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Articolo 567 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 03/08/2024]

Successione dei figli

Dispositivo dell'art. 567 Codice Civile

Ai figli(1) sono equiparati gli adottivi(2).

I figli adottivi sono estranei alla successione dei parenti dell'adottante [300, 304, 309](3).

Note

(1) Comma così sostituito dal D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(2) Quanto ai figli adottivi occorre distinguere:
- con l'adozione di persone maggiori di età e con quella in casi particolari prevista dall'art. 44 e ss. della L. 4 maggio 1983, 184, l'adottato succede al genitore ma non ai parenti di questo. Opera, inoltre, la rappresentazione in favore dei discendenti dell'adottato;
- con l'adozione "piena" l'adottato succede sia ai genitore che ai parenti di questo, alla pari dei figli legittimi.
(3) Come specificato nella nota precedente, tale comma si applica solo all'adozione di persone maggiori di età e a quella in casi particolari prevista dall'art. 44 e ss. della L. 4 maggio 1983, n. 184.

Ratio Legis

La norma attua un'equiparazione totale dei diritti successori dei figli legittimati e adottivi rispetto a quelli legittimi (v. art. 30 Cost.).

Spiegazione dell'art. 567 Codice Civile

Resta immutato il principio per cui il diritto successorio dell’adottato è limitato alla successione dell’adottante, coerentemente al disposto dell’art. 300 c.c., secondo cui l’adozione non induce, almeno in linea di principio, alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante.

Nel caso in cui, dopo la morte dell’adottante, l’adozione venga revocata, resterà salvo il diritto di successione del figlio adottivo, perché, a norma dell’art. 309, "gli effetti dell’adozione cessano quando passa in giudicato la sentenza di revoca". Se però la revoca venga pronunziata per fatto imputabile all’adottato, "l’adottato e i suoi discendenti sono esclusi dalla successione dell’adottante" (art. 309, comma 2); valgono i principii sull’erede apparente.

Quanto ai discendenti dei figli adottivi, la successione per rappresentazione è regolata dall’art. 468 c.c.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

273 In correlazione alla nuova disciplina dell'istituto della successione per rappresentazione, regolato sistematicamente nella parte generale ed esteso a tutti i casi in cui il primo chiamato non possa o non voglia accettare l'eredità, ho soppresso nell'art. 566 del c.c. (corrispondente all'art. 107 dei progetto definitivo), l'accenno ai discendenti dei figli legittimi e la distinzione fra successione per capi e successione per stirpi. Data l'estensione della rappresentazione al caso di rinunzia, è chiaro che, nella successione ab intestato, i discendenti dei figli legittimi non possono succedere in nessun caso per diritto proprio e quindi non ha senso la distinzione fra successione per capi e successione per stirpi. D'altro lato uno specifico richiamo alla rappresentazione sarebbe stato in questa sede superfluo, dato che la materia è interamente regolata dagli articoli 467, 468 e 469. Per le stesse ragioni ho eliminato la menzione dei discendenti a proposito del figli adottivi (art. 567 del c.c.), dei fratelli e sorelle (art. 570 del c.c.), e il richiamo esplicito alla rappresentazione che era contenuto nel terzo comma dell'art. 112 del progetto definitivo.
274 Era stato suggerito, a proposito dell'equiparazione dei figli legittimati ai legittimi, un coordinamento del secondo comma dell'art. 108 del progetto, che estendeva l'equiparazione ai figli legittimati per decreto reale dopo la morte del genitore, con le disposizioni in materia di legittimazione. Senonché il coordinamento è stato già fatto dal capoverso dell'art. 290 del c.c., secondo il quale, se il decreto reale interviene dopo la morte del genitore, gli effetti della legittimazione risalgono alla data della morte purché la domanda sia stata proposta non oltre un anno da quella data. Pertanto ho soppresso la norma del primo capoverso dell'art. 108, che sarebbe stata inutile di fronte alla disposizione del libro primo.

