Cass. civ. n. 17255/2013
Il consenso dei soci che rappresentino la maggioranza del capitale, richiesto dall'art. 2322 c.c. per il trasferimento della quota sociale di una società in accomandita semplice, non incide sul perfezionamento e sulla validità del contratto traslativo ad effetti reali, operando come una "condicio iuris" per l'opponibilità del trasferimento della quota sociale alla società e potendo esso intervenire, con effetti retroattiv,i anche dopo il fallimento del socio uscente.
Cass. civ. n. 20893/2008
In tema di cessione di quote di società, la successione nella titolarità della partecipazione si perfeziona, in base al principio consensualistico, alla data della stipulazione del contratto, sulla cui valididtà ed efficacia
inter partes incidono eventuali successive modificazioni dell'oggetto conseguenti alla trasformazione della società in un altro dei tipi previsti dalla legge, avuto riguardo alla continuità del rapporto sociale sancita dall'art. 2498 c.c. (nel testo vigente ratione temporis), il cui unico limite è rappresentato dalla compatibilità dell'ente trasformato con il bene-quota trasferito. Pertanto, in caso di cessione della quota di una società in accomandita semplice successivamente trasformatasi in società a responsabilità limitata, quest'ultima è tenuta a provvedere all'iscrizione del trasferimento nel libro dei soci, non trovando più applicazione l'art. 2322 c.c., e non potendo la società far valere i limiti derivanti dall'introduzione di una clausola di gradimento, i quali diventano opponibili ai terzi solo dalla data di pubblicazione nel B.U.S.A.R.L., senza che assuma alcun rilievo, a tal fine, la circostanza che l'accertamento dell'obbligo di provvedere all'iscrizione sia intervenuto successivamente alla pubblicazione.
Cass. civ. n. 21803/2006
Nella società in accomandita semplice, soltanto la quota di partecipazione del socio accomandante è trasmissibile per causa di morte, ai sensi dell'art. 2322 c.c., mentre in caso di morte del socio accomandatario trova applicazione l'art. 2284 c.c., in virtù del quale gli eredi non subentrano nella posizione del defunto nell'ambito della società, e non assumono quindi la qualità di soci accomandatari a titolo di successione mortis causa ma hanno diritto soltanto alla liquidazione della quota del loro dante causa, salvo diverso accordo con gli altri soci in ordine alla continuazione della società, e fermo restando che in tal caso l'acquisto della qualifica di socio accomandatario non deriva dalla posizione di erede del socio accomandatario defunto, ma dal contenuto del predetto accordo.
Cass. civ. n. 2059/2000
In tema di cessione di quote di una società di persone (nella specie, sas) il cui oggetto sociale risulti l'esercizio di un'attività commerciale (nella specie, bar tabaccheria), allorché l'acquisto delle quote sia chiaramente finalizzato, secondo correttezza e buona fede, non all'acquisto di un generico
status socii, bensì al conseguimento della disponibilità dell'azienda al fine di utilizzarla secondo la sua destinazione economica onde trarne adeguato reddito, deve distinguersi tra un oggetto «immediato» della compravendita, costituito dalle partecipazioni sociali alienate, ed un oggetto «mediato», costituito invece dal patrimonio sociale (e cioè dall'esercizio commerciale funzionalmente destinato alla produzione di reddito). Ne consegue che la funzionalità dell'azienda — che rappresenta il contenuto essenziale del contratto — è esclusa dalla mancanza di una valida autorizzazione amministrativa all'esercizio del commercio (requisito fondamentale de) negozio di cessione), mancanza che integra senz'altro gli estremi dell'inosservanza, da parte del cedente, del principio di adempimento del contratto secondo buona fede. (Nell'affermare il principio di diritto che precede la S.C. ha ulteriormente precisato che il titolo di responsabilità del cedente va individuato nel disposto dell'art. 1218 c.c., con conseguente obbligazione risarcitoria da inesatto inadempimento, e non anche in quello di cui all'art. 1497 c.c. — mancanza di qualità essenziali della cosa venduta —).
Cass. civ. n. 12906/1995
La clausola cosiddetta di continuazione automatica prevista nell'atto costitutivo di società in accomandita semplice — in forza della quale gli eredi del socio accomandante defunto subentrano, per intero, nella posizione giuridica del loro dante causa entro la compagine sociale, a prescindere da ogni loro manifestazione di volontà — non contrasta né con la regola stabilita dall'art. 2322, primo comma, c.c., che espressamente prevede la trasmissibilità per causa di morte della quota di partecipazione del socio accomandante, né con l'art. 458 c.c., che con norma eccezionale non suscettibile di applicazione analogica vieta i patti successori, per non esseae essa riconducibile allo schema tipico del patto successorio.