreto-legge 15 gennaio 1934 circa la rappresentanza dei condomini, ho sostituito alla formula del secondo comma una formula che amplia l'ambito della rappresentanza conferita all'amministratore nelle liti promosse contro i partecipanti (art. 1131 del c.c., secondo comma). La rappresentanza passiva è infatti estesa a qualunque azione proposta contro i condomini, e pertanto anche alle azioni di carattere reale, purché si riferiscano alle parti comuni dell'edificio. Ho mantenuto (art. 1132 del c.c., primo comma) la disposizione dell'art. 21 del decreto-legge su indicato, che consente ai condomini dissenzienti, nelle deliberazioni relative alle liti, di separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze delle liti stesse per il caso di soccombenza; ma, poiché la separazione di responsabilità non opera nei rapporti esterni, ma soltanto nei rapporti interni, ho riconosciuto al condomino che ha separato la propria responsabilità, il diritto di rivalsa per tutto ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa nel giudizio (art. 1132, secondo comma). Può darsi però che l'esito della lite sia favorevole al condominio e il condomino dissenziente ne tragga vantaggio; in tal caso, se non è possibile ripetere dalla parte soccombente le spese del giudizio, è giusto che egli concorra in queste nei limiti del vantaggio che gli deriva, poiché altrimenti il vantaggio sarebbe da lui realizzato ad esclusivo carico degli altri partecipanti alla comunione (stesso articolo, terzo comma). Ho conservato (art. 1133 del c.c.) la facoltà del condomino, ammessa dall'art. 19 del decreto medesimo, di ricorrere all'assemblea contro i provvedimenti dell'amministratore, senza pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria contro le deliberazioni dell'assemblea nei casi in cui l'impugnativa è ammessa. Ho infine circoscritto, al fine d'impedire dannose interferenze nell'amministrazione, il diritto di rimborso delle spese che il condomino abbia fatte per le cose comuni senza l'autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea, riconoscendo tale diritto nel solo caso che la spesa abbia carattere di urgenza (art. 1134 del c.c.).

Massime relative all'art. 1134 Codice Civile

Cass. civ. n. 5995/2022

Al supercondominio si applicano le stesse regole del condominio negli edifici. Ai sensi dell'art. 1134 c.c., il caseggiato facente parte del supercondominio, che ha eseguito a proprie spese lavori di manutenzione su parti comuni al complesso edilizio "supercondominiale", senza autorizzazione dell'assemblea del supercondominio, non ha diritto al rimborso.

Cass. civ. n. 27106/2021

Nella materia condominiale, il diritto al rimborso delle spese sostenute dal singolo condomino per la gestione delle cose comuni ai sensi dell'art. 1134 c.c., a differenza di quanto previsto dall'art. 1100 c.c. nella comunione ordinaria, non insorge in caso di trascuranza degli altri comunisti, ma presuppone il requisito dell'urgenza, intendendo la legge trattare con rigore la possibilità che il singolo possa intervenire nell'amministrazione dei beni in proprietà. (Nella specie la S.C. ha confermato la pronuncia di merito che su un condominio minimo aveva negato il diritto al rimborso delle spese anticipate per le parti comuni, attesa la carenza del requisito della loro indifferibilità).

Cass. civ. n. 19254/2021

La diversa disciplina dettata dagli artt. 1110 e 1134 c.c. che condiziona il diritto al rimborso delle spese sostenute dal partecipante per la conservazione della cosa comune, rispettivamente nella comunione e nel condominio di edifici, in un caso, a mera trascuranza degli altri partecipanti e, nell'altro caso, al diverso e più stringente presupposto dell'urgenza, trova fondamento nella considerazione che, mentre nella comunione i beni comuni costituiscono l'utilità finale del diritto dei partecipanti, nel condominio i beni comuni rappresentano utilità strumentali al godimento dei beni individuali, sicché la legge regolamenta con maggior rigore la possibilità che il singolo possa interferire nella loro amministrazione.

Cass. civ. n. 620/2020

Ai fini dell'applicabilità dell'art. 1134 c.c., va considerata "urgente" non solo la spesa che sia giustificata dall'esigenza di manutenzione, quanto la spesa la cui erogazione non possa essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l'amministratore o l'assemblea dei condomini possano utilmente provvedere; nulla è invece dovuto in caso di mera trascuranza degli altri comproprietari, non trovando applicazione le norme in materia di comunione (art. 1110 c.c.).

Cass. civ. n. 33158/2019

Nella comunione ordinaria, a norma degli artt. 1110 e 1134 c.c., il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri compartecipi o dell'amministratore, abbia sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, può ottenerne il rimborso solo qualora provi tanto la suddetta inerzia, quanto la necessità e l'urgenza dei lavori.

Cass. civ. n. 10587/2019

L'intervento del singolo condomino a tutela dei beni condominiali, come l'iniziativa individuale di cui all'art. 1134 c.c., non è un obbligo ma una semplice facoltà, il cui mancato esercizio non può comportare responsabilità a carico dello stesso condomino.

Cass. civ. n. 17027/2018

Al condomino, al quale non sia riconosciuto il diritto al rimborso delle spese sostenute per la gestione delle parti comuni, per essere carente il presupposto dell'urgenza (richiesto dall'art. 1134 c.c.), non spetta neppure il rimedio sussidiario dell'azione di arricchimento senza causa.

Cass. civ. n. 9280/2018

In tema di cd. condominio minimo, in mancanza di tabelle regolarmente approvate, la quota di partecipazione alle spese gravante sui singoli proprietari deve essere determinata dal giudice in base alla disciplina del condominio di edifici di cui all'art. 1123 c.c. e, quindi, tenendo conto del valore delle loro proprietà esclusive, e non, invece, applicando la regolamentazione in materia di comunione prevista dall'art. 1101 c.c., secondo la quale, in assenza di altra indicazione degli accordi, le quote si presumono uguali.

Cass. civ. n. 20528/2017

Al condomino cui non sia riconosciuto il diritto al rimborso delle spese sostenute per la gestione delle parti comuni, per essere carente il presupposto dell’urgenza all'uopo richiesto dall'art. 1134 c.c., non spetta neppure il rimedio sussidiario dell’azione di arricchimento ex art. 2041 c.c. in quanto, per un verso, essa non può essere esperita in presenza di un divieto legale di esercitare azioni tipiche in assenza dei relativi presupposti e, per altro verso ed avuto riguardo al suo carattere sussidiario, esso difetta giacché, se la spesa non è urgente ma è necessaria, il condomino interessato può comunque agire perché sia sostenuta, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1133 c.c. (con ricorso all'assemblea) e 1137 e 1105 c.c. (con ricorso all'autorità giudiziaria).

Cass. civ. n. 18759/2016

Il condomino che, in mancanza di autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea, abbia anticipato le spese di conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso purché ne dimostri, ex art. 1134 c.c., l'urgenza, ossia che le opere, per evitare un possibile nocumento a sé, a terzi od alla cosa comune, dovevano essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l'amministratore o gli altri condomini. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva riconosciuto il diritto al rimborso delle spese sostenute per opere di tinteggiatura e di intervento sugli impianti tecnologici, ritenendole, al contrario, non urgenti ma volte solo ad un miglioramento dell'immagine "commerciale" del condominio).

Cass. civ. n. 10865/2016

In tema di condominio negli edifici, il criterio discretivo tra atti di ordinaria amministrazione, rimessi all'iniziativa dell'amministratore nell'esercizio delle proprie funzioni e vincolanti per tutti i condòmini ex art. 1133 c.c., ed atti di amministrazione straordinaria, al contrario bisognosi di autorizzazione assembleare per produrre detto effetto, salvo quanto previsto dall'art. 1135, comma 2, c.c., riposa sulla "normalità" dell'atto di gestione rispetto allo scopo dell'utilizzazione e del godimento dei beni comuni, sicché gli atti implicanti spese che, pur dirette alla migliore utilizzazione delle cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere economico rilevante, necessitano della delibera dell'assemblea condominiale.

Cass. civ. n. 3221/2014

In tema di condominio negli edifici, ai sensi dell'art. 1134 cod. civ. (nel testo applicabile "ratione temporis"), il condomino può ottenere il rimborso della spesa fatta "per la cosa comune", sostenuta, cioè, in funzione dell'utilità comune, indipendentemente dalla circostanza che la spesa stessa sia stata fatta su cosa comune o di proprietà esclusiva.

Cass. civ. n. 27519/2011

Per aver diritto al rimborso della spesa affrontata per conservare la cosa comune senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea, il condomino che vi ha provveduto deve dimostrare, ai sensi dell'art. 1134 c.c., che ne sussisteva l'urgenza, ossia la necessità di eseguirla senza ritardo e senza poter avvertire tempestivamente l'amministratore o gli altri condomini. (Omissis).