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Consulenze legali
relative all'articolo 567 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

S. T. chiede
giovedì 09/03/2023 - Liguria
“Buongiorno,
mia madre è stata riconosciuta alla nascita, avvenuta nel 1951,dalla sola madre biologica. All'età di 3 anni è stata messa in un orfanotrofio e l'anno dopo (1955) è stata adottata da due coniugi senza figli. La madre biologica non ha avuto altri figli, ha solo alcune sorelle. Ora la madre biologica è deceduta. Trattandosi di un'adozione antecedente alla legge nr. 431 del 1967 ai fini successori mia madre è considerata erede?”
Consulenza legale i 15/03/2023
L’esame del provvedimento in forza del quale è stata a suo tempo disposta l’adozione avrebbe sicuramente consentito di rispondere in maniera più precisa e puntuale; tuttavia, pur in assenza di ciò e facendo riferimento a quella che è la normativa che in tema di adozione si è succeduta nel corso degli anni, può darsi risposta positiva alla domanda che qui viene posta.
L’istituto dell’adozione, dal latino adoptio, vanta origini antichissime nel nostro paese dato che, com’è noto, già gli antichi romani vi facevano ricorso.
Il diritto romano prevedeva, infatti, la possibilità, per chi non aveva discendenza propria, di costituirsene una mediante un atto giuridico con il quale un paterfamilias vendeva il figlio (senza il suo consenso) ad un altro paterfamilias, di cui acquisiva cognome e diritto successorio.
L’idea di un contratto privatistico tra adulti si mantenne viva sino al 1940, anno in cui il nuovo codice civile sostituì quello promulgato da Vittorio Emanuele II nel 1865.
Fino ad allora l’unica forma consentita di adozione rimase quella nei confronti di maggiori di anni diciotto ad opera di chi non avesse figli propri ed avesse raggiunto un’età in cui fosse sicuro di non poterne più avere.
Chiaramente si voleva ad ogni costo evitare che l’unità familiare venisse minata dall’arrivo di un estraneo e, soprattutto, che questi potesse avanzare pretese sul patrimonio, indebolendo così le parti spettanti agli eredi legittimi.

Il primo cambiamento si ebbe dunque con la promulgazione del codice civile del 1940 che consentiva l’adozione dei minori di anni diciotto; anche stavolta però si trattava sostanzialmente di un contratto tra adulti: il genitore del bambino da adottare e l’adottante.
Quest’ultimo non doveva necessariamente essere coniugato, in quanto l’obiettivo non era offrire una famiglia amorevole ad un bambino abbandonato, ma garantire le esigenze successorie a chi non ne aveva.
Il vantaggio dell’adottato si manteneva dunque su un piano esclusivamente economico tanto che il minore non interrompeva i rapporti con la famiglia d’origine, ne manteneva il cognome (cui però veniva affiancato quello dell’adottante), non instaurava alcun tipo di relazione con la famiglia del genitore acquisito e, soprattutto, qualora si fosse mostrato indegno sarebbe potuto incorrere nella revoca dell’adozione stessa.

La legge sull’adozione, allora esistente, aveva, dunque, l’esclusiva finalità di assicurare discendenti alle persone singole e ai coniugi senza figli, mentre non esisteva alcun diritto all’adozione da parte dei bambini che si trovavano in situazione di privazione totale di cure materiali e morali, ivi compresi i cosiddetti “figli di ignoti”, cioè quelli non riconosciuti alla nascita dalla partoriente.
Il minore che veniva adottato poteva, indifferentemente, essere circondato dall’affetto dei suoi genitori o versare in situazione di totale abbandono; in ogni caso, si evidenzia ancora, occorreva il consenso dei genitori, non si rompevano i rapporti con la famiglia d’origine, né cambiava lo status giuridico dell’adottato e tale adozione non creava alcun rapporto di parentela con gli altri componenti il nucleo familiare dell’adottante.
Non era neppure previsto alcun accertamento sulle capacità educative degli adottanti, per i quali era richiesto che avessero soltanto compiuto almeno 50 anni (40 in casi eccezionali).

