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Articolo 256 Codice dell'ambiente

(D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

[Aggiornato al 15/11/2024]

Attività di gestione di rifiuti non autorizzata

Dispositivo dell'art. 256 Codice dell'ambiente

1. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29 quattuordecies, comma 1, chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:

  1. a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
  2. b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

2. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all'articolo 192, commi 1 e 2.

3. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29 quattuordecies, comma 1, Chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la pena dell'arresto da uno a tre anni e dell'ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi.

4. Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni.

5. Chiunque, in violazione del divieto di cui all'articolo 187, effettua attività non consentite di miscelazione di rifiuti, è punito con la pena di cui al comma 1, lettera b).

6. Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle disposizioni di cui all'articolo 227, comma 1, lettera b), è punito con la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con la pena dell'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro per i quantitativi non superiori a duecento litri o quantità equivalenti.

7. Chiunque viola gli obblighi di cui agli articoli 231, commi 7, 8 e 9, 233, commi 12 e 13, e 234, comma 14, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro.

8. I soggetti di cui agli articoli 233, 234, 235 e 236 che non adempiono agli obblighi di partecipazione ivi previsti sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da ottomila euro a quarantacinquemila euro, fatto comunque salvo l'obbligo di corrispondere i contributi pregressi. Sino all'adozione del decreto di cui all'articolo 234, comma 2, le sanzioni di cui al presente comma non sono applicabili ai soggetti di cui al medesimo articolo 234.

9. Le sanzioni di cui al comma 8 sono ridotte della metà nel caso di adesione effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine per adempiere agli obblighi di partecipazione previsti dagli articoli 233, 234, 235 e 236.

Massime relative all'art. 256 Codice dell'ambiente

Cass. pen. n. 27692/2019

Il proprietario di un terreno non può essere chiamato a rispondere, in quanto tale, dei reati di realizzazione e gestione di discarica non autorizzata commessi da terzi, anche nel caso in cui non si attivi per la rimozione dei rifiuti, in quanto tale responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell'evento lesivo, che il proprietario può assumere solo ove compia atti di gestione o movimentazione dei rifiuti.

Cass. pen. n. 13606/2019

Per ravvisare la responsabilità del proprietario di un terreno, sul quale viene svolta, da parte di estranei, un'illecita gestione di rifiuti, è necessaria la specificazione del contributo causale consapevolmente fornito all'attività effettuata da terzi non essendo sufficiente la colpevole inerzia del proprietario a fronte della collocazione di rifiuti. Neppure rileva, per configurare un concorso nel reato, la mancata attivazione per la rimozione dei rifiuti, in quanto la responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire l'evento lesivo, a norma dell'art. 40, comma 2, cod. pen., e tale obbligo non può essere ravvisato nella inottemperanza all'ordinanza di rimozione dei rifiuti, in quanto provvedimento successivo all'abbandono.

Cass. pen. n. 8966/2019

Posto che la contravvenzione prevista all'art. 256, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006 costituisce un reato istantaneo, solo eventualmente abituale, in caso di reiterati trasporti abusivi di rifiuti la prescrizione del reato decorre dal momento in cui il singolo reato è consumato, e cioè dal prelievo e trasporto dei rifiuti in difetto dell'autorizzazione prescritta.

Cons. Stato n. 392/2019

In tema di informativa antimafia, la condanna di un soggetto per il reato di realizzazione o di gestione di una discarica abusiva, di cui all'art. 256, comma 3 del D.Lgs. n. 152/2006 può essere considerata potenzialmente strumentale agii obiettivi del crimine organizzato atteso che il settore della gestione dei rifiuti costituisce notoriamente uno dei principali ambiti di interesse e di tentativo di infiltrazione da parte della criminalità organizzata.

Cass. pen. n. 5817/2019

Nell'ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni, il reato di cui all'art. 256, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006 è configurabile nei soli casi in cui tale carenza sia attinente alle modalità di esercizio dell'attività, mentre, nella diversa ipotesi in cui essa si risolva nella sostanziale inesistenza del titolo abilitativo, si configura una illecita gestione che certamente sussiste quando oggetto dell'attività sono rifiuti diversi da quelli indicati nelle comunicazioni ed iscrizioni.

Cass. pen. n. 19667/2018

Il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca implica l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa e non tra il reato e il suo autore, sicché possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di un terzo, estraneo all'illecito ed in buona fede, se la loro libera disponibilità sia idonea a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti (fattispecie relativa a sequestro preventivo di discarica abusiva realizzata su terreni di proprietà di soggetto estraneo all'abbandono).

Cass. pen. n. 5813/2018

La disciplina in materia di acque reflue trova applicazione solo se il collegamento fra ciclo di produzione e recapito finale sia diretto ed attuato, senza soluzione di continuità, mediante una condotta o altro sistema stabile di collettamento e pertanto, in assenza di tali requisiti, i reflui sono da considerarsi rifiuti allo stato liquido, soggetti alla disciplina di cui all'art. 256, D.Lgs. n. 152/2006.

Cass. pen. n. 10933/2018

La contravvenzione di cui all'art. 256, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006 può presentarsi, in concreto, come reato istantaneo (nel caso in cui, ad esempio, alla singola inosservanza segua immediatamente la cessazione dell'attività), come reato eventualmente abituale, quando si configuri attraverso condotte reiterate, ovvero eventualmente permanente, come nei casi dianzi richiamati o, comunque quando si concreta con la protrazione nel tempo della situazione antigiuridica creata da una singola condotta.

Cass. pen. n. 17821/2018

Tanto la condotta di chi abbia utilizzato, per realizzare la recinzione di un terreno agricolo, traversine ferroviarie dismesse trattate con la sostanza denominata creosoto, quanto la condotta di chi abbia omesso di rimuovere siffatta recinzione, poste in essere in epoca precedente rispetto al momento in cui è emersa la pericolosità del creosoto, sono penalmente irrilevanti stante, da un lato, l'assenza della previsione di un divieto di utilizzo e/o di installazione di prodotti contaminati da creosoto anteriormente all'anno 2002 e, dall'altro lato, stante l'assenza di disposizioni che impongano la successiva rimozione di tali manufatti, essendo solo imposto, successivamente al 2002, di non utilizzarne di nuovi ed ulteriori rispetto a quelli per avventura già installati.

Cass. pen. n. 6717/2018

In presenza di trasgressione del titolo abilitativo perché l'attività posta in essere non è ad esso conforme e le caratteristiche materiali dell'attività avrebbero potuto giustificarne uno di contenuto diverso quanto alle prescrizioni in esso contenute, la funzione di controllo delle attività di gestione dei rifiuti che riverberano effetti esterni sull'ambiente e sulla collettività viene comunque pregiudicata e viene svuotato l'effetto giuridico del titolo autorizzativo che rende l'attività materiale posta in essere contra legem (nella specie, la condotta contestata di gestione dei rifiuti in eccedenza rispetto ai quantitativi annui autorizzati è stata sussunta nell'ipotesi di reato di cui all'art. 256, 1° comma, D.Lgs. n. 152/2006).