Cass. civ. n. 21015/2011

La diversa disciplina dettata dagli artt. 1110 e 1134 c.c. in materia di rimborso delle spese sostenute dal partecipante per la conservazione della cosa comune, rispettivamente, nella comunione e nel condominio di edifici, che condiziona il relativo diritto, in un caso, a mera trascuranza degli altri partecipanti e, nell'altro caso, al diverso e più stringente presupposto dell'urgenza, trova fondamento nella considerazione che, nella comunione, i beni comuni costituiscono l'utilità finale del diritto dei partecipanti, i quali, se non vogliono chiedere lo scioglimento, possono decidere di provvedere personalmente alla loro conservazione, mentre nel condominio i beni predetti rappresentano utilità strumentali al godimento dei beni individuali, sicché la legge regolamenta con maggior rigore la possibilità che il singolo possa interferire nella loro amministrazione. Ne discende che anche nel caso di condominio minimo, cioè di condominio composto da due soli partecipanti, la spesa autonomamente sostenuta da uno di essi è rimborsabile solo nel caso in cui abbia i requisiti dell'urgenza, ai sensi dell'art. 1134 c.c.. (In base al suddetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto applicabile la disposizione di cui all'art. 1134 c.c. pur se, nella specie, il condominio non risultava formalmente costituito, con nomina dell'amministratore).

Cass. civ. n. 9743/2010

Per aver diritto al rimborso della spesa affrontata per conservare la cosa comune senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea, il condomino che vi ha provveduto deve dimostrare, ai sensi dell'art. 1134 c.c., che ne sussisteva l'urgenza, ossia la necessità di eseguirla senza ritardo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva riconosciuto il diritto del condomino al rimborso delle spese sostenute per l'opera di consolidamento del fabbricato condominiale, ritenendole senz'altro urgenti in virtù dell'esistenza di un'ordinanza comunale che aveva imposto l'esecuzione di tali lavori).

Cass. civ. n. 22898/2007

In tema di condominio, la cui disciplina codicistica trova applicazione anche nel caso, come nella specie, di due soli condomini, l'usufruttuario di una delle due unità abitative ha titolo per commissionare, legittimamente nei confronti dell'altro condomino, i lavori di riparazione urgente della cosa condominiale comune, essendo a tal fine abilitato ad agire anche in dissenso dell'intestatario della nuda proprietà.

Cass. civ. n. 3860/1986

Qualora, al fine del consolidamento delle strutture di un fabbricato condominiale, si renda indispensabile l'esecuzione di lavori, sia su porzioni comuni, sia in appartamenti di proprietà esclusiva di alcuni condomini, e, a fronte dell'inerzia di costoro, provvedano alle une ed alle altre opere altri condomini, ricorrendo al credito bancario per la disponibilità della somma all'uopo occorrente, a questi ultimi condomini deve riconoscersi, mediante azione generale di arricchimento ai sensi dell'art. 2041 c.c. (e stante anche la non invocabilità, nel rapporto fra condomini, delle disposizioni dell'art. 936 c.c. in tema di opere sul fondo altrui), il diritto di conseguire dai primi il rimborso delle spese affrontate, per la parte di loro spettanza, ivi compresi gli interessi bancari sopportati per conseguire detto prestito (e non quindi i minori interessi di cui al tasso legale, trattandosi di una componente dell'obbligazione principale di rimborso delle erogazioni effettuate dai condomini diligenti).

Cass. civ. n. 5264/1983

L'art. 1134 c.c., secondo cui il condomino non ha diritto al rimborso di spese fatte senza autorizzazione dell'amministratore e dell'assemblea, trova applicazione solo nel caso in cui le spese si riferiscono, alla riparazione di cose comuni e non pure allorché afferiscono ad opere dallo stesso effettuate nell'ambito della sua proprietà singola al fine di accertare le cause del danno verificatosi (nella specie infiltrazioni d'acqua) e la sua derivazione o meno dalla rottura di impianto condominiale (nella specie, condotta fognaria).

Cass. civ. n. 5356/1977

Ai sensi dell'art. 1134 c.c., il diritto del singolo condomino ad essere rimborsato dalle spese effettuate per le parti comuni dell'edificio, senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea, postula l'urgenza delle spese medesime, e, cioè, la loro indifferibilità, secondo il criterio del bonus pater familias, allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo nocumento. (Nella specie, premesso il principio di cui sopra, la Suprema Corte ha ritenuto correttamente escluso dai giudici del merito il diritto del condomino al rimborso di spese per riparazioni di danni derivanti da terremoto, tenuto conto che i relativi lavori erano stati intrapresi dopo circa tre anni dal verificarsi dei danni stessi, e, cioè, dopo un periodo di tempo più che sufficiente a richiedere il consenso degli altri condomini).

Cass. civ. n. 1934/1977

La mancata deliberazione ed approvazione, da parte dell'assemblea di un condominio, dell'obbligazione che il singolo condomino abbia assunto in rappresentanza e nell'interesse del condominio medesimo, non preclude al creditore di far valere le proprie ragioni nei confronti di quel condomino, salvo l'eventuale diritto di rivalsa di quest'ultimo nei rapporti con gli altri partecipanti.

Cass. civ. n. 2665/1976

Il divieto imposto al singolo condomino di eseguire, senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea, spese per la conservazione delle cose comuni, è ispirato al criterio di impedire dannose interferenze nell'amministrazione condominiale e cessa — ai sensi dell'art. 1134 c.c. — quando si tratti di spese urgenti, tali dovendo considerarsi quelle che, secondo il criterio del bonus pater familias, appaiono indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento della cosa comune. Ove abbia effettuato tali spese, il condominio può promuovere azione per il rimborso (detratta la sua quota) nei confronti del condominio rappresentato dal suo amministratore, essendo questi passivamente legittimato nei confronti di qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio.

Cass. civ. n. 2926/1974

Agli effetti previsti dall'art. 1134 c.c. va considerata urgente la spesa, la cui erogazione non può essere differita senza danno o nocumento alle cose comuni (od anche alle cose di proprietà esclusiva di taluno dei proprietari dell'edificio), ad un momento in cui l'amministratore valutandone l'indispensabilità, abbia la possibilità di impartire le necessarie disposizioni per compierla. Peraltro deve escludersi che possa riconoscersi connotazione di urgenza alla spesa erogata dal condomino, senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea, in pagamento di un'imposta non dovuta dal condomino, la quale, oltre che non essere urgente, non sarebbe neppure necessaria.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1134 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

A. L. F. chiede
lunedì 12/02/2024
“Salve
Ho un attico con terrazzo a livello ad uso esclusivo .
Domande:
Un solo lato e confinante con altro terrazzo privato (inutilizzato).
Ho provveduto a chiudere con veranda finestre scorrevoli la mia parte sino alla corrispondenza del mio muro laterale in quanto abitandoci mi entrava tutta la sporcizia col vento dal terrazzo adiacente inutilizzato e trascurato.

Volevo sapere se posso mettere per la privacy e sicurezza frangivento e sino a che altezza.
In ultimo ho provveduto a coibentare (cappotto) sia il tetto mio (ma condominiale) e le pareti dell’appartamento.
Erano in condizioni pietose e filtrava l’acqua nei muri ma il condominio non ha mai fatto nulla tanto che la mia vicina di fronte anche lei aveva provveduto dopo un anno di solleciti a provvedere da se richiedendo all’amministratore il risarcimento.
Grazie mille”
Consulenza legale i 17/02/2024
Come principio generale non è vietato che il condomino assuma su di sé l’onere di mantenere delle parti comuni dell’edificio: questa è una facoltà prevista dall’art. 1102 del c.c. e ribadito in buona sostanza anche dall’art. 1134 del c.c. Tale ultima norma prevede la possibilità che il condomino assuma la gestione della cosa comune senza l’autorizzazione degli organi condominiali, escludendo però che per detta attività il proprietario diligente possa essere rimborsato di quanto elargito di tasca propria, se non nel caso in cui si dimostri l’urgenza della spesa sostenuta.
Secondo la giurisprudenza maggiormente accredita ai fini dell’art. 1134 del c.c. la spesa può definirsi urgente quando essa appia necessaria per evitare un possibile, anche se non certo nocumento alla cosa comune (Cass. 4330/2012; Cass. 6400/1984; Cass. 475/1972). L’urgenza, quindi, deve essere commisurata alla necessità di evitare che la cosa comune arrechi a sé o a terzi o alla stabilità dell’edificio un danno ragionevolmente imminente, ovvero alla necessità di restituire alla cosa comune la sua piena ed effettiva funzionalità (Cass. 20151/2013).

