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Articolo 817 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Eccezione d'incompetenza

Dispositivo dell'art. 817 Codice di procedura civile

Se la validità, il contenuto o l'ampiezza della convenzione d'arbitrato o la regolare costituzione degli arbitri sono contestate nel corso dell'arbitrato, gli arbitri decidono sulla propria competenza(1).

Questa disposizione si applica anche se i poteri degli arbitri sono contestati in qualsiasi sede per qualsiasi ragione sopravvenuta nel corso del procedimento. La parte che non eccepisce nella prima difesa successiva all'accettazione degli arbitri l'incompetenza di questi per inesistenza, invalidità o inefficacia della convenzione d'arbitrato, non può per questo motivo impugnare il lodo, salvo il caso di controversia non arbitrabile(2).

La parte, che non eccepisce nel corso del procedimento arbitrale che le conclusioni delle altre parti esorbitano dai limiti della convenzione d'arbitrato, non può, per questo motivo, impugnare il lodo.

Note

(1) La riforma apportata dal d.lgs. 40/2006 ha riaffermato il principio consolidato in base al quale gli arbitri possono decidere in ordine alla propria competenza, quando una delle parti contesti l'esistenza di una valida convenzione d'arbitrato, o si dolga del fatto che il collegio arbitrale si sia formato in modo irrituale o che le conclusioni della controparte superino i limiti delineati dalla convenzione stipulata.
(2) Il secondo comma della norma in analisi è espressione del principio di lealtà processuale e di autoresponsabilità poiché prevede dei rigidi termini di decadenza entro cui poter sollevare l'eccezione di incompetenza. In ottemperanza a tali principi, il comma dispone che tale eccezione debba essere sollevata dopo l'accettazione della nomina degli arbitri, prima di ogni difesa, ad eccezione che l'incompetenza derivi dalla non arbitrabilità della controversia. Si precisa sin d'ora che il successivo art. 819 ter del c.p.c. prevede, di riflesso al comma in analisi, che nel giudizio ordinario l'eccezione di incompetenza arbitrale debba essere sollevata dal convenuto nella comparsa di risposta, a pena di decadenza.

Spiegazione dell'art. 817 Codice di procedura civile

Questa norma costituisce affermazione del principio secondo il quale gli arbitri decidono sulla propria competenza nel momento in cui questa venga contestata innanzi a loro.
A seguito della riforma è stata ampliata la portata della disposizione, riconducendo nel concetto di incompetenza, oltre all'ipotesi di extra petita, provocati dalle parti, anche la contestazione dell'esistenza di una valida convenzione arbitrale.
La norma dispone che sia la validità, sia il contenuto o l'ampiezza della convenzione d'arbitrato, o la regolare costituzione degli arbitri, se contestate nel corso dell'arbitrato, vengano decise dagli arbitri stessi.

Tra le ipotesi di inesistenza della convenzione arbitrale può farsi rientrare il caso del mancato scambio dei consensi, mentre tra le cause di invalidità, si evidenziano, a titolo esemplificativo:
- la mancanza dei requisiti di forma previsti dagli artt. 807 e [n808cpc]] c.p.c.;
- la mancanza di capacità o di legittimazione delle parti;
- la presenza di vizi del volere.

L'inefficacia deve essere ricondotta ad eventi sopravvenuti all'estinzione del processo per mancata o intempestiva riassunzione, ovvero all’ipotesi di cui al secondo comma dell’art. 816 septies del c.p.c., in tema di mancata anticipazione delle spese di procedura.

Particolare rilievo assumono i limiti temporali imposti dal legislatore per sollevare l'eccezione; infatti, la norma dispone che l'eccezione di incompetenza degli arbitri debba essere proposta dopo l'accettazione degli arbitri e prima di ogni difesa.
L'eccezione è rilevabile solo su istanza di parte e, pertanto, si rende necessario distinguere tra incompetenza per motivi di invalidità della convenzione e incompetenza per conclusioni extra petita.
Nel primo caso, a differenza di ciò che accadeva nel passato quando non erano previste preclusioni, l'eccezione deve essere inserita nella prima difesa successiva all'accettazione degli arbitri e non potrà essere dedotta per la prima volta in sede di impugnazione del lodo.
Nel secondo caso, è sufficiente che il rilievo sia effettuato nel corso del procedimento arbitrale e, quindi, anche in comparsa conclusionale o nella memoria difensiva finale, con il solo limite del rispetto del contraddittorio.
Trattandosi di eccezione relativa, essa può essere sempre oggetto di rinuncia ad opera della parte che l'ha sollevata.

