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Articolo 1080 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Presa d'acqua continua

Dispositivo dell'art. 1080 Codice Civile

Il diritto alla presa d'acqua(1) continua si può esercitare in ogni istante [1084 ss.].

Note

(1) La servitù di presa d'acqua consiste nel diritto di intercettare l'acqua o derivarla dal fondo servente (in ciò si differenzia dalla servità di acquedotto coattivo, art. 1033 del c.c.) per trasferirne una determinata quantità in quello dominante.
Va tenuta distinta dalla servitù di attingere acque, non essendo richiesta in quest'ultima ipotesi l'esistenza di interventi particolari.

Spiegazione dell'art. 1080 Codice Civile

Tempo dell'esercizio della servitù di presa d'acqua continua

Si è già avuto occasione di rilevare, parlando del modo di esercitare le servitù, che nella determinazione del contenuto delle servitù medesime può entrare anche quella del tempo in cui possono essere esercitate. Ciò avviene più di frequente nelle servitù di presa d'acqua. E quando il tempo dell'esercizio è determinato, questo deve essere compiuto secondo la determinazione fattane, pena la sanzione della estinzione della servita per non uso già incontrata nell'art. 1076(ma salva anche la possibilità, come allora si osservò, di acquisto di una servitù nuova per usucapione).

Quando il titolo non contenga alcuna determinazione del tempo e questo non risulti altrimenti determinato da circostanze concludenti, la servitù di presa d'acqua è da ritenersi continua. È questa una continuità che però non ha nulla che vedere con le distinzioni ben note fra servitù continue e discontinue, tanto che pur essendo continua la servitù come « servitù di presa d'acqua », agli effetti dell'art. 1080, è peraltro sicuramente discontinua nel quadro delle servitù in generale, in quanto richiede per il suo esercizio il fatto dell'uomo, che non può di necessità essere continuamente attuale.


Intermittenza dell'esercizio in ordine alla prescrizione

Data ora la continuità della servitù di presa d'acqua ai sensi dell'art. 1080, essa potrà essere esercitata in ogni momento, ma non ne derivano gli effetti dell'art. art. 1076 del c.c. (estinzione per non uso) qualora dovesse in fatto essere esercitata sempre e soltanto in determinate ore del giorno, con esclusione di altre: sarebbe un errore dedurre questa conseguenza. Si è già sufficientemente illustrato che la spiegazione dogmatica dell'estinzione per non uso a termini dell'art. 1076 è riposta nel fatto che, costituendo la determinazione del tempo di esercizio parte integrante del contenuto stesso della servitù, questa si ha per non esercitata, e perciò va incontro all'estinzione, quando venga esercitata in un tempo diverso.

Ora se la servitù di presa d'acqua è continua, nel senso che non è posta alcuna limitazione o comunque determinazione rispetto al tempo in cui può essere esercitata, in qualunque momento si eserciti, l'atto costituisce sempre un effettivo esercizio della servitù esistente che, per il principio d'altronde fermo della indivisibilità del suo contenuto (art. 1076 del c.c.), si conserva necessariamente per interno. Perciò se alcuno avendo una servita di presa d'acqua continua va avanti anche più di venti anni esercitandolo sempre e soltanto in una determinata ora del giorno, non perde perciò il diritto di esercitarla in seguito in altre ore, e in ogni momento, come dice l' art. 1080, poichè, data la fattispecie, è precisamente il caso di applicare non l'art. 1076 ma anzi il 1075.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1080 Codice Civile

Cass. civ. n. 2949/2016

Ai fini della costituzione della servitù di presa d'acqua per destinazione del padre di famiglia occorre che l'originario unico proprietario abbia impresso un'oggettiva situazione di subordinazione o servizio tra i fondi, mediante collocazione nel fondo servente di tubazioni di conduzione dell'acqua che, fuoriuscendo dalla fonte o dallo sbocco ed essendo idonee ad irrigare il fondo dominante nel quale confluiscono, siano visibili e stabilmente destinate a soddisfare le esigenze idriche del fondo dominante.