Quindi se si volesse ottenere dal condominio il rimborso di quanto speso per la coibentazione del tetto si dovrebbe in sostanza sostenere e provare in giudizio la natura urgente della spesa, nei termini descritti dalla giurisprudenza citata. Da una rapida analisi del quesito però non pare che la coibentazione del tetto sia stata talmente urgente da giustificare il rimborso della spesa ai sensi dell’art.1134 del c.c. da parte del condominio, pur rimanendo comunque lecita e non censurabile l’iniziativa intrapresa dall’autrice del quesito.

Venendo a trattare poi il problema riguardante l’installazione del frangivento, non vi è una norma specifica che indica fino a che altezza è possibile installare un tale manufatto: la cosa migliore, suggerita in un certo senso anche dalla giurisprudenza, è quello di usare buon senso e soprattutto di rispettare le caratteristiche costruttive del fabbricato condominiale: in questo senso si richiama il rispetto del decoro architettonico del palazzo.
La giurisprudenza, infatti, è concorde nel ritenere che in ambito condominiale la normativa sulle distanze legali non trovi una applicazione in senso assoluto in quanto l’art.1102 del c.c. non deroga espressamente a quanto dispone il codice civile in merito alle distanze delle costruzioni dalle vedute. Nel condominio è il giudice di merito che deve verificare caso per caso se la normativa sulle vedute e sulle distanze sia o meno compatibile con i diritti dei condomini, tenendo in debito conto la struttura dell’edificio, le caratteristiche dello stato dei luoghi e il particolare contenuto dei diritti e delle facoltà spettanti ai proprietari. (Cass. n. 22838/2005).

Molto interessante per il caso specifico è Cass. n. 3891/2000 che ha reputato corretta la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto legittima l’installazione da parte di un condominio della tettoia in lamiera di una tenda parasole, quest’ultima conforme al tipo e colore previsti dal regolamento condominiale, in virtù del principio secondo cui nell’ambito di un unico immobile condominiale le norme che regolano i rapporti di vicinato trovano applicazione solo in quanto compatibili con la struttura dell’edificio e con le caratteristiche dello stato dei luoghi.



M. P. chiede
sabato 03/12/2022 - Sardegna
“Chiedo cortesemente un parere legale su una ristrutturazione di un muro maestro divisorio.
Siamo proprietari di una porzione di villa suddivisa in due unità immobiliari indipendenti. Il muro divisorio delle due unità è un muro maestro che si innalza di circa un metro oltre il nostro tetto. Su tale muro si poggia il tetto della seconda unità immobiliare con un bordo che aggetta sul tetto della nostra proprietà, più bassa. Poiché stiamo eseguendo dei lavori di ristrutturazione del tetto,si vorrebbe intervenire oltre che sul muro maestro, anche di nostra proprietà, su questa porzione di tetto del vicino che risulta pericolante e secondo la stima del nostro tecnico necessita di intervento urgente e indifferibile per evitare che porzioni di intonaco crollano sul nuovo tetto.
Poiché il nostro vicino si oppone ostinatamente e irragionevomente ad ogni nostra richiesta, vorrei sapere se legalmente è necessario il suo permesso per risanare questa piccola porzione di tetto aggettante o se, in quanto già in possesso dei permessi comunali per la ristrutturazione e la comunicazione sull urgenza di messa in sicurezza dell'immobile inviata all 'ufficio tecnico del comune, possiamo intervenire ed eseguire i lavori necessari anche con spese totalmente a nostro carico.
Grazie
Mi riservo di inviare foto”
Consulenza legale i 10/12/2022
Contrariamente a quanto si pensi, la villetta descritta nel quesito, la quale, a quanto par di capire, è suddivisa verticalmente in due unità immobiliari distinte, può giuridicamente considerarsi come un condominio minimo composto da soli due proprietari.
Il condominio così composto avrebbe tra le sue parti comuni quelle necessarie alla esistenza dell’edificio condominiale nel cui gruppo il n.1) dell' art. 1117 del c.c. fa espressamente rientrare i muri maestri, le travi portanti le fondazioni e i tetti.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con l’importantissima pronuncia n.2046 del 31.01.2006, hanno precisato in merito al condominio minimo che non vi è alcun motivo per negare a tale fattispecie l’applicazione delle norme di legge disciplinanti il condominio, non rilevando in alcun modo ai fini della predetta applicabilità il fatto che esso è composto da soli due proprietari.

Partendo da tale importante pronuncia delle Sezioni Unite è possibile ad esempio concludere che se è vero da un lato che il 1° co. dell’art. 1129 del c.c. esclude l’obbligo nel condominio minimo di nominare un amministratore, è parimenti vero che i compiti attribuiti dalla norma in commento a tale figura dovrebbero essere svolti direttamente dai due proprietari, alternativamente o congiuntamente tra loro.
In particolar modo il n.4 dell’art. 1130 del c.c. attribuisce all’ amministratore il fondamentale compito di compiere sulle parti comuni tutti gli atti conservativi, senza la necessità di una espressa autorizzazione della assemblea.
Tale norma, applicata al condominio minimo legittimerebbe un proprietario a compiere atti conservativi e urgenti sulle parti comuni, e quindi sul tetto dello stabile e sui muri maestri, senza il consenso dell’altro proprietario.
Trattandosi di spesa urgente, il proprietario diligente, una volta effettuato l’intervento, potrebbe richiedere all’altro condomino il rimborso pro quota delle spese anticipate invocando l’art. 1134 del c.c., applicato proprio dalle Sezioni Unite citate ad un condominio composto da soli due proprietari.

Quindi nel caso specifico attraverso l’applicazione della normativa condominiale si potrebbero compiere sul tetto e sulla trave maestra della villetta, senza il consenso dell’altro proprietario, tutti quegli interventi ritenuti necessari a mettere in sicurezza l’edificio, per poi richiedere ai sensi dell’art. 1134 del c.c. il rimborso pro quota di quanto sostenuto, eventualmente attraverso il ricorso alla autorità giudiziaria.

Si deve però fare una importante precisazione, in quanto tale soluzione può trovare applicazione solo ed esclusivamente per quegli interventi necessari a mettere in sicurezza le parti comuni, non per un intervento di ristrutturazione definitivo e completo.
Per questa seconda tipologia di interventi, se permane disaccordo tra i due condomini, l’unica strada è quella di ricorrere al giudice ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 1105 del c.c.
Si precisa ad ogni modo che la soluzione che si è descritta è stata consigliata avendo come punto di riferimento la necessità dell’autore del quesito di evitare, almeno in prima battuta, il ricorso al giudice.

È chiaro, tuttavia, che essa presente delle criticità nel momento in cui si compiono degli interventi sull’edificio senza il preventivo consenso dell’altro proprietario o senza aver prima ottenuto un provvedimento del giudice che autorizza i lavori quantomeno urgenti. Per tale motivo, prima di compiere un qualsiasi intervento è comunque opportuno inviare all’altro condomino una comunicazione per mezzo di una raccomandata con ricevuta di ritorno avvisandolo della intenzione di compiere i lavori di messa in sicurezza del tetto in quanto bene comune condominiale, indicando giorno e ora di inizio dei lavori, e riservandosi ovviamente di richiedere il rimborso pro quota delle spese sostenute ex art. 1134 del c.c.

Ad ogni modo, pur capendo le esigenze concrete dell’autore del quesito, il modus operandi che ci si sente di consigliare è quello di effettuare i lavori sul tetto e sulle altre parti comuni dell’edificio solo dopo essersi rivolti ad un legale ed aver ottenuto dalla autorità giudiziaria un provvedimento che legittimi e autorizzi l’intervento.
La strada che si è descritta, infatti, dovrebbe essere percorsa solo nel caso in cui il tetto versi in condizioni tali da temere un crollo imminente. Ovviamente prima di compiere qualsiasi intervento sarebbe anche necessario procurarsi una perizia di un tecnico che certifichi la situazione dell’edificio.