Cass. pen. n. 28493/2018

La contravvenzione di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni di cui all'art. 256, comma quarto, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 è reato formale di pericolo, il quale si configura in caso di violazione delle prescrizioni imposte per l'attività autorizzata di gestione di rifiuti, sicché la valutazione in ordine all'offesa al bene giuridico protetto, vale a dire l'integrità dell'ambiente, cui accede la tutela strumentale del controllo amministrativo da parte della pubblica amministrazione, va retrocessa al momento della condotta secondo un giudizio prognostico "ex ante", essendo irrilevante l'assenza in concreto, successivamente riscontrata, di qualsivoglia lesione al bene giuridico tutelato dalla fattispecie incriminatrice (Sez. 3, n. 19439 del 17/01/2012 - dep. 23/05/2012, Miotti; Sez. 3, n. 6256 del 02/02/2011 - dep. 21/02/2011, Mariottini e altro).

Cass. pen. n. 6735/2018

In tema di rifiuti, la deroga prevista dall'art. 266, comma 5, D.Lgs. n. 152 del 2006, per l'attività di raccolta e trasporto dei rifiuti prodotti da terzi - effettuata in forma ambulante - opera qualora ricorra la duplice condizione che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l'esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, e che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio. Sicché, l'attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante, non integra il reato di gestione non autorizzata dei rifiuti, ma solo a condizione, da un lato, che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l'esercizio di attività commerciale in forma ambulante e, dall'altro, che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio (Sez. 3, n. 20249 del 7/4/2009, Pizzimenti; conf. Sez. 3, n. 39774 del 2/5/2013, Calvaruso e altro).

La condotta sanzionata dall'art. 256, comma 1, D.Lgs. n. 152 del 2006, è riferibile a chiunque svolga, in assenza del prescritto titolo abilitativo, una attività rientrante tra quelle assentibili ai sensi degli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del medesimo decreto, svolta anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all'esercizio di una attività primaria diversa che richieda, per il suo esercizio, uno dei titoli abilitativi indicati e che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità.

Cass. pen. n. 16702/2011

La disciplina relativa alla bonifica dei siti inquinati prevista dall'art. 242 del D.Lgs. n. 152 del 2006 prevede che al verificarsi di un evento che abbia la potenzialità di contaminare un sito, il responsabile dell'inquinamento debba predisporre le necessarie misure di prevenzione entro ventiquattro ore e debba comunicarlo immediatamente (ex art. 304), nonché svolgere una preliminare indagine sui parametri oggetto dell'inquinamento e provvedere al ripristino della zona contaminata, dandone notizia al comune ed alla provincia, qualora verifichi che il livello della soglia di contaminazione non sia stato superato, mentre qualora accerti il superamento di tale soglia, oltre a darne immediata notizia, descrivendo le misure adottate, deve anche presentare alle amministrazioni ed alla regione competente il "piano di caratterizzazione" del sito, al fine di determinarne l'entità e l'estensione applicando le procedure di cui ai commi 4 e seguenti dell'art. 242 (al sito viene quindi applicata la procedura di analisi del rischio specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (c.d. CSR). Quindi, le segnalazione che il responsabile dell'inquinamento è obbligato ad effettuare alle autorità indicate in base all'art. 242 è dovuta a prescindere dal superamento delle soglie di contaminazione e la sua omissione è sanzionata dall'art. 257 del medesimo decreto, il quale non punisce solo l'omessa bonifica, ma anche l'omessa segnalazione.

Cass. pen. n. 11487/2011

La nozione di abbandono indiscriminato di rifiuti provenienti da attività di impresa presuppone una responsabilità diretta del titolare dell'impresa nella attività di discarica. Infatti, rispetto ad una generale previsione di illiceità amministrativa della condotta come disciplina dal Decreto Legislativo 5 febbraio del 1997, n. 22, articolo 50, comma 1, oggi trasfuso nel Decreto Legislativo 3 aprile del 2006, n. 152 articolo 255, il reato di abbandono incontrollato di rifiuti ricorre quando a commetterlo sia il titolare di una impresa o il responsabile di un ente, dovendo a tale elemento attribuirsi un valore specializzante.

Cass. pen. n. 5346/2011

È configurabile la responsabilità penale del titolare dell'autorizzazione allo svolgimento delle operazioni di recupero dei rifiuti prodotti da terzi nel caso di inosservanza delle relative prescrizioni (art. 256, comma quarto, D.Lgs. n. 152 del 2006), pur se l'attività di recupero sia gestita direttamente dal terzo.

Cass. pen. n. 40945/2010

Il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) trova applicazione anche con riferimento a quella particolare categoria di rifiuti costituita dai veicoli fuori uso, disciplinata dal D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209, non esaurendo né sostituendo tale ultimo decreto ogni ipotesi sanzionatoria relativa alla disciplina dei rifiuti prevista dal D.Lgs. n. 152 del 2006.

Cass. pen. n. 40860/2010

In tema di gestione dei rifiuti, integra il reato di trasporto illecito [oggi disciplinato dall'art. 256, comma primo, D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152] la movimentazione dei rifiuti che, pur avendo avuto inizio in area private, sia obiettivamente finalizzata al loro trasporto all'esterno a tale area, non essendo applicabile in questo caso la norma derogatoria di cui all'art. 193, comma 9, del citato decreto che sottrae alla disciplina dei rifiuti esclusivamente il trasporto in area private a condizione che lo stesso sia finalizzato ad una diversa sistemazione dei rifiuti all'interno delle predette area ed in quanto i rifiuti medesimi non siano destinati all'esterno. Ne consegue che il trasporto di tali rifiuti, anche se prodotti nell'esercizio della medesima attività d'impresa, richiede l'iscrizione all'Albo nazionale di cui 30 del decreto n. 22/1997 stante che, integra il reato di cui all'art. 256. comma primo, D.Lgs. n. 152 del 2006, il trasporto di rifiuti propri non pericolosi, sebbene effettuato in via eccezionale, nel caso in cui il produttore, non avvalendosi delle prestazioni di imprese esercenti servizi di smaltimento regolarmente autorizzate ed iscritte all'Albo nazionale dei gestori ambientali, abbia utilizzato mezzi propri non autorizzati.

Cass. pen. n. 33916/2010

La confisca del mezzo di trasporto adibito al traffico illecito di rifiuti (art. 259, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) deve essere disposta, oltre che nei casi previsti dall'art. 256 del citato decreto (trasporto di rifiuti senza formulario o con formulario incompleto o inesatto ovvero usando certificati falsi durante il trasporto), anche in quelli di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, allorché tali attività siano compiute utilizzando mezzi di trasporto.

Cass. pen. n. 29619/2010

Il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) si consuma nel luogo in cui avviene la reiterazione delle condotte illecite in quanto elemento costitutivo del reato.

Cass. pen. n. 22755/2010

In materia di rifiuti costituiti da medicinali, dell'abbandono o del deposito incontrollato deve essere chiamato a rispondere il soggetto che nella struttura sanitaria ricopre la qualifica di amministratore o direttore generale o di presidente. Lo stesso, è tenuto, ope legis, a vigilare che i propri dipendenti o altri sottoposti o delegati osservino le norme ambientalistiche.

