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Articolo 1092 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Deficienza dell'acqua

Dispositivo dell'art. 1092 Codice Civile

La deficienza dell'acqua deve essere sopportata da chi ha diritto di prenderla e di usarla nel tempo in cui la deficienza si verifica.

Tra i diversi utenti la deficienza dell'acqua deve essere sopportata prima da quelli che hanno titolo o possesso più recente, e tra utenti in parità di condizione dall'ultimo utente.

Tuttavia l'autorità giudiziaria, con provvedimento in camera di consiglio, sentiti gli uffici tecnici competenti(1), può modificare o limitare i turni di utilizzazione e dare le altre disposizioni necessarie in relazione alla quantità di acqua disponibile, agli usi e alle colture a cui l'acqua è destinata.

Il concedente dell'acqua è tenuto a una proporzionale diminuzione del corrispettivo per la deficienza dell'acqua verificatasi per causa naturale o per fatto altrui. Parimenti si fa luogo alle dovute indennità in conseguenza delle modificazioni o limitazioni di turni, che siano state disposte dall'autorità giudiziaria.

Note

(1) Vedasi l'art. 60 delle disp. att. c.c. (Gli uffici tecnici che devono essere sentiti a norma del terzo comma dell'articolo 1092 del codice sono l'ufficio locale del genio civile e il locale ispettorato dell'agricoltura).

Ratio Legis

La disposizione riguarda i casi in cui l'erogazione dell'acqua è possibile in quantità minore rispetto alla quella stabilita.
È possibile, tuttavia, differenziare l'ambito del comma 1, da quello di cui ai commi 2 e 3.
Nel primo caso sono, infatti, previste le ipotesi in cui l'utente dell'acqua sia unico, ovvero, ve ne siano più d'uno che abbia il diritto di raccogliere l'acqua ciascuno in uno specifico lasso di tempo differente da quello in cui possono attingerne gli altri, ovvero, ancora, vi siano più utenti che possano raccogliere l'acqua per turni successivi, quando la stessa viene meno in corrispondenza del turno di uno di essi.
Nel secondo caso sono previste le ipotesi in cui più utenti hanno diritto di attingere l'acqua nello stesso momento o per turni successivi, qualora la sua diminuzione permanga nel tempo.

Spiegazione dell'art. 1092 Codice Civile

Diminuzione del corrispettivo per deficienza dell'acqua

Una serie di regole è stabilita in questo articolo, anche se non sono tutte rigorosamente coerenti ai principi che vigono in materia di servitù: tale coerenza non possiede certamente, per cominciare da questa, la disposizione dell'ultimo comma. In tema di diritti reali limitati in genere e di servitù in particolare, domina, e soprattutto dominava sotto la vigenza del codice abrogato, il principio per cui il rapporto nei suoi termini giuridici è invariabile nei confronti del proprietario, qualunque sia la mutazione di fatto che possa alterare il godimento della cosa quando non sia dovuta a un fatto imputabile a lui. Il nuovo codice ha attenuato anche altrove (si veda, per es., l' art. 962 del c.c. di questo libro che ammette la revisione del canone in tema di enfiteusi) il rigore di questo principio. Ma in materia di acque già il codice precedente se ne era allontanato (art. 650), imponendo una riduzione proporzionale del prezzo pattuito quando si fosse verificata una diminuzione di acqua dovuta a cause naturali o a fatto di un terzo.

a) La disposizione è riprodotta nell'ultimo comma dell'articolo in esame. La nuova formulazione peraltro, volendo essere più concisa, riesce forse meno chiara. Stabilito infatti che è dovuta la riduzione del corrispettivo se la diminuzione dell'acqua dipenda da una causa naturale o dal fatto di un terzo, sembra derivarne che nulla sia dovuto quando la diminuzione dipenda dal fatto del proprietario del fondo servente. Ma questa illazione si confuta ancora facilmente perché in tal caso il proprietario colpevole sarà tenuto al risarcimento dei danni sulla base dei principi generali, il che giustifica l'omissione del richiamo esplicito che era contenuto nel primo comma dell' art. 1061 del c.c..

b) Ciò che meno chiaramente risulta è che, in caso di diminuzione dell'acqua dovuta a un fatto del proprietario del fondo servente, il diritto al risarcimento dei danni non assorbe e non elimina quello alla riduzione del corrispettivo. Ed è questo il punto in cui la nuova formulazione della norma riesce meno chiara dell'antica.

Il vecchio art. 650 diceva infatti: « il concedente dell'acqua, se giustifica essere la deficienza medesima avvenuta naturalmente o per un fatto altrui...., non è tenuto al risarcimento dei danni, ma soltanto e questo « soltanto » è importante a una diminuzione proporzionata del fitto ». Questo « soltanto » è importante, perché
denota chiaramente che, in caso di diminuzione dell'acqua per fatto proprio di chi sopporta la servitù, la diminuzione del corrispettivo si accumula con la responsabilità per il danno.