L’approvazione della legge n.431/1967 sull’adozione speciale (così si chiamava allora) ha segnato una vera e propria svolta.
Per la prima volta il legislatore ha posto al centro dell’attenzione i diritti del bambino e non più quelli dell’adulto senza prole.
Con l’adozione speciale il bambino acquisiva lo stato di figlio legittimo degli adottanti e si interrompevano i legami e i rapporti con la famiglia di origine. Veniva sancito il diritto del bambino in situazione di privazione di cure materiali e morali ad avere una famiglia adottiva; tale forma di adozione riguardava però solo i bambini fino agli otto anni di età e non venivano abolite né l’adozione ordinaria né l’affiliazione.

Dall’excursus storico in estrema sintesi sopra riportato, pertanto, se ne deve far conseguire che, mentre per le adozioni anteriori al 1967 l’adottato mantiene lo status di figlio nei confronti dei suoi genitori biologici, con la legge sull’adozione legittimante vengono al contrario esclusi i diritti successori dell’adottato nei confronti della famiglia biologica, risultando l’adottato parificato in tutto e per tutto ad un figlio legittimo.
Il non venir meno dei legami con la famiglia biologica determina il diritto dell’adottato ante legge 1967 di conseguire ex lege lo status di chiamato all’eredità nei confronti dei componenti tale famiglia.

GILDA D. P. chiede
lunedì 30/05/2016 - Veneto
“Sono una zia che ha perso i due nipoti minori perchè adottati (decreto inviatomi dal giudice in data 23/09/2013). Chiedo come comportarmiin caso di vendita di immobile per la quota di mio fratello e padre deceduto il 15/09/2012. Il procedimento 49/011 R.A. del Tribunale dei Minori mi nega ogni possibilità di informazioni perchè ...."OGNI LEGAME CON LA FAMIGLIA DI ORIGINE E' STATO RESCISSO".”
Consulenza legale i 16/06/2016
L'adozione cosiddetta "piena" o legittimante ha l'effetto giuridico di recidere ogni legame dell’adottato con la sua famiglia biologica.

A stabilirlo è la legge n. 184 del 4 maggio 1983, la quale ha regolato la materia in maniera esaustiva, sancendo in particolare, all'art. 27: "Con l'adozione cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia d'origine".

Pertanto, l'eredità del padre biologico dei due bambini non dovrebbe essere trasmessa ai figli che ormai sono stati adottati da terzi (i figli perdono i diritti successori nei confronti dei genitori biologici).

Tuttavia, nel caso di specie, sembra che l'adozione sia intervenuta in un momento successivo alla morte del genitore biologico: va da sé, quindi, che i due bambini hanno diritto ad una quota dell'eredità paterna.

La zia dei bambini, sorella del de cuius, lamenta di non poter prendere parte al procedimento di vendita dell'immobile.

Dal punto di vista successorio, la presenza di figli del de cuius esclude dal novero dei chiamati all'eredità i fratelli del defunto (ciò si evince dall'art. 570 del c.c.).

Di conseguenza, da un lato, sul piano processuale, la sorella non ha alcun interesse giuridico che giustifichi una sua partecipazione al procedimento che condurrà alla vendita dell'immobile di suo fratello, dalla cui eredità è esclusa.

Dall'altro lato, correttamente, il Tribunale dei minori si appella alla rescissione di ogni legame con la famiglia d'origine dei bambini, per negare alla zia biologica di partecipare al procedimento: i bambini, infatti, saranno presumibilmente ivi rappresentati dai loro genitori adottivi.

Purtroppo, in base alla situazione descritta, sembra che la zia non abbia strumenti per rendersi partecipe del procedimento per la vendita dell'immobile del fratello defunto, poiché non ha più un legame di parentela giuridica coi bambini, né è chiamata all'eredità del fratello.

