Cass. civ. n. 10952/2015
Ai fini del computo del limite minimo di fallibilità previsto dall'art. 15, ultimo comma, legge fall. deve aversi riguardo al complesso dei debiti scaduti e non pagati accertati non già alla data della proposizione dell'istanza di fallimento, ma a quella in cui il tribunale decide sulla stessa.
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In tema di requisiti dimensionali per l'esonero dalla fallibilità dell'imprenditore commerciale, ai fini del computo del triennio cui fa riferimento l'art. 1, secondo comma, lett. a), legge fall. (nel testo modificato dal d.l.vo 12 settembre 2007, n. 169) per la determinazione dell'attivo patrimoniale occorre fare riferimento agli ultimi tre esercizi antecedenti alla data del deposito dell'unica (ovvero della prima) istanza di fallimento.
Cass. civ. n. 2561/2014
Nell'ambito del procedimento prefallimentare, deve ritenersi consentita, in applicazione dell'art. 164, terzo comma, c.p.c. e in assenza di una previsione contraria o incompatibile dettata dalla disciplina speciale, la fissazione di una nuova udienza dopo la comparizione del debitore, il quale lamenti il mancato rispetto del termine di comparizione di cui all'art. 15, terzo comma, legge fall., con l'ulteriore possibilità, da parte del tribunale, di ridurre i termini a comparire in presenza di particolari ragioni di urgenza, così come previsto dal successivo quinto comma del citato articolo.
Cass. civ. n. 17205/2013
Ai sensi dell'art. 15, comma terzo, legge fall., nel testo modificato dal d.l.vo 9 gennaio 2006, n. 5, e dal successivo decreto correttivo 2 settembre 2007, n. 169, la notificazione al debitore del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza deve necessariamente avvenire nelle forme di cui agli artt. 136 e seguenti c.p.c. - salvo che non ricorra l'ipotesi dell'abbreviazione dei termini per ragioni di urgenza, prevista dall'art. 15, comma quinto, della legge fall. - sicché il ricorso alle formalità di notificazione di cui all'art. 143 c.p.c., per il caso delle persone irreperibili, presuppone sempre e comunque che, nel luogo di ultima residenza nota, siano compiute effettive ricerche e che di esse l'ufficiale giudiziario dia espresso conto (mentre, nella specie, si era limitato a riferire che il debitore non viveva più in loco da tempo); ne consegue che, in mancanza di tali adempimenti, deve essere dichiarata la nullità della notificazione e, per violazione del contraddittorio, la nullità della sentenza dichiarativa di fallimento, con conseguente obbligo per il giudice di appello di rimettere gli atti al primo giudice ai sensi dell'art. 354 c.p.c., applicabile anche ai reclami camerali, quale deve considerarsi l'impugnazione avverso la dichiarazione di fallimento.
Cass. civ. n. 15872/2013
Nella fase che precede la dichiarazione di fallimento, il diritto di difesa dell'imprenditore insolvente va esercitato nei limiti compatibili con le regole del procedimento, che ha carattere sommario e camerale, sicché egli deve essere informato dell'iniziativa assunta nei suoi confronti e degli elementi su cui la stessa è fondata, in modo da poter svolgere compiutamente, eventualmente anche con l'assistenza di difensori, la propria difesa, rivelandosi, così, affatto irrilevante che quest'ultima sia svolta davanti al giudice relatore, anziché innanzi al collegio. (Fattispecie anteriore all'entrata in vigore del d.l.vo 9 gennaio 2006, n.5).
Cass. civ. n. 13643/2013
La produzione di copie informali di bilanci che non risultano approvati deve equipararsi alla mancata produzione dei bilanci stessi, sicché tale evenienza, integrando una violazione dell'art. 15, quarto comma, legge fall., come sostituito dal d.l.vo 12 settembre 2007, n. 169, si risolve in danno dell'imprenditore che intenda dimostrare l'inammissibilità della dichiarazione di fallimento.
