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Articolo 783 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Donazioni di modico valore

Dispositivo dell'art. 783 Codice Civile

La donazione di modico valore(1) che ha per oggetto beni mobili è valida anche se manca l'atto pubblico [782 c.c.], purché vi sia stata la tradizione(2) [781 c.c.].

La modicità deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante.

Note

(1) Il modico valore si determina in base ad un parametro oggettivo (il valore economico del bene) e ad uno soggettivo (la consistenza del patrimonio del donante).
(2) Per tradizione si intende la consegna della cosa nelle mani del donatario. Risulta in tal modo certa ed inequivocabile la volontà del donante.

Ratio Legis

L'esiguo valore della donazione è inidoneo a recare pregiudizio ai terzi, che quindi non si ritiene opportuno tutelare imponendo il requisito di forma di cui all'articolo precedente. La forma solenne avrebbe, peraltro, un costo sproporzionato rispetto al valore del bene, finendo per disincentivare le donazioni di modico valore.

Spiegazione dell'art. 783 Codice Civile

In questo articolo è codificata la tendenza, affermatasi nella dottrina e nella giurisprudenza, di sottrarre alla forma solenne le donazioni di modico valore, le donazioni, cioè, che, appunto per la tenuità del loro contenuto, più che manifestazione di un animo liberale, si direbbero manifestazione di una volontà che vuole conformarsi ad usi o ad obblighi di carattere familiare o sociale; tali i donativi fatti in occasione di ricorrenze, oppure tra fidanzati.
Sono esse caratterizzate appunto: a) dalla natura dell’oggetto, che è costituito da una cosa mobile (anche titoli al portatore o nominativi, restando, per questi ultimi, salva l’osservanza delle formalità prescritte per il loro trasferimento); b) dalla tenuità di valore tenuto conto delle condizioni economiche del donante; c) dall’effettiva tradizione del dono; tradizione che è richiesta dalla comune coscienza giuridica come forma sensibile di trasferimento della proprietà, come effettiva esecuzione dell’obbligo sociale; tradizione che può anche non essere quella effettiva, ben rivelandosi sufficiente, ai fini dell’art. 783, una tradizione virtuale che si realizzi, ad esempio, mediante costituto possessorio, quando la cosa donata resti in possesso del donante, il quale è tenuto poi a restituirla al donatario nel cui patrimonio è entrata a seguito dell’accettazione.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

376 Un'altra disciplina che è stata profondamente innovata è quella della forma della donazione. Il progetto preliminare aveva ammessa la validità della donazione mobiliare di qualsiasi importo con la semplice tradizione, o, in mancanza di questa, quando ci fosse una scrittura privata contenente la descrizione delle cose e l'indicazione del loro valore. Il progetto definitivo aveva ritenuta pericolosa questa riforma, specie in considerazione della grande importanza del patrimonio mobiliare nell'economia moderna, e pertanto aveva prescritto anche per le donazioni mobiliari l'atto pubblico, riproducendo la norma dell'art. 1070 del codice del 1865, che richiede la descrizione delle cose con l'indicazione del valore. D'altra parte però aveva ammessa la validità della donazione di modico valore, quando fosse fatta per scrittura privata o fosse accompagnata dalla tradizione. La modicità doveva essere stabilita in relazione alle condizioni economiche del donante. Nella redazione del codice sono state perfezionate, sia dal punto di vista sostanziale, sia dal punto di vista formale, le disposizioni del progetto ministeriale, le quali avevano incontrato in via di massima approvazione. E' stata cioè ammessa la validità delle donazioni di modico valore aventi per oggetto cose mobili, quando vi sia stata la tradizione, e ciò in conformità all'indirizzo già affermatosi nella giurisprudenza sotto l'impero del codice del 1865. Non si è riconosciuta, invece, la possibilità di far donazioni con scrittura privata, per non allargare eccessivamente l'ammissibilità dei così detti doni manuali. Ed invero, se si prevedesse la scrittura privata, come mezzo idoneo al compimento dell'atto, si indurrebbe l'interprete a largheggiare nella valutazione della modicità, il che è indubbiamente da evitare. La norma relativa al criterio per la valutazione della modicità è stata emendata secondo alcune proposte in modo che ne risulta che va fatto riferimento innanzi tutto a una valutazione obbiettiva e poi anche alle condizioni economiche del donante. Infine è stata portata una modificazione nella sistemazione della materia, prevedendosi in un primo articolo (art. 782 del c.c.) la forma della donazione e dell'accettazione, e in un articolo successivo (art. 783 del c.c.) la donazione di modica valore, per la quale quella forma non è prescritta.

