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Articolo 1133 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Provvedimenti presi dall'amministratore

Dispositivo dell'art. 1133 Codice Civile

I provvedimenti presi dall'amministratore nell'ambito dei suoi poteri [1130, 1131] sono obbligatori per i condomini. Contro i provvedimenti dell'amministratore è ammesso ricorso all'assemblea(1), senza pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall'articolo 1137(2).

Note

(1) Si tratta di un rimedio esperibile in qualsiasi momento: l'assemblea è sovrana nell'annullare o ratificare il provvedimento preso dall'amministratore.
(2) Il ricorso al giudice ordinario può essere proposto a prescindere dall'ipotesi che si sia già richiesto l'annullamento del provvedimento all'assemblea.

Ratio Legis

La disposizione prevede che i provvedimenti adottati dall'amministratore nell'ambito dei poteri che gli spettano vincolano tutti i condomini, i quali possono impugnarli:
- davanti all'assemblea se illeciti, non opportuni o esorbitanti rispetto ai poteri conferiti all'amministratore;
- dinanzi al giudice ordinario (civile o penale) quando il provvedimento sia illecito.

Spiegazione dell'art. 1133 Codice Civile

Ricorso contro i provvedimenti dell'amministratore. Diritto del con-domino al rimborso delle sole spese urgenti

Il singolo partecipante non ha alcun diritto di veto al compimento dei provvedimenti presi dall'amministratore nell'ambito dei suoi poteri, nè può pretendere che gli atti da lui compiuti nella sfera delle sue attribuzioni non abbiano per lui efficacia. Questa è una conseguenza del rilievo già fatto che l'amministratore assolve una funzione unitaria e non può considerarsi come un puro e semplice procuratore dei singoli partecipanti.

Contro i provvedimenti da lui presi nella propria sfera di competenza è ammesso soltanto ricorso all'assemblea, salva la facoltà di ricorrere contro la deliberazione di questa nei limiti e nel termine previsti nell’art. 1137.

Allo scopo di impedire interferenze dannose, o quantomeno pericolose, nell'amministrazione delle parti comuni, il legislatore ha, peraltro, espressamente statuito che il condomino che abbia fatto delle spese per le cose comuni, qualunque sia la natura di tali spese, anche se necessarie od utili, senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea, non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente. Tale sanzione può apparire grave nel caso di spesa necessaria, ma e giustificata dal fine che la legge si e proposta di raggiungere. Anche la spesa necessaria può non essere urgente ed è soltanto l'urgenza che giustifica il diretto intervento attivo del singolo partecipante.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

