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Articolo 1997 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Efficacia dei vincoli sul credito

Dispositivo dell'art. 1997 Codice Civile

Il pegno, il sequestro, il pignoramento e ogni altro vincolo sul diritto menzionato in un titolo di credito o sulle merci da esso rappresentate non hanno effetto se non si attuano sul titolo [2014, 2024, 2786].

Ratio Legis

La norma si giustifica considerando che carattere essenziale dei titoli di credito è il legame che corre tra il titolo ed il diritto in esso contemplato (1992 c.c.).

Spiegazione dell'art. 1997 Codice Civile

Il problema dell’efficacia di «vincoli» sui titoli di credito: A) I termini generali del problema e la soluzione adottata: a) Concetto di « vincolo » e distinzioni

Il problema dell'efficacia dei « vincoli » sui titoli di credito, che fu già organicamente elaborato dalla nostra dottrina anteriore all’attuale codice civile — è posto, ora, e risoluto, in via generale, dall'art. 1997 del Codice [« Il pegno, il sequestro, il pignoramento e ogni altro vincolo sul diritto menzionato in un titolo di credito o sulle merci da esso rappresentate non hanno effetto se non si attuano sul titolo »], che, appunto, definisce sia i termini generali dello Stesso problema, sia la soluzione adottata.

a) La norma legislativa, in quanto comprende espressamente, fra « vincoli » previsti e disciplinati, « il pegno, il sequestro e il pignoramento », e, poi, equipara a queste figure giuridiche « ogni altro vincolo », — appare di valore nettamente esemplificativo cioè le figure giuridiche precisamente elen­cate adempiono ad una duplice funzione, che è, in un primo momento, di base per la costruzione del concetto dogmatico di « vincolo », — ed in un secondo momento, di punto di riferimento per la determinazione (ai fini della disciplina giuridica) degli « altri vincoli » positivamente equiparati.

Ora, in base a questo criterio di indagine, è chiaro che per « vincolo », qui, ogni limitazione del diritto esterno, ossia del diritto reale (di proprietà) sul titolo, o, più particolarmente, ogni abolizione o restrizione delle facoltà, costituenti tale diritto. Invero, nelle fattispecie legislative del sequestro e pignoramento, la situazione giuridica del titolare del basse, come si mostrerà in seguito (nn. 4 e segg.), è modificata, secondo i casi, nel senso che sono abolite, o ristrette, o la facoltà di godimento, o la facoltà di disposizione, o entrambe.

Ne deriva la conseguenza che la norma generale in esame è estensibile analogicamente, ad es., ai casi non previsti, ma simili, dell’usufrutto, come a quelli che importano, ugualmente, limitazioni di facoltà nel senso sopra rilevato, e che, perciò, rientrano nel concetto dogmatico di vincolo.

I vincoli sui titoli di credito potrebbero distinguersi secondo criteri diversi. Così, ad es., in base all’intensità della limitazione di facoltà (abolizione o restrizione di facoltà), ovvero in base all’estensione di tale limitazione (secondo che questa concerna una o più facoltà), ecc..... Ma, qui, sembra proficua la distinzione, fondata sulla natura della funzione esercitata e, correlativamente, delle norme regolatrici, — fra I) vincoli materiali, II) e vincoli processuali. I primi comprendono: a') Usufrutto. b') Pegno. c') Sequestro conven­zionale.... I secondi: a') Pignoramento. b') Sequestro giudiziario. c') Sequestro conservativo.


b) Oggetto del vincolo

Il cit. art. 1997, in quanto parla di vincolo sul diritto men­zionato in un titolo di credito o sulle merci da esso rappresentate , considerare, come oggetto di esso vincolo: nei casi di titoli rappresentativi, come le merci, che costituiscono, rispettivamente, gli oggetti mediati dei diritti di credito alla riconsegna e gli oggetti immediati dei diritti reali ivi enunciati; e nelle altre categorie di titoli di credito [titoli di credito in senso stretto e titoli li partecipazione], addirittura i diritti soggettivi cartolari.

