Cass. pen. n. 16170/2011
La delega conferita dal Procuratore della Repubblica al vice procuratore onorario per l'udienza di convalida e per il successivo giudizio direttissimo autorizza il delegato a configurare in termini diversi l'accusa e a procedere a nuove contestazioni. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittima la contestazione da parte del vice procuratore onorario dell'aggravante di cui all'art. 80 del D.P.R. n. 309 del 1990).
Cass. pen. n. 8815/1996
Anche nell'ipotesi in cui venga ravvisata la partecipazione alle indagini preliminari dell'ufficiale di polizia delegato ad esercitare le funzioni di P.M. alla udienza innanzi al pretore, ciò non comporta la nullità di ordine generale ex art. 178, lett. b), c.p.p., conseguente alla inosservanza delle disposizioni concernenti l'iniziativa del P.M. nell'esercizio dell'azione penale e la sua partecipazione al procedimento. La suddetta nullità, infatti, trova applicazione nei casi in cui il rappresentante del P.M. non ha i requisiti essenziali per ricoprire l'incarico ovvero non fa parte dell'ufficio del pubblico ministero, inteso nella sua istituzione funzionale ed unitaria. Il che non si verifica quando, con delega nominativa del procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale, il potere di esercitare le funzioni di pubblico ministero in udienza viene conferito ad uno dei soggetti appartenenti alle categorie indicate nel primo comma dell'art. 72 dell'ordinamento giudiziario (uditori giudiziari, vice procuratori onorari, ufficiali di polizia giudiziaria), con ciò attuandosi un vero e proprio trasferimento di funzioni a persona legittimata, che in tal modo realizza a suo favore i necessari requisiti di capacità, di cui l'organo requirente deve essere provvisto al fine della validità degli atti compiuti. Ciò non esclude, peraltro, che il soggetto ritualmente delegato venga a trovarsi in una situazione di incompatibilità, del tipo di quelle previste dall'art. 36, primo comma, lett. a), b), d), e) c.p.p., alle quali occorra ovviare con la sostituzione, di cui all'art. 53, secondo e terzo comma c.p.p.
Cass. pen. n. 8355/1991
Il capo dell'ufficio del pubblico ministero non può contestare con l'impugnazione, salvi i casi di violazione di legge, l'esercizio del potere discrezionale del magistrato da lui delegato nell'espressione del consenso al giudizio abbreviato e, ancor prima, nella scelta del giudizio immediato dal quale il primo è scaturito. Siffatta contestazione è in contrasto non soltanto con il principio dell'autonomia del pubblico ministero designato, ma, ancor più incisivamente, con quello preminente della dialettica processuale, per il quale sono le parti direttamente in causa a svolgere le azioni e a esprimere i pareri, più o meno vincolanti, in esplicazione di una esclusiva e piena autonomia discrezionale. Al capo dell'ufficio spetta soltanto il potere di sostituzione del pubblico ministero designato, nei casi espressamente previsti dalla legge, e quello generale di impugnazione dei provvedimenti del giudice, limitato a violazioni di legge.
Cass. pen. n. 5942/1991
Nel vigente sistema processuale penale è prevista l'insostituibilità, a pena di nullità, del giudice, non del magistrato che rappresenta l'ufficio del pubblico ministero nel giudizio e che è parte. La norma di cui all'art. 53 c.p.p. consente, anzi, la sostituzione di tale magistrato con altro magistrato dello stesso ufficio o di quello superiore, e ne disciplina i casi, non nell'interesse diretto delle parti, bensì per la corretta organizzazione di quegli uffici e soprattutto al fine di garantire l'integrità del ruolo dell'accusa, ponendola al riparo da eventuali abusi dei dirigenti di quegli uffici, assicurandone l'autonomia o l'indipendenza non solo verso l'esterno, ma anche all'interno del medesimo ufficio. (Fattispecie di ritenuta manifesta infondatezza del motivo con cui l'imputato aveva dedotto la nullità del giudizio per irrituale sostituzione del P.M. in una delle udienze).