Cass. pen. n. 22236/2010

Per espressa disposizione dell'art. 51 comma 3 D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (oggi art. 256 comma 3 D.Lgs. n. 152/06), "...alla sentenza di condanna o alla decisione emessa ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale consegue la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato...". Pertanto, si può disporre la confisca dell'area su cui è stata realizzata la discarica abusiva, in quanto essa sia di proprietà (e non meramente "appartenente") dell'autore o del compartecipe del reato. Inoltre, in caso di condanna per il reato di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata, di cui all'art. 51 comma terzo del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, non è possibile disporre la confisca dell'area sulla quale risulta realizzata la discarica, in caso di comproprietà dell'area stessa, se non nell'ipotesi in cui tutti i comproprietari siano responsabili, quantomeno a titolo di concorso, del reato di cui al citato art. 51 comma 3.

Cass. pen. n. 22035/2010

Il reato di deposito incontrollato di rifiuti, previsto dall'art. 256, comma secondo, D.Lgs. n. 152/2006, è configurabile non soltanto in capo ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che effettuano una delle attività indicate al comma primo della richiamata disposizione (raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione), ma anche nei confronti di qualsiasi impresa avente le caratteristiche di cui all'art. 2082 c.c. o di ente, con personalità giuridica o operante di fatto.

Cass. pen. n. 22006/2010

La nuova fattispecie, ex art. 257 TUA, prevede ora che la bonifica debba avvenire in conformità al progetto approvato dall'autorità competente nell'ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti - che regola la procedura di caratterizzazione ed il progetto di bonifica - cosi superando la formulazione dell'art. 51-bis D.Lgs. n. 22/97 che si limitava a prevedere la bonifica secondo il procedimento di cui all'articolo 17. Si deve ritenere, dunque, che, in assenza di un progetto definitivamente approvato, non possa nemmeno essere configurato il reato di cui all'art. 257 TUA. Ritenendo sufficiente la mancata approvazione del progetto di bonifica per escludere la configurabilità del reato in questione.

Cass. pen. n. 21657/2010

È illegittimo il rigetto della richiesta, proposta dall'erede del terzo proprietario rimasto estraneo al reato, di restituzione del mezzo sequestrato perché adibito a trasporto non autorizzato di rifiuti, motivato sulla probabile violazione da parte dell'erede degli obblighi di diligenza nell'affidamento del veicolo a terzi, in quanto il decesso del proprietario del mezzo determina il venir meno delle condizioni che rendono probabile a carico dell'erede qualsiasi addebito di negligenza da cui possa derivare la possibilità di un uso illecito della cosa.

Cass. pen. n. 21655/2010

Il reato di trasporto di rifiuti senza autorizzazione (art. 256, comma primo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) ha natura di reato istantaneo e non abituale, in quanto si perfeziona nel momento in cui si realizza la singola condotta tipica, essendo sufficiente un unico trasporto ad integrare la fattispecie incriminatrice.

Cass. pen. n. 13232/2010

La fattispecie richiamata nell'art. 256 quarto comma decreto Legislativo n. 152/06 non sanziona la mancanza del titolo abilitativo ma due diverse condotte che presuppongono entrambe il titolo. La prima concerne l'inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione rilasciata dall'autorità per l'attività di gestione dei rifiuti. La seconda riguarda la carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni. Quest'ultima è l'ipotesi addebitata nella fattispecie, essendo pacifica la mancanza di un'esplicita autorizzazione. Tale fattispecie ha dato luogo a seri problemi interpretativi poiché la carenza dei requisiti e delle condizioni per le iscrizioni e le comunicazioni potrebbe risolversi in un'inesistente comunicazione posto che vi deve essere coincidenza tra il possesso dei requisiti specifici e l'esercizio della corrispondente attività di gestione. Pertanto l'assenza dei requisiti e/o delle condizioni richiesti per una determinata attività di gestione dei rifiuti potrebbe comportare l'impossibilità di utilizzare la procedura semplificata con la conseguenza che quella che viene descritta come ipotesi attenuata assume connotati offensivi identici all'attività di gestione dei rifiuti senza autorizzazione. Pertanto, occorre distinguere tra quei requisiti e quelle condizioni che incidono sulla medesima sussistenza del titolo abilitativo, da quelli che riguardano unicamente le modalità di esercizio della medesima attività. Così, per semplificare, si è ritenuto che il trasporto di rifiuti diversi rispetto a quelli per i quali si era chiesta l'iscrizione nell'albo dei trasportatori, configura il reato di cui al comma primo del decreto legislativo n. 152 del 2006, in quanto la carenza di tale elemento rende l'iscrizione inesistente. Viceversa il trasporto di rifiuti con mezzi diversi da quelli comunicati incide solo sulle modalità di esercizio dell'attività e quindi è configurabile l'ipotesi attenuata.

Cass. pen. n. 8300/2010

Il trasporto di rifiuti propri non pericolosi, ancorché effettuato in via eccezionale, integra il reato di cui all'art. 256 comma primo D.Lgs. n. 152 del 2006, ove il produttore, non avvalendosi delle prestazioni di imprese esercenti servizi di smaltimento regolarmente autorizzate ed iscritte all'Albo nazionale dei gestori ambientali, abbia utilizzato mezzi propri non autorizzati.

Cass. pen. n. 773/2010

Il concetto di gestione del rifiuto non va inteso in senso imprenditoriale, ovvero come esercizio professionale dell'attività tipicizzata, ma in senso ampio, comprensivo di qualsiasi contributo, sia attivo che passivo, diretto a realizzare una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione del rifiuto. Integra il reato di gestione non autorizzata di rifiuti la modifica del ciclo produttivo di recupero e trattamento gestito in regime di procedura semplificata, non preceduta da una nuova segnalazione certificata di inizio attività, in quanto il trattamento di rifiuti diversi da quelli per i quali si è in possesso di autorizzazione equivale a trattamento di rifiuti senza autorizzazione.

Cass. pen. n. 79/2010

L'attività di raccolta e trasporto di rifiuti speciali in difetto di titoli abilitativi costituisce reato anche in mancanza della qualità di imprenditore ovvero di un'organizzazione imprenditoriale, mentre il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti non richiede, a differenza del reato di gestione di discarica, una struttura organizzativa complessa ed un comportamento sistematico ripetuto nel tempo.

Cass. pen. n. 46705/2009

Il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) è reato abituale in quanto è integrato necessariamente dalla realizzazione di più comportamenti della stessa specie. (Nella specie la Corte, nel rigettare un'eccezione di incompetenza territoriale, ha precisato che la competenza deve essere individuata nel luogo in cui le varie frazioni della condotta, per la loro reiterazione, hanno determinato il comportamento punibile).