La pronuncia degli arbitri sulla propria competenza, in assenza di una specifica disciplina al riguardo, può assimilarsi ad una pronuncia di rito.
La definizione come questione di competenza dei rapporti tra arbitri e giudici statali, ha posto il problema dell'ammissibilità del regolamento di competenza, escluso dalla tesi negativa prevalente ante riforma, ed oggi ritenuto ammissibile dalla dottrina prevalente.

Massime relative all'art. 817 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 25939/2021

In tema di competenza arbitrale, la presenza di una clausola compromissoria non impedisce di richiedere e ottenere dal giudice ordinario un decreto ingiuntivo per il credito scaturente dal contratto, ferma restando la facoltà, per l'intimato, di eccepire la competenza arbitrale in sede di opposizione, con conseguente necessità, per il giudice di quest'ultima, di revocare il decreto ingiuntivo ed inviare le parti dinanzi all'arbitro unico o al collegio arbitrale. (Regola competenza).

Cass. civ. n. 15613/2021

In caso di deferimento della controversia ad un collegio arbitrale, il difetto di "potestas iudicandi" del collegio decidente, per essere la convenzione di arbitrato nulla, deve essere eccepito nella prima difesa successiva all'accettazione degli arbitri, sicché, in difetto, la dedotta invalidità degrada a nullità sanabile. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva ritenuto precluso l'esame della questione sulla "potestas iudicandi" degli arbitri per invalidità della clausola arbitrale, siccome avanzata per la prima volta in sede di impugnazione del lodo). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ANCONA, 11/11/2015).

Cass. civ. n. 3840/2021

In tema di arbitrato rituale affinché l'eccezione di incompetenza degli arbitri possa ritenersi tempestivamente sollevata, come richiesto dall'art. 817, c. 2, c.p.c., occorre l'illustrazione delle ragioni poste a fondamento della ridetta eccezione, tali da qualificare la questione fatta valere, distinguendola così da altre ragioni che possano risultare non fondate o inammissibili. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la decisione impugnata, che aveva respinto le contestazioni sulla tardività dell'eccezione di carenza di "potestas iudicandi" degli arbitri, per nullità del contratto cui accedeva la convenzione arbitrale, sollevata nella prima difesa utile dopo l'accettazione degli arbitri, senza la specificazione delle ragioni poste a suo sostegno). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CATANIA, 09/10/2014).

Cass. civ. n. 23418/2020

L'attività degli arbitri rituali, anche alla stregua della disciplina complessivamente ricavabile dalla l. n.25 del 1994 e dal d.lgs. n.40 del 2006, ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario, sicché lo stabilire se una controversia spetti alla cognizione dei primi o del secondo si configura come questione di competenza, mentre il sancire se una lite appartenga alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario e, in tale ambito, a quella sostitutiva degli arbitri rituali, ovvero a quella del giudice amministrativo o contabile, dà luogo ad una questione di giurisdizione; pertanto la questione circa l'eventuale non compromettibilità ad arbitri della controversia, per essere la stessa riservata alla giurisdizione del giudice amministrativo, integra una questione di giurisdizione che, ove venga in rilievo, il giudice dell'impugnazione del lodo arbitrale è tenuto ad esaminare e decidere anche d'ufficio. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 21/11/2013).

Cass. civ. n. 5824/2019

In tema di arbitrato, anche dopo la novella introdotta dal d.l.vo n. 40 del 2006, qualora una delle parti contesti in radice che la lite sia devoluta ad arbitri e, pur regolarmente chiamata, rifiuti di partecipare al giudizio arbitrale, non opera l'art. 817, comma 3, c.p.c. e, perciò, la stessa non subisce la preclusione posta da tale disposizione, con la conseguenza che può adire il giudice ordinario perché accerti che il lodo, comunque emesso pur in mancanza di clausola compromissoria, sia inefficace o inesistente nei suoi confronti.