Massime relative all'art. 783 Codice Civile

Cass. civ. n. 5488/2022

In tema di donazione di somma di danaro di non modico valore, la nullità del corrispondente contratto perché concluso, senza la forma dell'atto pubblico, dal mandatario del donante in virtù di un potere di rappresentanza pure invalidamente - perché non in forma di atto pubblico - attribuitogli da quest'ultimo, determina l'insorgere, a carico del mandatario medesimo, dell'obbligo di restituzione in favore del donante, attesa la perdita, da parte del donante stesso, della disponibilità della somma predetta.

Cass. civ. n. 3858/2020

Ai fini del riconoscimento del modico valore di una donazione, l'art. 783 c.c. non detta criteri rigidi cui ancorare la relativa valutazione, dovendosi essa apprezzare alla stregua di due elementi di valutazione la cui ricorrenza, involgendo un giudizio di fatto ed imponendo il contemperamento di dati analitici, è rimessa all'apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, se non ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.: quello obiettivo, correlato al valore del bene che ne è oggetto, e quello soggettivo, per il quale si tiene conto delle condizioni economiche del donante. Ne consegue che l'atto di liberalità, per essere considerato di modico valore, non deve mai incidere in modo apprezzabile sul patrimonio del donante. (Rigetta, CORTE D'APPELLO TORINO, 12/06/2015).

Cass. civ. n. 7913/2001

Ai fini del riconoscimento del modico valore di una donazione, l'art. 783 c.c. non detta criteri rigidi cui ancorare la relativa valutazione, onde il giudizio in proposito è rimesso all'apprezzamento del giudice di merito la cui valutazione, involgendo un giudizio di fatto, è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivata. (Nella specie la Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso il modico valore di una donazione sulla base di un accertamento condotto sia sotto il profilo oggettivo, in relazione al valore del bene oggetto della donazione in sé considerato, sia sotto il profilo soggettivo, in relazione al fatto che la somma donata costituiva la quasi totalità del risparmio del donante).

Cass. civ. n. 11304/1994

La donazione di modico valore (art. 783 c.c.) per la quale non si richiede la forma scritta ad substantiam va accertata alla stregua di due criteri: quello oggettivo, per il quale si tiene conto delle condizioni economiche del donante. Ne consegue che l'atto di liberalità, per essere considerato di modico valore, non deve mai incidere in modo apprezzabile sul patrimonio del donante.

Cass. civ. n. 1260/1994

I doni tra fidanzati non sono equiparabili né alle liberalità in occasione di servizi, né alle donazioni fatte in segno tangibile di speciale riconoscenza per i servizi resi in precedenza dal donatario, né alla liberalità d'uso, ma costituiscono vere e proprie donazioni, come tali soggette ai requisiti di sostanza e di forma previsti dal codice. Peraltro, la modicità del donativo, da apprezzare oggettivamente in relazione alla capacità economica del donante, fa sì che il trasferimento si perfezioni legittimamente, tra soggetti capaci, in base alla mera traditio.

Cass. civ. n. 1873/1989

L'art. 783 c.c., nel disciplinare le donazioni di modico valore, prevede che la modicità dell'oggetto della donazione sia valutata obiettivamente anche in rapporto alle condizioni economiche del donante. A tal fine il giudice deve compiere un'indagine complessa, che, partendo dall'accertamento dei dati analitici essenziali che attengono al valore dell'oggetto in sé ed alla potenzialità economica di chi se ne spoglia, pervenga attraverso il loro contemperamento ad affermare ovvero ad escludere che la liberalità incida in modo apprezzabile sul patrimonio del donante. Detta indagine comporta un apprezzamento di fatto incensurabile in cassazione se congruamente motivato.

Cass. civ. n. 1134/1982

L'art. 783 c.c., con il quale è stabilito che la modicità del valore della donazione deve essere valutata in rapporto alle condizioni economiche del donante, importa che, sulla base della varia potenzialità economica di quest'ultimo, può venire meno il carattere della modicità se quelle condizioni siano modeste, come, viceversa, può ricorrere quel carattere se quelle condizioni siano particolarmente prospere. L'accertamento di tale requisito costituisce apprezzamento di fatto incensurabile in cassazione se congruamente motivato.