U. M. chiede
mercoledì 13/07/2022 - Lazio
“Buongiorno, nel mio condominio, a causa della mancata manutenzione, tutti i frontalini della facciata (di competenza condominiale) sono in stato di degrado (ferri della struttura scoperti). Tre anni or sono si sono verificati crolli delle tende parasole e il condominio ha effettuato un massivo intervento di messa in sicurezza, che però in assenza di interventi ricostruttivi ha favorito l’ulteriore degrado delle strutture.
Due anni fa un condomino che aveva appena comprato l’immobile si è rivolto autonomamente ad Alfa per la ricostruzione del suo frontalino. Un anno fa l’amministratore visto lo stato dei luoghi (ferri scoperti, crolli ampi dei forati dell’impalcato, distacco di estese parti dell’intonaco assai pronunciate per le le infiltrazioni provenienti dal sovrastante terrazzo condominiale) mi disse che sarebbe intervenuto per il rifacimento del mio frontalino, fissando un giorno per togliere le tende ed iniziare i lavori.
Tolte le tende a mie spese, tuttavia l’amministratore rivolgendosi anche lui ad Alfa constatava che il costo dell’intervento era superiore al previsto e necessitava dell’autorizzazione dell’assemblea. In sua vece mandava un lavorante incapace che solo per tappare una parte dei buchi del soffitto del mio terrazzo, senza poter intervenire sui ferri esterni, mi ha impegnato per 20 giorni. A quel punto, esasperato poiché a mio avviso non sussistevano neppure le condizioni di sicurezza e comunque, vista l’inconcludenza e per evitare ulteriori perdite di tempo, ho chiesto all’amministratore il permesso per operare autonomamente. Concesso il permesso, ho fatto fare a mie spese i lavori. Un anno dopo l’assemblea del condominio sembra intenzionata a fare i lavori e sta esaminando l’offerta sempre di Alfa valida per circa 20 frontalini e quindi ad un costo unitario leggermente inferiore.
Vorrei sapere in quali termini di diritto posso rivendicare le spese in precedenza sostenute così come fatturate.”
Consulenza legale i 16/07/2022
Il balcone è sicuramente uno dei manufatti più complessi e controversi del edificio condominiale, in quanto ogni sua parte soggiace ad un regime giuridico differente e ciò, come è facile immaginare, ha causato diversi contenziosi che hanno portato negli anni la giurisprudenza sia di merito che di legittimità ad affrontare il tema diverse volte.
Per fortuna vi sono alcuni punti fermi, come ad esempio i frontalini. I frontalini vengono considerati dai giudici parte integrante della facciata dello stabile e quindi bene comune: si deve però prestare attenzione a cosa si fa riferimento con il termine "frontalini", perché la giurisprudenza quando parla di questi fa riferimento solamente alla parte esterna e frontale della soletta dei balconi (comunemente detta "ringhiera", se fatta di ferro) e non anche ad altri elementi del balcone.

Più controverso, invece, è il sotto balcone, anche detto cielino, ovvero quella zona posta sotto al balcone del nostro vicino del piano di sopra e che funge anche da tetto del nostro balcone. Una parte della giurisprudenza più remota applicando l’art.1125 del c.c. ritiene che la manutenzione e il ritinteggio del cielino competa al proprietario dell’appartamento al piano sottostante, in quanto esso funge da tetto del suo balcone. Vi è però una giurisprudenza più recente, che pare si stia affermando tra i giudici, che considera il sotto balcone come una parte che rimane in proprietà esclusiva al proprietario del balcone del piano di sopra e che quindi spetterebbe a lui e a lui solo manutenere e ricostruire, se necessario.

Tale premessa, come vedremo a breve, si è resa necessaria per rispondere in maniera più esauriente al quesito posto. L’art 1134 del c.c. ci dice che: "Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente". Letta al contrario, tale norma sembra ammettere il rimborso delle spese sostenute dal singolo proprietario per la gestione e la manutenzione delle parti comuni se la gestione è stata autorizzata dall’amministratore o essa abbia il carattere dell’urgenza.

Detto ciò, per ottenere il rimborso da parte del condominio della spesa sostenuta il primo presupposto indispensabile è che si sia ottenuta l’autorizzazione alla spesa da parte dell’amministratore in carica e che tale autorizzazione sia stata rilasciata per iscritto. Se, infatti, non si è in possesso di alcun pezzo di carta che possa provare il rilascio del permesso da parte dell’organo amministrativo, il condominio avrebbe gioco facile nel negare il rimborso opponendo che la gestione è stata effettuata in assenza di un qualsiasi valido permesso. Di contro, non è detto che si possa validamente opporre a tale obiezione il fatto che i lavori sostenuti rivestano il carattere di urgenza, poiché i lavori per mettere in sicurezza i frontalini erano già stati fatti in passato.

In secondo luogo, le spese sostenute devono riguardare lavori di manutenzione e rifacimento dei soli frontalini e non anche del sotto balcone. Come infatti si è detto poco sopra, solo i frontalini possono considerarsi bene comune condominiale e come tali rientranti nel perimetro applicativo dell’art. 1134 del c.c., non anche i sotto balconi, per i quali è più complesso capire se si ha diritto o meno al rimborso. Se si aderisce infatti all’orientamento giurisprudenziale tradizionale che considera la manutenzione del cielino di competenza del proprietario del balcone del piano di sotto, non si avrebbe diritto ad alcun rimborso; se invece, al contrario, si aderisse all’orientamento più recente che pone in capo al proprietario del piano di sopra la manutenzione e il rifacimento del cielino del suo balcone di pertinenza, sarebbe a lui e solo a lui che si potrebbe avanzare, ai sensi dell’art.2031 del c.c., una eventuale richiesta di rimborso, e non al condominio nel suo complesso.


S.S. chiede
lunedì 11/10/2021 - Emilia-Romagna
“Buongiorno, ho installato, a mie spese, circa sette anni, nel condominio in cui vivo, una rete elettrificata scaccia piccioni, ora vorrei sapere se posso chiedere agli altri condomini il rimborso per la loro quota parte anche se i 4/10 di essi sono subentrati successivamente a tale installazione.<br />
Consulenza legale i 12/10/2021
La possibilità di chiedere un rimborso viene espressamente esclusa dall’art. 1134 del c.c. Tale articolo, da un lato riconosce il diritto del singolo condomino ad assumere su di se e a proprie spese la gestione delle parti comuni, ad esempio, come in questo caso, installando un manufatto utile alla collettività del palazzo, ma dall’altro, espressamente esclude la possibilità di richiedere agli altri proprietari il rimborso di quanto speso, a meno che non si dimostri che l’esborso sostenuto rivesta il carattere dell’urgenza.

La giurisprudenza ha precisato in diversi arresti come possono definirsi urgenti ai fini dell’art.1134 del c.c. quelle spese che, secondo il criterio del buon padre di famiglia, appaiono indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo nocumento alla cosa comune. Purtroppo, ai sensi della giurisprudenza citata, non può ritenersi di certo urgente l’installazione di una rete elettrificata scaccia piccioni. La sua installazione, anche se senza dubbio ha reso più efficiente la cosa comune nell'espletare la sua funzione, era si utile ma altresì superflua e non necessaria per evitare un possibile pericolo o nocumento all'edificio condominiale.


Mariano A. chiede
lunedì 10/06/2019 - Lombardia
“L'amministratore, convoca l'assemblea per deliberare la mediazione obbligatoria prima di andare in giudizio contro il gestore di un locale bar/ristorante che svolge anche attività di ballo e musica dal vivo, quest'ultima attività illecita in quanto non consentita dal regolamento del condominio.
L'assemblea pur avendo raggiunto il quorum per deliberare, non raggiunge la maggioranza per dare incarico al legale per convocare la mediazione assistita tra le parti (probabilmente perché alcuni condomini non vogliono coinvolgimenti economici nella questione).
Il problema si porrebbe anche nella fase successiva, ossia ottenere una delibera per andare in giudizio, anche se questa delibera non è obbligatoria in quanto l'amministratore potrebbe procedere autonomamente senza.
Ma l'amministratore non intende procedere autonomamente ma solo su delibera assembleare.
Risulta che una parte del condominio (la maggioranza) non ha interesse a procedere contro il gestore del locale inosservante del regolamento condominiale, pertanto è necessario conoscere quali passi adottare per procedere e pretendere il rispetto del regolamento anche in caso di minoranza di consensi assembleari.

Consulenza legale i 17/06/2019
Prima di entrare nel merito della questione, è opportuno premettere che nel caso vi sia la necessità di promuovere una controversia che coinvolga l’intero condominio, presupposto indispensabile affinché l’amministratore possa validamente rappresentarlo, o in sede di procedure conciliative ante causa o nell’eventuale successivo giudizio, è l’autorizzazione assembleare.

L’unico caso in cui l’amministratore può coinvolgere il condominio in una lite senza l’indispensabile passaggio assembleare, è quello in cui si debba procedere giudizialmente per il recupero degli oneri condominiali: questo perché il n. 3) dell’art. 1130 c.c. attribuisce direttamente al professionista il compito di procedere all’incasso dei contributi. Anche nel caso appena descritto, però, qualora le operazioni di recupero del credito condominiale dovessero complicarsi (si pensi alla necessità di dover instaurare procedure esecutive particolarmente gravose), è sempre buona norma, che ci sia una autorizzazione assembleare.