Tuttavia, anche a prima vista, -appare la singolarità di siffatta diversa precisazione dell'« oggetto vincolato », come di quella che, arbitrariamente, si -riferisce, secondo che ricorra l'una o l'altra categoria di titoli, a un diverso momento del rapporto giuridico, e cioè, nel primo ordine di casi, alla cosa oggetto del diritto cartolare, — e, negli altri casi, puramente e semplicemente, a questo diritto. Mentre l'esigenza della armonia legislativa avrebbe, intuitivamente, consigliato il ricorso ad un criterio, ossia ad un momento del rapporto giuridico, nel senso di considerare, come « oggetto vincolato », in ogni caso, o « la cosa oggetto del diritto cartolare », o « tale diritto ».

Ma, in realtà, nessuno dei criteri testé enunciati può essere, qui, adoperato correttamente, ai fini della costruzione dogmatica, perché sia i concetti stessi di « pegno », di « sequestro », di « pignoramento », ...., sia la loro funzione e la loro disciplina giuridica, rivelano, in maniera certa, la ricor­renza di vincoli di cose, cioè di titoli, e non di diritti cartolari, nè, tanto meno, dei beni costituenti gli oggetti (mediati o immediati) di tali diritti. In altri termini, « oggetto vincolato » è, sempre ed esclusivamente, il titolo di credito —pure dovendosi tenere presente che questo si risolve in una cosa adempiente ad una funzione strumentale, ossia di mezzo necessario e sufficiente per l'esercizio e per il trasferimento dei diritti cartolari e, perciò, in una cosa avente valore non intrinseco, bensì estrinseco. Dal che derivano, come si avrà occasione di notare in seguito, peculiarità di disciplina legislativa, che, però, non valgono a snaturare la singola figura giuridica, nè a togliere, al titolo di credito, la individualità, di oggetto esclusivo del vincolo.


c) Modalità di attuazione del « vincolo »

Di tale circostanza (collegata alla funzione strumentale del titolo), è contemporaneamente conseguenza e riprova la categorica disposizione sancita nell'ultima parte del cit. art. 1997, per cui l'efficacia del vincolo è su­bordinata alla « attuazione », cioè alla esecuzione, sul titolo. Invero, se questo è mezzo necessario e sufficiente per l'esercizio e per il trasferimento dei diritti cartolari, il vincolo sul titolo, ossia la limitazione dei poteri inerenti al diritto su tale titolo, esige, secondo i casi, la soppressione o la restrizione della disponibilità materiale della cosa, da parte del proprietario.

Le modalità di tale soppressione o restrizione, naturalmente, variano nelle diverse categorie di titoli di credito, con particolare riguardo alla nuova legge di circolazione ma, in ogni caso, devono essere tali che, da un punto di vista positivo, assicurino l’efficacia del vincolo, e, da un punto di vista negativo, impediscano che tale vincolo sia frustrato.


B) I diversi casi di vincoli: Vincoli materiali: a') Usufrutto

Fra i casi di vincoli sui titoli di credito sono specialmente notevoli i seguenti che, come si è detto, possono inquadrarsi nella distinzione tra I) vincoli materiali; II) vincoli processuali.

I) Vincoli materiali. a’) Usufrutto.
Questo, notoriamente, è una figura di diritto reale di godimento su cosa di proprietà altrui, e viene caratterizzato dalla legge come diritto di godere della cosa, col limite di rispettarne la destinazione economica (art. 981 del c.c.), onde, investendo la cosa altrui nel suo valore di uso, importa abolizione della facoltà di godimento del proprietario.

