Cass. pen. n. 15109/2020
Il decorso del termine di prescrizione prima della remissione della querela determina l'estinzione del reato per tale causa, prevalendo, nel concorso tra cause estintive del reato, quella intervenuta in precedenza.
Cass. pen. n. 49864/2013
Con la sentenza di condanna, non può essere contestualmente applicato l'indulto e disposta la sospensione condizionale della pena, in quanto quest'ultimo beneficio prevale sul primo.
Cass. pen. n. 2388/1996
La pena inflitta per un reato coperto da amnistia impropria non è eseguibile e non può ricomprendersi nel provvedimento di unificazione delle pene, né può costituire oggetto di applicazione dell'indulto, in quanto va applicata prima di tale unificazione, e comporta lo scioglimento del cumulo, qualora questo sia stato già effettuato, con l'esclusione delle pene ineseguibili per amnistia e la determinazione del nuovo cumulo.
Cass. pen. n. 6388/1996
Nel concorso di cause estintive della pena e del reato deve avere la prevalenza, ai sensi dell'art. 183, secondo comma, c.p., la causa che estingue il reato anche se intervenuta successivamente; ne consegue che in sede di esecuzione, non è consentito al condannato, decorso il quinquennio utile per l'estinzione del reato, richiedere la revoca della sospensione condizionale e optare per l'applicazione dell'indulto e, quindi per l'estinzione della pena. Né viene in rilievo nella specie l'art. 672, quarto comma c.p.p., secondo il quale l'amnistia e l'indulto devono essere applicati, qualora il condannato lo richieda, anche se è terminata l'esecuzione della pena in quanto tale disposizione deve essere interpretata nel senso che, ai fini della possibilità di richiedere l'applicazione dell'indulto, sono ininfluenti gli eventi che riguardano la pena, ma non anche quelli, più radicali, che hanno come effetto l'estinzione del reato e dai quali discende la carenza di interesse alla applicazione del condono.
Cass. pen. n. 1877/1994
Poiché, ai sensi dell'art. 183, comma 1, c.p., la causa estintiva opera al momento del suo intervento, la fruizione del beneficio dell'indulto, ancorché necessariamente oggetto di successiva ricognizione giudiziale, deve ritenersi avvenuta già all'atto stesso della concessione recata dal provvedimento di clemenza; conseguentemente la revoca «di diritto» comminata dall'art. 4, D.P.R. 22 dicembre 1990, n. 394, anch'essa derivante direttamente dalla legge e solo «dichiarata» successivamente dal giudice, opera ogni volta che il delitto non colposo che ne costituisca causa venga commesso nei cinque anni dall'entrata in vigore del decreto, sia o meno previamente intervenuto il provvedimento giudiziale di applicazione del beneficio: da ciò consegue la giuridica ed, ancor prima, logica impossibilità di dichiarare giudizialmente l'applicazione di un condono in relazione al quale siasi già verificata una causa di revoca del beneficio.
Cass. pen. n. 1228/1993
Atteso il principio per cui, a parità di effetti di diverse cause di estinzione del reato, opera quella di dette cause che sia sorta per prima, deve ritenersi prevalente l'amnistia propria rispetto alla remissione di querela quando quest'ultima sia stata successiva alla data di entrata in vigore del decreto di clemenza, giacché è a tale data che occorre far riferimento al fine di stabilire l'ordine di priorità.
Cass. pen. n. 14369/1990
La sospensione condizionale della pena, che è causa di estinzione del reato, prevale sull'indulto, che è causa di estinzione della pena.
Cass. pen. n. 12628/1990
In tema di concorso di cause estintive, dalla chiara dizione letterale della norma di cui all'art. 183, secondo comma, c.p. si evince che la «prevalenza» di una causa estintiva sull'altra presuppone che l'applicazione di quella prevalente precluda la contestuale applicabilità dell'altra. Manca, pertanto, l'interesse del condannato all'applicazione dell'indulto quando gli sia concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena. L'interesse all'applicazione della causa estintiva della pena, una volta che sia intervenuta la sospensione condizionale della pena, può insorgere successivamente, qualora il condannato non si astenga dal commettere reati entro i termini stabiliti dalla legge (art. 167 c.p.). In tal caso potrà essere invocata la causa estintiva della pena, in sede esecutiva.
Cass. pen. n. 1869/1984
Le cause di estinzione della pena operano nel momento in cui intervengono: pertanto, se la esecuzione della pena è subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, il tempo necessario per l'estinzione della pena decorre dal giorno in cui il termine è scaduto o la condizione si è verificata.
Cass. pen. n. 7419/1983
Spetta al giudice di merito, nella sua motivata discrezionalità, la scelta tra la concessione del perdono giudiziale o della sospensione condizionale della pena, cioè tra una pronuncia definitivamente liberatoria, fondata su un sicuro affidamento sulle doti naturali di autorecupero dell'imputato, ovvero l'irrogazione di una pena sospesa, ritenuta più idonea, per la possibilità di revoca del beneficio, a rafforzare il presuntivo proposito di ravvedimento.
Cass. pen. n. 1728/1982
Le obbligazioni civili, derivanti dal reato, non cessano in seguito all'estinzione del reato o della pena. Esse, pertanto, non sono comprese negli effetti residui, non estinti dalla causa antecedente ed estinguibili, invece, da quella successiva.
Cass. pen. n. 278/1969
Per effetto dell'intervento di cause estintive, il fatto non è più penalmente sanzionabile; cessa, cioè, il suo carattere antigiuridico, dal punto di vista del diritto penale, pur permanendo gli altri effetti del fatto, inteso in senso naturalistico, ed eventualmente gli altri caratteri, sotto il profilo dell'illecito civile, amministrativo, disciplinare, nonché le altre conseguenze inerenti alla personalità del colpevole, previste, ad esempio, dall'art. 106 c.p. (agli effetti della recidiva, e della dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato) e dall'art. 170, secondo capoverso, stesso codice (in tema di estinzione di un reato che sia presupposto, elemento costitutivo o circostanza aggravante di altro reato); donde l'importanza della valutazione e dell'accertamento, da parte del giudice penale, della esistenza e validità delle dette cause estintive del reato, le quali, pur operando nel momento in cui agiscono, vanno dichiarate attraverso un giudizio che, sia pure in senso negativo, cade sull'antigiuridicità penale del fatto. Ciò significa che, nel momento in cui l'accertamento viene compiuto, con la sentenza che chiude il giudizio di primo grado, o anche precedentemente nel corso del procedimento stesso, il giudice si trova pur sempre di fronte ad una situazione processuale che non può non alterare i limiti della originaria contestazione.
Cass. pen. n. 8/1966
Quando l'originaria contestazione non consenta l'applicazione di una causa di estinzione del reato (nella specie, amnistia), ma la possibilità di questa applicazione venga a profilarsi come conseguenza dell'eventuale riconoscimento di un'attenuante e del giudizio di equivalenza o prevalenza di questa rispetto all'aggravante contestata, il giudice non può dichiarare l'estinzione del reato se non si sia prima pronunciato sull'esistenza di tutti gli elementi costitutivi dell'illecito e sulle circostanze aggravanti ed attenuanti. L'anzidetta regola deve essere osservata tanto nel caso di attenuanti specifiche, quanto — ed a maggior ragione — nel caso in cui l'operatività della causa di estinzione si profili come conseguenza della eventuale applicazione delle attenuanti generiche, che secondo la configurazione della legge hanno il significato ed il valore di cause di attenuazione della pena, e non possono quindi operare se non sul presupposto di un giudizio affermativo della colpevolezza.