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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 37602 del 25 settembre 2009
«Il delitto di frode nell'esercizio del commercio è configurabile anche se il prodotto consegnato non sia alterato o nocivo alla salute del consumatore, in quanto il reato è integrato dalla semplice messa in vendita di un bene difforme da quello...»
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Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 5068 del 31 gennaio 2013
«Integra il reato di frode nell'esercizio del commercio (art. 515 cod. pen.) - e non quello di cui all'art. 474 cod. pen. (introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi) - l'apposizione di una falsa marcatura 'CÈ su beni posti in...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 43192 del 19 novembre 2008
«In tema di reati contro l'industria ed il commercio, è configurabile il concorso materiale tra il reato di frode nell'esercizio del commercio e quello di vendita di prodotti industriali con segni mendaci, in quanto gli stessi hanno una diversa...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 27105 del 4 luglio 2008
«Il reato di frode nell'esercizio del commercio può concorrere con gli illeciti amministrativi di cui alla normativa in materia di pubblicità ingannevole di cui al D.L.vo n. 206 del 2005 (che ha sostituito il previgente D.L.vo n. 74 del 1992 )...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 5438 del 5 febbraio 2003
«Non costituisce frode in commercio, ma può eventualmente costituire truffa, la vendita di protesi pilifere che, una volta poste in opera, abbiano dato risultati inferiori alle aspettative, non trattandosi di esecuzione sleale del contratto...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8507 del 5 luglio 1999
«I reati di cui agli artt. 515 c.p. e 5 legge 30 aprile 1962, n. 283 si pongono in relazione di specialità reciproca e possono pertanto concorrere. Infatti il delitto viene commesso da chi pone in vendita sostanze alimentari non genuine come...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 6667 del 5 giugno 1998
«La fattispecie di vendita di sostanze alimentari non genuine, di cui all'art. 516 c.p., risulta essere sussidiaria rispetto a quella dell'art. 515 c.p. — frode nell'esercizio del commercio — e copre l'area della mera immissione sul mercato, cioè...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 1686 del 11 febbraio 1998
«L'art. 22, primo comma, della legge 15 febbraio 1963, n. 281 (disciplina della preparazione e del commercio dei mangimi), in seguito alla depenalizzazione operata dall'art. 32, primo comma, della legge n. 689/1981, punisce con sanzione...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3968 del 5 febbraio 1998
«La funzione esclusivamente informativa del termine minimo di consumazione dei prodotti alimentari esclude che gli stessi, consumati oltre detto termine, siano privi dei requisiti nutrizionali caratteristici. Ne consegue che non può rinvenirsi...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 7074 del 17 luglio 1996
«È possibile il concorso tra i reati di cui agli artt. 515 c.p. e 5 legge 30 aprile 1962, n. 283, poiché le due norme hanno diversa obiettività giuridica. (Fattispecie relativa a ritenuto concorso tra il reato di frode nell'esercizio del commercio...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8675 del 20 ottobre 1983
«L'art. 13 della L. 30 aprile 1962, n. 283 vieta esplicitamente l'uso di nomi impropri nella vendita o propaganda di sostanze alimentari e tende alla difesa della generalità dei possibili acquirenti e particolarmente di coloro che hanno minore...»
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Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 6289 del 22 maggio 1976
«La frode in commercio, concretandosi nella consegna di cosa diversa da quella dichiarata o pattuita, presuppone un vinculum iuris liberamente costituitosi, cioè un negozio giuridico concluso tra le parti senza concorso di artifici o raggiri;...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 6195 del 20 maggio 1976
«Poiché la sostituzione dello zucchero con la saccarina altera la genuinità del prodotto, privandolo di uno degli elementi nutritivi più caratteristici ed importanti, la messa in vendita o la consegna di bevande edulcorate con saccarina, invece che...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5353 del 23 aprile 1980
«Vietando e sanzionando l'attività di chi pone in vendita o mette altrimenti in commercio come genuine sostanze alimentari non genuine, il legislatore ha voluto reprimere ogni operazione che sia comunque diretta allo scambio ed allo smercio di cibi...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8662 del 25 luglio 1998
«Il delitto di cui all'art. 516 c.p. si consuma nel momento in cui la sostanza è messa in vendita o altrimenti in commercio, senza che sia richiesta la vendita effettiva. Tale commercializzazione coincide con il momento in cui la merce esce dalla...»