L'eccezione d'incompetenza dell'arbitro di cui all'art. 817, comma 2, c.p.c., salvo il caso di controversia non arbitrabile, coerentemente con la nuova accezione "paragiurisdizionale" dell'arbitrato rituale, è da considerarsi quale eccezione di rito in senso stretto, soggetta al limite temporale indicato dall' art. 817, comma 3, c.p.c., solo per la parte che ha partecipato al relativo giudizio arbitrale e non per quella che, rimasta assente, in sede di impugnazione del lodo contesti in radice che la lite sia devolvibile agli arbitri.

Cass. civ. n. 27473/2013

Gli arbitri indicati nella clausola compromissoria sono anche arbitri della propria "competenza", intesa quest'ultima come "potestas iudicandi", ma un identico potere non è riconoscibile a favore di un ufficio, quale è la camera arbitrale, che è un ente impersonale non confondibile con gli arbitri e che ha il potere di nomina di questi ultimi, ma non anche di prendere decisioni, tanto meno sulla competenza. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha rigettato il ricorso, il quale lamentava la violazione della clausola compromissoria, che prevedeva l'arbitrato della camera arbitrale interprofessionale, pretendendo che questa stessa camera avesse validamente declinato la sua competenza a favore della camera dei lavori pubblici, quando oltretutto la camera arbitrale si era limitata soltanto ad un parere in tal senso e per mezzo del suo segretario).

Cass. civ. n. 4156/2006

Qualora sia stata instaurata una procedura di arbitrato irrituale (con l'effetto che non trova applicazione l'impugnativa di nullità ex art. 829 c.p.c. che al n. 4 del primo comma richiama l'art. 817 c.p.c., in tal senso implicando che il suo presupposto è pur sempre quello di una procedura di arbitrato rituale) ovvero se una delle parti contesti in radice che la lite sia devoluta ad arbitri e, quindi, rifiuti di parteciparvi, non opera l'art. 817 c.p.c. e, perciò, quest'ultima parte non subisce la preclusione posta da tale ultima disposizione, con la conseguenza che può adire il giudice ordinario perché accerti che il lodo, comunque emesso pur in mancanza di clausola compromissoria, sia inefficace o inesistente nei suoi confronti. (Nella specie, la S.C., enunciando tale principio, ha rigettato il ricorso e confermato l'impugnata sentenza con la quale era stata ritenuta — al fine dell'esclusione dell'applicabilità dell'art. 817 c.p.c. — la sussistenza di entrambe le condizioni autonomamente sufficienti e risolutive riconducibili alla deduzione della parte ricorrente riguardante la radicale negazione della clausola compromissoria e il carattere comunque irrituale della procedura arbitrale instaurabile a seguito della contestata clausola compromissoria).

Cass. civ. n. 8563/1993

Con riguardo al giudizio dinnanzi ad arbitri, ogni questione concernente la violazione dei limiti del compromesso e della clausola compromissoria, trovando la propria specifica disciplina nell'art. 817 c.p.c., deve essere proposta «nel corso del procedimento arbitrale», con la conseguenza che in forza di tale disposizione, fatta salva dal successivo art. 829, n. 4, c.p.c., la mancata tempestiva proposizione dell'eccezione preclude alla parte interessata il diritto di impugnare per nullità sotto tale profilo la pronuncia arbitrale. A tal fine anche l'eccezione di incompetenza proposta in sede di comparsa conclusionale deve ritenersi formulata nei limiti temporali consentiti dall'art. 817 c.p.c., quando le parti siano state poste in grado, con l'assegnazione di termini articolati per lo scambio delle memorie conclusionali e per il deposito di memorie di replica, di controdedurre in ordine alla contestata competenza arbitrale.

Cass. civ. n. 12208/1992

In sede di impugnazione del lodo ex art. 828 c.p.c., la parte, che nel corso del procedimento arbitrale abbia rinunciato all'eccezione di incompetenza degli arbitri, prima formulata sotto il profilo che le questioni dedotte dall'altra parte esorbitavano dai limiti del compromesso o della clausola compromissoria, non può dedurre detta incompetenza quale motivo di nullità, in quanto l'eccezione di cui all'art. 817 c.p.c. ha natura relativa, per la cui la rinunzia ad essa è vincolante.