La legge prevede espressamente, fra gli oggetti di usufrutto, i titoli nominativi e al portatore e, in particolare, i titoli di partecipazione, cioè le azioni di società (art. 2343 del c.c.), come quelle che, riferendosi a diritti di lunga durata (al pari dei titoli di debito pubblico, delle obbligazioni di società ed enti pubblici…), formano materia normale, e praticamente rilevante, di usufrutto. Ma teoricamente è concepibile anche l’usufrutto di titoli di credito in senso stretto, o anche rappresentativi, all’ordine, che, di regola, enunciano diritti cartolari di breve, o brevissima, durata. In tali casi, la dottrina ritiene che, in mancanza di una speciale forma di girata per l’usufrutto di tale categoria di titoli all’ordine, l’usufrutto possa praticamente costituirsi mediante girata propria, la quale consentirebbe all’usufruttuario di esercitare il suo diritto, salvo l’obbligo di rendere conto di quanto non gli compete a titolo di godimento. E deve rilevarsi, che, in tema di usufrutto testamentario o legale, è applicabile l’art. 1000 del c.c., per cui per la riscossione di somme che rappresentano un capitale gravato d’usufrutto, è necessario il concorso del titolare del credito e dell’usufruttuario. Il pagamento fatto a uno solo di essi non è opponibile all’altro, salve in ogni caso le norme relative alla cessione dei crediti. Il capitale riscosso deve essere investito in modo fruttifero e su di esso si trasferisce l’usufrutto.

A tenore del nuovo art. 982 del c.c., l’usufruttuario ha diritto di conseguire e conservare il possesso della cosa di cui ha l’usufrutto, salvo quanto disposto dall’ art. 1002 del c.c. – possesso che, in quanto potere sulla cosa, che si manifesta in una attività corrispondente all’esercizio di un diritto reale, va inteso in senso proprio, e non quale semplice detenzione (art. 1140 del c.c.), e che è considerato come un presupposto indispensabile per il godimento della cosa da parte del titolare dell’usufrutto. E, in proposito, sempre con la salvezza dell’ art. 1002 del c.c. sopra citato, è esatta l’affermazione che la fisica insistenza sulla cosa è talmente essenziale nella struttura del diritto dell’usufruttuario che il costituente l’usufrutto non potrebbe privare, nel titolo costitutivo, l’usufruttuario del possesso della cosa, dato che, in tal caso, la struttura del diritto di tale usufruttuario verrebbe a essere profondamente mutata.

Dall’applicazione di tali norme e concetti generali ai titoli di credito, con speciale riguardo alla loro legge di circolazione, risulta:
1) Che, per la costituzione dell'usufrutto su titoli al portatore, qualora l'usufruttuario abbia prestata idonea garanzia ovvero ne sia legalmente dispensato (art. 1002, 3 comma) è necessaria e sufficiente la consegna di tali titoli al medesimo usufruttario, il quale, per il fatto che i titoli al portatore sono cose fungibili, ed in quanto non ne venga operata la individuazione, ne diviene pro­prietario; e, correlativamente, sorge la figura dell'usufrutto improprio, o quasi-usufrutto, in cui è abolito non solo il potere di godimento, ma addirittura il diritto di proprietà della cosa, il quale si trasforma in un semplice diritto di credito al tantundem eiusdem generis et qualitatis. Se, invece, l'usufruttuario non presti la dovuta garanzia, ovvero non ne sia legalmente dispensato, « i titoli al por­tatore si convertono in nominativi a favore del proprietario con annotazione del­l'usufrutto, ovvero si depositano presso una terza persona, scelta dalle parti, presso un istituto di credito, la cui designazione, in caso di dissenso, verrà fatta dall'Autorità giudiziaria.... In questi casi appartengono all'usufruttua­rio gli interessi dei capitali, le rendite.... » (art. 1003 del c.c.).

2) Che, per la piena efficacia della costituzione dell'usufrutto sopra titoli nominativi, la consegna di questi all'usufruttuario è necessaria, ma non suf­ficiente, perché, a termini dell' art. 2024 del c.c., tale vin­colo « non produce effetti nei confronti dell'emittente e dei terzi, se non risulta da una corrispondente annotazione nel titolo e nel registro.... ». Il successivo art. 2025 del c.c. dispone, poi, che « chi ha l'usufrutto del credito menzionato in un titolo nominativo, ha diritto di ottenere un titolo separato da quello del pro­prietario ».