Nel nuovo ultimo comma dell'art. 1092 sembra derivare invece che il concedente è tenuto alla riduzione del corrispettivo solo quando la diminuzione dell'acqua dipende da una causa naturale o dal fatto di un terzo, da cui risulta bensì — come rilevato già alla lettera precedente — che, in caso di diminuzione per fatto del concedente medesimo questi è tenuto al risarcimento dei danni in base ai principi generali, ma non pure che tale responsabilità non elimina il diritto degli utenti alla riduzione del corrispettivo anche in questo caso. Tuttavia, malgrado l'oscurità della nuova lettera della legge, la conclusione enunciata deve essere senza dubbio ritenuta, poiché essa è sicuramente basata sul principio accolto dalla legge di ridurre il corrispettivo in proporzione della diminuzione del godimento e d'altra parte non risulta, ad onta della formulazione infelice, che il nuovo legislatore abbia voluto innovare sul punto, rispetto alla norma del codice abrogato.

c) È da rilevare ancora che l'azione per danni compete certamente agli utenti anche contro il terzo, dal fatto del quale dipenda la diminuzione dell'acqua. E compete anche per danni contro il terzo responsabile, non in alternativa ma in aggiunta al diritto di riduzione proporzionale del corrispettivo da esso dovuto. È necessario ammettere ciò per non provocare una rottura — e questa molto più grave — dei rapporti di coerenza coi principi basilari in tema di diritti reali. Se infatti si dovesse ritenere che il diritto alla riduzione del corrispettivo privi gli utenti del diritto di agire direttamente verso il terzo responsabile, ciò equivarrebbe a negare una tutela diretta del diritto reale contro l'autore della violazione e del danno. La qual cosa, finché la legge espressamente non lo dica, è sicuramente inammissibile.

d) Alla sola diminuzione del corrispettivo si riducono invece, logicamente, le indennità di cui si fa parola nell'ultima parte del capoverso in questione, quando la diminuzione del godimento dipende dalle modificazioni e limitazioni di turni, che siano state disposte dall'autorità giudiziaria.


Da chi deve essere sopportata la deficienza dell'acqua nella distribuzione a tempo

Risalendo ora al primo comma, esso dispone che la deficienza dell'acqua deve essere sopportata da chi ha diritto di prendere e di usare l'acqua nel tempo in cui la sua diminuzione accade.

Resta da vedere se, trattandosi di una diminuzione transitoria e di breve durata, competano ugualmente i diritti alla riduzione del corrispettivo e al risarcimento dei danni contemplati nell'ultimo comma. Ora, per quello che concerne il risarcimento dei danni, questo è dovuto sicuramente quando ne ricorrano gli altri estremi, che, se un danno vi è ed è imputabile, non c'è ragione che non debba essere risarcito; e riguardo alla diminuzione del corrispettivo, la soluzione affermativa, malgrado finisca per allontanare anche di più la disciplina della situazione da quella propria dei diritti reali, avvicinandola viceversa alla disciplina dei rapporti meramente personali, tuttavia è l'unica ammissibile, poiché l'ultimo comma non distingue fra diminuzione permanente e transitoria né tanto meno fra transitorietà di maggiore o di minore durata.


Criterio per la distribuzione della deficienza fra più utenti contemporanei

Se più siano gli utenti che hanno diritto a prendere l'acqua, conviene distinguere se l'acqua venga presa da più persone in diversi tempi o nello stesso tempo. Nel secondo caso la diminuzione è sopportata necessariamente da tutti gli utenti, poiché vige il disposto generale del primo comma. Nel primo caso invece — ed è questa l'ipotesi in cui viene dunque in applicazione il secondo comma — la diminuzione dovrà essere sopportata da quelli che hanno titolo o possesso più recente. Ma se, malgrado questa prima discriminazione, rimangono ancor più utenti a parità di condizioni (per titolo o possesso), allora subentra fra questi una discriminazione ulteriore, portata sempre dal secondo comma: e cioè la diminuzione sarà sopportata dall'ultimo utente, risalendo gradatamente al penultimo, al terzultimo e cosi via verso il primo, intendendo per « ultimo utente » il più lontano nello spazio (non naturalmente nel tempo essendo appunto presupposta sotto il profilo del tempo la loro pari condizione), cioè insomma quello che deriva l'acqua nel luogo più basso.


Modificazione o limitazione dei turni da parte dell' autorità giudiziaria. Formalità

Il terzo comma contiene una innovazione, ispirata alla necessità di favorire l'interesse generale della produzione agricola o industriale, anche eventualmente a scapito degli interessi privati (cfr. Relazione al Re, n. 172). L'innovazione consiste in ciò: che, fermo come regola generale e comune il principio di discriminazione fra più utenti appena sopra veduto e portato dal secondo comma, e data peraltro facoltà all'autorità giudiziaria di modificare o limitare i turni degli utenti e dare le altre disposizioni necessarie, in relazione alla quantità d'acqua disponibile e agli usi e alle culture a cui essa e destinata. Il provvedimento relativo viene preso in camera di consiglio sentiti gli uffici tecnici competenti.

In questo provvedimento c'è un titolo modificativo della servitù che, analogamente a quanto si è già detto per gli atti di cui all' art. 1088 del c.c., dovrà essere trascritto.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

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