Non può quindi stigmatizzarsi il comportamento dell’amministratore descritto nel quesito, che prima di intraprendere qualsiasi iniziativa a tutela di interessi condominiali richiede l’obbligatorio nulla osta da parte dei proprietari riuniti nell’assise.

E’ altrettanto possibile, poi, che per le ragioni più varie, ad esempio economiche, i proprietari decidano di non dare corso all'azione giudiziaria.
Tuttavia, a fronte del rifiuto della maggioranza dei proprietari, la minoranza interessata comunque ad instaurare delle iniziative, vuoi stragiudiziali vuoi giudiziali, a tutela degli interessi condominiali, non rimane priva di tutela.
La giurisprudenza ha infatti riconosciuto da tempo che la legittimazione ad agire in giudizio per interessi di natura condominiale, non è esclusivamente riconosciuta all’amministratore, ma anche ai singoli condomini, i quali possono autonomamente intraprendere tutte le iniziative necessarie a tutela degli interessi del condominio, nel momento in cui però l’azione giudiziaria sia tesa a tutelare non solo interessi riconducibili alla compagine condominiale nel suo complesso, ma anche, in maniera diretta ed immediata, interessi del singolo proprietario. (si veda da ultimo su tutte Cass. Civ., Sez.II, n. 2411 del 31.01.2018).

Il principio appena enunciato trova sicuramente applicazione nel caso descritto nel quesito, in quanto è interesse immediato e diretto del singolo proprietario far cessare i disagi arrecati alla sua proprietà dall’esercizio di una attività espressamente vietata dal regolamento di condominio (attività da ballo e musica dal vivo).

E’ chiaro che nel caso descritto saremmo di fronte ad una gestione intrapresa dal singolo proprietario senza autorizzazione né dell’amministratore di condominio, né della assemblea dei proprietari: pertanto, ai sensi dell’art.1134 del c.c., non si avrà diritto ad alcun rimborso da parte del condominio per le spese di lite eventualmente anticipate.
Nel caso in cui, però, l’esito della lite sia vittorioso, si ritiene che possa trovare applicazione il 3° co. dell’art.1132 del c.c.: pertanto i condomini dissenzienti che hanno tratto vantaggio dall’esito della lite, sarebbero tenuti a concorrere nelle spese di giudizio che non sono state recuperate dalla parte soccombente.

ANTONIO M. chiede
domenica 15/04/2018 - Puglia

“Il 16 giugno 1973, in località balneare, viene stipulato un atto notarile di compravendita-appalto tra il Proprietario di un lotto di suolo ed una Impresa edile, per la costruzione di un fabbricato tipo villa plurifamiliare di 5 unità abitative, di cui 3 al piano rialzato e 2 al primo piano, oltre a 5 box al piano interrato. Tale atto pubblico prevede, riservate a sé Proprietario del suolo, quanto segue:
1) Uno dei tre appartamenti al piano rialzato, i due appartamenti al primo piano e tre box al piano interrato, tutti ben delineati e contraddistinti nell'atto; di contro, all'Impresa va la proprietà dei restanti due appartamenti al piano rialzato, con relativi box, e la rimanente parte del suolo.
2) (letterale) "Dell'erigendo fabbricato saranno condominiali in quota millesimale le parti comuni del fabbricato, tali per legge, ai sensi dell'art. 1117 c.c.; con la precisazione che vengono esclusi da ogni diritto di uso e condominio il lastrico solare sull'intero primo piano del Sig. X [...omissis...(proprietario)] e sulle relative scalinate di accesso".
La costruzione viene iniziata il 30 giugno 1973 ed ultimata il 17 maggio 1974.
In data 30 giugno 1974 io stipulo l'atto di acquisto dall'impresa di un appartamento al piano rialzato oltre ad un box al piano interrato; stesso giorno e stesso notaio viene venduto dall'impresa l'altro ed ultimo appartamento confinante con il mio, con il relativo box al piano interrato.
Il giorno 31 marzo 1976 il Sig. X sottoscrive l'atto notarile contenente il verbale di consegna, da parte dell'Impresa, delle unità immobiliari di cui alle riserve nell'atto di compravendita-appalto, dichiarandosi pienamente soddisfatto.
In data 10 aprile 1976 e 15 aprile 1976 il Sig. X vende i suoi due appartamenti al primo piano con i suoi due box rimanenti, nei cui rogiti è letteralmente scritto: ".....; ed è stato trasferito, unitamente al box, nello stato di fatto in cui attualmente trovasi, con tutti i diritti, ragioni, azioni, oneri, accessioni e pertinenze; e con le servitù attive e passive derivanti dal condominio, attualmente esistenti; e con la quota indivisa delle parti del fabbricato comuni a norma dell'articolo 1117 del codice civile e seguenti.". In pratica, viene trasferita anche l'esclusione da ogni diritto di uso e condominio di cui al punto 2, in ogni rogito-passaggio di proprietà.
Ora, va tenuto conto che per oltre 40 anni i due proprietari del primo piano hanno tassativamente proibito agli altri condòmini l'accesso al lastrico solare, ribadendone la loro proprietà esclusiva e la totale esclusione condominiale; hanno sempre provveduto in proprio alla relativa manutenzione anche con posa di guaina impermeabilizzante, negandone l'accesso finanche ai manutentori delle antenne televisive, fissate soltanto sul cordolo perimetrale ma difficilmente raggiungibili da normali scale di lavoro. Nel maggio dello scorso anno 2017, come sempre fatto e senza alcuna preventiva comunicazione, essi hanno effettuato in proprio la reimpermeabilizzazione del lastrico solare; ma questa volta pretendono che la spesa di circa 10.000 euro venga divisa tra i cinque proprietari, adducendo l'urgenza come scusante, e minacciando ricorso legale a chi non paga.
Domanda: Io so bene che non avendo seguito l'iter dell'urgenza (che non c'era!) essi non hanno diritto a pretendere tale rimborso; ma il dubbio resta sulla validità della riserva citata al punto 2:
con la precisazione che vengono esclusi da ogni diritto di uso e condominio il lastrico solare sull'intero primo piano del Sig. X [...omissis...(proprietario)] e sulle relative scalinate di accesso".
Gradirei il Vostro illuminato parere legale. Grazie”
Consulenza legale i 23/04/2018
Per rispondere adeguatamente al quesito, è necessario innanzitutto chiarire il titolo che giustifica il diritto di proprietà esclusiva del lastrico solare, per poi andare ad analizzare la normativa che ne disciplina le spese di manutenzione.

1) Il titolo che giustifica la proprietà esclusiva del lastrico solare.

La proprietà esclusiva del lastrico solare trova la sua origine in una fattispecie a formazione progressiva. Con il rogito di acquisto del terreno del 16 giugno 1973, infatti, gli allora proprietari del terreno, oggi proprietari degli appartamenti al primo piano, obbligavano l’impresa costruttrice dell’allora erigendo fabbricato a farsi riservare la proprietà esclusiva del lastrico solare del primo piano. Una volta eretto il fabbricato, tale obbligo trovava attuazione nei rogiti che trasferivano la proprietà delle singole unità abitative ai futuri condomini; in essi, infatti, si andava a costituire la proprietà esclusiva sul lastrico escludendone la natura condominiale, richiamando il primo rogito del 16 giugno 1973.

Tale modalità di acquisto della proprietà è del tutto lecita, ed in ogni caso l’epoca oramai remota in cui i proprietari degli appartamenti del primo piano hanno preso possesso del lastrico solare (oramai 40 anni fa), ha comportato la maturazione del tempo necessario affinché si acquisisse la proprietà dello stesso per usucapione.

2) La ripartizione delle spese del lastrico solare ad uso esclusivo di un solo proprietario. L’urgenza dei lavori.

Il lastrico solare, anche se di proprietà esclusiva ad uno dei condomini, assolve ad una duplice funzione: esso è sia pertinenza dell’appartamento alla quale accede sia copertura dell’intero edificio, o quanto meno delle unità abitative ad esso sottostanti. Nel lastrico solare ad uso esclusivo convive quindi una doppia natura sia di proprietà esclusiva che di elemento condominiale. Tale duplice funzione è stata valorizzata dal legislatore nell’art. 1126 del c.c. Tale articolo prevede che le spese di manutenzione e ricostruzione del lastrico solare ad uso esclusivo di un condomino, debbano essere ripartite per 1/3 a carico del proprietario esclusivo, per 2/3 a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui lastrico serve. La quota di 2/3 deve essere poi suddivisa tra i restanti condomini, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno.