Errico Z. chiede
mercoledì 12/11/2014 - Trentino-Alto Adige
“Il 2 luglio è morta mia suocera proprietaria di un immobile al 50% con mia moglie, per rinunzia all'eredità dell'altro figlio alla morte del padre.
Mia suocera ha lasciato un testamento che assegna la sua disponibile
a mia moglie
Nel 1993 il fratello di mia moglie ha però adottato una ragazza, maggiorenne all'epoca della sentenza di adozione, che ora ha un figlio.
Vorrei cortesemente conoscere se e come questa ragazza può entrare nell'attuale divisione e soprattutto nella futura situazione, alla morte del padre, nei confronti di questo immobile. Grazie”
Consulenza legale i 12/11/2014
L'art. 567 del c.c. prevede una completa equiparazione dei figli che possiamo definire biologici (è sparito il concetto di figlio "legittimo" o "legittimato" con l'entrata in vigore del D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154) con quelli adottivi. Al secondo comma viene altresì disposto che i figli adottivi sono estranei alla successione dei parenti. Questa è la regola per la c.d. "adozione ordinaria", cioè quella disciplinata dal codice civile, l'adozione dei maggiori d'età.
Va infatti precisato che il sistema delle adozioni ha subito una radicale riforma con l'entrata in vigore della l. 184/1983 che ha distinto l'adozione di minorenni, che comporta l'acquisto da parte dell'adottato dello stato di figlio legittimo dell'adottante, rispetto all'adozione dei maggiorenni. Ai sensi dell'art. 27 l. 184/1983 "per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti dei quali acquista e trasmette il cognome". Ne consegue che il disposto dell'art. 567 c.c., secondo il quale i figli adottivi sono estranei ai parenti dell'adottante, va inteso correttamente applicabile ai soli casi di adozione ordinaria del maggiorenne o del minore in casi particolari. Dal punto di vista successorio, in ogni caso, va detto che i diritti ereditari spettanti all'adottato sono limitati alla successione del solo adottante, in virtù del principio generale per cui l'adozione non induce alcun rapporto civile tra l'adottante e la famiglia dell'adottato, nè tra l'adottato e i parenti dell'adottante.

Nel caso di specie, quindi, la ragazza adottata quando era già maggiorenne non gode di alcun diritto nei confronti dell'eredità lasciata dalla madre del suo padre adottivo (la "nonna"), poiché non le succede per legge né esiste un lascito testamentario in suo favore.

La rinunzia all'eredità della madre, da parte del padre adottivo, comporterebbe, normalmente, che i figli possano succedere al genitore per rappresentazione (artt. 467 ss. c.c.): ma nel caso di adozione di maggiori di età l'istituto della rappresentazione si ritiene non trovi applicazione, in quanto si sostiene che gli adottati maggiorenni non siano ricompresi tra i soggetti citati all'art. 468 del c.c., mancando ogni vincolo di parentela con i parenti dell'adottante.
Ciò è stato confermato dalla Corte Costituzionale, che nella sentenza n. 240/1998 ha affermato: "Adozione legittimante ed adozione ordinaria configurano situazioni diverse, per le quali non é palesemente irrazionale nè discriminatoria una differente disciplina rispondente alle diverse connotazioni dell’istituto e che, quanto alla successione ereditaria, determini o escluda la possibilità di succedere per rappresentazione in connessione all’instaurarsi o meno di un rapporto di parentela con i congiunti dell’adottante e, correlativamente, al cessare o al permanere dei rapporti con la famiglia di origine".

Quindi anche alla morte del suo padre adottivo, non si ravvisa alcun diritto in capo alla ragazza.

Stefano chiede
venerdì 16/09/2011 - Toscana
“Nelle ipotesi di adozione di maggiorenni, l'adottato che è estraneo alla successione dei parenti dell'adottante, può avvalersi del diritto di rappresentazione?”
Consulenza legale i 18/09/2011

No, nel caso di adozione di maggiori di età l'istituto della rappresentazione non trova applicazione.

L'adozione di maggiori di età, infatti, non dà vita ad alcun rapporto civile tra parenti dell'adottante e l'adottato.