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Consulenze legali
relative all'articolo 783 Codice Civile

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P. Z. chiede
lunedì 08/04/2024
“Buongiorno avvocati. Vorrei chiedere dovendo fare due donazioni del valore di 25.000 € ciascuna a due cognati, ed avendo una disponibilità totale divisa su due c.c. di due diversi istituti bancari di circa 200.000 € volevo sapere se la cifra visto il patrimonio totale rientra nella donazione di beni di modico valore, e quindi se potevo effettuare un normale bonifico, oppure se è consigliabile rivolgersi ad un notaio per la stipula di un atto di donazione. Eventualmente potendo fare i bonifici cosa dovrei scrivere nella causale dei due bonifici per essere a posto legalmente? Grazie per la vostra risposta un cordiale saluto.”
Consulenza legale i 14/04/2024
La prima domanda a cui si chiede di dare risposta è quella relativa alla sussistenza o meno nel caso di specie delle condizioni per poter qualificare la donazione che si intende effettuare come “di modico valore”.
La risposta è negativa.
Il legislatore, in effetti, all’ art. 783 c.c. non stabilisce un determinato importo, al di sotto del quale si possa parlare di “donazione di modico valore”, limitandosi a precisare che occorre considerare il valore economico della donazione e le condizioni economiche di chi dona (il c.d. donante).
Pertanto, in linea generale, si possono considerare “di modico valore” tutte quelle donazioni che non hanno l'effetto di impoverire in modo eccessivo il donante, dovendosi valutare la reale situazione patrimoniale in tutte le sue componenti (così Cass. civ. Sez. II, sent. n. 7913 del 12.06.2001, Cass. civ. Sez. I sent. n. 11304 del 30.12.1994).

In questo caso si ritiene che su un patrimonio mobiliare complessivo di circa 200 mila euro, la donazione della somma di euro 50.000 non possa qualificarsi come di modico valore, in quanto, anche se non impoverisce in maniera eccessiva il donante, incide in una certa misura sul suo patrimonio.
Si tenga presente, comunque, che, in assenza di rigidi criteri legali, sarà pur sempre il giudice del merito a dover stabilire, con una sua valutazione discrezionale, insindacabile in sede di legittimità ove congruamente motivata, se la donazione che si intende effettuare possa considerarsi o meno di modico valore.

Esaminato questo aspetto della questione, ci si può adesso occupare degli altri interrogativi posti nel quesito, attinenti in particolare alla forma da utilizzare per effettuare i due trasferimenti di denaro.
A tale riguardo può dirsi che in diverse occasioni la giurisprudenza, anche di legittimità, si è occupata della donazione di denaro eseguita mediante bonifico bancario, giungendo alla conclusione che, pur risultando nulla per difetto della forma dell’atto pubblico richiesta dalla legge (art. 782 del c.c.), deve comunque intendersi assoggettata all’imposta sulle successioni e donazioni.
Ciò trova spiegazione nel fatto che, finchè non verrà dichiarata giudizialmente nulla, con conseguente obbligo di restituzione, l’attribuzione eseguita ed il conseguente trasferimento di ricchezza rimangono materialmente in essere.
In quanto integrante a tutti gli effetti una donazione diretta di somma di denaro (seppure attuata per il tramite dell’intermediario, ossia la banca), sarà assoggettata all’imposta sulle successioni e donazioni secondo il regime generale e non secondo quello speciale dettato per le “liberalità indirette” dall’art. 56 bis del T.U. successioni e donazioni.

In tal senso può citarsi Cass. SS.UU. n. 18725 del 27.07.2017, così massimata:
“In tema di atti di liberalità, il trasferimento, attraverso un ordine di bancogiro del disponente, di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario non rientra tra le donazioni indirette, ma configura una donazione tipica ad esecuzione indiretta, soggetta alla forma dell'atto pubblico, salvo che sia di modico valore, poiché realizzato non tramite un'operazione triangolare di intermediazione giuridica, ma mediante un'intermediazione gestoria dell'ente creditizio. Infatti, l'operazione bancaria tra il donante ed il donatario costituisce mero adempimento di un distinto accordo negoziale fra loro concluso e ad essa rimasto esterno, il quale solo realizza il passaggio immediato di valori da un patrimonio all'altro, e tale circostanza esclude la configurabilità di un contratto in favore di terzo, considerato che il patrimonio della banca rappresenta una "zona di transito" tra l'ordinante ed il destinatario, non direttamente coinvolta nel processo attributivo, e che il beneficiario non acquista alcun diritto verso l'istituto di credito in seguito al contratto intercorso fra quest'ultimo e l'ordinante”.

