Cass. civ. n. 25939/2021
In tema di competenza arbitrale, la presenza di una clausola compromissoria non impedisce di richiedere e ottenere dal giudice ordinario un decreto ingiuntivo per il credito scaturente dal contratto, ferma restando la facoltà, per l'intimato, di eccepire la competenza arbitrale in sede di opposizione, con conseguente necessità, per il giudice di quest'ultima, di revocare il decreto ingiuntivo ed inviare le parti dinanzi all'arbitro unico o al collegio arbitrale. (Regola competenza).
Cass. civ. n. 15613/2021
In caso di deferimento della controversia ad un collegio arbitrale, il difetto di "potestas iudicandi" del collegio decidente, per essere la convenzione di arbitrato nulla, deve essere eccepito nella prima difesa successiva all'accettazione degli arbitri, sicché, in difetto, la dedotta invalidità degrada a nullità sanabile. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva ritenuto precluso l'esame della questione sulla "potestas iudicandi" degli arbitri per invalidità della clausola arbitrale, siccome avanzata per la prima volta in sede di impugnazione del lodo). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ANCONA, 11/11/2015).
Cass. civ. n. 3840/2021
In tema di arbitrato rituale affinché l'eccezione di incompetenza degli arbitri possa ritenersi tempestivamente sollevata, come richiesto dall'art. 817, c. 2, c.p.c., occorre l'illustrazione delle ragioni poste a fondamento della ridetta eccezione, tali da qualificare la questione fatta valere, distinguendola così da altre ragioni che possano risultare non fondate o inammissibili. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la decisione impugnata, che aveva respinto le contestazioni sulla tardività dell'eccezione di carenza di "potestas iudicandi" degli arbitri, per nullità del contratto cui accedeva la convenzione arbitrale, sollevata nella prima difesa utile dopo l'accettazione degli arbitri, senza la specificazione delle ragioni poste a suo sostegno). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CATANIA, 09/10/2014).
Cass. civ. n. 23418/2020
L'attività degli arbitri rituali, anche alla stregua della disciplina complessivamente ricavabile dalla l. n.25 del 1994 e dal d.lgs. n.40 del 2006, ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario, sicché lo stabilire se una controversia spetti alla cognizione dei primi o del secondo si configura come questione di competenza, mentre il sancire se una lite appartenga alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario e, in tale ambito, a quella sostitutiva degli arbitri rituali, ovvero a quella del giudice amministrativo o contabile, dà luogo ad una questione di giurisdizione; pertanto la questione circa l'eventuale non compromettibilità ad arbitri della controversia, per essere la stessa riservata alla giurisdizione del giudice amministrativo, integra una questione di giurisdizione che, ove venga in rilievo, il giudice dell'impugnazione del lodo arbitrale è tenuto ad esaminare e decidere anche d'ufficio. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 21/11/2013).
Cass. civ. n. 5824/2019
In tema di arbitrato, anche dopo la novella introdotta dal d.l.vo n. 40 del 2006, qualora una delle parti contesti in radice che la lite sia devoluta ad arbitri e, pur regolarmente chiamata, rifiuti di partecipare al giudizio arbitrale, non opera l'art. 817, comma 3, c.p.c. e, perciò, la stessa non subisce la preclusione posta da tale disposizione, con la conseguenza che può adire il giudice ordinario perché accerti che il lodo, comunque emesso pur in mancanza di clausola compromissoria, sia inefficace o inesistente nei suoi confronti.
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L'eccezione d'incompetenza dell'arbitro di cui all'art. 817, comma 2, c.p.c., salvo il caso di controversia non arbitrabile, coerentemente con la nuova accezione "paragiurisdizionale" dell'arbitrato rituale, è da considerarsi quale eccezione di rito in senso stretto, soggetta al limite temporale indicato dall' art. 817, comma 3, c.p.c., solo per la parte che ha partecipato al relativo giudizio arbitrale e non per quella che, rimasta assente, in sede di impugnazione del lodo contesti in radice che la lite sia devolvibile agli arbitri.
Cass. civ. n. 27473/2013
Gli arbitri indicati nella clausola compromissoria sono anche arbitri della propria "competenza", intesa quest'ultima come "potestas iudicandi", ma un identico potere non è riconoscibile a favore di un ufficio, quale è la camera arbitrale, che è un ente impersonale non confondibile con gli arbitri e che ha il potere di nomina di questi ultimi, ma non anche di prendere decisioni, tanto meno sulla competenza. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha rigettato il ricorso, il quale lamentava la violazione della clausola compromissoria, che prevedeva l'arbitrato della camera arbitrale interprofessionale, pretendendo che questa stessa camera avesse validamente declinato la sua competenza a favore della camera dei lavori pubblici, quando oltretutto la camera arbitrale si era limitata soltanto ad un parere in tal senso e per mezzo del suo segretario).
Cass. civ. n. 4156/2006
Qualora sia stata instaurata una procedura di arbitrato irrituale (con l'effetto che non trova applicazione l'impugnativa di nullità ex art. 829 c.p.c. che al n. 4 del primo comma richiama l'art. 817 c.p.c., in tal senso implicando che il suo presupposto è pur sempre quello di una procedura di arbitrato rituale) ovvero se una delle parti contesti in radice che la lite sia devoluta ad arbitri e, quindi, rifiuti di parteciparvi, non opera l'art. 817 c.p.c. e, perciò, quest'ultima parte non subisce la preclusione posta da tale ultima disposizione, con la conseguenza che può adire il giudice ordinario perché accerti che il lodo, comunque emesso pur in mancanza di clausola compromissoria, sia inefficace o inesistente nei suoi confronti. (Nella specie, la S.C., enunciando tale principio, ha rigettato il ricorso e confermato l'impugnata sentenza con la quale era stata ritenuta — al fine dell'esclusione dell'applicabilità dell'art. 817 c.p.c. — la sussistenza di entrambe le condizioni autonomamente sufficienti e risolutive riconducibili alla deduzione della parte ricorrente riguardante la radicale negazione della clausola compromissoria e il carattere comunque irrituale della procedura arbitrale instaurabile a seguito della contestata clausola compromissoria).
Cass. civ. n. 8563/1993
Con riguardo al giudizio dinnanzi ad arbitri, ogni questione concernente la violazione dei limiti del compromesso e della clausola compromissoria, trovando la propria specifica disciplina nell'art. 817 c.p.c., deve essere proposta «nel corso del procedimento arbitrale», con la conseguenza che in forza di tale disposizione, fatta salva dal successivo art. 829, n. 4, c.p.c., la mancata tempestiva proposizione dell'eccezione preclude alla parte interessata il diritto di impugnare per nullità sotto tale profilo la pronuncia arbitrale. A tal fine anche l'eccezione di incompetenza proposta in sede di comparsa conclusionale deve ritenersi formulata nei limiti temporali consentiti dall'art. 817 c.p.c., quando le parti siano state poste in grado, con l'assegnazione di termini articolati per lo scambio delle memorie conclusionali e per il deposito di memorie di replica, di controdedurre in ordine alla contestata competenza arbitrale.
Cass. civ. n. 12208/1992
In sede di impugnazione del lodo ex art. 828 c.p.c., la parte, che nel corso del procedimento arbitrale abbia rinunciato all'eccezione di incompetenza degli arbitri, prima formulata sotto il profilo che le questioni dedotte dall'altra parte esorbitavano dai limiti del compromesso o della clausola compromissoria, non può dedurre detta incompetenza quale motivo di nullità, in quanto l'eccezione di cui all'art. 817 c.p.c. ha natura relativa, per la cui la rinunzia ad essa è vincolante.