Essendo i restanti proprietari coinvolti dalla legge nella manutenzione del lastrico, nei termini dell’art 1126 del c.c. che si sono sopra illustrati, il proprietario esclusivo dello stesso non può escludere gli altri condomini nelle attività di manutenzione, come a sua volta l’amministratore di condominio, organo deputato alla gestione delle parti comuni dell’edificio, non può disinteressarsi alle attività di riparazione del lastrico e a vigilare circa il suo stato di manutenzione. Per questo motivo ogni lavoro riguardante la impermeabilizzazione del lastrico solare che vadano comunque ad incidere sulla sua funzione di copertura dell’edificio, dovranno essere deliberati dall’organo assembleare, il quale si esprimerà anche sulla scelta dell’impresa appaltatrice a cui affidare i lavori, sui costi degli stessi e sul riparto dei lavori tra i singoli proprietari, il quale dovrà essere redatto dall'amministratore seguendo quanto previsto dal citato art. 1126 del c.c.
Al contrario quei lavori che vanno ad incidere maggiormente sul godimento e sulla fruibilità del lastrico da parte del suo proprietario esclusivo, possono essere eseguiti da quest’ultimo in assoluta autonomia, sobbarcandosene le spese per intero: si pensi ad esempio al rifacimento della pavimentazione.

La giurisprudenza ha esteso l’applicabilità dell’art. 1126 del c.c. anche nel caso in cui dalla mancata manutenzione del lastrico solare, derivino danni da infiltrazione agli appartamenti sottostanti (si veda Cass. Civ. Sez. II, del 09.01.2017 n. 199). Anche per tali danni, secondo i giudici sono chiamati a rispondere per 1/3 il proprietario del lastrico solare, per i restanti 2/3 la compagine condominiale.

Il proprietario del lastrico solare, dovendo rispondere in caso di danni per infiltrazioni ai proprietari delle unità abitative sottostanti, ben può compiere in autonomia, in caso di disinteresse degli organi condominiali, quei lavori di copertura che si rendessero urgentemente necessari, al fine di evitare che i danni da infiltrazione possano sorgere, o, se già presenti, possano aggravarsi.
Tale facoltà viene prevista dall’art. 1134 del c.c. In tale articolo si prevede che un condomino non possa assumere in maniera autonoma la gestione di una cosa comune senza autorizzazione dell’amministratore dell’assemblea, salvo che si tratti di spesa urgente: in tale caso la normativa prevede che la spesa possa essere rimborsata al condomino che l’ha anticipata.
Ovviamente nel caso di lavori riguardanti il lastrico solare i cui costi sono stati legittimamente anticipati dal suo proprietario, deve trovare comunque applicazione l’art. 1126 del c.c: quindi il proprietario dovrà fare fronte ai lavori per la quota di 1/3, i restanti condomini per la quota di 2/3.
Al contrario qualora i lavori non fossero urgenti o, addirittura, fossero realizzati per soddisfare le sole esigenze di maggior godimento e fruibilità del lastrico da parte del suo proprietario, esso non avrebbe diritto ad alcun rimborso.

Rimane quindi da chiarire che cosa si deve intendere per lavori urgenti. La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha più volte statuito che la spesa urgente rilevante ai sensi dell’articolo 1134 del c.c., è quella che non può essere differita senza danno o pericolo, fino a quando l’amministratore o l’assemblea del condominio possa utilmente provvedere (si veda fra le tante: Cass. Civ. del 12 09 1980 n. 5256).

Ovviamente, qualora vi sia controversia circa l’urgenza o meno della spesa, e quindi il condominio non rimborsi spontaneamente quanto anticipato dal condomino, o nel caso di specie dal proprietario del lastrico solare, quest’ultimo sarà costretto a citare in giudizio l’intera compagine condominiale, per vedersi riconosciuto il suo diritto ad essere ristorato della somma spesa. In questo caso la giurisprudenza già citata ha specificato che incombe sul condomino che richiede il rimborso, l’onere di provare la sussistenza delle condizioni che imponevano di provvedere senza ritardo e che impedivano di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini. Qualora tale onere probatorio non fosse adeguatamente assolto, al giudice non rimarrà altra alternativa che rigettare la domanda giudiziale avanzata.

Tonino F. chiede
domenica 25/02/2018 - Lazio
“25/02/2018
Nota: ho già posto questa domanda, circa una settimana addietro, ma non sono riuscito a pagare, ripongo il quesito, di nuovo, completato in alcune sue parti
Abito in una palazzina di quattro piani più attico, il mio appartamento è al quarto piano sotto l'attico.
L'attico ha un suo lastrico solare, che si prolunga, senza discontinuità, fuori del perimetro della palazzina con un balcone di circa 25m²,e un altro di circa 6m²
la superficie totale del lastrico solare è di circa 105m², dei quali 75m² fungono pure come copertura dei piani sottostanti, e altri 30m² come prolungamenti di due tipici balconi esterni.
Tutti i piani sottostanti hanno gli stessi balconi, esterni di 25m² e 6m²,uno sotto l'altro.
Il terrazzo dell'attico ebbe 20/30 anni fa delle infiltrazioni sulla parte finale, (i 25m² esterni del balcone aggettante, che infiltrando si manifestavano, però, confinati solo sul tetto del suo balcone aggettante (che risulta essere contemporaneamente copertura del mio terrazzo di 25m² ugualmente anch'esso aggettante).
Dopo il rifacimento del lastrico solare, e "forse", in seguito altri interventi cautelativi o altre riparazioni localizzate e parziali, a spese del Proprietario dell'attico, non si è più verificata nessuna infiltrazione, in nessuna parte, da allora fino ad oggi (parliamo di 20/30 anni ?).
Nessuna perdita. "mai" (anche prima del vecchio rifacimento) dal lastrico solare vero che copre gli appartamenti sottostanti
Oggi, senza NESSUN reclamo di danni subiti dai condòmini sottostanti, veniamo a scoprire che si è deciso di rifare il lastrico solare, senza conoscerne però la motivazione. Forse una ristrutturazione anche di questo terrazzo, in corrispondenza di una mega ristrutturazione in atto dell'appartamento del nuovo inquilino. Ma!!! chi dovrà pagare i lavori, visto che da 20/30 anni, fino ad ora, nessuno dei condòmini sottostanti reclama per Danni in corso???
Domande:
1) si può dividere come responsabilità, la funzione di copertura dei 75m² che coprono gli appartamenti, dai 25m²(+6m²)dei balconi a tutti gli effetti.
2)si potrebbero fisicamente fare riparazioni parziali funzionali, solo al balcone che ebbe perdite e non coinvolgere fisicamente (con rifacimenti) il resto del lastrico solare senza perdite.
3)se sì!... ritengo che le spese per il restauro del solo balcone, siano tutte a carico del proprietario del balcone.
4)Se invece il restauro del balcone (che è il solo che perdeva) impone obbligatoriamente di fare una impermeabilizzazione, per essere efficace, con continuità su tutto il terrazzo del 5° piano, chi paga le spese?Sempre ...1) tutto il Proprietario? perché il danno si generava dal suo balcone, ed è Lui che, oggi, senza reclami di Terzi, ha deciso di fare questi lavori? o 2) le spese vanno divise tra Proprietario del balcone in toto per i m2 dei balconi a getto e i condòmini sottostanti, per il solo lastrico solare, coinvolti, però, solo per i 2/3 (legge 1126C.C.).O pagano, ma mi sembra illogico tutto, balconi più lastrico nei 2/3 (per l'articolo 1126) tutti i condòmini sottostanti?
A lume di logica mi aspetto che già (forse) la prima volta (all'epoca delle infiltrazioni) ed ancor più oggi in assenza di danni manifesti (essendo stato, allora, per di più il danno generato in una area di sua esclusiva proprietà), pur necessitando, eventualmente di lavori addizionali alla parte del lastrico solare sano, la spesa dell'opera dovrebbe essere tutta a carico del proprietario dell'attico.
Semplificando al massimo, in assenza di reclami dei condòmini sottostanti, e la volontà del nuovo Inquilino di ristrutturare casa(lavori in atto), e visto che c'è, anche il terrazzo, che desidera rammodernare, lo faccia pure, ma chi dovrà pagare tutto ciò?
Spero di essere stato chiaro.Attendo una vostra risposta, eventualmente con riferimenti a sentenze similari recenti.
Saluti T. F.”
Consulenza legale i 08/03/2018
Per prima cosa occorre chiarire che i lavori di straordinaria manutenzione che interessano il condominio, e per i quali i condomini sono tenuti a contribuire in ragione ed in proporzione all’utilità che la cosa da riparare o da ricostruire è destinata a dare ai singoli appartamenti, devono necessariamente essere deliberati dall’assemblea condominiale, con criteri di calcolo della maggioranza necessaria differenti in base alla tipologia di lavoro da eseguire.