Cass. civ. n. 20863/2009

In tema di smaltimento di rifiuti speciali, la responsabilità per la mancata presenza del formulario a corredo del trasporto degli stessi ai sensi dell'art. 15 del D.Lgs. n. 22 del 1997, può essere attribuita al detentore dei rifiuti ed al trasportatore, ma non può essere estesa, neppure in via sussidiaria, ex art. 6 della legge n. 689 del 1981, anche al proprietario del veicolo che lo abbia noleggiato al vettore, posto che l'anzidetto illecito, a carattere eminentemente "proprio", costituisce evento del tutto eccentrico rispetto alla ordinaria utilizzazione del bene preso a noleggio.

Cass. civ. n. 20862/2009

In tema di rifiuti, il produttore di quelli che siano avviati allo smaltimento deve indicare, all'atto della partenza, la quantità degli stessi nel formulario di accompagnamento e la relativa omissione comporta la violazione, punita con sanzione amministrativa, degli artt. 15 e 52 del D.Lgs. n. 22 del 1997, posto che, dall'interpretazione letterale del combinato disposto di dette norme, si desume che la responsabilità per la mancata presenza del formulario a corredo del trasporto dei rifiuti è attribuibile non solo al trasportatore ma anche al produttore dei medesimi, al quale compete la redazione e la sottoscrizione del documento di accompagnamento.

Cass. pen. n. 36063/2009

La confisca obbligatoria può essere disposta con decreto penale di condanna unicamente nei casi previsti dall'art. 240, comma secondo, c.p. e non anche nelle ipotesi previste dalla legislazione speciale. (In applicazione di tale principio la Corte ha rigettato il ricorso del P.M. avverso la revoca di sequestro disposta con decreto penale sulla base della non ritenuta confiscabilità, a norma dell'art. 259, comma secondo, D.L.vo n. 152 del 2006, del mezzo utilizzato per il trasporto illecito di rifiuti).

Cass. pen. n. 2729/2009

Ai fini della configurazione di una discarica, occorre, oltre all'accumulo più o meno sistematico di rifiuti nella area in cui vengono versati, anche il degrado, quanto meno tendenziale, dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione.

Cass. civ. n. 11184/2009

Il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 15, impone incondizionatamente di precisare, nel formulario di identificazione che deve accompagnare i rifiuti trasportati, la loro "quantità". In armonia con tale prescrizione, la disposizione regolamentare deve essere quindi interpretata nel senso che la prevista possibilità di quantità "da verificare a destino" non esclude l'obbligo di indicare comunque quelle "in partenza", in quanto si riferisce all'ipotesi di prodotti soggetti a eventuali variazioni di peso o volume durante il trasporto. Diversamente intesa, la previsione comporterebbe una vanificazione della norma legislativa, che mira a consentire un controllo costante dei rifiuti durante il trasporto dei rifiuti, per evitare loro abusive dispersioni nell'ambiente.

Cass. pen. n. 9849/2009

La disposizione contenuta nell'art. 2 del D.Lgs. n. 36/2003 è di chiusura, nel senso che equipara il deposito temporaneo, espressamente citato dalla norma, alla realizzazione di una discarica, allorché lo stesso deposito temporaneo si protragga per oltre un anno, ma non individua affatto un elemento costitutivo della fattispecie, poiché, se ricorre l'ipotesi dell'abbandono reiterato di rifiuti e non del deposito temporaneo, si versa in ogni caso nella fattispecie della realizzazione di una discarica abusiva.

Cass. civ. n. 4472/2009

In tema di abbandono di rifiuti, sebbene l'art. 14, comma 3, del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (applicabile "ratione temporis") preveda la corresponsabilità solidale del proprietario o dei titolari di diritti personali o reali di godimento sull'area ove sono stati abusivamente abbandonati o depositati rifiuti, solo in quanto la violazione sia agli stessi imputabile a titolo di dolo o colpa, tale riferimento va inteso, per le sottese esigenze di tutela ambientale, in senso lato, comprendendo, quindi, qualunque soggetto che si trovi con l'area interessata in un rapporto, anche di mero fatto, tale da consentirgli - e per ciò stesso imporgli - di esercitare una funzione di protezione e custodia finalizzata ad evitare che l'area medesima possa essere adibita a discarica abusiva di rifiuti nocivi per la salvaguardia dell'ambiente; per altro verso, il requisito della colpa postulato da tale norma può ben consistere nell'omissione delle cautele e degli accorgimenti che l'ordinaria diligenza suggerisce ai fini di un'efficace custodia. (Fattispecie relativa ad ordinanza nei confronti di un Consorzio di Bonifica per provvedere alla rimozione, all'avvio al recupero, allo smaltimento ed alla messa in sicurezza dei rifiuti depositati lungo un fiume).

Cass. pen. n. 10710/2009

In tema di gestione dei rifiuti, anche a seguito dell'intervenuta autorizzazione al trasporto degli stessi, non può essere disposta la restituzione del mezzo adibito al trasporto illecito di rifiuti che sia stato oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, in quanto il sequestro preventivo "delle cose di cui è consentita la confisca" si giustifica non per la pericolosità intrinseca della cosa, ma per la funzione generalpreventiva e dissuasiva attribuitale dal legislatore.

Cass. pen. n. 46213/2008

Il taglio di alberi (nel caso di specie si trattava, non di potatura, ma appunto di un taglio di alberi), eseguito nell'ambito della silvicoltura, costituisce attività produttiva e quindi trova applicazione il D.Lgs. n. 152 del 2006, pertanto la eliminazione, mediante incenerimento, dei rami degli alberi tagliati (per circa un metro cubo) non usufruibili in processi produttivi non costituisce una forma di utilizzazione nell'ambito di attività produttive ma una forma di smaltimento di rifiuti.

Cass. pen. n. 46012/2008

In tema di gestione dei rifiuti, al fine di evitare la confisca obbligatoria del mezzo di trasporto prevista per il reato di traffico illecito di rifiuti (art. 259, comma secondo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152), incombe al terzo estraneo al reato, individuabile in colui che non ha partecipato alla commissione dell'illecito ovvero ai profitti che ne sono derivati, l'onere di provare la sua buona fede, ovvero che l'uso illecito della "res" gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento negligente. (Fattispecie relativa a sequestro preventivo di un mezzo di trasporto di proprietà del ricorrente, terzo estraneo al reato, utilizzato dall'indagato in virtù di un contratto di nolo a caldo).

Cass. civ. n. 28235/2008

Il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 15, comma 1, nel disporre che durante che il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti devono essere accompagnati da un formulario di identificazione, dal quale deve risultare, tra l'altro, l'impianto di destinazione, ed il successivo art. 52, comma 3, nel sanzionare chi nel formulario indica dati incompleti o inesatti, valgono a configurare un illecito di natura permanente, in quanto la condotta che ne integra gli estremi si realizza al momento dell'inizio del trasporto e si protrae per tutta la durata di esso.

Cass. pen. n. 9465/2008

Il trasporto di rifiuti propri non pericolosi, ancorché effettuato in via eccezionale, integra il reato di cui all'art. 256, comma primo, D.Lgs. n. 152 del 2006, ove il produttore, non avvalendosi delle prestazioni di imprese esercenti servizi di smaltimento regolarmente autorizzate ed iscritte all'Albo nazionale dei gestori ambientali, abbia utilizzato mezzi propri non autorizzati.