Pertanto, se non vi è alcun rischio che in futuro possa, da chiunque vi abbia interesse, essere fatta valere la nullità della donazione di quelle somme di denaro per difetto di forma (con conseguente obbligo per i donatari di restituzione della somma a suo tempo ricevuta dal donante), ci si può avvalere del bonifico bancario, usando alcuni particolari accorgimenti.
In particolare, al fine di non avere problemi con il fisco, ciò che si consiglia è non soltanto di far risultare dalla causale del bonifico quella che è l’effettiva volontà del trasferente, usando possibilmente la dicitura “Regalo per ...”, ma anche di accompagnare tale trasferimento di denaro ad una scrittura privata (cfr. art. 2 comma 53 D.l. 3 ottobre 2006 n. 262, convertito con modificazioni dalla Legge 24.11.2006 n. 286), da cui far risultare appunto la donazione intervenuta tra le parti, scrittura da sottoporre a registrazione presso l’Agenzia delle Entrate con conseguente pagamento delle relative imposte (si ricorda che nel caso di donazione nei confronti di soggetti estranei alla cerchia familiare, l’aliquota applicabile a titolo di imposta sulle donazioni è pari all’8%, da calcolare sull’importo totale della somma donata, senza alcuna franchigia, come disposto dall’art. 2 comma 49 lett. c) del predetto D.l. 3 ottobre 2006 n. 262).
In tal modo non soltanto si certifica la data riportata sulla scrittura privata, ma si assolve anche agli obblighi fiscali connessi a quel trasferimento gratuito di denaro.

Infine, sembra opportuno evidenziare che, sempre sotto il profilo del rischio che le donazioni possano essere dichiarate nulle per difetto di forma, si tenga presente che un interesse di questo tipo può ravvisarsi sia in capo ad eventuali creditori del donante che a coloro che al momento della morte di quest’ultimo avranno diritto ad una quota di riserva del patrimonio ereditario (sono tali le categorie di persone indicate all’art. 536 c.c.), sempre che dal trasferimento a titolo gratuito di tali somme ne possa derivare una lesione di detta quota.


Federica V. chiede
venerdì 12/05/2017 - Friuli-Venezia
“Buonpomeriggio,
mio fratello mi ha restituito del denaro (10.000 euro) per l'aiuto che gli ho dato negli ultimi anni svincolando anticipatamente una polizza assicurativa. In quel periodo lui era in procinto di chiedere la separazione dalla moglie ed era talmente scosso che da lì a poco si è suicidato (2012). La moglie ha ereditato tutto il patrimonio costituito da una villetta del valore di 150.000 (che ha subito venduto) + ha incassato la propria quota di legittima sulla vendita di un immobile dei ns genitori (13.000) + ha ereditato diversi terreni + il denaro sul conto corrente + ha venduto diversi beni del marito per ricavare denaro.
Inoltre, prima del matrimonio lui le aveva donato anche 70.000 euro.
La moglie mi ha fatto causa per la restituzione della somma donatami in quanto ritiene che debba rientrare nel patrimonio ereditario.
A vostro avviso ho il diritto di trattenere quella somma che mi aveva liberamente dato mio fratello per questioni personali? Nel caso di giudizio come sarà la valutazione del giudice?
Si può considerare donazione di modico valore?
Ho parlato solo della moglie ma c'è anche un figlio adottivo minorenne ed uno adottivo maggiorenne (il ricavato dal patrimonio del defunto è stato suddiviso tra loro in quote legittime).
Vi ringrazio anticipatamente”
Consulenza legale i 18/05/2017
L'art. 536 c.c. individua quali persone in cui favore la legge riserva una quota di eredità i seguenti soggetti:
  1. coniuge
  2. figli
  3. ascendenti.

Nel caso di specie risulta che il de cuius sia deceduto lasciando ascendenti, figli e coniuge, il che rende applicabile l’art. 538 c.c., norma la quale prevede che, in presenza di figli, agli ascendenti non viene riservata alcuna quota di eredità, cosicché unici soggetti legittimati ad agire in riduzione potranno essere la moglie ed i figli.

A questo punto, si tratta di individuare qual è la quota che il legislatore riserva a queste due categorie di legittimari qualora vengano alla successione in concorso tra di loro, ed a tal fine trova esplicita applicazione l’art. 542 c.c., il quale dispone che se chi muore lascia il coniuge e più di un figlio, ai figli è complessivamente riservata la metà del patrimonio (da dividere in parti uguali tra loro) ed al coniuge spetta un quarto del patrimonio del defunto.