Cass. civ. n. 14654/2007

In tema di servitù di presa d'acqua, deve ritenersi predicabile, ai sensi dell'art. 1062 c.c., la costituzione per destinazione del padre di famiglia tutte le volte in cui l'originario unico proprietario, imprimendo una oggettiva situazione di subordinazione o di servizio tra i fondi, abbia collocato in quello servente delle tubazioni per la conduzione dell'acqua che, fuoriuscendo dai pozzi ed essendo idonee ad irrigare il fondo dominante nel quale confluiscono, siano non soltanto visibili, ma anche stabilmente destinate a soddisfare le esigenze idriche del secondo.

Cass. civ. n. 1315/2003

La servitù di presa d'acqua può avere ad oggetto materiale l'acqua fornita da un ente pubblico al fondo servente, donde viene prelevata a favore del fondo dominante, atteso che l'acqua fornita da tale ente al titolare del fondo servente, nel momento in cui è immessa nella condotta di tale fondo, non è più da considerarsi pubblica, ma privata, e che nel nostro ordinamento non è richiesto il requisito, posto dal diritto romano, che l'acqua - oggetto della presa - sia «viva», ossia legata in perpetuo ad una «porzione del fondo». Infatti, la derivazione d'acqua può essere eseguita anche da un serbatoio, da un canale o da una condotta.

Cass. civ. n. 7475/1995

La servitù di presa d'acqua, alla quale si riferisce l'art. 1080 c.c., ha per contenuto le facoltà di prelevare o derivare, mediante manufatti, l'acqua esistente nel fondo servente per condurla, in una determinata quantità, nel fondo dominante.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1080 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

P. L. chiede
mercoledì 07/08/2024
“nella mia proprietà c'è un pozzo a cui attingono acqua molti vicini da più di trenta anni asciugando la sorgente in quanto usano l'acqua non solo per uso domestico ma anche per irrigare piante ed orti, mi sono accorto solo in questi ultime settimane che il pozzo ricade nel mio fondo, ho chiesto ai miei confinanti di essere più accorti e di rispettare anche le mie esigenze senza alcun esito positivo. posso legalmente chiudere il pozzo e non fare attingere acqua arbitrariamente ?
Non è nelle mie intenzioni privare i vicini dei terreni limitrofi di attingere l'acqua, non so come mi debbo comportare.
Specifico che l'acqua del pozzo viene attinta con motori a scoppio elettrici e a gasolio fino a prosciugarlo e i vicini non vogliono sentire ragioni comportandosi in maniera arrogante e presuntuosa, arrivando pure a delle minacce.”
Consulenza legale i 09/08/2024
Il comportamento descritto nel quesito - consistente nel prelievo d’acqua dal pozzo situato nel fondo altrui, prelievo che sembra essere effettuato in maniera continuativa, mediante l’utilizzo di mezzi meccanici - viene posto in essere (stando a quanto viene riferito) “da più di trent’anni”.
Pertanto, è necessario verificare se i vicini che prelevano l'acqua abbiamo effettivamente acquistato, per usucapione, una vera e propria servitù di presa d’acqua.
Al riguardo l’art. 1080 c.c. precisa che “il diritto alla presa d'acqua continua si può esercitare in ogni istante”; ed è proprio tale continuità che consente di distinguere la servitù di presa d’acqua rispetto alla c.d. servitù di attingimento.
Inoltre, proprio perché la servitù di presa d’acqua, di regola, ha delle opere visibili e permanenti destinate al suo esercizio, essa è una servitù c.d. apparente. In quanto tale, può essere appunto acquistata per usucapione (art. 1061 c.c.).
Dunque, nel caso concreto, occorre accertare se davvero tale prelievo continuo di acqua sia stato esercitato di fatto, e in via continuativa, per il periodo di tempo previsto dalla legge, di regola venti anni.

In ogni caso, anche qualora si accertasse l’effettivo acquisto per usucapione di una servitù di presa d’acqua, non è detto che ciò possa avvenire senza rispetto per le esigenze del fondo servente.
In proposito, a parte la regola generale di cui all’art. 1065 c.c., secondo cui “nel dubbio circa l'estensione e le modalità di esercizio, la servitù deve ritenersi costituita in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante col minor aggravio del fondo servente”, abbiamo anche delle norme specifiche relative alla servitù di presa d’acqua.
Tra queste c’è, ad esempio, l’art. 1093 c.c., il quale stabilisce che “se la servitù dà diritto di derivare acqua da un fondo e per fatti indipendenti dalla volontà del proprietario si verifica una diminuzione dell'acqua tale che essa non possa bastare alle esigenze del fondo servente, il proprietario di questo può chiedere una riduzione della servitù, avuto riguardo ai bisogni di ciascun fondo. In questo caso è dovuta una congrua indennità al proprietario del fondo dominante”.