Cass. civ. n. 7181/2013
Nel procedimento per la dichiarazione di fallimento di società con soci illimitatamente responsabili, l'obbligo di convocazione in camera di consiglio del socio (illimitatamente responsabile), sancito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 110 del 1972, trova giustificazione non in un generico interesse del socio stesso riferito alla dichiarazione di fallimento della società, ma nel fatto che detta dichiarazione produce anche il suo fallimento; ne consegue che, siccome la sentenza che dichiara il fallimento della società e dei soci contiene una pluralità di statuizioni (ossia una pluralità di dichiarazioni di fallimento), tra le quali esiste un rapporto di dipendenza unidirezionale (nel senso che la dichiarazione di fallimento del socio trova il suo presupposto nella dichiarazione di fallimento della società, la cui nullità travolge anche l'altra dichiarazione, mentre non è vero il contrario), in difetto di convocazione del socio, essendo violato il diritto di difesa dello stesso e non della società, la conseguente nullità riguarda il suo fallimento, non anche quello della società medesima
Cass. civ. n. 1098/2010
La regola, dettata dall'art. 157 c.p.c., secondo cui l'obbligo del giudice di esaminare l'eccezione di nullità relativa di un atto processuale presuppone che la medesima sia stata dedotta dalla parte, oltre che tempestivamente, con la specificazione delle ragioni d'invalidità, costituisce un principio generale, applicabile a tutti i processi speciali di cognizione, ivi compreso il procedimento per la dichiarazione di fallimento. Ne consegue che la nullità della "vocatio in ius" derivante dall'inosservanza del termine dilatorio di comparazione previsto dall'art. 15, terzo comma, della legge fall., resta sanata nel caso in cui il debitore non l'abbia specificamente dedotta nella memoria di costituzione, difendendosi nel merito.
Cass. civ. n. 22926/2009
Nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, divenuto - per effetto delle modifiche all'art. 15 della legge fall. introdotte dal D.L.vo n. 5 del 2006, nel testo "ratione temporis" applicabile - un procedimento a cognizione piena, il rapporto cittadino-giudice si instaura con il deposito del ricorso, mentre la successiva fase, che si perfeziona con la notifica al convenuto del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza, è finalizzata esclusivamente all'instaurazione del contraddittorio: pertanto, in caso di omissione della notifica o mancato rispetto del termine assegnato per il suo compimento, non ne deriva, in difetto di espressa sanzione, la nullità del ricorso stesso, ma solo la necessità di assicurare l'effettiva instaurazione del contraddittorio, realizzabile mediante l'ordine di rinnovazione della notifica emesso dal giudice, in applicazione dell'art. 162, primo comma, c.p.c., o mediante la costituzione spontanea del resistente, ovvero ancora, come nella specie, attraverso la rinnovazione della notifica eseguita spontaneamente dalla parte.
Cass. civ. n. 19214/2009
In tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento, non sussiste un diritto del debitore, convocato avanti al giudice, ad ottenere il differimento della trattazione per consentire il ricorso a procedure concorsuali alternative (nella specie, il concordato preventivo o l'accordo di ristrutturazione dei debiti), nè il relativo diniego da parte del giudice configura una violazione del diritto di difesa, in quanto tali iniziative (nella specie, nemmeno promosse con il deposito dei relativi atti) sono riconducibili all'autonomia privata, il cui esercizio dev'essere oggetto di bilanciamento, ad opera del giudice, con le esigenze di tutela degli interessi pubblicistici al cui soddisfacimento la procedura fallimentare è tuttora finalizzata.
Cass. civ. n. 6721/2008
In tema di dichiarazione di fallimento, il termine da assegnare al debitore perché compaia in camera di consiglio in sede di istruttoria non è rigidamente predeterminato e la sua congruità è affidata all'equo apprezzamento del giudice, dovendosi valutare la effettiva consapevolezza del debitore circa la questione oggetto del giudizio e la necessità di assicurargli una difesa adeguata. (Principio affermato dalla S.C. con riguardo a fallimento di agente di cambio, dichiarato dopo che al medesimo era stato comunicato l'avviso per l'udienza prefallimentare fissata per il giorno seguente, con comparizione effettiva del debitore assistito da legale, senza il rilievo di eccezioni o riserve sulla predetta brevità, né sollecitazioni specifiche ad un differimento dell'udienza a tutela del proprio diritto di difesa).
Cass. civ. n. 6191/2008
In tema di procedimento officioso per la dichiarazione di fallimento, allorchè il debitore sia stato già sentito dal tribunale a norma dell'art. 15 legge fall., ove alla desistenza dal ricorso dell'unico creditore ricorrente segua un'iniziativa istruttoria del tribunale volta alla ricerca di prove sugli elementi della fallibilità, non occorre rinnovare la convocazione nè comunicare tali provvedimenti, essendo sufficiente, ai fini della tutela del diritto di difesa, che il debitore sia già stato posto nella condizione di chiarire tempestivamente al giudice ogni elemento utile per valutare la sua situazione e restando a suo carico l'onere di seguire gli sviluppi del procedimento; ne consegue che, in una fattispecie regolata dall'art. 6 legge fall. ed anteriore al D.L.vo 9 gennaio 2006, n. 5 (con il quale è venuto meno il potere d'ufficio del tribunale nell'iniziare il predetto procedimento), va confermata la sentenza che non ha disposto l'ulteriore convocazione del debitore per una nuova emergenza processuale, non avendo essa evidenziato fatti significativi, in relazione ai presupposti della fallibilità soggettivi ed oggettivi, positivi e negativi, posteriori all'inizio dell'unica istruttoria e sconosciuti al debitore.
