Cass. civ. n. 26059/2022
In tema di amministrazione nella società in accomandita semplice, per effetto della regola per cui l'amministratore non può che essere un socio accomandatario, l'eventuale esclusione di questi dalla società, non diversamente da qualsiasi altra causa di scioglimento del rapporto sociale a lui facente capo, ne comporta "ipso iure" anche la cessazione dalla carica di amministratore.
Cass. civ. n. 18844/2016
In tema di società di persone, il ricorso all'autorità giudiziaria per ottenere una pronuncia di esclusione del socio è ammissibile, ex art. 2287, comma 3, c.c., esclusivamente ove la società sia composta soltanto da due soci, trovando altrimenti applicazione l'art. 2287, comma 1, c.c., ai sensi del quale detta esclusione può essere deliberata a maggioranza, senza che assuma alcun rilievo la circostanza che all'interno della compagine sociale siano eventualmente configurabili due gruppi di interesse omogenei e tra loro contrapposti e che il socio da escludere, in virtù del conflitto d'interessi nel quale versa, non possa esercitare il diritto di voto, dovendosi, in tal caso, la maggioranza necessaria computarsi non già sull'intero capitale sociale, bensì sulla sola parte che fa capo all'avente diritto al voto.
Cass. civ. n. 5416/1996
La revoca dell'amministratore di una società in accomandita semplice, la cui nomina sia contenuta nell'atto costitutivo, comporta una modificazione di tale atto e richiede, pertanto, in linea di principio, il consenso di tutti i soci (art. 2252 c.c.), siano essi accomandatari o accomandanti, in quanto l'art. 2319 — che prevede una diversa maggioranza in tema di nomina e revoca degli amministratori delle s.a.s. si riferisce esclusivamente alle ipotesi in cui gli amministratori vengano nominati con atto separato rispetto a quello costitutivo della società.
Cass. civ. n. 2632/1993
È invalida la clausola «di continuazione», con la quale i soci di società in accomandita semplice, nell'atto costitutivo, in deroga all'art. 2284 c.c., prevedano l'automatica trasmissibilità all'erede del socio accomandatario defunto, di cui non sia certa l'identità, unitamente alla predetta qualità di socio, anche del
munus di amministratore, tenendo conto che tale designazione in
incertam personam coinvolge la stessa struttura societaria, e che la funzione amministrativa, strettamente strumentale al perseguimento del fine sociale, non può essere affidata ad un soggetto che, al momento in cui è posto in essere il negozio societario, resti indeterminabile, ovvero sia individuabile con criteri di indifferenza rispetto alle sorti della società e allo scopo che i soci intendono raggiungere.
Cass. civ. n. 3028/1976
L'art. 2319 c.c., relativo alla revoca degli amministratori della società in accomandita semplice (col consenso dei soci accomandatari e l'approvazione di tanti soci accomandanti che rappresentino la maggioranza del capitale da essi sottoscritto), riguarda l'ipotesi in cui non ricorra una giusta causa, laddove, per l'ipotesi di revoca per giusta causa ha valore la regola generale, valida per tutte le società di persone per effetto dei richiami contenuti negli artt. 2315 e 2293 c.c., che conferisce ad ogni socio la facoltà di richiedere giudizialmente la revoca degli amministratori (art. 2259, terzo comma c.c.). Nelle società di persone, pur in presenza di autonomia patrimoniale, non è possibile enucleare una volontà o un interesse distinti da quelli dei singoli soci, e, in realtà, la volontà e l'interesse della società non rappresentano altro che la somma delle volontà e degli interessi dei soci. Allorché, quindi, in un procedimento avente ad oggetto la revoca dell'amministrazione di una società in accomandita semplice siano presenti tutti i soci, non può ritenersi che il contraddittorio non sia stato ritualmente costituito per la mancata citazione in giudizio della società in quanto tale.