3) Che, per la costituzione dell'usufrutto sopra titoli all'ordine, si è già ricordato sopra come la dottrina ritenga che, in mancanza di una speciale forma di girata per l'usufrutto di tale categoria di titoli, questo possa pratica­mente costituirsi mediante girata propria, la quale consentirebbe all'usufruttua­rio di esercitare il suo diritto, salvo l'obbligo di rendere conto di quanto non gli competa a titolo di godimento. In sostanza, si ricorre, qui, alla figura della c. d. girata fiduciaria, in cui, come è risaputo, al negozio di trasmissione e alla girata, accede una distinta convenzione, produttiva di uno spe­ciale effetto obbligatorio, che è idoneo a neutralizzare, nei rapporti tra le parti, il trasferimento della proprietà del titolo, ma è irrilevante per i terzi di buona fede.


b') Pegno

Come l'usufrutto, il pegno è un diritto reale su cosa altrui (in re aliena); ma mentre il primo, quale diritto reale di godimento, tocca il valore d'uso della cosa, --il secondo, quale diritto reale di garanzia, si riferisce al valore di scambio della cosa, che viene, mediante il vincolo in parola, al diritto del creditore pignoratizio di soddisfarsi su di essa da un lato, sottratta alla disponibilità materiale del proprietario (debitore pignoratizio o terzo garante di debito altrui), e d'altro lato, sottoposta al diritto del creditore in caso di inadempimento, totale o parziale, del debitore, con prelazione. Pertanto, questo vincolo si risolve nella limitazione sia della facoltà di godimento sia della facoltà di disposizione del proprietario.

I titoli tanto nominativi che all’ordine, e anche i titoli di partecipazione (azioni di società) in genere, sono esplicitamente previsti dalla legge come oggetto di pegno (art. 2024 del c.c., art. 2026 del c.c., art. 2014 del c.c.), mentre i titoli al portatore lo sono implicitamente (art. 2786 del c.c.). Ma, in ogni caso, occorre, per la valida costituzione del pegno, la consegna del titolo al creditore o anche ad un terzo designato dalle parti, o almeno la clausola di entrambe, in modo che costituente ala nell'impossibilità di disporne senza cooperazione del creditore (art. 2786 del c.c.); e la prelazione non sì può far valere se il titolo « non è rimasto in possesso del creditore o presso il terzo designato dalle parti » (art. 2787 del c.c.).

Da questa circostanza positiva, cioè dalla esigenza della consegna del titolo e correlativo spossessamento, da parte del costituente, — ed altresì dalla circostanza negativa della non esigenza delle condizioni di prelazione statuite per la figura pegno di crediti, — appare già che il pegno di « titoli di credito » è un pegno di cose mobili e non ci crediti. E questa tesi è confermata dalla forma assunta dalla vendita del titolo pignoratizio che si manifesta come vera e propria alienazione di cosa (art. 2796 del c.c.) e non come cessione di credito, implicante successione a titolo particolare nel credito medesimo art. 2804 del c.c.).

Né vale in contrario il rilievo che il creditore che abbia in pero una cosa corporale, può limitare la sua attività rispetto ad essa, a quel tanto che è necessario per evitarne la perdita o il deterioramento (artt. 1885, comma 1, Cod. civ. del 1865, e art. 2790 del c.c.); mentre, quando ha in pegno un eredito, anche incorporato in un titolo, egli, oltre i suddetti doveri di diligenza, per la conservazione del documento che incorpora il diritto, deve esplicare interesse e in quello del titolare, una vera e propria attività di partecipazione al rapporto di credito, e cioè riscuoterne gli interessi o dividendi, imputandoli in conto del proprio credito (artt. 1886 Cod. civ. del 1865 e 2791 e 2802 nuovo Cod. civ.)....; — rilievo sul quale si è, essenzial­mente, fondata la teoria che vorrebbe costruire il pegno sui titoli di credito come « diritto reale limitato su un diritto di credito ».4 Ma, a parte che sono note, e sembrano insuperabili, le ragioni dogmatiche che ostano all'ammissibilità della figura generale del diritto su un diritto — la peculiarità di disciplina
giuridica, consistente nella attività testé rilevata, può bene, e semplicemente spiegarsi con la funzione propria del titolo di credito. In altri termini, questo, pure essendo l’effetto ed unico oggetto del pegno, è, insieme, lo strumento o mezzo necessario e sufficiente per l'esercizio dei diritti cartolari; ed appunto, con riferimento all'esercizio di tali diritti, si ha qui l'estensione di disposizioni, che, normalmente, caratterizzano la disciplina giuridica del pegno di crediti.