Tradotto in termini numerici avremo che su un patrimonio di 100, ai figli andranno 50 da dividere in parti uguali, 25 saranno riservati al coniuge e dei restanti 25 il de cuius potrà liberamente disporre.

Il problema che si pone è, dunque, quello di determinare con esattezza la porzione disponibile, ed anche a ciò il legislatore ha pensato di provvedere, disponendo all’art. 556 c.c. che a tale fine occorrerà formare una massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte, detraendone i debiti e riunendovi fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione (secondo il loro valore al tempo dell’apertura della successione); sull'asse così formato si potrà calcolare la quota di cui il defunto poteva disporre.

Nel caso di specie, pertanto, escludendo dalla massa i 70.000 euro che erano stati donati alla moglie prima del matrimonio, i quali non possono in alcun modo considerarsi come facenti parte del patrimonio ereditario, sembra che i restanti beni, confluiti per successione nel patrimonio del coniuge e dei figli superstiti, superino abbondantemente (almeno secondo i valori che ne vengono riferiti) la quota che il legislatore ha voluto riservare ai legittimari, con la conseguenza che quei 10.000 euro che il de cuius aveva consegnato al fratello (qualunque possa essere la ragione di tale traditio, che purtroppo in questo caso risulta difficile dimostrare, in assenza di alcun documento scritto che provi quanto viene riferito), non potranno mai superare la quota di c.d. disponibile, ossia la quota di cui il de cuius poteva liberamente disporre.

Quindi, alla domanda di quale potrebbe essere il convincimento del Giudice in un eventuale giudizio per riduzione della donazione dei 10.000 euro, può rispondersi dicendo che “con molta probabilità” il Giudice adito si pronuncerà contro una riduzione della donazione di cui si discute, rientrando tale somma in quella quota, come sopra definita, di cui il defunto poteva liberamente disporre.

Altro dubbio che giustamente ci si pone è quello della modicità o meno della donazione ricevuta dal fratello, tenuto conto che solo una donazione di modico valore sfugge alla forma vincolata dell’atto pubblico, che la legge richiede a pena di nullità ex art. 782 comma 1 c.c.
Dispone infatti il successivo art. 783 c.c. che la donazione di modico valore, avente per oggetto beni mobili (tale è il denaro) è valida con la semplice consegna (traditio) della res, anche se manca l'atto pubblico.

Ora, come prima accennato, le movimentazioni finanziarie, qualora risultino prive di expressio causae, sono astrattamente riconducibili, oltre che ad una causa solvendi, credendi o di garanzia, anche ad una causa donandi.
In difetto di una prova esplicita in ordine ai primi tre tipi di causa, la consegna di una somma di denaro dovrà per forza di cose ricondursi nell’alveo della donazione o dell’atto di liberalità in genere, il che, in assenza di atto pubblico, rende necessario il riferimento al disposto dell’art. 783 c.c., ed in particolare a quel concetto di modico valore per il quale il secondo comma della stessa norma si limita a stabilire che "la modicità deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante".

Ciò rende necessario analizzare ogni singolo caso, tenendo conto sia di tale criterio sia, ovviamente, dell’entità della donazione.

In generale può dirsi, comunque, che la donazione è di modico valore quando, tenendo conto del suo valore obiettivo in relazione alla capacità economica del donante, si può pervenire ad escludere che essa abbia inciso in modo apprezzabile sul suo patrimonio (così Giannattasio e Cass. 76/1967).

Il Giudice, investito di una simile questione, dunque, per stabilire se un bene sia o meno di modico valore e quindi per decidere se una donazione possa essere effettuata senza le ordinarie formalità (cioè senza atto pubblico notarile e senza la stima del valore del bene oggetto di donazione), deve considerare due elementi:
  1. il valore effettivo del bene che si è voluto donare;
  2. la situazione economica di colui che ha effettuato la donazione.
dovendo considerare ammessa la donazione in forma semplificata se la stessa non ha inciso in maniera rilevante nel patrimonio di colui che ha effettuato la donazione.

Nel nostro caso si può a prima vista ritenere che, a fronte di un patrimonio della consistenza descritta, la datio della somma di 10.000 euro non possa che assumere carattere di modicità.