531 Nell'art. 1128 del c.c., che regola il caso di perimento totale o parziale dell'edificio, è riprodotto con lievi varianti l'art. 15 del R. decreto-legge 15 gennaio 1934. In forma più sintetica che negli articoli 17 e 18 del menzionato decreto-legge sono determinate (art. 1130 del c.c.) le attribuzioni dell'amministratore. Esse riguardano precisamente: l'esecuzione delle deliberazioni dell'assemblea e l'osservanza del regolamento di comunione; la disciplina dell'uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell'interesse comune; la riscossione dei contributi e l'erogazione delle spese per la manutenzione ordinaria delle parti comuni e per i servizi suddetti; il compimento degli atti conservativi dei diritti relativi alle parti comuni dell'edificio. Integrando la norma dell'art. 16, secondo comma, del R. decreto-legge 15 gennaio 1934 sulla obbligatorietà della nomina di un amministratore quando il numero dei condomini è superiore a quattro, ho demandato all'autorità giudiziaria tale nomina, su ricorso di uno o più condomini, se non provvede l'assemblea (art. 1129 del c.c., primo comma). Ho poi regolato casi in cui l'amministratore, su ricorso di ciascun condomino, può essere revocato dall'autorità giudiziaria. La revoca può essere pronunciata: se per due anni l'amministratore non ha reso conto della sua gestione; se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità; se, essendogli stato notificato un atto o provvedimento che esorbita dalle sue attribuzioni, non ne abbia dato senza indugio notizia all'assemblea dei condomini (art. 1129, terzo comma). Nel riprodurre le disposizioni dell'art. 20 del R. decreto-legge 15 gennaio 1934 circa la rappresentanza dei condomini, ho sostituito alla formula del secondo comma una formula che amplia l'ambito della rappresentanza conferita all'amministratore nelle liti promosse contro i partecipanti (art. 1131 del c.c., secondo comma). La rappresentanza passiva è infatti estesa a qualunque azione proposta contro i condomini, e pertanto anche alle azioni di carattere reale, purché si riferiscano alle parti comuni dell'edificio. Ho mantenuto (art. 1132 del c.c., primo comma) la disposizione dell'art. 21 del decreto-legge su indicato, che consente ai condomini dissenzienti, nelle deliberazioni relative alle liti, di separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze delle liti stesse per il caso di soccombenza; ma, poiché la separazione di responsabilità non opera nei rapporti esterni, ma soltanto nei rapporti interni, ho riconosciuto al condomino che ha separato la propria responsabilità, il diritto di rivalsa per tutto ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa nel giudizio (art. 1132, secondo comma). Può darsi però che l'esito della lite sia favorevole al condominio e il condomino dissenziente ne tragga vantaggio; in tal caso, se non è possibile ripetere dalla parte soccombente le spese del giudizio, è giusto che egli concorra in queste nei limiti del vantaggio che gli deriva, poiché altrimenti il vantaggio sarebbe da lui realizzato ad esclusivo carico degli altri partecipanti alla comunione (stesso articolo, terzo comma). Ho conservato (art. 1133 del c.c.) la facoltà del condomino, ammessa dall'art. 19 del decreto medesimo, di ricorrere all'assemblea contro i provvedimenti dell'amministratore, senza pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria contro le deliberazioni dell'assemblea nei casi in cui l'impugnativa è ammessa. Ho infine circoscritto, al fine d'impedire dannose interferenze nell'amministrazione, il diritto di rimborso delle spese che il condomino abbia fatte per le cose comuni senza l'autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea, riconoscendo tale diritto nel solo caso che la spesa abbia carattere di urgenza (art. 1134 del c.c.).

Massime relative all'art. 1133 Codice Civile

Cass. civ. n. 20528/2017

Al condomino cui non sia riconosciuto il diritto al rimborso delle spese sostenute per la gestione delle parti comuni, per essere carente il presupposto dell’urgenza all'uopo richiesto dall'art. 1134 c.c., non spetta neppure il rimedio sussidiario dell’azione di arricchimento ex art. 2041 c.c. in quanto, per un verso, essa non può essere esperita in presenza di un divieto legale di esercitare azioni tipiche in assenza dei relativi presupposti e, per altro verso ed avuto riguardo al suo carattere sussidiario, esso difetta giacché, se la spesa non è urgente ma è necessaria, il condomino interessato può comunque agire perché sia sostenuta, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1133 c.c. (con ricorso all'assemblea) e 1137 e 1105 c.c. (con ricorso all'autorità giudiziaria).

Cass. civ. n. 1660/2017

Il singolo condomino non è titolare, nei confronti del condominio, di un diritto di natura sinallagmatica relativo al buon funzionamento degli impianti condominiali (nella specie, l'impianto elettrico comune), che possa essere esercitato mediante un'azione di condanna della stessa gestione condominiale all'adempimento corretto della relativa prestazione contrattuale, trovando causa l'uso dell'impianto che ciascun partecipante vanta nel rapporto di comproprietà delineato negli artt. 1117 e ss. c.c. Ne consegue che il condomino non ha azione per richiedere la messa a norma dell'impianto medesimo, potendo al più avanzare, verso il condominio, una pretesa risarcitoria nel caso di colpevole omissione nella sua riparazione o adeguamento, ovvero sperimentare altri strumenti di reazione e di tutela, quali, ad esempio, le impugnazioni delle deliberazioni assembleari ex art. 1137 c.c., i ricorsi contro i provvedimenti dell'amministratore ex art. 1133 c.c., la domanda di revoca giudiziale dell'amministratore ex art. 1129, comma 11, c.c., o il ricorso all'autorità giudiziaria in caso di inerzia agli effetti dell'art. 1105, comma 4, c.c.