Luigi F. chiede
martedì 06/02/2024
“Salve, sintetizzo il problema: il mio vicino ha irrigato da più di trent'anni il suo prato (non dominante) usufruendo del mio fosso privato che passa dal mio giardino e sotto (intubato) al cortile. Nel 2016 il terreno viene venduto e nel 2018 in accordo con il nuovo proprietario io chiudo il fosso di irrigazione. Nel 2022 il mio vicino riacquista il terreno venduto nel 2016 e vuole che io riapra il fosso perché a suo dire "è un suo diritto passare con l'acqua". Io ho proposto l'apertura del fosso dietro un compenso simbolico di 100 Euro all'anno per il lavoro di pulizia, da effettuarsi ogni due settimane nel periodo da Aprile a Settembre di ogni anno e anche per le 5 ore settimanali per le quali il fosso rimane a disposizione del mio vicino. Ovviamente la proposta è stata rifiutata in quanto vorrebbe passare gratuitamente. Premesso che non c'è una servitù di passaggio o di presa d'acqua, il mio vicino potrebbe averle usucapite nonostante la vendita nel 2016?
Grazie per l'attenzione
Saluti”
Consulenza legale i 13/02/2024
Nel quesito proposto, il proprietario di un terreno che irriga il proprio giardino prendendo l’acqua dal fosso privato del vicino, vorrebbe poter derivare senza dover pagare alcunché al proprietario del fondo contiguo.
Dalla lettura del quesito emerge che colui che prende l’acqua dovrebbe essere titolare di una concessione di derivazione poiché ha un determinato numero di ore settimanali in cui può derivare l’acqua.
Il vicino, dal cui fondo viene presa l’acqua, deve quindi permettergli la derivazione, indipendentemente dall’esistenza o meno di una servitù di presa d’acqua ai sensi dell’art. 1080 c.c.
Il fatto che il titolare della concessione abbia derivato l’acqua per più di trent’anni fa presumere che il diritto di servitù sia stato in ogni caso usucapito per il possesso continuato per oltre 20 anni ai sensi dell’art. 1158 del c.c..

La presenza di un diritto di servitù di presa d’acqua, acquistato a qualsiasi titolo, però, non comporta che il proprietario del fondo dominante possa pretendere di derivare l’acqua senza dover sostenere alcuna spesa.

Anzi, l’art. 1090 del c.c. stabilisce che il proprietario del fondo servente (colui sul cui terreno passa il fosso) può chiedere che il proprietario del fondo dominante esegua la manutenzione del canale a sue spese.

La norma, quindi, non prevede la possibilità che il proprietario del fondo servente possa sostituirsi nell’onere di manutenzione e pulizia al proprietario del fondo dominante.
Poiché però il canale è di proprietà del titolare del fondo servente e si trova sul suo giardino, le parti potranno accordarsi affinché sia quest’ultimo a fare la manutenzione necessaria ma a fronte di un corrispettivo versato dal vicino titolare del fondo dominante.

Cateno C. chiede
domenica 12/07/2020 - Liguria
“Gentili professionisti buongiorno. Il mio quesito è il seguente: Sono proprietario di un terreno sottostante su cui insiste una coltivazione che da circa 30 anni viene irrigata mediante acqua estratta da un pozzo collocato all'interno di un terreno di altro proprietario. Un accordo non scritto intervenuto con questi mi ha permesso, a seguito di ingenti costi, di realizzare una condotta tra i due terreni della lunghezza di circa 1,2 Km. A seguito di detto accordo, mediante l'installazione di appositi contatori, contribuisco ai costi complessivi dei consumi. Purtroppo a seguito di decesso del proprietario, il figlio ha ceduto la proprietà del terreno ad altra persona. La domanda quindi è: Il nuovo proprietario può negarmi il diritto di fruire del pozzo se io tengo fede ai miei obblighi? E, infine, come come posso indurre questi a non ritardare l'erogazione dell'acqua visto che, a volte, avvia il meccanismo anche dopo tre o quattro giorni dalla mia richiesta?
Preciso che non sono in grado di fornire indicazioni circa la sussistenza o meno di autorizzazioni rilasciate per la costruzione e sfruttamento del pozzo in questione. Resto a disposizione di eventuali ulteriori chiarimenti. Ringrazio e saluto cordialmente.”
Consulenza legale i 17/07/2020
La situazione descritta sembrerebbe potersi inquadrare nella fattispecie della servitù di presa d’acqua continua, alla quale si riferisce l'art. 1080 c.c., che ha per contenuto le facoltà di prelevare o derivare, mediante manufatti, l'acqua esistente nel fondo servente per condurla, in una determinata quantità, nel fondo dominante.
Ai sensi dell’art. 1080 c.c., il diritto alla presa d’acqua continua si può esercitare in ogni istante.