Cass. pen. n. 41329/2008

Allo stato l'unico richiamo alla responsabilità amministrativa dell'ente sul tema dei rifiuti sembra essere quello contenuto al co. 4 dell'art. 192 del D.Lgs. 152/06 che tuttavia, oltre a limitare il riferimento agli amministratori o rappresentanti delle persone giuridiche, espressamente sembrerebbe fare riferimento unicamente alla previsione del comma 3 dell'art. 192 citato che ha per oggetto gli obblighi di rimozione dei rifiuti nel caso di abbandono incontrollato. Per quanto concerne la responsabilità degli enti, difetta dunque attualmente sia la tipizzazione degli illeciti e sia la indicazione delle sanzioni: il che indiscutibilmente contrasta con i principi di tassatività e tipicità che devono essere connaturati alla regolamentazione degli illeciti.

Cass. pen. n. 37559/2008

In fase di disciplina transitoria dettata dall'art. 17 del D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36 (attuativo della cosiddetta Direttiva (discariche) del Consiglio 26.4.1999, 1999/31/CE), l'inosservanza da parte del gestore della preesistente discarica, in regime di proroga, delle prescrizioni contenute nel provvedimento di approvazione del piano di adeguamento approvato dall'autorità competente, integra il reato di cui all'art. 256, comma quarto, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, non essendo esonerato né dall'obbligo di presentare entro sei mesi un piano di adeguamento alla nuova disciplina, né dall'obbligo di rispettare il piano di adeguamento con le relative prescrizioni.

Cass. pen. n. 37280/2008

In tema di gestione dei rifiuti, l'esclusione dall'applicazione della disciplina sui rifiuti per le terre e rocce da scavo (art. 186, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) è subordinata alla prova positiva, gravante sull'imputato, della loro riutilizzazione secondo un progetto ambientalmente compatibile, mentre compete al pubblico ministero fornire la prova della circostanza d'esclusione della deroga, ovvero dell'esistenza di una concentrazione di inquinanti superiore ai massimi consentiti.

L'unico strumento del quale il giudice penale dispone per perseguire lo scopo del ripristino ecologico delle aree inquinate è la possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena alla bonifica del sito inquinato secondo le procedure regolamentate dall'art. 257; mentre, in caso di condanna per latri reati in materia di gestione di rifiuti o che cagionino danni ambientali, il giudice può subordinare la sospensione condizionale della pena al ripristino ambientale o a una bonifica del sito non legislativamente regolamentata.

Cass. pen. n. 31158/2008

In tema di gestione dei rifiuti, integra il reato di cui all'art. 51, comma primo, D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 la detenzione senza autorizzazione di alghe marine, in quanto le stesse, insieme alle altre piante marine, non sono utilizzabili, ai sensi della L. 19 ottobre 1984, n. 748, né per la produzione di ammendante compostato verde né per la produzione di ammendante compostato misto.

Cass. pen. n. 26526/2008

In materia di gestione dei rifiuti, sussiste in capo alla ditta ricevente l'obbligo di controllare che anche coloro che si pongono come intermediari siano debitamente autorizzati.

Cass. pen. n. 35879/2008

In tema di gestione dei rifiuti, la confisca dei mezzi di trasporto è obbligatoria, sia nelle ipotesi di trasporto illecito di rifiuti, di trasporto di rifiuti senza formulario o con formulario con dati incompleti od inesatti ovvero con uso di certificato falso durante il trasporto, sia per il reato d'attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) ove sia stato commesso mediante l'impiego di mezzi di trasporto.

Cass. pen. n. 24731/2008

Tale norma, con l'utilizzo della parola "chiunque", non ha quindi come destinatari soltanto i soggetti che svolgono professionalmente attività di trasporto di rifiuti ed è quindi irrilevante, in ordine al fumus commissi delicti, la circostanza che il reo non svolga professionalmente tale attività.

Cass. pen. n. 23081/2008

In tema di gestione dei rifiuti, in caso di proscioglimento per estinzione dal reato di traffico illecito di rifiuti non può essere disposta la confisca del mezzo di trasporto, in quanto tale ipotesi non rientra nei casi di confisca obbligatoria ex art. 240, comma secondo, cod. pen.

Cass. pen. n. 26529/2008

In tema di gestione dei rifiuti, in caso di trasporto non autorizzato (art. 53, D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22), il terzo proprietario del mezzo, estraneo al reato, può evitare la confisca ed ottenerne la restituzione solo provando la sua buona fede, ovvero di non essere stato a conoscenza dell'uso illecito o che tale uso non era collegabile ad un proprio comportamento negligente.

Cass. pen. n. 19207/2008

In tema di gestione dei rifiuti, ai fini della configurabilità del reato di abbandono di rifiuti cui all'art. 51, comma secondo, D.Lgs. n. 22 del 1997 (ora art. 256, comma secondo, D.Lgs. n. 152 del 2006), per titolare di impresa o responsabile di ente non deve intendersi solo il soggetto formalmente titolare dell'attività ma anche colui che eserciti di fatto l'attività imprenditoriale inquinante.

Cass. pen. n. 18351/2008

È configurabile il concorso tra il delitto di truffa e quello di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 53-bis, D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, oggi sostituito dall'art. 260 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152), differenziandosi le due fattispecie sia per le condotte contemplate che per i beni protetti, qualificandosi in particolare quest'ultimo come reato offensivo dell'ambiente, a consumazione anticipata e dolo specifico, in quanto tale configurabile indipendentemente dal conseguimento dell'ingiusto profitto con altrui danno, purché siano integrate le condotte previste dalla norma incriminatrice.

Cass. pen. n. 1835/2008

L'abbandono incontrollato su un'area degli scarti di ghiaia e pietrisco la cui miscelazione compone il calcestruzzo - in quanto ricompresi nell'elencazione dei rifiuti di cui all'allegato 20 alla parte quarta del presente Codice - configura senz'altro l'ipotesi contravvenzionale di cui all'art. 256.

Cass. civ. n. 15482/2008

Con riferimento alla violazione dell'articolo 258 del D.Lgs. 152/06, l'ambito di applicazione della sanzione meramente amministrativa deve essere limitato alle sole ipotesi di difetto meramente formale della documentazione di trasporto, laddove, quando risulta una divergenza sostanziale tra ciò che viene indicato dal trasportatore e ciò che concretamente emerge dai controlli, si rientra nell'ambito di rilevanza penale.

Cass. pen. n. 7462/2008

Le condotte di trasporto, recupero, commercio o smaltimento dei rifiuti senza la prescritta autorizzazione o comunicazione sanzionate dal primo comma dell'art. 256, configurano un'ipotesi di reato comune, potendo le stesse essere commesse anche da persona comune, potendo le stesse essere commesse anche da persona che non eserciti l'attività di gestione o di trasporto di rifiuti.