Cass. civ. n. 7095/2017

L'amministratore di condominio, tenuto conto delle attribuzioni demandategli dall'art. 1131 c.c., può resistere all'impugnazione della delibera assembleare ed impugnare la relativa decisione giudiziale senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, atteso che, in dette ipotesi, non è consentito al singolo condomino dissenziente separare la propria responsabilità da quella degli altri condomini in ordine alle conseguenze della lite, ai sensi dell’art. 1132 c.c., ma solo ricorrere all'assemblea avverso i provvedimenti dell'amministratore, ex art. 1133 c.c., ovvero al giudice contro il successivo deliberato dell'assemblea stessa.

Cass. civ. n. 10865/2016

In tema di condominio negli edifici, il criterio discretivo tra atti di ordinaria amministrazione, rimessi all'iniziativa dell'amministratore nell'esercizio delle proprie funzioni e vincolanti per tutti i condòmini ex art. 1133 c.c., ed atti di amministrazione straordinaria, al contrario bisognosi di autorizzazione assembleare per produrre detto effetto, salvo quanto previsto dall'art. 1135, comma 2, c.c., riposa sulla "normalità" dell'atto di gestione rispetto allo scopo dell'utilizzazione e del godimento dei beni comuni, sicché gli atti implicanti spese che, pur dirette alla migliore utilizzazione delle cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere economico rilevante, necessitano della delibera dell'assemblea condominiale.

Cass. civ. n. 13689/2011

Il provvedimento con il quale l'amministratore del condominio di edificio, nell'esercizio dei suoi poteri di curare l'osservanza del regolamento di condominio, ai sensi dell'art. 1130, primo comma, n. 1, c.c., e di adottare provvedimenti obbligatori per i condomini, ai sensi dell'art. 1133 c.c., inviti un condomino (nella specie, mediante lettera raccomandata con determinazione di un termine per l'adempimento) al rispetto del divieto regolamentare di collocazione di targhe, senza autorizzazione, sulla facciata dell'edificio, non costituisce atto illecito, e non può, quindi, porsi a fondamento di una responsabilità risarcitoria personale dell'amministratore stesso.

In tema di condominio degli edifici, l'art 1133 c.c. prevede la facoltà del ricorso all'assemblea avverso i provvedimenti dell'amministratore, ma "senza pregiudizio" del ricorso all'autorità giudiziaria, e, pertanto, non subordina il diritto alla tutela giurisdizionale al preventivo ricorso all'assemblea.

Cass. civ. n. 10347/2011

A norma dell'art. 1133 c.c., l'amministratore di condominio ha il potere di assumere provvedimenti obbligatori nei confronti dei condomini, i quali possono impugnarli davanti all'assemblea e, ricorrendone le condizioni, davanti all'autorità giudiziaria; pertanto, poiché l'amministratore è tenuto a garantire il rispetto del regolamento di condominio allo scopo di tutelare la pacifica convivenza, qualora egli inviti uno dei condomini al rispetto delle leggi o del regolamento vigenti, non è configurabile, a suo carico, alcun atto di turbativa del diritto altrui nel caso in cui egli abbia agito, secondo ragionevole interpretazione, nell'ambito dei suoi poteri-doveri di cui agli artt. 1130 e 1133 c.c.. (Fattispecie in tema di azione di manutenzione del possesso promossa nei confronti dell'amministratore).