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Romeo L. P. chiede
venerdì 23/11/2018 - Friuli-Venezia
“Gentilissimi,

l caso che vado ad esporre riguarda un arbitrato irrituale in cui sono stato nominato terzo arbitro in base alla clausola compromissoria prevista in contratto che sul punto così recita: “Eventuali controversie che insorgessero nell’interpretazione o nell’esecuzione del presente contratto o ad esse connesse ivi compreso i pagamenti verranno rimesse da un Collegio Arbitrale che avrà sede ad [omissis], composto da tre arbitri uno designato da ciascuna delle parti ed il terzo mediante sorteggio in una terna arbitrale designata dal Presidente dell’Ordine degli Ingegneri di [omissis].”
Dopo la costituzione del Collegio nella memoria della parte convenuta fra i motivi di difesa della stessa il 2° riguarda sul difetto di costituzione del Collegio Arbitrale così esposto
“Il sottoscrivente procuratore esprime in via preliminare dubbi sulla corretta costituzione del Collegio Arbitrale. Invero la clausola che all’art. 19 prevedeva la scelta del terzo arbitro dovesse avvenire mediante sorteggio in una terna arbitrale designata dal Presidente Ordine Ingegneri di Udine. Orbene la la nomina del Presidente del Collegio Arbitrale effettuata dal Pres. Ordine Ingegneri non contiene alcuna indicazione delle formalità eseguite per procedere alla corretta nomina dell’arbitro. Nello specifico , non viene dato atto alcuno del sorteggio tra i tre nominativi e ciò si traduce senza dubbio in un difetto di costituzione del Collegio.”
Effettivamente la nota con cui il Presidente dell’Ordine trasmette la designazione limitandosi a riportare il nominativo segnalato senza alcun altro riferimento riguardo la terna ed eventuali sorteggi.
In tale contesto mi pongo quale debba essere il mio atteggiamento sul punto alla prossima udienza in cui verranno affrontate le eccezioni preliminari che mi sembra avere questi due riferimenti: da un lato un principio generale di astenermi su un tema che mi riguarda direttamente anche nell’ipotesi di accogliere l’eccezione e dall’altro il disposto appunto dell’art.817 per cui gli arbitri giudicano sulla loro regolare costituzione. Peraltro con tali presupposti qualora,come probabile, gli altri due arbitri avessero posizioni opposte si creerebbe una difficile situazione di stallo.
Infine l'accoglimento dell’eccezione formulata come è meglio concluderla , con una sospensione che rimette alle parti per la richiesta di un nuovo terzo arbitro o con lodo parziale o con altre modalità.
Vi ringrazio per quanto potrete chiarirmi confidando che la Vs risposta possa arrivarmi per la prossima udienza del 3 dicembre.
Cordiali saluti

Consulenza legale i 28/11/2018
Nel nostro ordinamento, in presenza di una controversia è prevista per le parti la possibilità di ricorrere (in alternativa all’autorità giudiziaria) alla decisione di un collegio arbitrale.
Esistono due forme di giudizio arbitrale: quello rituale e quello irrituale. Quest’ultimo, è previsto dall’art. 808 ter c.p.c. introdotto dal D.Lgs 40/2006.
Con la sentenza n.23629 del 2015 la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha fornito una distinzione esaustiva tra le due figure precisando che la differenza tra l'uno e l'altro tipo di arbitrato “va ravvisata nel fatto che, nell'arbitrato rituale, le parti vogliono che si pervenga ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all'art. 825 c. p. c., con l'osservanza delle regole del procedimento arbitrale, mentre nell'arbitrato irrituale esse intendono affidare all'arbitro (o agli arbitri) la soluzione di controversie (insorte o che possano insorgere in relazione a determinati rapporti giuridici) soltanto attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla volontà delle parti stesse, le quali si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà”.
Quindi, a differenza che nell’arbitrato rituale (dove il lodo si sostituisce al provvedimento di un giudice), l’arbitrato irrituale comporta un lodo con effetto di contratto tra le parti (alternativo, dunque, e non sostitutivo).
Tale distinzione, osserva sempre la Suprema Corte, non è fine a sé stessa ma tra l’altro incide anche “sul problema processuale dell'ammissibilità della impugnazione del lodo per nullità, atteso che il lodo irrituale non è soggetto al regime di impugnazione previsto per quello rituale dall'art. 827 e ss. c.p.c., bensì alle impugnative negoziali, con riferimento sia alla validità dell'accordo compromissorio sia all'attività degli arbitri, da proporre con l'osservanza delle norme ordinarie sulla competenza e del doppio grado di giurisdizione”.