Va comunque precisato che trattasi ovviamente di un giudizio affidato al libero convincimento del Giudice investito della questione di merito e che, qualora si giunga alla conclusione della non modicità della donazione, non potrà che dichiararsi nulla la stessa e la nullità comporterà un obbligo restitutorio a carico del beneficiario.

Si tenga anche conto che la questione della validità o meno della donazione costituisce un’analisi in ogni caso necessaria in quanto, allorché si venga citati in un giudizio volto alla revocazione della donazione di quella somma per lesione di legittima, la circostanza che il Giudice riconosca che non vi sia stata alcuna lesione del legittimario non autorizza il medesimo Giudice a pretermettere l'analisi dei vizi che si assumono inficiare gli atti negoziali posti in essere dal de cuius.
Ciò in quanto l'assenza del presupposto basilare per valutare la supposta violazione ereditaria (ossia la mancanza di lesione di legittima) non significa che le singole domande di nullità e di simulazione degli atti inter vivos compiuti dal de cuius restino prive di interesse.

Alvise F. chiede
giovedì 22/01/2015 - Abruzzo
“Buongiorno, sono titolare di una attività di commercio di fumetti e libri usati, in genere di modesto valore unitario. In tale attività mi capita di svuotare cantine e magazzini, vecchie biblioteche e cose simili, procurandomi così i beni da rivendere. Mesi fa mi ha chiamato una grossa ditta proponendomi di liberarli da alcuni pallets di vecchi libri che ingombravano i loro magazzini ed erano stati dati loro in deposito 18 anni fa - così mi hanno spiegato - da un'altra ditta poi fallita e non più rivendicati da nessuno. Ho accettato dopo aver dato un'occhiata superficiale ai pallets, che erano ancora incellofanati, e ricoperti di polvere sicuramente annosa, cosa che confermava quanto la ditta mi diceva. I pallets mi sono stati materialmente consegnati a cura della ditta, col camion, presso il mio magazzino, a titolo gratuito, senza nessun esborso da parte mia. Procedendo in seguito all'inventario, ho trovato nei pallets, tra pezzi da buttare e pezzi di modesto valore, alcuni volumi di pregio, che ritengo possano raggiungere quotazioni elevate. Domanda: posso legittimamente metterli in vendita? Il mio quesito nasce dal fatto che io li ho sì acquisiti in buona fede, ma non ho alcun titolo scritto di consegna, e circa il fatto del maturato legittimo possesso da parte della ditta che me li ha ceduti, ho soltanto la loro parola, anche se è la parola di una grossa ditta ed era confermata dallo stato materiale dei beni, che con ogni evidenza si trovavano lì da molti anni. Ultimo particolare: per puro caso, quando mi sono recato a visionare i pallets, avevo con me un parente che potrebbe testimoniare. Grazie e cordiali saluti.”
Consulenza legale i 22/01/2015
Nella vicenda esposta una ditta cede ad un commerciante una grande quantità di libri usati per liberare il proprio magazzino: la cessione avviene a titolo gratuito.
Dobbiamo distinguere due questioni fondamentali: la prima riguarda la titolarità dei pallets di vecchi libri, dato che la ditta non li aveva normalmente acquistati; la seconda concerne il ritrovamento di alcuni beni di valore all'interno della merce ricevuta.

Quanto al prima problema, potrebbe sembrare applicabile l'art. 1153 del c.c. che dice: "Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non è proprietario, ne acquista la proprietà mediante il possesso, purché sia in buona fede al momento della consegna e sussista un titolo idoneo al trasferimento della proprietà". In altre parole, chi riceve dei beni mobili da un'altra persona (qui, il commerciante), credendo in buona fede che questi beni appartengano a chi glieli sta cedendo (la ditta), consolida il proprio acquisto se sussiste un titolo idoneo al trasferimento. Purtroppo però nel nostro caso il titolo sembra essere una donazione (v. più avanti un approfondimento su questo punto), e la donazione di beni altrui non è consentita (art. 771 del c.c.).