Cass. civ. n. 9148/2008

In tema di responsabilità solidale o proquota dei condomini per le obbligazioni contratte dall'amministratore nell'interesse del condominio, è applicabile il principio della parziarietà, ossia della ripartizione tra i condomini delle obbligazioni assunte nell'interesse del condominio in proporzione alle rispettive quote. Ciò in considerazione del fatto che: l'obbligazione, ancorché comune, è divisibile trattandosi di somma di denaro; la solidarietà nel condominio non è contemplata da nessuna disposizione di legge e l'art. 1123 c.c. non distingue il profilo esterno da quello interno; l'amministratore vincola singoli nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote. (Mass. redaz.).

Cass. civ. n. 2085/1982

Mentre nei rapporti interni tra i singoli condomini le spese comuni ripartite pro quota, ai sensi dell'art. 1123 c.c. ed in base alle norme del regolamento condominiale, nei confronti dei terzi i condomini sono responsabili solidalmente per le obbligazioni contratte dal condominio nel comune interesse, come quelle che l'amministratore abbia assunto (nella specie: per acquisto di combustibile per riscaldamento) in tale veste e nei limiti delle sua attribuzioni, così spendendo implicitamente il nome di tutti i condomini ed impegnandoli tutti in forza del rapporto di mandato collettivo con gli stessi intercorrente.

Cass. civ. n. 960/1977

In tema di condominio degli edifici, l'art. 1133 c.c., nel prevedere la facoltà di ricorrere all'assemblea, avverso i provvedimenti che l'amministratore abbia preso in violazione della legge o del regolamento di condominio (nella specie, con riguardo alla ripartizione di spese di manutenzione), fa espressamente salvo il diritto di rivolgersi immediatamente all'autorità giudiziaria, e, pertanto, non subordina l'esercizio di tale diritto al preventivo ricorso all'assemblea.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1133 Codice Civile

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FEDERICO P. chiede
domenica 24/11/2019 - Veneto
“Contro i provvedimenti presi dall'amministratore di condominio (art. 1133 del codice civile) come può agire l'assemblea per annullare il provvedimento?”
Consulenza legale i 29/11/2019
Il nuovo articolo 1130 del c.c., come riformato dalla L. n.220/2012, ci indica le attribuzioni dell’amministratore di condominio. Tra i compiti più frequenti, non si può non citare: l’obbligo di dare esecuzione alle delibere adottate dalla assemblea e disciplinare l’uso delle cose comuni e dei servizi condominiali, in modo tale da garantirne il miglior godimento da parte dei proprietari.
Nell’ambito delle predette attribuzioni, l’organo amministrativo del condominio ha il potere di adottare dei precisi provvedimenti che ai sensi dell’art. 1133 del c.c. sono obbligatori per la compagine condominiale.

Per meglio chiarire cosa la legge intende per provvedimento dell’amministratore si pensi: al classico avviso appeso nella bacheca condominiale in cui l’amministratore invita a parcheggiare meglio le autovetture nell’area cortiliva condominiale, al pagamento di un fornitore del condominio, a tutti i comportamenti adottati dal professionista per dare esecuzione ad una delibera condominiale ecc. ecc.
È importante sottolineare come l’organo sovrano del condominio sia l’assise dei proprietari, di cui l’amministratore è un semplice organo esecutivo di quanto dalla stessa deliberato, e il suo potere decisionale deriva proprio da una delibera della assemblea che gli attribuisce l’incarico amministrativo.
Nel rispetto del rapporto fiduciario che deve legare l’assemblea dei proprietari e l’organo amministrativo dalla stessa nominato, l’art.1133 del c.c. ci dice chiaramente che avverso i provvedimenti presi dall’amministratore è sempre possibile ricorrere alla assemblea senza, tra l’altro, il pregiudizio di dover ricorrere al giudice nei termini e nei casi previsti dall’art. 1137 del c.c.
Ciascun condomino insoddisfatto delle decisioni assunte dall’amministratore può, quindi, richiedere ai sensi del 1° co. dell’art. 66 disp.att. del c.c. la convocazione della assemblea condominiale mettendo tra gli argomenti dell’ordine del giorno la modifica dei provvedimenti presi dall’amministratore.
È importante sottolineare come l’art. 66 disp.att. del c.c. ci dice che l’assemblea può essere convocata in qualsiasi momento dall’amministratore quando questi lo ritiene opportuno, oppure se ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino almeno 1/6 del valore dell’edificio. In quest’ ultimo caso, l’amministratore è obbligato, entro 10 giorni dalla richiesta, a porre in essere tutte le iniziative previste dalla legge per riunire i condomini, e, nel caso il professionista rimanga inerte, decorso il termine di 10 giorni, i condomini possono provvedere direttamente alla convocazione.