Cass. civ. n. 9445/2007
Nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, alla convocazione del debitore in camera di consiglio si applica il principio di libertà delle forme proprio dei procedimenti camerali e la stessa è viziata solo se non abbia consentito al debitore di conoscere l'oggetto della convocazione e di difendersi; pertanto è irrilevante che la convocazione sia avvenuta mediante comunicazione e non anche mediante notificazione, come prescritto dal giudice, che il biglietto di cancelleria non indichi se la comparizione sia davanti al giudice delegato o al collegio, che non sia stata indicata espressamente la società il cui fallimento avrebbe comportato quello del socio illimitatamente responsabile quando il fallendo sia stato comunque in grado di acquisire compiuta conoscenza della procedura e delle sue possibili conseguenze.
Cass. civ. n. 21016/2006
Nel caso di dichiarazione di fallimento di una società entro l'anno dall'estinzione per fusione, il diritto ad essere sentito in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 15 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, spetta al legale rappresentante della società estinta, per le conseguenze che tale pronuncia può avere nei suoi confronti, nonché al socio illimitatamente responsabile, in quanto assoggettabile a fallimento personale, mentre non è obbligatoria l'audizione della società nata dalla fusione, pur rivestendo quest'ultima la qualità di successore a titolo universale della società sottoposta alla procedura concorsuale.
Cass. civ. n. 8091/2004
Nella fase che precede la dichiarazione di fallimento, al fine di garantire al debitore l'effettivo esercizio del diritto di difesa, se è indispensabile che egli sia informato dell'iniziativa assunta nei suoi confronti, è altresì necessario che la relativa convocazione, per svolgere la funzione di garanzia che le è propria, sia da lui ricevuta prima della audizione nella sede giudiziale competente e contenga la precisa ed adeguata rappresentazione delle ragioni e delle finalità della stessa, affinché il debitore medesimo sia posto in grado di acquisire la compiuta conoscenza dei problemi e delle conseguenze che l'iniziativa comporta a suo carico e gli elementi necessari a contestare la sussistenza dei presupposti (soggettivi ed oggettivi, positivi e negativi) per la dichiarazione di fallimento, onde stabilire le opportune linee difensive.
Cass. civ. n. 6508/2004
L'esigenza di assicurare il diritto di difesa dell'imprenditore nella fase anteriore alla dichiarazione di fallimento deve ritenersi soddisfatta, avuto riguardo alla struttura sommaria e camerale del procedimento, ogni qualvolta l'imprenditore stesso sia comunque messo in grado di avere piena conoscenza della vicenda giudiziaria e di contraddire le ragioni poste a base dell'istanza di fallimento, mentre è estraneo alla disciplina del procedimento camerale in genere, e specialmente di quello (improntato a particolare speditezza) volto alla dichiarazione di fallimento, l'obbligo del giudice di concedere rinvii su richiesta di parte.
Cass. civ. n. 17185/2003
Nella fase che precede la dichiarazione di fallimento, il diritto di difesa dell'imprenditore insolvente, in considerazione del carattere camerale e sommario del relativo procedimento, può essere garantito con differenti modalità, quali l'audizione del debitore da parte dal Tribunale o del giudice relatore, ovvero mediante l'attribuzione della facoltà di presentare scritti difensivi e documenti; tuttavia, una volta stabilite dal Tribunale le modalità di esercizio di detto diritto, devono essere osservate le regole che concernono la modalità scelta. Pertanto, nel caso in cui il Tribunale abbia disposto la convocazione dell'imprenditore innanzi al giudice designato per l'istruttoria prefallimentare, qualora l'udienza fissata a detto fine sia stata rinviata d'ufficio, senza che risulti annotato sul ruolo d'udienza alcun provvedimento di rinvio, all'imprenditore deve essere data comunicazione della nuova udienza fissata per l'audizione, dovendo ritenersi inapplicabile l'art. 82, disp. att., c.p.c. — in virtù del quale, se il giudice istruttore non tiene udienza nel giorno fissato questa deve intendersi rinviata d'ufficio alla prima udienza successiva — poiché quest'ultima norma non è applicabile al procedimento camerale per la dichiarazione di fallimento, improntato da regole procedurali diverse dal rito ordinario, in considerazione delle esigenze di speditezza che lo connota e della sua natura inquisitoria.
Cass. civ. n. 15187/2000
In materia di dichiarazione di fallimento, la nullità derivante dalla mancata audizione del debitore può essere rilevata d'ufficio dal tribunale in sede di opposizione alla sentenza di fallimento ed essere dedotta per la prima volta come motivo d'appello, ma non può essere sollevata per la prima volta nel corso del giudizio d'appello ed in cassazione.