Cass. pen. n. 7461/2008

Il detentore o produttore di rifiuto può essere esentato da responsabilità solo se consegna il rifiuto al servizio pubblico di raccolta o a soggetti autorizzati all'attività di recupero e smaltimento. In quest'ultimo caso la responsabilità del produttore è esclusa a condizione che il soggetto privato al quale viene consegnato il rifiuto sia autorizzato al recupero ed allo smaltimento proprio di quel tipo di rifiuto; che il detentore abbia ricevuto il formulario controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data del conferimento del rifiuto al trasportatore ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario (cfr. articolo 10 comma secondo del decreto Ronchi e 188 del decreto legislativo n. 152 del 2006). La mancanza di una sola delle anzidette condizioni rende il produttore del rifiuto responsabile dell'illecito smaltimento in forza del principio generale desunto dalla normativa comunitaria in base al quale tutti i soggetti coinvolti nella gestione dei rifiuti rispondono solidalmente del corretto smaltimento.

Cass. pen. n. 6098/2008

In tema di gestione dei rifiuti, i reati di abbandono di rifiuti e di discarica abusiva sono reati commissivi eventualmente permanenti, la cui antigiuridicità cessa o con l'ultimo abusivo conferimento di rifiuti o con il vincolo reale del bene o con la sentenza di primo grado, conseguendo da uno di tali momenti la cessazione della decorrenza del termine di prescrizione.

Cass. pen. n. 5312/2008

In tema di gestione dei rifiuti, non è configurabile il tentativo del reato di trasporto illecito di rifiuti (art. 256, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) nel caso in cui la loro movimentazione in area privata sia prodromica al trasporto dei rifiuti all'esterno di tale area, in quanto il momento consumativo del reato coincide con l'inizio dell'attività di trasporto dei medesimi.

In tema di gestione dei rifiuti, integra il reato di trasporto illecito (art. 256, comma primo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) la movimentazione dei rifiuti che, pur avendo avuto inizio in area privata, sia obiettivamente finalizzata al loro trasporto all'esterno a tale area, non essendo applicabile in questo caso la norma derogatoria di cui all'art. 193, comma nono, del citato decreto che sottrae alla disciplina dei rifiuti esclusivamente il trasporto in aree private a condizione che lo stesso sia finalizzato ad una diversa sistemazione dei rifiuti all'interno delle predette aree ed in quanto i rifiuti medesimi non siano destinati all'esterno.

Cass. pen. n. 4746/2008

In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, le condizioni per la confiscabilità del bene devono sussistere già al momento del sequestro; tuttavia la appartenenza a terzo estraneo al reato, quale causa ostativa alla confisca obbligatoria di bene non intrinsecamente pericoloso, e, conseguentemente, allo stesso sequestro, deve, in sede di indagini preliminari, risultare in maniera palese attesa la necessaria sommarietà degli accertamenti compiuti in tale fase. (Fattispecie di sequestro di mezzo di trasporto utilizzato per la commissione del reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti di cui all'art. 260 D.L.vo n. 152 del 2006).

Cass. pen. n. 4733/2008

I rifiuti prodotti dall'attività di tiro a piattello, sono da considerarsi non come rifiuti prodotti ex articolo 255, del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, bensì come rifiuti prodotti da impresa, ai sensi del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2. Fattispecie: immissione nel fiume (Volturno) di rifiuti speciali non pericolosi costituiti da residui di piattelli di carta e di plastica.

Cass. pen. n. 2477/2008

La confisca prevista nel Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 3, non può essere disposta dal giudice - in caso di comproprietà indivisa dell'area - nei confronti di quei comproprietari che non siano responsabili, quanto meno a titolo di concorso, del reato di discarica abusiva, non potendo applicarsi la misura di sicurezza, ablativa della proprietà, in danno di persone che non hanno commesso alcun illecito penalmente rilevante e non avendo l'area medesima natura intrinsecamente criminosa. Tuttavia, la restituzione dell'intero bene, ad uno o più titolari della comproprietà indivisa rimasti estranei al reato, consentirebbe anche al proprietario condannato di riacquistare la piena disponibilità dell'immobile, con evidente elusione della "ratio" della norma, che va individuata nell'opposta esigenza di evitare che l'area interessata rimanga nella disponibilità del proprietario il quale la abbia già utilizzata come strumento del reato. Pertanto, affinché, il diritto del terzo estraneo al reato non venga sacrificato, la quota di spettanza di esso estraneo potrà essergli restituita come proprietà singolare sulla quale il reo non abbia diritto di disporre.

Cass. pen. n. 358/2008

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 53-bis D.Lgs. n. 22 del 1997, ora art. 260 del D.Lgs. n. 152 del 2006, per violazione dell'art. 25 Cost. sul presupposto dell'asserita indeterminatezza del concetto di "ingente quantità di rifiuti", essendo al contrario senz'altro possibile definire l'ambito applicativo della disposizione tenuto conto che tale nozione, in un contesto che consideri anche le finalità della norma, va riferita al quantitativo di materiale complessivamente gestito attraverso una pluralità di operazioni, anche se queste ultime, considerate singolarmente, potrebbero essere di entità modesta.

Il carattere abusivo dell'attività organizzata di gestione dei rifiuti - idoneo ad integrare il delitto di cui al Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 53-bis, (oggi riprodotto nell'art. 260 D.Lgs. n. 152/2006) - sussiste qualora essa si svolga continuativamente nell'inosservanza delle prescrizioni delle autorizzazioni, il che si verifica non solo allorché tali autorizzazioni manchino del tutto (cosiddetta attività clandestina), ma anche quando esse siano scadute o palesemente illegittime e comunque non commisurate al tipo di rifiuti ricevuti, aventi diversa natura rispetto a quelli autorizzati.

Cass. pen. n. 203/2008

È importante stabilire la differenza tra abbandono di rifiuti, deposito incontrollato e discarica abusiva in quanto sono diverse le sanzioni relative. Nel primo caso - abbandono di rifiuti -, addirittura, se l'azione viene esercitata da un privato la violazione consiste in una sanzione amministrativa, mentre se viene esercitata da una ditta è una sanzione penale. Negli altri casi si tratta di violazioni penali che variano in base alla tipologia di rifiuto che viene abbandonato, ad esempio rifiuti pericolosi e non pericolosi.

Cass. pen. n. 177/2008

La responsabilità del proprietario dell'area destinata a deposito e smaltimento di rifiuti può essere desunta dal comportamento attivo, consistente, di fatto, nel fare depositare, almeno in parte, i materiali di risulta da demolizioni e gli scarti di cantiere (plastica, tondini, legni, sacchetti etc.), e fare spianare gli stessi in una depressione e ricoprire il tutto con terreno naturale. Nella pratica, anche solo lo spianamento e copertura con terreno naturale integra il reato di cui al Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 51 comma 1, in quanto lo smaltimento dei rifiuti non si ha soltanto col deposito di essi "sul suolo" ma anche "nel suolo", come viene anche indicato nell'allegato "B" (allegato 4) del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 che ha trovato continuità normativa nel Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, allegato B parte quarta (allegato 18), che descrive le attività di smaltimento.