La consegna del titolo è condizione non solo necessario, ma altresì sufficiente, per la valida costituzione del pegno su titoli al portatore. E, poiché questi sono cose fungibili, l'eventuale concessione della facoltà d'uso, da parte del debitore, determina il passaggio della loro proprietà nel creditore, e, correlativamente, la figura del pegno irregolare in cui, come nel quasi-usufrutto è abolito addirittura il diritto di proprietà, che si trasforma, anche nel caso concreto, in un semplice diritto di credito al tantundem.

Per la piena efficacia della costituzione del pegno su titoli nominativi, occorre, invece, oltre la consegna, una corrispondente annotazione sul titolo e nel registro – annotazione la cui mancanza fa sì che il vincolo non produca effetti nei confronti dell’emittente e dei terzi (art. 2024 del c.c.). Tuttavia, a tenore del successivo art. 2026 del c.c., la costituzione in pegno di un titolo nominativo può farsi anche mediante consegna del titolo girato con la clausola “in garanzia” o altra equivalente.
Infine, queste ultime modalità (consegna del titolo girato con la clausola in garanzia) sono l'unica forma di costituzione del pegno su titoli all'or­dine (art. 2014 del c.c., e art. 23 Legge camb.). In tale fattispecie, come giustamente si constata, « il giratario si presenta come un possessore a titolo di pegno, e, quindi, come fornito di un diritto reale di garanzia ».



c’) Sequestro convenzionale

Questo « è il contratto col quale due più persone affidano a un terzo una cosa o una pluralità di cose rispetto alla quale sia nata fra esse controversia, perché la custodisca e la restituisca a quella [persona] cui spetterà quando la controversia sarà definita » (art. 1798 del c.c.). Il contratto determina gli obblighi, i diritti e i poteri del sequestratario (art. 1799 del c.c.): in mancanza, egli per la custodia delle cose affidategli, è soggetto alle norme del deposito, può alienare le cose mobili affidategli, dandone pronta notizia agli interessati, se vi è imminente pericolo di perdita o di grave deterioramento, e, qualora la natura delle cose lo richieda, egli ha pure l’obbligo di amministrarle (art. 1800 del c.c.). Da ciò deriva:

1) che questo vincolo convenzionale ha funzione essenzialmente cautelare, analoga a quella del sequestro giudiziario e del sequestro conservativo dai quali, tuttavia, si differenzia nettamente, come da quelli che hanno natura pubblica (processuale) e presuppongono un provvedimento giurisdizionale, mentre ha natura privata e si risolve in una manifestazione dell’autonomia contrattuale delle parti;

2) Che tale vincolo convenzionale limita sia la facoltà di godimento, sia la facoltà di disposizione, del proprietario della cosa sequestrata;

3) Che, ove questa sia un titolo di credito al portatore, è necessaria e suffi­ciente, per l’efficacia del vincolo, la consegna al sequestratario; mentre, se si trami di titolo nominativo, — « nei confronti dell'emittente e dei terzi », occorre, come di regola, « una corrispondente annotazione nel titolo e nel registro» (art. 1997 e art. 2024 del c.c.). Ancora, nel caso di titolo all'ordine, l’istituto della girata fiduciaria potrà offrire al sequestratario lo strumento giu­ridico mammario per l'adempimento dell'obbligo di amministrare, che eventual­mente gli incomba (art. 1800 del c.c., 3 comma, cit.).