Sandro G. chiede
giovedì 04/11/2021 - Abruzzo
“Lucia nata in Sud America è stata adottata all'età di 7 anni da famiglia italiana.Lucia oggi ha 46 anni. Qualche tempo fa è venuto a mancare il padre adottivo Emanuele. La madre Anna adottiva ha 93 anni. Se dovesse venire a mancare Anna, il fratello originario (di sangue) di Lucia, adottato anch'esso da altra famiglia italiana, avrebbe pretese ereditarie nei confronti di Lucia?”
Consulenza legale i 10/11/2021
Prima di rispondere al quesito, si ritiene possa essere utile fare un breve quadro sintetico delle diverse forme di adozione di minorenni previste dal nostro ordinamento giuridico, disciplinate dalla c.d. Legge sull’adozione, ossia la Legge 4 maggio 1983 n. 184 e sue successive modificazioni.
In particolare, si distingue tra:
a) adozione legittimante, per effetto della quale viene meno ogni legame tra il minore e la famiglia di origine (il minore diventa a tutti gli effetti come figlio nato nel matrimonio dei genitori adottivi);
b) adozione particolare: è prevista solo in determinati casi espressamente indicati dalla legge e per i quali non è possibile fare ricorso all’adozione legittimante. La particolarità di questa forma di adozione sta nel fatto che essa non fa venir meno il legame tra il minore e la sua famiglia di origine.
c) adozione internazionale: si tratta di una forma di adozione c.d. legittimante (ossia con gli stessi effetti di quella sub lettera a), alla quale è possibile fare ricorso sia in caso di adozione di minore straniero da parte di genitori italiani o stranieri residenti in Italia che nel caso di adozione di minore italiano da parte di genitori italiani residenti all’estero.

Ebbene, sulla base dei dati contenuti nel quesito, si presume che il tipo di adozione che viene in considerazione nel caso di specie sia la c.d. adozione internazionale, dalla quale ne conseguono i medesimi effetti giuridici che l’art. 27 della Legge sull’adozione prevede per l’adozione legittimante, tra cui, in particolare, la cessazione di ogni rapporto giuridico tra adottato e famiglia di origine (fatta eccezione per i divieti matrimoniali).
Tali effetti si producono dal momento in cui sono trascorsi i termini per impugnare la sentenza senza che vi si sia provveduto, momento in cui si dice che la sentenza diventa definitiva.

Poiché sembra più che evidente che la sentenza di adozione sia divenuta definitiva ormai da parecchio tempo (Lucia è stata adottata all’età di sette anni e adesso ha 46 anni), possono dirsi definitivamente spezzati i rapporti giuridici e familiari tra Lucia e la sua famiglia di origine, compreso il fratello originario di sangue.
Quest’ultimo, peraltro, risulta anch’egli adottato da altra famiglia italiana, il che comporta che soltanto nei confronti di tutti i componenti di tale famiglia, compresi eventuali fratelli, potrà avanzare eventuali pretese successorie.

Una conferma in tal senso si ricava sia dal testo dell’art. 74 del c.c., norma che circoscrive il vincolo di parentela tra le persone che discendono da uno stesso stipite, anche nel caso di figlio adottivo, sia dagli artt. 566 e 567 c.c., i quali dispongono espressamente che al padre ed alla madre succedono i figli e che ai figli sono equiparati gli adottivi (solo Lucia è figlia di Emanuele ed Anna).
A ciò si aggiunga che il fratello di sangue di Lucia non avrà neppure alcun diritto a succedere alla stessa Lucia ex art. 570 del c.c., in quanto, come si è precisato nella prima parte di questa consulenza, per effetto dell’adozione piena o legittimante si è definitivamente spezzato ogni rapporto giuridico tra Lucia e la sua famiglia di origine.

Ogni pretesa successoria, dunque, potrà essere avanzata dal fratello di sangue di Lucia soltanto nei confronti della famiglia che lo ho adottato.

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