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Titolo V - Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Dei titoli di credito

Capo I - Disposizioni generali

Capo II - Dei titoli al portatore

Capo III - Dei titoli all'ordine

Capo IV - Dei titoli nominativi

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
785 Non si è data la definizione dei titoli di credito, ma se ne sono tuttavia fissati i caratteri essenziali. La connessione che esiste tra documento e diritto, e che costituisce il carattere fondamentale dei titoli di credito, è stata precisata nei diversi aspetti in cui si rivela: così in sede di esercizio del diritto, per cui si è espressamente affermato essere necessario e sufficiente il possesso del titolo secondo la legge di circolazione (art. 1992 del c.c.); così in sede di circolazione; essendosi posto il principio che non è soggetto a rivendicazione il possessore di buona fede del titolo ed essendosi espressamente sancito che il trasferimento del titolo importa trasferimento anche dei diritti accessori ad esso inerenti (art. 1994 del c.c. e art. 1995 del c.c.); così ancora nella creazione di vincoli sul diritto, per i quali l'art. 1997 del c.c. commina l'inefficacia se non si attuano sul titolo. E, particolarmente considerando i titoli rappresentativi di merci, si è chiarito come il possesso del titolo non soltanto attribuisca il diritto alla riconsegna delle merci, ma altresì il possesso o il potere di disporne, mediante disposizione del titolo (art. 1996 del c.c.). E' stato altresì chiaramente affermato il principio della autonomia della posizione del possessore del titolo di credito e, sia pure incidentalmente, il principio della letteralità, sancendo l'inopponibilità delle eccezioni che siano personali ai precedenti possessori e di quelle che non derivino dal contesto letterale del titolo (art. 1993 del c.c., primo comma). Tuttavia, in conformità della legge cambiaria, si è mitigata l'assolutezza di questi principii ammettendo l'opponibilità delle eccezioni personali nel caso in cui l'acquisto del titolo sia stato fatto fraudolentemente per danneggiare il debitore. E, perché l'ipotesi tenuta presente dal legislatore fosse esattamente determinata, si è sostituita, alla formula «l'acquirente abbia agito scientemente a danno del debitore», usata nella legge cambiaria, l'altra «l'acquirente abbia intenzionalmente agito a danno del debitore»; chiarendo con ciò che, per l'opponibilità delle eccezioni, non è sufficiente la consapevolezza del danno, ma occorre l'intenzione di arrecare danno al debitore (art. 1993, secondo comma). Nel disciplinare la materia delle eccezioni si sono enunciate espressamente le diverse categorie di eccezioni opponibili a ciascun possessore, in conformità del sistema seguito dall'art. 324 del codice di commercio; e, per risolvere le discussioni attualmente esistenti in dottrina e in giurisprudenza, si è chiarito che il difetto di capacità e di rappresentanza deve stabilirsi con riferimento al momento dell'emissione, generalizzando con ciò un principio già esistente in materia di assegno bancario (art. 1993, primo comma). Si è risolta la dibattuta questione della sorte dei premi e delle altre utilità aleatorie prodotte dal titolo nel caso di usufrutto o di pegno del titolo stesso (art. 1998). Il pegno non si estende alle dette utilità e all'usufruttuario ne spetta solo il godimento; con ciò si dimostra che essi non sono considerati dal codice quali frutti del titolo.