Per stabilire se e come si possa far valere il diritto nei confronti dell'attuale proprietario del fondo in cui si trova il pozzo, ci si deve interrogare su quale sia il modo con cui è stata costituita la servitù.
Secondo quanto riferito, la servitù è stata costituita tramite un accordo non scritto tra il proprietario in cui è collocato il pozzo e il proprietario del fondo sottostante.
Ai sensi dell’art. 1058 c.c., le servitù prediali possono essere costituite per contratto o per testamento, entrambi negozi per i quali l'ordinamento impone la forma scritta ad substantiam (ossia a pena di nullità), nonchè la trascrizione nei pubblici registri immobiliari (Cass. n. 9475/2011).
Pertanto, l’accordo orale con il vecchio proprietario, stipulato in forma orale, non potrà essere fatto valere in alcun modo contro il nuovo proprietario del fondo in cui è collocato il pozzo.

Tuttavia, ai sensi dell’art. 1031 c.c. le servitù possono essere costituite anche per usucapione.
L’usucapione è un modo di acquisto della proprietà e degli altri diritti reali di godimento (tra cui rientrano le servitù) a titolo originario, per effetto del possesso continuo (art. 1158 c.c.), non interrotto (art. 1167 c.c.), pacifico e pubblico (art. 1163 c.c.) per un determinato periodo di tempo stabilito dalla legge, unitamente all'inerzia del titolare del diritto.
Affinchè possa acquistarsi la servitù per usucapione è necessario il requisito dell'apparenza (come previsto dall’art. 1061 c.c.), cioè la presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo servizio e rivelanti in modo inequivoco l'esistenza del peso gravante sul fondo servente, in modo da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, ma di preciso onere a carattere stabile (Cass. n. 11825/2015; Cass. n. 8725/2015; Trib. Lucca n. 1258/2015).
In relazione all'acquisto per usucapione, la ratio della visibilità e permanenza delle opere va individuata nella possibilità per il proprietario del fondo, destinato a diventare servente, di reagire all'eventuale usurpazione del suo diritto (che culmina nell'acquisto della servitù in favore del possessore), escludendo la clandestinità del possesso, o la mera tolleranza e facendo presumere che il proprietario del fondo servente abbia contezza dell'obiettivo asservimento della proprietà a vantaggio del fondo dominante (cfr. Cass. n. 24401/2014).

Nel caso di specie, non sembrano esservi dubbi che la costruzione della conduttura di 1,2 km e l’installazione del contatore, siano prova del fatto che il vecchio proprietario del fondo servente avesse piena contezza della servitù e non si limitava a tollerarla, ma cooperava, azionando il meccanismo, alla realizzazione del diritto.

Ai sensi dell’art. 1079 c.c., pertanto, il proprietario del fondo dominante, titolare della servitù, acquistata per usucapione, potrà farne riconoscere in giudizio l'esistenza contro il proprietario del fondo servente che ne contesti l'esercizio e potrà chiedere di far cessare gli eventuali impedimenti e turbative, anche chiedendo che il meccanismo sia attivato tempestivamente.