In sede di riunione, opportunamente convocata, i proprietari potranno, per mezzo di una delibera assembleare assunta nei termini di legge, confermare o anche modificare radicalmente le decisioni assunte dall’organo amministrativo. Si tenga presente che la delibera condominiale così assunta, come tutte le decisioni adottate dalla assise, potranno essere impugnate ai sensi dell’art.1137 del c.c. se ne ricorrono i presupposti.

Per concludere è opportuno segnalare che il condomino scontento del provvedimento adottato dall’amministratore non ha come unico rimedio il solo ricorso alla assemblea. L’art.1133 del c.c.ci dice, infatti, che il singolo condomino può impugnare direttamente innanzi alla autorità giudiziaria il provvedimento assunto dall’amministratore nei termini e modi indicati dall’art.1137 del c.c, senza dover necessariamente prima ricorrere alla assemblea.


Marina U. chiede
mercoledì 04/04/2018 - Sardegna
“Dal 03/04/2017, sono proprietaria di una abitazione all’interno di un villaggio, composta da 3 vani, giardino e una servitù di parcheggio di 20 mq. a favore dell’immobile ed a carico della strada condominiale.
Mi ritrovo nella spiacevole situazione di dovermi rivolgere ai proprietari confinanti, nonché ai suoi parenti, amici e ospiti stranieri (la casa viene affittata da fine aprile a fine ottobre) per chiedere di spostare le loro auto che vengono parcheggiate nella mia servitù, a volte in modo da impedire l’ingresso alla mia proprietà (come da foto che si allegano).
Una decina di giorni fa c’è stata una reazione seccata da parte del confinante, intimandomi di non parcheggiare la mia auto nella nostra servitù, in quanto, gli stavamo impedendo l’accesso. Alla nostra rivendicazione dei nostri diritti ha risposto che non gliene fregava nulla di quanto indicato nel decreto di trasferimento.
Ora vorrei capire se il vicino può accampare qualche pretesa di tenere sgombra la strada o se ha diritto di solo passaggio pedonale, considerato che il terreno del vicino ha la possibilità di accedere da un’altra strada dove ha un ingresso pedonale. Tutti i villini dell’altro lato, hanno l’ingresso auto da quella strada, ad esclusione del nostro vicino che utilizza la strada dove ricade la nostra servitù (per lui sicuramente più comodo).
Dopo questo episodio, il 30/03/2018, ricevo una mail dall’amministratore di condominio (che allego copia), dove si parla del ritrovamento causale di un vecchio regolamento contrattuale, di cui non conoscevo l’esistenza, dicendo che d’ora in poi verrà adottato quest’ultimo.
La cosa mi ha lasciata sconcertata sia per i tempi (a breve distanza dalla discussione con il vicino), che per le modalità (mi chiedo se giuridicamente valida) della decisione unilaterale dell’amministratore senza convocare un’assemblea condominiale.
Mi sono chiesta cosa contenga questo vecchio regolamento di così importante da doverne chiedere l’applicazione “urgente” con modalità e tempi così brevi.
Considerati gli ottimi rapporti del vicino con l’amministratore, che ho avuto modo di verificare durante l’assemblea tenutasi il 4/8/2017, per l’approvazione del rendiconto, al quale ho espresso parere contrario, viste le innumerevoli voci di spesa non sufficientemente giustificate, ho motivo di dubitare sulla regolarità di quanto accaduto.
Prima di affrontare la questione per le vie legali, vorrei il vostro illustre parere, sia come riavere il diritto di parcheggio nella strada che fiancheggia la mia proprietà, sia in merito all’applicazione immediata di un regolamento contrattuale di cui non si conosceva l’esistenza e se l’amministratore può imporlo senza convocare un’assemblea condominiale.
Si ringrazia anticipatamente.
M.U.”
Consulenza legale i 11/04/2018
La prima incongruenza che risulta palese nel leggere il vecchio regolamento contrattuale “fortunosamente” ritrovato è questa: all’art. 1 si dice che “Partecipano di diritto al condominio tutti i proprietari delle aree edificate o meno….distinte nel catasto terreni del….”
I suestesi terreni …..hanno una superficie catastale complessiva di mq…..”.
L’art. 1 del regolamento che adesso si vuole disapplicare, invece, dice che “Il condominio composto da 35 unità abitative….”

