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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 266 del 28 febbraio 1992
«Anche nella disciplina prevista dal nuovo codice di procedura penale l'attività del pubblico ministero in sede esecutiva conserva natura essenzialmente amministrativa e non giurisdizionale, per cui è da escludere che il provvedimento di c.d....»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 48160 del 17 dicembre 2003
«Alla formazione del cumulo giuridico, mediante applicazione del criterio moderatore di cui all'art. 78 c.p., deve pervenirsi solo previo scorporo delle pene eventualmente coperte da condono, operando il detto criterio moderatore solo sull'insieme...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 11169 del 19 dicembre 1981
«I reati contro la vita, che si determinano a seguito della rissa, non hanno valore assorbente rispetto al delitto di rissa. Pertanto, ben può configurarsi il concorso formale tra quelli e questo rispetto a chi ne è l'autore; mentre agiscono da...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5250 del 30 aprile 1988
«L'art. 116 c.p. assoggetta, nel quadro della maggiore pericolosità della delinquenza associata, la deviazione individuale dal piano concordato da parte di uno dei concorrenti, ad una disciplina più severa di quella predisposta dall'art. 83 stesso...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 11796 del 7 luglio 1999
«Non integra il reato di cui all'articolo 504 c.p. la c.d. serrata dei piccoli esercenti attuata per motivi economici inerenti all'attività aziendale, essendo tali manifestazioni estranee a qualsiasi conflitto tra datori di lavoro e lavoratori...»
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Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 7595 del 12 luglio 1975
«L'esercizio del diritto di sciopero comporta la legittimità di praticare liberamente quelle azioni sussidiarie che sono ritenute necessarie per la riuscita dell'astensione, quale il lancio di manifesti, la ripetizione di slogans, la formazione di...»
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Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 7588 del 12 luglio 1975
«Nell'intento di rendere compatto e, quindi, efficace uno sciopero, è lecito compiere opera di propaganda e persuasione verso gli incerti o i dissidenti disposti ad essere informati sui motivi che inducono il lavoratore ad astenersi dal lavoro. Ma...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 35731 del 5 ottobre 2010
«Il delitto di turbata libertà dell'industria o del commercio (art. 513 c.p.) può concorrere formalmente con quelli di accesso abusivo ad un sistema informatico (art. 615 ter c.p.) e di appropriazione indebita (art. 646 c.p.), attesa la diversità...»
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Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 3528 del 23 aprile 1983
«Per aversi reato complesso ai sensi dell'art. 84 c.p. non basta che più fatti costituenti reato abbiano qualche elemento in comune, ma occorre che uno di essi converga interamente in un'altra figura criminosa tanto da perdere la sua autonomia e...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6775 del 22 febbraio 2005
«Il delitto di violenza sessuale (nella specie, di gruppo: art. 609 octies c.p.), considerato come circostanza della forma aggravata dell'omicidio, se commesso in un unico contesto temporale, non concorre formalmente con esso, ma in esso resta...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1088 del 26 gennaio 1989
«I delitti previsti dagli artt. 270 e 270 bis c.p., non concretano né un elemento costitutivo né una circostanza aggravante della banda armata, con la quale, invece, sussiste un legame di fine a mezzo e non di specie a genere. Ne consegue che,...»
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Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 881 del 10 maggio 1967
«Ai fini della dichiarazione di professionalità nel reato non è sufficiente la contestazione della recidiva sia pure nella forma più grave, perché, a norma dell'art. 105 c.p., essa deve fondarsi sulla valutazione di una serie di altre circostanze...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2851 del 10 gennaio 1989
«Anche quando l'abitualità nel reato è presunta dalla legge, non è consentito il permanere di uno status di delinquenza qualificata in caso di insussistenza di un'attuale concreta pericolosità sociale. Ne consegue pertanto, qualora ricorra un caso...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 21913 del 13 gennaio 2012
«È punibile, ai sensi del comma primo dell'art. 111 c.p., chi ha determinato alla commissione del delitto una persona che, per essere stata richiesta di fornire informazioni ai fini delle indagini o assunta come teste, si trovi nella condizione...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2167 del 21 febbraio 1994
«In tema di mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti, l'art. 117, secondo comma, c.p., con l'espressione «. . . il giudice può, rispetto a coloro per i quali non sussistono le condizioni, le qualità o i rapporti predetti, diminuire...»