Ing. F. G. chiede
giovedì 02/07/2020 - Lazio
“Buongiorno,
Dal 1994 sono proprietario di un fondo (seconda casa a uso ricreativo) con annesso pozzo (usi domestici). Fino a oggi vi hanno attinto oltre me anche due vicini, a cui nel 1994 ho consegnato le chiavi per l'accesso al pozzo. Non è mai stata costituita alcuna servitù, né l'acqua mi è stata mai pagata. Recentemente uno dei due fondi serviti ha cambiato proprietario e costui (parte di nucleo familiare di 6 persone che usa anch'egli il fondo come casa vacanze) ha completamente ignorato i miei reiterati appelli alla cautela nel consumo d'acqua, installando anche una piscina fuori terra, tubi per l'irrigazione, i miei appelli motivati dalla forte diminuzione del livello del pozzo negli ultimi 26 anni, finché pochi giorni fa la mia pompa a immersione si è scoperta e sono rimasto senz'acqua, costretto a partire e a non tornare, aspettando la disponibilità del tecnico ad abbassare la mia pompa per ripristinare il flusso d'acqua. Ho anche una madre malata.
Non sono avvocato, ma mi sono documentato sulla servitù e vorrei sapere:
1- se, visto quanto successo posso ordinare la sua immediata interruzione con eliminazione delle pompe del vicino appellandomi agli artt. 1067, 1032, 1049, e anche al fatto che la stessa servitù non è mai stata costituita e quale sia l'iter da seguire e la possibile evoluzione della vicenda.
2- se nel caso posso far valere anche l'articolo 1093 senza nulla dovere al vicino.
3- se in caso di presenza di un secondo pozzo sul mio fondo posso attivarlo contemporaneamente rifiutando, al completo esaurirsi del primo, l'eventuale richiesta di servitù, senza andare in causa.
4- se nel momento in cui chiedessi e/o mi fosse pagato un compenso per l'acqua prelevata si costituirebbe la servitù.
5- se posso diffidare il vicino a installare regolatori di portata in modo da non superare una quantità d'acqua adeguata al suo nucleo familiare, e non alla piscina, e se all'eventuale installazione degli stessi si costituisce la servitù.
6- se esistono sentenze della cassazione su servitù di presa d'acqua e applicazione dell'articolo 1067.
Grazie.”
Consulenza legale i 09/07/2020
Il tipo di servitù che qui viene in considerazione è quella che il codice civile definisce servitù di presa d’acqua, e che viene espressamente disciplinata agli artt. 1080 e ss. c.c.
L’esistenza di una servitù di tale tipo attribuisce al titolare del fondo dominante il diritto di prelevare o derivare, mediante manufatti (pompa, canale derivatore o altro), l’acqua esistente nel fondo servente per condurla in una determinata quantità nel fondo dominante, al fine di destinarla a scopi domestici, all’irrigazione, al bisogno industriale o altro.
Il peso che viene imposto al fondo servente (cioè quello da cui l’acqua viene prelavata) non consiste soltanto nella sottrazione di una certa quantità di acqua, ma anche nella presenza di opere idriche insistenti sul fondo e nella conduzione dell’acqua prelevata attraverso il fondo.

In quanto tale, si tratta di una servitù di tipo apparente, secondo la definizione che se ne ricava dall’art. 1061 del c.c., sussistendo opere visibili e permanenti destinate all’esercizio di essa, quali la pompa per il prelievo dell’acqua e sicuramente, anche se non menzionati nel quesito, la presenza di tubazioni indispensabili per condurre l’acqua dal pozzo al fondo dei vicini (fondi dominanti).
In quanto servitù apparente, il menzionato art. 1061 c.c. ne ammette la costituzione per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.

Ora, considerato che nel quesito non viene precisato nulla al riguardo, non è dato sapere se nel caso di specie la servitù si sia costituita o meno per destinazione del padre di famiglia, ossia perché in origine vi era un unico fondo, successivamente diviso e trasferito a diversi proprietari, ed in cui il proprietario originario ha lasciato immutato lo stato dei luoghi relativamente all’uso dell’acqua del pozzo ivi esistente.

Tuttavia, dato per ammesso che la costituzione della servitù non possa farsi dipendere dalla destinazione del padre di famiglia, è certo che dal 1994 ad oggi sono abbondantemente trascorsi i termini perché quella servitù di presa d’acqua possa dirsi costituita per usucapione, con diritto dei proprietari confinanti di prelevare acqua da quel pozzo.
Di conseguenza, sarebbe del tutto illegittima qualunque azione assunta unilateralmente e volta ad impedire ai vicini di prelevare acqua dal pozzo (es. mediante distacco delle pompe).
Il compimento di un’azione di tale tipo, infatti, legittimerebbe il proprietario del fondo dominante ad esperire la tutela possessoria della derivazione di acqua e di acquedotto di cui agli artt. 1168 e 1170 c.c. (cfr. Cass. 12295/1997; Cass. n. 17554 del 28/06/2019).