Sembra fin troppo evidente che il regolamento che si vuole rispolverare possa essere un vecchio regolamento ormai superato, essendo stato con molta probabilità redatto dall’originario costruttore o proprietario del terreno lottizzato, quando ancora non erano state realizzate le unità abitative, tant’è che si parla di “aree edificate o meno”, di “catasto terreni” e di “suestesi terreni”.
Risulta più aderente alla realtà attuale, invece, parlare di unità abitative, come si fa nell’altro regolamento.

Fatta questa breve considerazione, cerchiamo di capire quale possa essere stata la ragione per tirare fuori questo vecchio testo.
La spiegazione si ritiene che possa rinvenirsi nel contenuto del suo art. 2, dedicato alla descrizione delle cose di uso comune o di proprietà comune.
Infatti, al n. 1 lett. d) di tale articolo si dice che sono oggetto di proprietà comune “le strade ed i marciapiedi”.
Per quanto concerne, invece, la misura in cui ciascun condomino può esercitare il suo diritto sulle parti o cose comuni, ci si deve riferire al successivo art. 3, ove tale misura viene determinata sulla base del rapporto quantitativo, espresso in millesimi, tra la superficie del lotto o dei lotti di proprietà esclusiva e quella complessiva di tutti i lotti di terreno edificati o da edificare.

Altra norma di sicuro interesse per il vicino, ma anche per l’amministratore, è quella contenuta nell’art. 5 del vecchio regolamento, disciplinante gli obblighi derivanti dal rapporto di condominio.
Dispone tale norma alla lettera “n” che “è vietata la sosta di qualsiasi tipo di automezzo nella sede stradale…e in modo che possa impedire e intralciare il regolare transito degli autoveicoli”, specificandosi pure che “E’ data inoltre facoltà all’amministrazione di …regolamentare il traffico applicando sanzioni pecuniarie contro i trasgressori”.

Nulla di tutto ciò, invece, si rinviene nel regolamento di condominio che si intende disapplicare, il cui art. 2 fa una elencazione dei beni di proprietà ed uso comuni a tutti i condomini, fra cui non figurano “strade e marciapiedi”.
Anzi, viene precisato che non possono costituire oggetto di proprietà comune tutte quelle parti che, in base agli atti di acquisto, non siano di proprietà singola ed individuale di un condomino o del venditore.

Alla luce delle superiori osservazioni, sembra più che evidente quale possa essere stata la ragione che ha spinto il vicino a darsi da fare nel recuperare quel vecchio regolamento ed a volerne pretendere l’applicazione per mezzo dell’organo a ciò deputato, ossia l’amministratore di condominio.