Quindi, per "validare" con maggior sicurezza l'acquisto del commerciante, sarà necessario riscontrare un titolo di proprietà in capo all'azienda cedente.
Si potrà ricorrere quindi all'art. 1161 del c.c., che disciplina l'usucapione di beni mobili (riteniamo che nel caso di specie non ci si trovi dinnanzi ad una vera universalità di mobili): tale articolo stabilisce che i mobili si acquistano con il possesso continuato per dieci anni, sempre che il possesso sia stato acquistato in buona fede (se il possessore è di mala fede - ma non sembra il nostro caso, visto che all'epoca vi fu un accordo per il deposito - l'usucapione si compie invece con il decorso di venti anni).
La prova del possesso dei libri da parte della grossa ditta si può dare abbastanza semplicemente, provando che, oltre al possesso attuale, vi sia stato possesso in un tempo più remoto (almeno 10 anni prima - è sufficiente qualche testimonianza, magari di dipendenti della ditta): ai sensi dell'art. 1142 del c.c., si presumerà il possesso anche nel tempo intermedio e quindi l'usucapione potrà dirsi perfezionata.

Possiamo dire con una certa tranquillità che l'acquisto di Tizio è sicuro, rispetto all'incerta provenienza dei beni.

Circa il secondo quesito, quello che più sta a cuore al commerciante, va innanzitutto chiarito che la chiave della risposta sta nell'oggetto e nella natura del contratto tra questi e la ditta.
E' bene premettere che le soluzioni possibili in questo caso, mancando un contratto scritto, sono davvero molteplici.
Si potrebbe trattare di una donazione, così come di un contratto atipico a prestazioni corrispettive (io, commerciante, libero te, ditta, dal "problema" di dover smaltire i libri usati, e in cambio tu me li cedi), e così via.

Due sono forse le ipotesi più probabili: la ditta ha ceduto specificamente un complesso di libri usati di infimo valore, in quanto ha ritenuto che le costerebbe di più catalogarli e venderli, oppure darli al macero, che non semplicemente liberarsene senza ulteriori adempimenti (donazione).
Oppure: la ditta cede a titolo gratuito al commerciante "quanto presente" nei loro magazzini, pur di liberarsene, e il commerciante si accolla il rischio di trovarsi con un "pugno di mosche", da dover smaltire, o con qualcosa di valore (contratto).

Mentre nel secondo caso, alla cosa ceduta non è attribuito un valore, nemmeno approssimato, nel primo, è presupposto della donazione che essa abbia ad oggetto beni di un valore inconsistente.
Si sarebbe allora perfezionata una classica donazione di modico valore, ai sensi dell'art. 783 del c.c.: essa, avendo per oggetto beni mobili, è valida anche se manca l'atto pubblico, purché vi sia stata la tradizione (cioè la materiale consegna). La modicità del valore dei beni deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante (nel nostro caso è logico supporre che per la ditta il valore dei libri era irrisorio rispetto al suo patrimonio).
Potendo configurare una donazione di modico valore, il rinvenimento di beni, al contrario, di elevato valore all'interno dei pallets ceduti, potrebbe far venire meno l'aspetto della "modicità" e di conseguenza rendere nulla la donazione in quanto non conclusa per atto pubblico, come richiede la legge.

L'altra opportunità è quella di qualificare l'accordo come contratto, in cui entrambe le parti ricevono un vantaggio (come evidenziato in un esempio poco sopra: l'interesse/vantaggio economico della ditta risiederebbe nell'opportunità di non dover perdere tempo e denaro per smaltire o rivendere i libri).
In particolare, potrebbe ipotizzarsi l'esistenza di un contratto aleatorio: nei contratti aleatori vi è, per definizione, incertezza sui sacrifici che le parti saranno costrette a sopportare.
La giurisprudenza ha specificato che l'incertezza circa l'entità del vantaggio e, correlativamente, della perdita di ciascun contraente all'atto della stipulazione del contratto, nella quale si concretizza l'alea, cioè il rischio del contratto aleatorio, deve essere obiettiva e dipendere dal verificarsi o meno di un evento futuro dedotto quale fonte dell'alea (Cass. civ. SS.UU., n. 10/1993).
Per poter configurare tale tipo di contratto nella fattispecie in esame, si dovrebbe poter provare che le parti abbiano fin dall'inizio messo in conto, in maniera esplicita, che qualsiasi cosa fosse "saltata fuori" da quei pallets sigillati da anni, sarebbe stata attribuita al commerciante, senza riserve: l'evento futuro dedotto come fonte dell'alea sarebbe la redazione dell'inventario da parte del commerciante e la stima di tutti i singoli libri.
Potendo così qualificare il contratto, la ditta cedente nulla potrebbe eccepire al commerciante qualora questo rinvenga tra il materiale pervenutogli qualcosa di un certo valore. Si può paragonare, infatti, tale contratto ad una sorta di "scommessa".