A questo punto, invece, in assenza di alcun atto volontario di costituzione della servitù, da cui poter desumere il modo ed i limiti di esercizio della stessa, non resta che adoperarsi per regolamentare il suo esercizio, tenendo conto essenzialmente di quanto stabilito al riguardo dal codice civile nelle norme sopra citate.
In particolare, la prima norma di cui occorre chiedere che venga fatta applicazione è l’art. 1083 del c.c., il quale dispone che se “la quantità d’acqua non è stata determinata, ma la derivazione è stata fatta per un determinato scopo, s’intende concessa la quantità necessaria per lo scopo medesimo”.
Lo scopo a cui avere riguardo è quello riferito al momento della costituzione della servitù, senza che possano rilevare esigenze sopravvenute.
E’ molto probabile che nel caso di specie, risultando la servitù costituita per usucapione, sia pressoché impossibile risalire ad una indicazione specifica della finalità a cui è diretta quella servitù.
Per tali casi, è opinione quasi del tutto unanime quella secondo cui debba essere l’interprete (cioè il giudice a cui ci si rivolgerà) ad individuare, attraverso l’indicazione delle caratteristiche del fondo dominante, i bisogni dello stesso e da questo dedurne la determinazione dello scopo.

Altra norma di cui poter invocare l’applicazione è l’art. 1092 del c.c., nella parte in cui dispone che “la deficienza dell’acqua deve essere sopportata da chi ha diritto di prenderla e di usarla nel tempo in cui la deficienza si verifica”.
Tale norma trova applicazione proprio nel caso in cui si verifichi una diminuzione della quantità di acqua disponibile, per cui non sia possibile l’erogazione nella misura risultante dal titolo, dal possesso o dalla destinazione del padre di famiglia.
La deficienza può essere causata da fattori naturali, dal fatto del concedente o di un terzo; l’individuazione della causa assume particolare rilievo al fine di determinare il diritto in capo al titolare di ottenere una riduzione congrua del corrispettivo (se pattuito) ovvero il risarcimento del danno subito da parte del suo autore secondo le regole degli artt. 1091 e 2043 c.c.

Ultima norma, infine, a cui può farsi ricorso è l’art. 1093 del c.c., il quale legittima il proprietario del fondo servente (cioè del fondo su cui grava la servitù di presa d’acqua) di chiedere una riduzione della servitù qualora, per fatti indipendenti dalla sua volontà, si verifichi una diminuzione d’acqua, tale che la stessa non possa bastare alle esigenze dello stesso fondo servente.

Pertanto, facendo applicazione delle norme sopra richiamate, ciò che si suggerisce di fare è questo:
  1. comunicare formalmente al vicino che per fattori del tutto naturali si è verificata una diminuzione della portata d’acqua del pozzo;
  2. manifestargli la propria intenzione di avvalersi della facoltà di ottenere una riduzione della servitù, in conformità al disposto di cui all’art. 1093 c.c., in considerazione del fatto che, a causa di tale diminuzione, l’acqua non è più in grado di soddisfare le esigenze del proprio fondo;
  3. invitarlo, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1083 c.c., a determinare la quantità massima di acqua che i titolari della servitù potranno prelevare da quel pozzo e gli scopi per cui l’acqua dovrà essere utilizzata, possibilmente cercando di limitarne l’uso ai soli fini domestici, escludendo quelli puramente ricreativi (quale il riempimento della piscina).
A tal fine può essere un’ottima idea quella di installare dei regolatori di portata, i quali, come paventato nel quesito, non potrebbero avere alcuna influenza ai fini costitutivi della servitù, in quanto la servitù è già esistente e attiva.

Per quanto concerne l’apertura di un nuovo pozzo, poiché nel caso di specie la costituzione della servitù di presa d’acqua non può che vantarsi per usucapione, ossia in forza del possesso specifico di quel determinato pozzo, nessun diritto potranno i vicini vantare su un eventuale secondo pozzo, il quale, pertanto, potrà essere utilizzato ad esclusivo vantaggio del proprietario del fondo su cui insiste.


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