Cass. pen. n. 4545/2007

In tema di gestione dei rifiuti, la confisca obbligatoria del mezzo di trasporto, prevista per il reato di trasporto non autorizzato di rifiuti (artt. 256, comma primo in relazione all'art. 259, comma secondo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152), deve essere disposta anche nel rito speciale del procedimento per decreto, in quanto tale obbligo sussiste ogni volta che la confisca sia obbligatoria ai sensi dell'art. 240, comma secondo, cod. pen. ovvero ai sensi delle leggi speciali.

Cass. civ. n. 20234/2007

Il solo formulario di identificazione non è sufficiente a ricostruire le informazioni che devono essere riportate nel registro di carico e scarico, non riferendo in ordine alle operazioni di carico, né in ordine alla loro data. Per cui l'assenza di tutti gli elementi indispensabili per la regolare tenuta del registro, non evincibili dal formulario, integra il reato di cui all'art. 258, comma 4 D.Lgs. n. 152/2006.

Cass. pen. n. 28158/2007

Ai fini della sussistenza del dolo specifico richiesto per l'integrazione del delitto di gestione abusiva di ingenti quantitativi di rifiuti, previsto dall'art. 53-bis D.Lgs. 22 del 1997 (ora sostituito dall'art. 260 D.Lgs. n. 152 del 2006), il profitto perseguito dall'autore della condotta può consistere anche nella semplice riduzione dei costi aziendali.

Per la configurabilità del reato di cui al Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 53-bis (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti) (oggi riprodotto integralmente nell'art. 260 D.Lgs. n. 152/2006), è necessario il dolo specifico. Inoltre il c.d. "ingiusto profitto" è configurabile anche nella semplice riduzione dei costi aziendali.

Cass. pen. n. 26479/2007

Configura un reato autonomo, e non una circostanza aggravante del reato base di inquinamento da rifiuti pericolosi, l'aver cagionato l'inquinamento o il pericolo concreto di inquinamento da rifiuti pericolosi in caso di omessa bonifica del sito inquinato. Ne consegue che, in sede di commisurazione della pena, la fattispecie in esame si sottrae al giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p.

Cass. pen. n. 24736/2007

In tema di gestione dei rifiuti, il reato di abbandono incontrollato di rifiuti è ascrivibile ai titolari di enti ed imprese ed ai responsabili di enti anche sotto il profilo della omessa vigilanza sull'operato dei dipendenti che hanno posto in essere la condotta di abbandono. (Fattispecie nella quale il sequestro preventivo riguardava un autocarro adibito al trasporto di rifiuti abbandonati in modo incontrollato e condotto da un dipendente del titolare dell'impresa).

Cass. pen. n. 23790/2007

Non sussiste alcun rapporto di specialità tra la disciplina, in materia di rifiuti, dettata dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e la disciplina, in materia di veicoli fuori uso, dettata dal D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209, in quanto la disciplina contenuta in quest'ultimo decreto afferisce al complesso delle operazioni necessarie per la rottamazione dei veicoli fuori uso, dovendosi intendere per tali quelli non solo rottamati, ma soprattutto completamente bonificati.

Cass. pen. n. 21780/2007

Integra il reato di attività di gestione non autorizzata di rifiuti pericolosi (art. 51, comma primo, lett. b), D.Lgs. n. 22 del 1997, oggi sostituito dall'art. 256, comma primo, lett. b), D.Lgs. n. 152 del 2006) l'attività di raccolta, trasporto e smaltimento in assenza di autorizzazione di fanghi di burattatura derivanti dalla lavorazione di rubinetteria in quanto ricompresi nell'elenco europeo dei rifiuti con il codice CER 12.01.14, richiamato nell'allegato D alla parte quarta del citato D.Lgs. n. 152.

Cass. pen. n. 20460/2007

In tema di gestione di rifiuti, il possesso di una autorizzazione per l'attività di gestione non legittima l'esercizio della medesima attività in luogo diverso da quello in relazione al quale risulta rilasciata l'autorizzazione, atteso che le finalità di controllo perseguite in materia risultano soddisfatte solo se sussiste legame con le caratteristiche tecniche dell'impianto per il quale il provvedimento abilitativo risulta inizialmente rilasciato.

Cass. pen. n. 23788/2007

L'attività di gestione non autorizzata di rifiuti provenienti dal disfacimento del manto stradale (nella specie, fresato di asfalto) configura il reato di cui all'art. 256 del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (prima previsto dall'art. 51 del D.Lgs. n. 22 del 1997) poiché detti rifiuti continuano ad essere classificati come rifiuti speciali non pericolosi in quanto derivanti dalle attività di demolizione e costruzione ed agli stessi non è applicabile la speciale disciplina prevista dall'art. 186 del citato D.Lgs. per le terre e rocce da scavo cui gli stessi non sono assimilabili.

Cass. pen. n. 18038/2007

In materia di smaltimento dei rifiuti, il produttore del rifiuto non può consegnarlo a chicchessia ma deve conferirlo o al servizio pubblico o ad un soggetto privato che sia però autorizzato a smaltire quel particolare tipo di rifiuto, a nulla rilevando che il consegnatario possa essere autorizzato a smaltire altri rifiuti giacché l'assenza di autorizzazione per il rifiuto specifico conferito equivale a mancanza di autorizzazione.

Cass. pen. n. 13456/2007

La realizzazione e la gestione di discarica non autorizzata ha natura di reato permanente, che può realizzarsi solo in forma commissiva, salva peraltro la possibilità di un concorso morale da parte del proprietario del fondo, che acconsente consapevolmente alla realizzazione o alla gestione della discarica nel suo terreno. Sicché, è permanente il reato di discarica abusiva, in quanto, la "realizzazione" della stessa permane sino a che perdura l'attività di predisposizione e allestimento dell'area adibita allo scopo (ad es. spianamento del terreno, apertura degli accessi, recinzione etc.); mentre la "gestione" della discarica permane sino a che perdura l'attività di conferimento e di manipolazione dei rifiuti: sempre che, nei due casi, la permanenza del reato non venga a cessare per il rilascio della relativa autorizzazione.

Ove ricorra uno dei reati prodromici previsti dai commi 1, 2, e 3 dell'art. 51 D.Lgs. 22/1997 (ora art. 256 D.Lgs. 152/2006), che cagionino comunque un inquinamento, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla bonifica del sito ai sensi della noma generale dell'art. 165 c.p., secondo cui detto beneficio può essere subordinato, salvo che la legge disponga diversamente, "alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato". In tal caso, da una parte l'inquinamento comunque prodotto è indubbiamente una conseguenza del reato, dall'altra non si può ritenere che la legge abbia diversamente disposto, atteso che la surrichiamata disposizione dell'art. 51-bis non configura una disciplina "diversa", ma piuttosto costituisce una specifica applicazione del generale principio codicistico. Applicando il principio generale di cui all'art. 165 c.p., la bonifica alla quale subordinare il beneficio penale non è necessariamente quella proceduralizzata dall'art. 17 D.Lgs. 22/1997 (e ora dall'art. 242 D.Lgs. 152/2006), ma coinciderà con quella stabilita concretamente dal giudice per eliminare le conseguenze del danno ambientale prodotto, che potrà eventualmente essere verificata ex post dal giudice della esecuzione.