C) Vincoli processuali: a') Pignoramento

II pignoramento nel suo contenuto minimo, come tutte le specie di espropriazione, può definirsi come « una agitazione che l'ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che sii assoggettano alla espropriazione e i frutti di essi» (art. 492 del c.p.c., 1 comma, Cod. proc. civ.). E, come autorevolmente si precisa, « la funzione di tale pignoramento si risolve, pertanto, nel determinare i beni, sui quali si compirà l’espropriazione, e nel fissarne la soggezione all'azione esecutiva ».

Nell'ipotesi di pignoramento presso il debitore, talora all'ingiunzione si ag­giunge, obbligatoriamente, un provvedimento sulla custodia dei beni pignorati: appunto, ove si tratti di « titoli di credito », questi, al pari degli « oggetti preziosi », debbono essere consegnati al Cancelliere del Tribunale (art. 520 del c.p.c.).

In conseguenza di tale spossessamento del titolo, è chiaro che il debitore ser sarde totalmente il godimento; e che, d'altra parte, « non è abolito, ma limitato, il potere di disposizione del debitore, nel senso non già che egli non possa alienare la cosa, ma che l’alienazione di questa non la sottrae alla garanzia del debitore... ». Invece, nell'ipotesi di pignoramento presso terzo, — a tenore dell’art. 546 del c.p.c., quest'ultimo « dal giorno in cui gli è notificato l'atto previsto nell'art. 543, è soggetto, relativamente alle cose.... da lui dovute, agli obblighi che la legge impone al custode ». E la conseguente modificazione della situazione giuridica tanto di esso terzo, quanto del debitore viene efficacemente prospettata nei termini seguenti: ciò vuol dire che all’eventuale obbligo di custodire incombente al terzo verso il debitore (sulle cose a lui affidate) si aggiunge un obbligo di carattere pubblico, la cui violazione si risolve in responsabilità verso i creditori (art. 67). D'altro lato, il pignoramento impe­disce l'esercizio del diritto del debitore alla restituzione delle cose che si trovano presso il terzo....; il terzo, pertanto, come ha obbligo di conservare tali cose...., così non le deve restituire.... al debitore. Infine, è limitato il potere del debitore di alienare le cose.... pignorate presso il terzo come avviene per i mobili pignorati presso di lui.


b') Sequestro giudiziario e c’) Sequestro conservativo

Il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario di titoli di credito « quando ne è controversa la proprietà o il possesso, ed è opportuno provvedere alla loro custodia o alla loro gestione temporanea » (art. 670 del c.p.c.); — e può autorizzarne, altresì, il sequestro conservativo, « su istanza del creditore che ha fon­dato timore di perdere la garanzia del proprio credit o» (art. 671 del c.p.c.). Nel primo caso, ricorre una figura di processo cautelare finale, che serve a garantire la pratica utilità del processo definitivo, cioè a conservare la disponibilità della cosa, costituente, oggetto del processo, alla parte vittoriosa nel mede­simo processo definitivo; nel secondo caso, invece, si ha una fattispecie di processo cautelare strumentale, che cioè tende a costituire una cautela per il pro­cesso esecutivo.

Lo spossessamento del titolo di credito sequestrato è richiesto, in entrambi i casi, sia dalle leggi processuali, sia dalla norma generale sancita nell'art. 1997 in esame. E, pure in entrambi i casi, è manifesta la limi­tazione sia della facoltà di godimento, sia della facoltà di disposizione, del proprie­tario della cosa sequestrata.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1997 Codice Civile

Cass. civ. n. 1098/2021

Anche in caso di dichiarazione negativa del terzo pignorato il debitore esecutato ha sempre interesse (ex art. 100 c.p.c.) a contestare con l'opposizione ex art. 617 c.p.c. la regolarità formale di un pignoramento presso terzi ovvero l'impiego di un mezzo di espropriazione non previsto dalla legge per il tipo di bene aggredito, dato che l'opposizione agli atti esecutivi è lo strumento per far valere il vizio della procedura ed impedire che la stessa giunga a compimento, con conseguente attribuzione al creditore di un bene a cui non avrebbe avuto diritto per il tramite di un'espropriazione illegittimamente intrapresa. (In applicazione del principio, la S.C. ha riconosciuto l'interesse della debitrice a proporre l'opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso il pignoramento di titoli di credito perché eseguito ex artt. 543 ss. c.p.c., anziché nelle forme dell'art. 1997 c.c.).

