Costituzione del diritto di superficie a tempo determinato
L’articolo in esame si riferisce al caso in cui la costituzione del diritto di superficie sia stata fatta per un tempo determinato. È naturale che in tale ipotesi, una volta estinto il diritto di superficie, la costruzione venga a far parte integrante del suolo e formi oggetto del diritto del suo proprietario.
Diritto di superficie su suolo di natura demaniale
Strettamente collegata con la questione della costituzione del diritto di superficie fatta per un tempo determinato è l’altra speciale questione relativa alla possibilità o meno che il diritto di superficie sorga in seguito a una concessione amministrativa e gravi sopra un suolo di natura demaniale.
Si è visto come l’origine primaria della superficie, in diritto romano, debba ricercarsi proprio nelle concessioni che lo stato faceva ai cittadini di fabbricare sopra il suolo pubblico. Ad essere esatti, però, il diritto di superficie costituito così su beni extra commercium ed emanante da soggetti di natura pubblica, assunse carattere di realtà ad una tutela quasi analoga a quella del diritto domenicale solo in un secondo tempo.
Comunque, la più moderna dottrina e giurisprudenza hanno considerato come veri diritti soggettivi le facoltà che vengono attribuite ai privati cittadini a seguito dei limiti che la pubblica amministrazione, con i suoi poteri discrezionali, pone alla propria sfera di attività.
Natura di tale diritto
Molto vive sono state, nel passato le discussioni circa l’estensione e la portata del diritto spettante al concessionario sulle costruzioni eseguite sul suolo demaniale, qualora la concessione fosse fatta a tempo determinato e fosse, in ogni caso, revocabile.
Una prima tesi era quella che, richiamandosi al principio dell'accessione, sosteneva che, dato carattere di demanialità o di indisponibilità dell'area in cui sorge la costruzione, questa per ciò stesso rimane extra commercium, in quanto assume la natura giuridica del suolo a cui accede, ma la giurisprudenza ne ha dichiarata l'infondatezza con una costanza e dichiarazioni esplicite non comuni, osservando e sostenendo che l'art. 448 cod. civ., dopo aver dichiarato che la costruzione si presume appartenere al dominus soli, si affrettava ad aggiungere “finché non consti del contrario”: tale inciso stava a dimostrare, oltre ad essersi di fronte ad una presunzione iuris tuntum, che poteva esser vinta dalla prova contraria che risultasse da scritto, che, secondo il sistema positivo del codice del 1865, era possibile la coesistenza di due distinte proprietà, quella della superficie e quella del suolo.
Non meno esplicitamente infondata la giurisprudenza ha dichiarato l'altra tesi che sosteneva l'inammissibilità della coesistenza di due proprietà, nel caso di costruzione eseguita sopra il suolo demaniale, in seguito a concessione fatta a tempo determinato e quindi in ogni tempo revocabile, perché in questi casi, si diceva, siamo di fronte a delle concessioni amministrative non meramente unilaterali, concessioni cioè che si risolvono nella rimozione di limiti legali posti alla libera esplicazione delle attività dei singoli, ma a concessioni-contratto, le quali determinano, per il loro carattere commutativo, obblighi e diritti reciproci, e per cui se il concessionario si vincola da una parte ad una prestazione, sotto forma di canone che rappresenta il corrispettivo, acquista dall'altra dei diritti soggettivi.
Si tratta di diritti soggettivi, tutelabili davanti l'autorità giudiziaria nei confronti di tutti, e quindi anche nei confronti immediati della pubblica amministrazione, dato che non si nega all'ente pubblico concedente la facoltà di revocare ad nutum la concessione, ma anzi si riconosce che l'esercizio della facoltà di revoca sia giuridicamente legittimo tutte le volte che esso viene esplicato in seguito ad inadempienza del concessionario o in conseguenza di fatti che lo impongono a tutela delle esigenze superiori della pubblica utilità. Ma il diritto all'uso di questa facoltà riconosciuta all'ente pubblico e demandato all'autorità giudiziaria soltanto e limitatamente al fine di stabilire eventualmente, a favore del concessionario, un congruo indennizzo a titolo di risarcimento danni, in caso di legittimità accertata (iniuria), oppure a titolo d'equo compenso patrimoniale, per i profitti sottrattigli dalla pubblica amministrazione in conseguenza della revoca anticipata, seppur non arbitraria nella concessione.
Né può pregiudicare il diritto riconosciuto con la concessione la circostanza che questa è fatta a tempo determinato ed è in ogni caso revocabile, perché l'amministrazione ha sì la facoltà, come abbiamo detto, di revocare la concessione o di limitarne l'esercizio per motivi di pubblico interesse, la cui valutazione rientra nella sua discrezionale e insindacabile potestà, ma fin quando la revoca non viene pronunciata l'amministrazione è tenuta a rispettare i patti, e il diritto spettante al concessionario rimane intatto.
Realità del diritto del concessionario sulla costruzione eseguita su di un’area demaniale
Cosi pure, circa la questione se i diritti soggettivi derivanti dalle concessioni amministrative possano assumere consistenza e natura di realità, la più moderna giurisprudenza ha ammesso che il diritto, di cui il concessionario diventa titolare in seguito alla costruzione eseguita, dietro regolare concessione, su di un'area demaniale o su di un'area a questa assimilabile, è di natura reale immobiliare.
Il privato, infatti, investito di un tale diritto (il concessionario in una parola), viene messo, a seguito della concessione, in condizione di regolarsi, rispetto ai terzi, come il titolare vero e proprio della cosa posseduta, quasi che l'amministrazione concedente ne fosse ormai estranea.
Rapporti tra l’Amministrazione concedente e il concessionario
Questa quasi estraneità dell'amministrazione non toglie però che l'amministrazione stessa, nei suoi rapporti col concessionario, continui ad esercitare quella ingerenza, alta direzione e vigilanza, le quali sono rese necessarie - e quasi imposte - dall'interesse pubblico per tutte le relazioni giuridiche che quell'interesse pongono in essere: ingerenza, alta direzione, vigilanza, che vengono esercitate in modo molto tangibile, potendo esplicarsi, oltre che nella limitazione del diritto ad tempus, nella legittimazione in casi particolari alla revoca in tronco, alla decadenza e alla sospensione.
Ma fino a quando non viene dichiarata dalla pubblica amministrazione la revoca o la decadenza o la sospensione della concessione, il diritto riconosciuto al concessionario può essere esercitato da questo, nei confronti dei terzi, come una signoria insistente immediatamente sulla cosa: e quindi esso può rivendicarla, difenderla, tutelarla con tutte quelle garanzie che circondano i diritti reali immobiliari.
Conseguentemente, la costruzione appartiene al concessionario in proprietà, e questa proprietà non perde i suoi caratteri dominicali per il fatto di essere limitata nel tempo, poiché questa limitazione, considerato ius tollendi che viene assicurato nell'atto di concessione al privato, riguarda la consistenza immobiliare del dominio, costituita dai materiali usati dal concessionario costruttore, e non l’ oggettivazione generale e intrinseca del dominio stesso.
Proprietà superficiaria, quindi, « presupponente per la sua stessa giuridica esistenza la subordinazione dell'area demaniale a una servitù legale di appoggio (oneris ferendi), a sua volta di indubitato carattere reale, per il sostegno della costruzione, temporanea veramente questa, e revocabile ad nutum dall'autorità concedente secondo i principi generali regolanti le concessioni amministrative ».