Per quanto riguarda, nello specifico, il lastrico solare, anche se questo viene utilizzato da un solo condomino, l'assemblea condominiale ex art. 1135 c.c. è tenuta a provvedere alle opere di manutenzione straordinaria degli stessi, ripartendosi poi le spese di riparazione o di ricostruzione, secondo i criteri di cui all'art. 1126 c.c., per un terzo a carico del proprietario o di chi ha l’uso esclusivo del lastrico o della terrazza, e per i restanti due terzi a carico dei condomini cui la terrazza serva da copertura.
Ciò in quanto il lastrico solare, per la parte apparente, e quindi per la superficie, costituisce oggetto dell'uso esclusivo di chi abbia il relativo diritto; per l’altra parte, per la parte strutturale sottostante, costituisce cosa comune, utile ad assicurare la copertura dell'edificio (Cassazione a Sezioni Unite n. 9449/2016).

L’art.1126 c.c., però, non si riferisce ad ogni intervento che interessi l’area.
Esso trova applicazione esclusivamente con riferimento agli interventi sulle componenti essenziali della struttura (ad es: pareti murarie ed impermeabilizzazione) che svolgono, quindi, la funzione di copertura e protezione del fabbricato, restando escluse dalla previsione del 1126 c.c. gli accessori che consentono o migliorano la praticabilità della superficie (ad es.: parapetti e pavimenti).
Alla manutenzione ordinaria e straordinaria di tali accessori è obbligato a provvedere il proprietario esclusivo, senza la partecipazione degli altri condomini, a meno che non sia necessario smantellarli per provvedere al rifacimento o alla riparazione del lastrico vero e proprio.

Ciò chiarito, appare dunque improbabile che il condomino stia sostenendo delle spese di cui poi vorrà richiedere il parziale rimborso agli altri proprietari degli appartamenti sottostanti, in quanto avrebbe dovuto discuterne in assemblea.

Di recente la Corte di Legittimità ha anche ribadito che il potere di deliberare sulle decisioni concernenti la riparazione, la ricostruzione e la sostituzione degli elementi strutturali del lastrico solare o della terrazza a livello, e cioè degli elementi che hanno anche una funzione di copertura (solaio, guaine impermeabilizzanti, etc.), spetta solo ed esclusivamente all’assemblea di condominio, non rivestendo alcuna rilevanza la natura del diritto di uso esclusivo spettante a taluno dei condomini, che, invece, deve sostenere le spese di riparazione e manutenzione di quegli altri elementi (ad es. ringhiere e pavimento che non costituisca anche impermeabilizzazione) che servono non già alla copertura dell'edificio ma a soddisfare altre utilità del lastrico o di quella parte di esso di uso esclusivo (così Cass. civ. Ordinanza n. 19779/2017).

In definitiva, qualora si rendessero necessari dei lavori di straordinaria manutenzione sul lastrico solare ad uso esclusivo, è l’assemblea condominiale a dover approvare l’intervento con la maggioranza degli intervenuti alla seduta che rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio (art. 1136 c.c.), e la spesa dovrà essere sostenuta per un terzo dal proprietario dell’attico e per 2/3 dai condomini, tutti, in base alle tabelle millesimali di proprietà.

Se invece il proprietario dell’attico sta effettuando dei lavori che non vanno ad incidere sugli elementi strutturali del lastrico, allora non sarà necessaria la preventiva approvazione dell’assemblea e la spesa dovrà essere sostenuta interamente da questi.

Infine bisogna ricordare che a mente dell’art. 1134 c.c. "Il condomino che ha fatto spese comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente".
Quindi, anche se è difficile da immaginare dal momento che i proprietari degli appartamenti sottostanti non hanno lamentato infiltrazioni, il proprietario dell’attico potrebbe essere intervenuto sul lastrico per risolvere un problema urgente.
Ma in questo caso questi dovrà dimostrare l'indifferibilità della spesa, e le circostanze che rendevano necessario provvedere senza ritardo, impedendogli di avvertire tempestivamente l'Amministratore e gli altri condomini (Cass. 4330/2012).

Al di fuori di questi casi e qualora il condomino non riesca a dimostrare l’indifferibilità e l’urgenza del lavoro, come più volte chiarito dalla Corte di Cassazione, al condomino non spetterà alcun rimborso delle spese sostenute per i lavori.


Corrado R. chiede
martedì 23/02/2016 - Lazio
“Buongiorno,
vorrei sapere se in base all'art 1134 cc ho diritto al rimborso spese sostenute per CTP e CTU nell'ambito di un ATP fatto autonomamente senza autorizzazione o approvazione del condominio, per indurre il costruttore a riparare il tetto di una palazzina in cui abito.
Premetto che il condominio è stato diffidato ad adempiere due volte e in corso di ATP coinvolto per ricevere autorizzazione per ispezionare il tetto. Nelle varie assemblee che hanno preceduto l'iniziativa personale il problema dell'infiltrazione è stato dibattuto a lungo ma senza prendere mai provvedimenti adeguati nonostante il sottoscritto abbia più volte chiesto per lettera di mettere in mora il costruttore.
In buona sostanza il condominio ha preferito sempre dare al costruttore la possibilità di intervenire anche in mancanza di risultati concreti piuttosto che diffidarlo ed obbligarlo a riparare seriamente il problema infiltrativo.”
Consulenza legale i 03/03/2016
L’art. 1134 c.c. descrive l’ipotesi in cui il condomino effettua opere per la salvaguardia della cosa comune senza previa autorizzazione dell'assemblea condominiale o dell’amministratore, precisando che colui che assume l’iniziativa non ha diritto al rimborso salvo che si tratti di spese urgenti.

Con "opere urgenti", devono intendersi quelle che, secondo il criterio del bonus pater familias, appaiono indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, danno alla cosa comune. In particolare, giurisprudenza di merito e di legittimità considerano urgenti quelle spese che, essendo impellenti, devono essere eseguite senza ritardo e la cui erogazione non può essere differita senza danno.
Il riferimento è limitato esclusivamente alle spese (materiali) sostenute per le opere urgenti e non a quelle relative ad una qualsiasi iniziativa processuale da parte del condomino.

Nel caso di specie, avrebbe integrato il presupposto dell’art.1134 c.c. l’aver provveduto ad effettuare le opere di risanamento del tetto, incaricando un’ulteriore ditta edile, vista l’inerzia del condominio e del costruttore originario.

Diversamente, essendosi intrapresa un'azione processuale, non opera l’articolo in commento e pertanto le spese devono intendersi poste a carico del ricorrente.
Al fine di ottenere il rimborso delle spese processuali sostenute per l’accertamento tecnico preventivo sarà necessario spiegare apposita domanda nel successivo giudizio di merito (ove l’accertamento tecnico preventivo venga acquisito) nel quale verranno considerate come spese giudiziali, da porre, salva l’ipotesi di compensazione, a carico del soccombente (così Cass. Civ. del 15/02/2000, n. 1690).

E. F. chiede
martedì 30/01/2024
“Buongiorno, sono già iscritto alla Vs. newsletter che apprezzo quotidianamente. Sottopongo un problema. mio figlio e la sua compagna nel 2006 con il rispettivo aiuto iniziale dei padri hanno acceso un mutuo al 50% ciascuno per l'acquisto di una casa. Nello steeso anno io ho regalato ed intestato a mio figlio una polizza di protezione casa e famiglia
che continuo a pagare tuttora. Nel febbraio 2023 un incendio fortuito, (per fortuna durante il giorno altrimenti sarebbe stato una strage) ha distrutto il tetto ed il piano di sopra della casa adibito alle camere da letto. Sono state fatte intervenire 2 assicurazioni: quella del mutuo cointestato e quella singola intestata a mio figlio che ha corrisposto oltre il 62% dell'indennizzo a mio figlio mentre l'altra (del mutuo il 38% diviso nel 19% a cadauno). Per integrare i pagamenti assicurativi io e mio figlio ci siamo attivati anche con i nostri smobilizzi di polizze vita, e anticipazioni di TFR per far proseguire i lavori senza interruzioni. Mio figlio inoltre ha pagato per entrambi dal 2016 la rata del mutuo. Nulla è stato versato nè dalla compagna né dal di lei padre. Entrambi i ragazzi sono lavoratori, lei ora è stata licenziata e si anche è messa con un altro. un collega di lavoro. Il padre di Lei dispone di una liquidità di qualche milione di euro mentre io sono un normale pensionato dal 2011 e lui è andato in pensione nel 2023. A mio parere, avendo tutti i pagamenti documentati fatti da mio figlio - ed anche i miei versamenti fatti confluire sul suo conto - per ripristinare la proprietà al 50% lei deve versare la quota parte di differenza (complessivamente quasi 90.000 €). Gradirei avere il Vostro parere in merito e ringrazio. Cordiali saluti”
Consulenza legale i 05/02/2024
L’art. 1104 del c.c. dispone che ciascun partecipante alla comunione deve contribuire alle spese necessarie per la conservazione della cosa comune, salva la facoltà di liberarsene con la rinuncia al suo diritto.
L'art. 1134 del c.c. prevede, inoltre, il diritto del singolo condomino, che si è assunto individualmente la gestione della cosa comune senza una preventiva autorizzazione dell’assemblea, di essere rimborsato delle spese sostenute, se dimostra che esse rivestano il carattere dell’urgenza. Tale ultima norma, seppur prevista nella disciplina del condominio, rappresenta un principio generale che può trovare applicazione pacifica anche al caso descritto.