Come già evidenziato, la qualificazione dell'accordo intervenuto tra le due parti, all'apparenza banale, non è operazione semplice.
Chiaramente, il commerciante dovrà cercare di dimostrare la volontà della ditta di cedere i pallets, qualunque fosse il loro contenuto; mentre la ditta avrà interesse a provare che si trattò di donazione, nulla per mancanza di forma.


Si potrebbe pensare di recarsi nuovamente dalla ditta cessionaria e richiederle di formalizzare per iscritto la cessione già avvenuta, motivando la richiesta con ragioni (fiscali) di bolle/magazzino/inventario o simili, stendendo in tal modo un accordo (semplicissimo, fatto di poche righe) a prova di imprevisti.


Umberto chiede
sabato 16/02/2013 - Lombardia
“Donerò € 100.000 a mio figlio, unico erede,chè utilizzerà per l'acquisto della abitazione principale. Mio figlio è cointestatario del mio c/c bancario dal quale verrà prelevato la predetta somma di denaro. A livello fiscale non dovrebbe pagare nulla in quanto beneficerebbe della franchigia al di sotto del 1.ooo.ooo di euro. E' obbligatorio, invece, l'atto pubblico?”
Consulenza legale i 09/03/2013
La donazione della somma di denaro pari ad euro 100.000,00 non rientra nella tipologia delle donazioni di modico valore di beni mobili (o donazioni modali), unica categoria per cui la legge non richiede la forma dell'atto pubblico, essendo questo requisito sostituito dalla consegna della cosa donata dal donante al donatario. Eccezione fatta per le donazioni di modico valore, tutte le altre donazioni devono rivestire la forma dell'atto pubblico a pena di nullità.
Ciò posto, si ritiene opportuno precisare che il caso in esame potrebbe rientrare nelle c.d. donazioni indirette, intese quali attività o atti giuridici che, pur producendo il depauperamento del patrimonio di un soggetto ed il corrispondente arricchimento di quello di un altro (quindi, di fatto, il risultato di una donazione), vengono realizzati ricorrendo ad atti diversi dal vero e proprio contratto di donazione. Infatti, risulta donazione indiretta il procurare l'acquisto di un bene ad un terzo fornendo al terzo il denaro necessario per l'acquisto, come si vorrebbe fare nel caso di specie.
Nel caso delle donazioni indirette, la legge non richiede la forma dell'atto pubblico notarile, ma risulta necessario rispettare la forma richiesta dalla legge per gli atti tramite i quali si realizza l'intento donativo.

Gianfranco Q. chiede
giovedì 19/04/2012 - Veneto
“Donazione di modico valore:
come deve essere redatto l'atto;
come viene tassata;
è possibile non nominare il donante.
Grazie.”
Consulenza legale i 19/04/2012

Ai sensi dell'[[783]] la donazione di modico valore che ha per oggetto beni mobili è valida anche se manca l'atto pubblico, purchè vi sia la "tradizione". Ciò significa che nelle donazioni di modico valore il requisito della forma dell'atto pubblico viene sostituito dalla trasmissione del possesso dal donante al donatario, attraverso la consegna del bene donato.

Inoltre, la "modicità" deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante, nel senso che la donazione non deve incidere in modo apprezzabile sul suo patrimonio, altrimenti è necessario fare una donazione formale.

Le donazioni di modico valore aventi ad oggetto beni mobili sono escluse da tassazione.


Anonimo chiede
giovedì 03/10/2024
“Se un padre dona al figlio 999999 euro con bonifico bancario quindi valore sotto la franchigia di un milione di euro non paga imposta ma comunque è necessario atto pubblico (notaio) tranne il caso di donazione indiretta? Ringrazio”
Consulenza legale i 04/10/2024
Ai sensi dell’art. 782 c.c., la donazione deve essere stipulata per atto pubblico, sotto pena di nullità.
Fanno eccezione all’obbligo di forma solenne:
La giurisprudenza (si veda la recentissima Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 02/07/2024, n. 18098) ha precisato che “la donazione indiretta si identifica con ogni negozio che, pur non avendo la forma della donazione, sia mosso da un fine di liberalità e abbia l'effetto di arricchire gratuitamente il beneficiario, e nel quale l'intenzione di donare emerge solo in via indiretta, dal rigoroso esame di tutte le circostanze del singolo caso, nei limiti in cui siano tempestivamente e ritualmente dedotte e provate in giudizio; per la validità delle donazioni indirette, non è però richiesta la forma dell'atto pubblico, essendo sufficiente l'osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità”.

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