Cass. pen. n. 41623/2006

Integra il reato di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti (art. 51 D.Lgs. n. 22 del 1997) l'accumulo di "beni destinati alla rottamazione" elencati nel catalogo europeo dei rifiuti (CER) quali i veicoli e i pneumatici fuori uso, le batterie e gli accumulatori, in quanto "beni" destinati allo smaltimento o al recupero delle sostanze per i quali anche il deposito preliminare è soggetto ad autorizzazione". Inoltre l'art. 183, comma primo lett. m) n. 4), del D.Lgs n. 152/06, che riproduce il disposto di cui all'art 6, comma primo lett. m) n. 4) del D.Lgs n. 152/97, dispone che "il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché per i rifiuti pericolosi...''.

Cass. civ. n. 23621/2006

Il produttore di rifiuti avviati allo smaltimento deve indicare, all'atto della partenza, nel formulario di accompagnamento, la quantità (espressa in peso o misura) degli stessi, dovendosi escludere che la quantità possa essere indicata alternativamente alla partenza o all'arrivo poiché il combinato disposto [dell'art. 12/3 e dell'art. 15/1, lett. b), D.Lgs. 22/1997 e della normativa regolamentare n.d.r.] implica la doppia misurazione alla partenza e all'arrivo (anche richiamandosi alla circolare ministeriale del 4 agosto 1998)" e anche la misurazione del peso a destino conferma e implica questa doppia misurazione.

Cass. pen. n. 31401/2006

I reati di realizzazione e gestione di discarica in difetto di autorizzazione, nonché di stoccaggio di rifiuti senza autorizzazione, sono realizzabili solo in forma commissiva, atteso che non possono consistere nel mero mantenimento della discarica o dello stoccaggio realizzati da altri, pur nella consapevolezza della loro esistenza, a meno che non risulti provato il concorso, a qualsiasi titolo, del possessore del fondo, o non ricorra l'obbligo giuridico di impedire l'evento, ai sensi dell'art. 40, comma secondo, cod. pen.

Cass. pen. n. 14285/2005

Il legale rappresentante di una società di capitale è responsabile del reato di cui all'art. 51, comma 2, D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, per avere effettuato il deposito incontrollato di rifiuti di demolizione, atteso che questi risponde, almeno per culpa in vigilando, delle operazioni di gestione dei rifiuti compiute dai dipendenti, salva la dimostrazione di una causa di esonero della responsabilità.

Cass. pen. n. 12356/2005

Risponde del reato di cui all'art. 51, comma terzo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (realizzazione o gestione di discarica non autorizzata) il dirigente dei servizi tecnici comunali, tra cui quello relativo alla nettezza urbana, che dispone, o non impedisce pur avendone l'obbligo giuridico, il deposito dei residui di potatura e pulitura degli alberi in zona adibita a discarica abusiva. Fattispecie: cava abbandonata adibita a discarica abusiva ove venivano depositati in modo continuativo rifiuti non pericolosi di varia natura (materiale proveniente dalla demolizione di abitazioni, sterro, pneumatici, fusti vuoti in metallo, legno, rottami ferrosi ed altro). A siffatti rifiuti si aggiungevano i predetti residui di potatura e pulitura di alberi.

Cass. pen. n. 48061/2004

In tema di gestione dei rifiuti, la sospensione condizionale della pena può essere subordinata alla eliminazione delle conseguenze dannose e pericolose del reato, da realizzarsi mediante bonifica e ripristino dello stato dei luoghi, anche in caso di condanna per il reato di cui all'art. 51, comma secondo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (abbandono o deposito incontrollato di rifiuti). (Nell'occasione la Corte ha precisato come la previsione degli obblighi di bonifica e di ripristino previsti espressamente dal successivo comma terzo del citato art. 51, e relativa alla diversa ipotesi di realizzazione o gestione di discarica abusiva, non escludono che tali obblighi possano essere imposti in ipotesi criminose meno gravi).

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Consulenze legali
relative all'articolo 256 Codice dell'ambiente

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

ERMINIO B. chiede
mercoledì 30/11/2016 - Lombardia
“da un nostro cassonetto contenente rottami ferrosi una ditta esterna non avente l'autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti ha prelevato, gratuitamente, con il nostro tacito consenso, i rottami ferrosi.
per questo, mi viene contestata la violazione dell'art.256 commi 1 lett.a)e b) del D.leg.vo 3 aprile 2006, n. 152 perché "per colpa e segnatamente in violazione dell'art.188 del D.leg.vo 153/2003, omettendo di verificare in capo al trasportatore la sussistenza dei necessari titoli abilitativi per lo smaltimento di rottami ferrosi consegnava loro rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, costituiti da rottami ferrosi detenuti presso la propria azienda".
posto che il suddetto art.155, citato nella convalida della ordinanza di sequestro dell'autocarro, non esiste e considerato che lo scrivente non ha di fatto consegnato o venduto i rottami, quindi non ha tratto alcun guadagno é lecita la contestazione e conseguente informativa di reato?”
Consulenza legale i 06/12/2016
Vi sono alcune categorie di rifiuti che vengono definite “pericolose” dalla normativa in materia ambientale. Tra queste, i rottami ferrosi che devono essere smaltiti seguendo le procedure di cui al Codice dell’ambiente (d.lgs. 3/4/2006 n. 152).
In particolare, l’art. 188, comma 3 da Lei citato prevede l’esclusione della responsabilità in capo al detentore di tali rifiuti pericolosi solo laddove – al fine di correttamente recuperarli e/o smaltirli – abbia conferito l’incarico a pubblici servizi di raccolta ovvero “in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario”. Inoltre, “gli oneri relativi alle attività di smaltimento sono a carico del detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore autorizzato o ad un soggetto che effettua le operazioni di smaltimento”.

In altre parole, per il caso di detenzione e/o produzione di rifiuti pericolosi, il detentore deve necessariamente procedere al recupero o allo smaltimento secondo le disposizioni previste nel d.lgs. 152/2006.
In buona sostanza a Lei viene contestata l’omissione, vale a dire la mancanza di perizia nel sincerarsi che il trasportatore da lei incaricato avesse tutte le necessarie autorizzazioni. Più grave il comportamento del trasportatore, il quale parrebbe andare incontro a responsabilità più gravi.

Ciò che si potrebbe tentare di fare (ma non è il nostro caso) è seguire la procedura di cui all’art. 188 sopra citato, possibile solo ove il trasportatore sia in possesso delle necessarie autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi (a differenza che in questo caso, ove il trasportatore non ha le autorizzazioni prescritte): munirsi del formulario controfirmato e datato dal trasportatore entro tre mesi dalle operazioni di smaltimento.

A nulla vale la mancanza di guadagno per contestare questa tipologia di contravvenzione: il bene tutelato dalla norma in esame è infatti la tutela ambientale, non sicuramente lo stoccaggio o la vendita di rifiuti pericolosi.