La questione sottoposta al vaglio degli Ermellini era nata in seguito alla decisione con cui, all'esito di entrambi i gradi del giudizio di merito, era stata negata la soggezione a collazione di una donazione, avente ad oggetto alcuni gioielli, posta in essere, in vita, da una donna, in favore della propria figlia.
Di fronte a tale statuizione, il fratello di quest’ultima decideva di ricorrere dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando, tra le altre cose, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 783 del c.c. e degli artt. 112, 113 e 116 del c.p.c., oltre all’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata. Il ricorrente richiamava, infatti, l’inventario dei gioielli sottoscritto dai fratelli e prodotto in primo grado, criticando l’insufficiente motivazione fornita dalla Corte d’Appello, la quale aveva negato la soggezione a collazione dei gioielli donati dalla madre alla figlia, basandosi esclusivamente sul loro modico valore. Lo stesso evidenziava, peraltro, come l’elenco dei gioielli fatti oggetto di donazione nei confronti della sorella, risultasse da un documento risalente al 1997, con la conseguenza che sarebbe, quindi, stato opportuno che i Giudici di merito avessero deferito il giuramento estimatorio da lui richiesto, al fine di accertare quello che era il loro esatto valore.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, giudicando fondato il suddetto motivo di doglianza.
Contrariamente a quanto affermato dai Giudici di merito, infatti, gli Ermellini hanno evidenziato come, anche le donazioni di modico valore, siano soggette a collazione, fatta eccezione per il caso in cui esse siano state disposte in favore del coniuge del defunto, come previsto dallo stesso art. 738 c.c.
Da ciò deriva che, al di fuori dell’eccezione alla regola generale stabilita in favore del coniuge superstite, anche per le donazioni di modico valore sorge automaticamente, in seguito all’apertura della successione, l’obbligo della collazione, in base al quale tutti i beni donati devono essere conferiti ai coeredi, indipendentemente da un’espressa domanda degli stessi. A tal fine è, difatti, sufficiente la proposizione di una domanda di divisione da parte degli altri eredi, oltre alla menzione, al suo interno, dell’esistenza di determinati beni che siano stati fatti oggetto di una pregressa donazione da parte del de cuius, i quali rientrino, al contempo, nell’asse ereditario di cui si renda necessaria la ricostruzione.
A tale regola fa, poi, eccezione anche l’ipotesi in cui il de cuius abbia validamente dispensato una donazione dall’obbligo di collazione, il che, tuttavia, può aver luogo soltanto entro i limiti della quota disponibile.
Alla luce di tali precisazioni, in accoglimento della doglianza del ricorrente, i Giudici di legittimità hanno chiaramente giudicato errata la decisione della Corte territoriale di negare l’assoggettamento a collazione della donazione disposta dalla madre in favore della figlia, posto che, non trattandosi di una donazione effettuata al coniuge del defunto, il suo modico valore non la esonera dall’obbligo di cui all’art. 737 c.c.