Ciò brevemente premesso, con riguardo al caso in esame si osserva quanto segue.

Nella presente vicenda, la formazione del collegio arbitrale (in particolare, la nomina del terzo arbitro) sarebbe avvenuta in violazione di quanto previsto nella clausola compromissoria.
Ciò comporta, per espressa previsione del sopra citato art. 808 ter c.p.c, che il lodo contrattuale emesso senza tenere conto dell’eccezione sollevata potrebbe essere suscettibile di annullamento da parte del giudice competente.
In merito all’eventuale astensione del terzo arbitro, si ritiene che essa sia un atto facoltativo e non obbligatorio.
Riguardo tale aspetto, si osserva infatti in primo luogo che non solo non siamo di fronte ad una delle ipotesi di ricusazione previste dall’art. 815 c.p.c, ma quest’ultimo riguarda esclusivamente l’arbitrato rituale e non quello irrituale (Cass. Civ. 8472/2002 e 7045/2000).
A ciò si aggiunga che per gli arbitri l’astensione non è prevista dalla legge come per i giudici.
Pertanto, come osserva anche la dottrina prevalente, l’astensione costituisce semmai un dovere morale e professionale.
Del resto, è proprio il legislatore all’art. 817 c.p.c. ad attribuire agli arbitri il potere di decidere sulla propria competenza in caso di contestazione sulla validità, il contenuto o l'ampiezza della convenzione d'arbitrato o la regolare costituzione del collegio.

Fermo quanto precede, in caso di accoglimento dell’eccezione formulata, occorrerebbe in primo luogo verificare se nella clausola compromissoria ovvero nel regolamento arbitrale di riferimento sia prevista una particolare procedura da adottare in caso venga riscontrata una irregolare formazione dell’organo arbitrale.
Ad esempio, il regolamento della camera arbitrale presso l’ordine degli avvocati di Roma prevede che laddove venga ravvisata nella nomina dei propri membri la violazione di una norma inderogabile applicabile al procedimento o delle disposizioni del Regolamento, l’Organo Arbitrale rivolge al Consiglio Direttivo un’ordinanza motivata di restituzione degli atti alla Camera Arbitrale, che equivale a rinuncia di tutti i membri dell’Organo Arbitrale.

Laddove non vi sia alcuna disposizione in merito né nella clausola compromissoria né nel regolamento arbitrale di riferimento, forse la soluzione migliore potrebbe essere quella della sostituzione del terzo arbitro a seguito di rinuncia del medesimo, come previsto dall’art. 811 c.p.c. Tale norma è infatti applicabile anche all’arbitrato irrituale (Cass. Civ. n.5777/2001).
In tal caso, se il compromesso o la clausola compromissoria nulla dispongono al riguardo, si applica la procedura prevista dall’art. 810 c.p.c., previa sospensione del procedimento arbitrale.
Tra l’altro, in tale ipotesi, la Cassazione con sentenza n.18194/2003 ha stabilito il principio secondo cui: “in materia di arbitrato irrituale, qualora uno degli arbitri sia stato irregolarmente nominato e le parti abbiano chiesto ed ottenuto dal presidente del tribunale la nomina di un nuovo arbitro, il mandato collettivo conferito agli arbitri originariamente designati deve ritenersi risolto, senza che possa rilevare, in contrario, il fatto che due dei tre arbitri siano rimasti immutati, non risultando neppure applicabile a questa fattispecie il principio dell’art. 811 c.p.c., il quale, prevedendo la possibilità di sostituire gli arbitri, mira ad assicurare la continuità del procedimento arbitrale, dato che esso non è riferibile al caso di irregolare costituzione del primo collegio, circostanza quest’ultima che vale ad escludere ogni continuità nell’attività dei due collegi.”