Sulla base di quanto riferito, si ritiene che vi siano tutti i margini di manovra per poter pretendere dall'altro partecipante alla comunione (l'ex convivente del figlio) il pagamento della metà della somma corrisposta per far fronte alle spese necessarie per ripristinare il corretto funzionamento della abitazione comune, anche ricorrendo, se del caso, alla autorità giudiziaria.


A. B. chiede
venerdì 04/11/2022 - Campania
“Salve,
abito in un condominio di tre scale con un cancello esterno il cui citofono è rotto ormai da un anno e per tale motivo il cancello, su richiesta dei condomini, rimane sempre aperto.
L'amministratore, che è anche condomino, è in carica dal 2016.
I lavori per il citofono ad oggi non sono partiti nonostante due delibere assembleari (del 21 febbraio 2022 e del 15 ottobre 2022) dove l'amministratore ha avuto ampio mandato per eseguire i lavori, individuando anche l'impresa appaltatrice.
Il risultato è che nel frattempo i costi sono lievitati. Alle mie richieste telefoniche risponde che la ditta ha avuto problemi per altre chiamate urgenti, propone nuove date che vengono sempre disattese.
Le delibere per il citofono sono intrecciate con quelle per il superbonus per il quale mi sono espressa contro in assemblea, ma favorevole ai lavori per il citofono.
Vorrei allegare le due convocazioni e le due delibere relative ai lavori per il citofono.

Inoltre tale amministratore è inadempiente sotto diversi profili: non ha mai presentato un bilancio neanche preventivo da quando è in carica (!), non predispone i fondi speciali per lavori straordinari nemmeno per il superbonus.

Come posso fare per far sì che adempia ad aggiustare il citofono nel più breve tempo possibile?
Posso chiedere i danni? In caso di malattia di un parente convivente devo rimanere a casa a controllare che il cancello sia aperto per la visita fiscale.

grazie”
Consulenza legale i 10/11/2022
Le irregolarità compiute dall’amministratore nella gestione dello stabile sono sicuramente diverse e vanno dalla mancata esecuzione di ben due delibere assembleari fino a spingersi al grave inadempimento di non presentare un rendiconto condominiale.
Anche se l’amministratore è interno e non svolge tale attività professionalmente, non viene meno l’obbligo, nel momento in cui si assume l’ufficio, di far fronte a tutti gli adempimenti che la carica comporta.
Vi sono quindi tutti gli estremi per richiederne la revoca per giusta causa e ciò, ai sensi del co. 11° dell’art. 1129 del c.c,. può essere raggiunto attraverso due strade: o si convoca una apposita riunione assembleare in cui tra gli argomenti all’ordine del giorno viene inserito espressamente la revoca dell’attuale amministratore e la nomina di un sostituto, oppure ci si rivolge direttamente alla autorità giudiziaria.
Visto la gravità dei comportamenti tenuti dall’amministratore, è proprio il ricorso alla autorità giudiziaria la via che ci si sente di consigliare: sovente il richiedere la revoca direttamente alla assemblea non porta al risultato sperato, in quanto tutto si può impantanare tra tempistiche necessarie per convocare la riunione e indecisioni degli altri proprietari, magari alimentate proprio dall’amministratore uscente.

La revoca giudiziaria prevista dal co. 11° dell’art.1129 del c.c. può essere innanzitutto incardinata su iniziativa di ciascun condomino ed è un tipico procedimento di volontaria giurisdizione, caratterizzato quindi da tempistiche relativamente celeri ed un rapido contraddittorio con l’amministratore uscente. Nel ricorso introduttivo si dovrà rendere conto delle diverse inadempienze compiute, che nel caso specifico rasentano quasi l’assenza di gestione. Ai sensi dell’art. 64 disp.att. del c.c. il Tribunale adito si pronuncerà sul ricorso presentato con decreto motivato adottato in Camera di Consiglio, provvedimento che comunque rimane appellabile nel termine di 10 giorni alla Corte di Appello competente.
Con il provvedimento di revoca il Tribunale nominerà un amministratore professionista, il quale però potrà sempre essere sostituito dalla assemblea di condominio se non gradito agli altri proprietari: tuttavia, il comma 13 dell'art. 1129 del c.c. chiarisce che l'assemblea non può nominare nuovamente l'amministratore a suo tempo revocato dalla autorità giudiziaria.

Quanto descritto è sicuramente il primo passo poi per poter pensare ad una successiva richiesta risarcitoria nei confronti dell’amministratore per i danni causati dalle sue inadempienze, richiesta la quale potrà provenire sia dalla compagine condominiale nel suo complesso, se i danni colpiscono interessi dello stabile, ma anche da un singolo proprietario se si riterrà lui personalmente danneggiato dalle condotte tenute dall’amministratore.

Nel caso specifico non si è in grado di dire allo stato delle cose se è possibile procedere ad una richiesta risarcitoria per la mancata riparazione del citofono (che comunque rimane un comportamento inadempiente, valido, unitamente agli altri comportamenti descritti, per chiedere la revoca), in quanto il quesito sul punto non offre spunti sufficienti per un migliore approfondimento: si invita sotto questo aspetto ad avere un contatto diretto con un legale.

Al di là di tutto quanto detto finora, rimane comunque l’esigenza di rimettere in funzione l’impianto citofonico nel più breve tempo possibile. Sotto questo aspetto l’unica strada praticabile, stante l’inattività di chi dovrebbe provvedere, è quello di inviare all’amministratore una raccomandata in cui si fa presente la situazione del bene comune, metterlo quindi in mora, ed avvertirlo che se non si provvederà a dare immediata esecuzione alle delibere del febbraio ed ottobre del 2022 si provvederà a far eseguire le riparazioni necessarie a proprie spese, salvo poi richiederne al condominio il rimborso ex art. 1134 del c.c.
Tale norma ammette infatti che il singolo condominio possa assumere la gestione delle parti comuni dell’edificio senza autorizzazione dell’amministratore o della assemblea e chiedere il rimborso delle spese sostenute nel caso in cui si tratti di una spesa urgente.
È giusto dire che la giurisprudenza assolutamente costante adotta una interpretazione restrittiva del concetto di spesa urgente previsto dalla norma in esame: l’ordinamento non vuole favorire infatti l’ingerenza del singolo proprietario nella gestione del bene comune in sostituzione degli organi condominiali. Tuttavia, nel caso specifico si potrebbe far leva sulla circostanza che la spesa è necessaria per far riacquistare al citofono la sua piena ed effettiva funzionalità (Corte di Appello di Firenze n.114 del 16.01.2020), allo stato attuale del tutto inesistente, e che il funzionamento dell’impianto è essenziale per garantire la sicurezza degli abitanti dello stabile. Si ritiene che tale ultima argomentazione sia molto forte e possa avere una forte presa in un ipotetico contenzioso se il palazzo è abitato da persone avanti in età o da famiglie con minori o anche da persone con malattie varie e vari handicap.

Se non si desidera anticipare di tasca propria le spese di riparazione, che rimane sicuramente la via più rapida per ottenere il risultato sperato, l’unica strada alternativa è quella di affiancare al ricorso ex art. 1129 del c.c. già detto sopra, un ricorso ai sensi del comma 4 dell’art. 1105 del c.c.
Tale norma, prevista nella disciplina della comunione ordinaria ma applicabile anche al condominio, prevede che nel caso in cui l’amministratore non dia esecuzione alle delibere adottate dalla assemblea, il singolo condomino possa rivolgersi al giudice il quale con decreto motivato può adottare i provvedimenti che ritiene necessari e nominare anche un amministratore ad hoc (da non confondersi con la figura nominata a seguito del ricorso ex art. 1129 del c.c.). Tale amministratore, sostituendosi momentaneamente a quello in carica, avrà l’esclusivo compito di dare attuazione a quanto deliberato dalla assemblea in merito alla riparazione del citofono.


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