Cass. civ. n. 9156/1995
Ogni dichiarazione di fallimento assume effetti dal momento della pronuncia ed il rispetto del principio espresso dall'art. 15 legge fall. (nel testo risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 141 del 16 luglio 1970) richiede che l'instaurazione del contraddittorio coinvolga i presupposti specifici della singola dichiarazione di fallimento ed abbia carattere preventivo rispetto alla pronuncia stessa, sia che il procedimento sia promosso ad istanza di un creditore, sia che avvenga ad iniziativa di ufficio. Pertanto, nel caso in cui, in una prima dichiarazione di fallimento, siano emerse le qualifiche sia di socio che di imprenditore individuale di un soggetto e su di esse vi sia stato il contraddittorio e la pronuncia di fallimento personale, il venire meno di una qualifica in fase di opposizione non comporta la revoca del fallimento personale, che rimane tuttavia fondato sull'altra; se, invece, la dichiarazione di fallimento viene pronunciata solo in base ad una delle menzionate qualifiche, la revoca della dichiarazione di fallimento e l'eventuale iniziativa di ufficio per un nuovo fallimento, sulla base di un diverso presupposto in precedenza non contestato, assumono carattere di autonomia, sia sul piano della tutela della difesa, sia su quello degli effetti ricollegati in via conseguenziale (e non retroattiva) a ciascuna pronuncia.
Cass. civ. n. 5869/1993
Nel caso di dichiarazione di fallimento dell'imprenditore entro l'anno dalla morte, ai sensi dell'art. 10 legge fallimentare, non è obbligatoria l'audizione dell'erede nella fase istruttoria anteriore alla dichiarazione di fallimento, atteso che nessuno degli accertamenti rimessi al tribunale incide in modo immediato e diretto sulla posizione dell'erede ovvero gli reca un pregiudizio eliminabile soltanto attraverso la partecipazione del medesimo all'istruttoria prefallimentare. L'audizione dell'erede è, invece, obbligatoria qualora anch'egli sia imprenditore commerciale, o comunque lo diventi in seguito alla prosecuzione dell'impresa ereditaria.
Cass. civ. n. 6473/1983
L'esigenza di assicurare l'esercizio del diritto di difesa dello imprenditore prima della dichiarazione di fallimento deve essere soddisfatta sul piano sostanziale e non formale, nel senso che essa non postula necessariamente che il debitore compaia davanti al tribunale o al giudice delegato e renda dichiarazioni assunte a verbale, ma deve ritenersi assolta ogni volta che egli sia stato posto in grado di svolgere e documentare le sue ragioni in ordine al procedimento a suo carico. Non può pertanto ritenersi sussistente la necessità di una formale convocazione quando il debitore stesso abbia sollecitato la dichiarazione del proprio fallimento, rappresentando l'incapacità economica dell'impresa, sebbene il tribunale faccia nella sentenza riferimento ad una diversa iniziativa o ai suoi poteri d'ufficio, a meno che sulla richiesta del debitore non sia stata emessa una pronuncia negativa, ovvero i presupposti della dichiarazione di fallimento non emergano proprio e solo da elementi estranei alla richiesta medesima. *
Cass. civ. n. 2100/1980
La dichiarazione di fallimento non trova ostacolo nel mancato decorso del termine, per l'eventuale sanatoria della situazione di insolvenza, che sia stato concesso al debitore dall'ufficio fallimentare nella fase istruttoria sul ricorso per il fallimento medesimo, atteso che la concessione di tale termine, ricollegabile ad una prassi che non trova riscontro in norme di legge, non fa sorgere alcun diritto od aspettativa giuridicamente protetta.
Cass. civ. n. 42/1975
Alle sentenze straniere dichiarative di fallimento, quando manchi una convenzione internazionale che ne disciplina il riconoscimento con criteri di semplicità e di speditezza, è applicabile, in considerazione delle conseguenze giuridiche, di natura costitutiva ed esecutiva che ne derivano, l'ordinario procedimento di delibazione, previsto per il conferimento dell'efficacia in Italia alle sentenze di giudici stranieri. La disciplina risultante dalla dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale dell'art. 15 della legge fallimentare impone bensì la convocazione del debitore (salva l'ipotesi di particolari ragioni di cautela o urgenza), ma non presuppone necessariamente l'effettiva audizione dello stesso, che l'ufficio giudiziario non sarebbe in grado di assicurare nell'ipotesi di rifiuto a comparire ovvero nel caso di impossibilità di comunicazione dell'invito a comparire, per irreperibilità del destinatario. (Nell'enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha disatteso l'assunto di una dedotta contrarietà all'ordine pubblico italiano di una sentenza straniera di fallimento emessa, nell'irreperibilità del debitore, senza previa convocazione di quest'ultimo).