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Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2712 del 23 gennaio 2006
«In tema di indivisibilità della querela sotto il profilo attivo, la previsione di cui all'art. 122 c.p. — per la quale il reato commesso in danno di più persone è punibile anche se la querela è proposta da una soltanto di esse — non è applicabile...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 15381 del 4 marzo 2010
«La misura di sicurezza applicata con sentenza dal tribunale per i minorenni cui il G.i.p. abbia trasmesso gli atti ai sensi dell'art. 37, comma terzo, D.P.R. n. 448 del 1988, non è definitiva fino a che nei confronti del destinatario della stessa...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4836 del 9 febbraio 2005
«Integra il reato di illecita concorrenza previsto dall'art. 513 bis c.p. la formazione di un accordo collusivo mirante alla fraudolenta predisposizione di offerte attraverso le quali realizzare un atto di imposizione esterna nella scelta della...»
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Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 26918 del 3 luglio 2001
«Il reato di illecita concorrenza con minacce o violenza (art. 513 bis c.p.) ha natura di reato proprio, in quanto la norma incriminatrice richiede che il soggetto attivo eserciti un'attività commerciale, industriale o comunque produttiva, anche se...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 24172 del 23 giugno 2010
«Il delitto di illecita concorrenza con violenza o minaccia, previsto dall'art. 513 bis c.p. e avente natura di reato complesso, non può essere assorbito nel delitto di estorsione, trattandosi di norme con diversa collocazione sistematica e...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 4351 del 5 febbraio 2004
«In materia alimentare, anche dopo la trasformazione in illecito amministrativo delle sanzioni previste dalla legge 13 febbraio 1990 n. 26 sulla tutela della denominazione d'origine «prosciutto di Parma» la consegna di un diverso tipo di prosciutto...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 4375 del 12 maggio 1997
«Il carattere plurioffensivo della frode in commercio sussiste anche quando la cosa richiesta dal cliente dell'esercizio commerciale non sia tutelata da un marchio o da altra speciale protezione, giacché la norma di cui all'art. 515 c.p. tutela...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 870 del 26 gennaio 1994
«La denominazione di origine «Emmental» spetta soltanto al formaggio fabbricato in Svizzera, in forza del D.P.R. 18 novembre 1953, n. 1099 che ha reso esecutiva in Italia la convenzione internazionale di Stresa del 1 giugno 1951. Da ciò consegue...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 4333 del 7 maggio 1985
«Sussiste il delitto di frode in commercio, qualora vengano consegnati all'acquirente, senza preventiva informazione, agrumi non maturi, la cui buccia presenti un colore arancione, ottenuto a mezzo di trattamento chimico (cosiddetto...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 15555 del 11 novembre 1989
«La mancanza o la differenza di segni distintivi, di rilevanza determinante nell'attività commerciale, dà luogo a quella diversità che integra il reato di frode nell'esercizio del commercio di cui all'art. 515 c.p., indipendentemente dalle...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 44969 del 4 dicembre 2007
«In tema di frode nell'esercizio del commercio, compete al giudice di merito l'accertamento della esistenza degli elementi costitutivi del reato con riferimento alla valutazione delle differenze qualitative del prodotto commercializzato rispetto a...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 338 del 26 febbraio 1973
«Per la sussistenza del delitto di frode nell'esercizio del commercio non occorrono artifizi e raggiri da parte del venditore, essendo insito l'inganno nella obiettività della consegna di una cosa per un'altra (aliud pro alio), ovvero di una cosa...»
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Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 16386 del 20 novembre 2002
«Nel giudizio di opposizione instaurato dal datore di lavoro contro il decreto ingiuntivo per il pagamento di somme richieste dal lavoratore, dovendo la domanda del creditore opposto essere individuata in relazione alle richieste formulate con il...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 6667 del 5 giugno 1998
«La fattispecie di vendita di sostanze alimentari non genuine, di cui all'art. 516 c.p., risulta essere sussidiaria rispetto a quella dell'art. 515 c.p. — frode nell'esercizio del commercio — e copre l'area della mera immissione sul mercato, cioè...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3968 del 5 febbraio 1998
«La funzione esclusivamente informativa del termine minimo di consumazione dei prodotti alimentari esclude che gli stessi, consumati oltre detto termine, siano privi dei requisiti nutrizionali caratteristici. Ne consegue che non può rinvenirsi...»