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Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 6852 del 6 luglio 1996
«Poiché l'art. 516 c.p. contempla e punisce la semplice messa in commercio di sostanze alimentari adulterate, mutate nelle loro componenti naturali ed artificiosamente modificate o alterate nella loro essenza primaria ovvero commiste a sostanze...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 19625 del 28 aprile 2003
«Il delitto di cui all'art. 516 c.p., vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, rappresenta una forma di tutela avanzata rispetto al reato di frode in commercio di cui all'art. 515 c.p., in quanto relativo ad una fase preliminare ed...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8292 del 9 marzo 2006
«Il delitto di cui all'art. 516 c.p., vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, copre l'area della semplice immissione sul mercato ed è sussidiario rispetto a quello di cui all'art. 515 c.p., frode in commercio, atteso che...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 9979 del 5 marzo 2003
«L'art. 517 c.p., nel prevedere come condotta penalmente rilevante, accanto a quella del porre in vendita, anche quella del porre «altrimenti in circolazione» opere dell'ingegno o prodotti industriali con segni mendaci, si differenzia dal...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 7843 del 3 luglio 1998
«Il delitto di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, di cui all'art. 516 c.p., rappresenta una forma di tutela avanzata rispetto al reato di frode in commercio, di cui all'art. 515 c.p., in quanto relativo ad una fase preliminare...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 11258 del 10 novembre 1994
«Nell'ipotesi di esposizione per la vendita di salsicce confezionate con carne mista, mentre il cartellino indicava la composizione con carne di solo suino, non è configurabile il delitto tentato di frode in commercio, di cui agli artt. 56 e 515...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9077 del 12 ottobre 1985
«Il reato contravvenzionale, di cui all'art. 5, lett. a) della L. n. 283 del 1962, è assorbito in quello delittuoso di cui all'art. 516 c.p., sul presupposto che le operazioni di messa in commercio delle sostanze alimentari non genuine siano...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 34103 del 23 settembre 2005
«Integra il reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci (artt. 517 c.p. e 4, comma quarantanovesimo, L. 24 dicembre 2003 n. 350) la messa in vendita con la dicitura «Made in Italy» di un prodotto che non può considerarsi di origine...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9950 del 29 ottobre 1985
«La larga diffusione di un prodotto non fa venir meno il diritto all'esclusività del nome e del marchio, dato che nessuna norma sancisce la perdita di tale esclusività in dipendenza dell'espandersi della collocazione sul mercato, a meno che dal...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 46198 del 13 dicembre 2011
«L'elemento soggettivo del reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci richiede, trattandosi di dolo generico, la consapevolezza della natura mendace ed ingannevole del segno utilizzato. (In motivazione la Corte ha precisato che tale...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 13712 del 14 aprile 2005
«Il reato di cui all'art. 517 c.p. punisce la commercializzazione di prodotti industriali (oltre che di opere dell'ingegno) recanti marchi o segni distintivi fallaci, ossia atti a trarre in inganno sulla origine, provenienza o qualità del prodotto...»
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Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3040 del 15 marzo 1987
«Il reato previsto dall'art. 474 c.p. («introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi») ha per oggetto la tutela della pubblica fede e richiede la contraffazione o alterazione del marchio o segno distintivo della merce, che sia...»
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Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2723 del 10 marzo 1975
«In tanto può ritenersi ricorrente il reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 c.p.) in quanto sia esclusa la sussistenza del delitto di contraffazione di segni distintivi giuridicamente protetti o del delitto di...»
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Cassazione penale, Sez. Feriale, sentenza n. 39187 del 23 settembre 2013
«Il reato di commercio o somministrazione di medicinali guasti o imperfetti integra una fattispecie di pericolo presunto, in quanto mira ad impedirne l'impiego a scopo terapeutico, sanzionando ogni condotta che renda probabile o possibile la loro...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 24190 del 24 maggio 2005
«La pubblicazione della sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 515 c.p. (frode nell'esercizio del commercio), prevista dall'art. 518 c.p., va disposta anche con riferimento all'ipotesi del tentativo, atteso che la disposizione de qua,...»