Un particolare, tuttavia, si ritiene che sia loro sfuggito.
Quasi sicuramente questo vecchio regolamento di condominio si troverà allegato o richiamato negli originari atti di acquisto dei lotti di terreno costituenti nel loro complesso la lottizzazione “…omissis…”, ma sembra chiaro, per come traspare dal tenore letterale delle parole in esso usate oltre che dallo stesso frontespizio del documento (ove si usa l’espressione “Lottizzazione”), che quello ebbe a costituire il regolamento originario di condominio, all’epoca in cui neppure i lotti di terreno erano stati ceduti in proprietà esclusiva e neppure, probabilmente, erano stati completati i lavori di costruzione delle diverse unità abitative.
A quell’epoca, sicuramente, potevano avere un senso le disposizioni di cui agli artt. 2 e 5.

A ciò si aggiunga un’altra considerazione: lo stesso regolamento, all’art. 5 lett. e), fa riferimento alla possibilità che a regolamentare il costituito condominio siano non solo le disposizioni in esso contenute, ma anche quelle che potranno successivamente essere deliberate dall’assemblea.
Ciò non fa ritenere così inverosimile e destituito di fondamento il fatto che, in epoca successiva, l’assemblea dei condomini abbia potuto deliberare l’adozione di un nuovo regolamento di condominio, magari al fine di adattare il precedente alla mutata situazione dei luoghi (esistenza di unità abitative in luogo di lotti di terreno) oltre che alle nuove vicende proprietarie, quali costituzioni di nuove servitù, come quella di cui si asserisce di essere titolari e che il vicino vuole contestare.

Stando così le cose, il che si ritiene che sia molto probabile, si rende necessario compiere i seguenti passi:

  1. Innanzitutto occorre esaminare con attenzione il proprio atto di acquisto, in quanto solo da esso sarà possibile verificare e dar prova certa della esistenza di quella servitù di parcheggio di 20 mq. costituita in favore del proprio immobile ed a carico della strada condominiale.Tale servitù consentirebbe in ogni caso di esercitare il relativo diritto di parcheggio anche se in contrasto con quanto contenuto nell’art. 5 lett. n) del vecchio regolamento di condominio, nella parte in cui è vietata la sosta di qualsiasi tipo di automezzo nella sede stradale. In tal senso, peraltro, si esprime chiaramente l’art. 1138 comma 4 prima parte del codice civile, ove è detto che le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino quali risultano dagli atti di acquisto.

  1. In secondo luogo sarà opportuno esercitare il potere che l’art. 1133 c.c. riconosce a ciascun condomino, ossia il ricorso all’assemblea dei condomini contro il provvedimento, preso unilateralmente dall’amministratore, per far valere l’applicazione di quel vecchio regolamento di condominio. Trattasi di un rimedio non soggetto ad alcun termine di decadenza (lo si può esercitare in qualsiasi momento); a seguito di questo l’amministratore sarà tenuto a convocare l’assemblea, in seno alla quale sarà possibile discutere di quale sia il testo di regolamento condominiale effettivamente vigente. A tal fine si ritiene anche opportuno chiedere allo stesso amministratore, in seno al ricorso, che venga messo a disposizione il registro dell’anagrafe condominiale (da cui devono risultare i titolari di diritti reali e personali di godimento), nonché il registro dei verbali delle assemblee, a cui deve essere per legge allegato il regolamento di condominio.

  1. in ultima istanza sarà possibile, sempre ex art. 1133 c.c., se ancora non sono decorsi i termini (che l’art. 1137 c.c., norma in questo caso applicabile, fissa in 30 gg. dalla adozione e/o comunicazione), avvalersi del rimedio ben più impegnativo del ricorso giurisdizionale, volto a chiedere ed ottenere l’annullamento del provvedimento preso dall’amministratore, facendo in tale sede valere le ragioni che sono state sopra esposte.