Cass. civ. n. 20338/2020

L'irregolarità del pignoramento di un diritto di credito, incorporato in un titolo di credito emesso da un terzo, eseguito nelle forme del pignoramento presso terzi anziché in quelle del pignoramento diretto presso il debitore, va contestata con l'opposizione agli atti esecutivi e non nel giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo secondo il regime anteriore all'attuale testo dell'art. 549 c.p.c. (Nella specie, la S.C., nel confermare la decisione di merito, ha precisato che, in relazione ai crediti in questione, rappresentati da titoli cambiari, non sussisteva il paventato rischio per il terzo pignorato del "doppio pagamento"; infatti, poiché il pignoramento di detti titoli era avvenuto non nelle forme dell'espropriazione diretta presso il debitore, ma in quelle dell'espropriazione dei crediti presso terzi, il processo esecutivo aveva ad oggetto il rapporto obbligatorio causale sottostante e non quello cambiario, con la conseguenza che il terzo debitore, una volta effettuato il pagamento dell'obbligazione cambiaria dopo il pignoramento, benché non potesse opporre tale pagamento al creditore assegnatario, era tutelato dal diritto, a lui riconosciuto dall'art. 66, comma 3, l.camb., alla restituzione degli effetti emessi).

Cass. civ. n. 1588/2017

In base al principio generale di incorporazione, di cui è espressione l’art. 1997 c.c., il pignoramento sul diritto menzionato in un titolo di credito (al pari del pegno, del sequestro e di ogni altro vincolo) non ha effetto nei confronti del giratario se non si attua mediante annotazione sul titolo, necessitando, altresì, della sua materiale apprensione, mentre nessuna rilevanza riveste la condizione soggettiva di buona o mala fede del portatore. Con specifico riferimento ai titoli nominativi, tale regime giuridico generale trova riscontro nella legislazione speciale in tema di vincoli reali sulle azioni, posto che l’art. 3, comma 3, del r.d. n. 239 del 1942 dispone che pignoramenti, sequestri ed altre opposizioni debbono essere eseguiti sul titolo, occorrendo, inoltre, la corrispondente annotazione sul registro dell’emittente (il cd. “libro soci”) ai sensi dell’art. 2024 c.c. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto l’efficacia del pignoramento di titoli azionari, opponibile al possessore, per il solo fatto dell’annotazione nel libro soci in data anteriore alla serie continua di girate).

Cass. civ. n. 5290/2006

Il pegno di un libretto di deposito bancario, costituito a favore della banca depositaria, o di certificati di deposito al portatore, emessi dallo stesso creditore pignoratizio, si configura come pegno irregolare soltanto quando sia conferita espressamente alla banca la facoltà di disporre del relativo diritto, mentre, nel caso in cui difetti il conferimento di tale facoltà, si rientra nella disciplina del pegno regolare.

Cass. civ. n. 10526/1998

Il pegno di titoli di credito, quale vero e proprio diritto reale limitato sui titoli, si attua mediante spossessamento del debitore pignoratizio e deve, ai fini dell'efficacia erga omnes del vincolo sul diritto cartolare, essere attuato sul titolo (art. 1997 c.c.). Trattandosi di titoli all'ordine, la legittimazione del creditore pignoratizio all'esercizio del diritto cartolare trae fondamento da una serie continua di girate; onde è alla cosiddetta legge di circolazione del titolo che occorre far riferimento per valutare se il diritto di garanzia sia validamente sorto (da qui la sufficienza ex art. 2003 c.c. della consegna, per i titoli al portatore; la necessità che il possesso sia qualificato dalla girata, per i titoli all'ordine; l'indispensabile adempimento della duplice intestazione di cui all'art. 2021 c.c., per i titoli nominativi). Ciò significa che, ove siano stati costituiti in pegno dei titoli cambiari, la validità della girata dev'essere ragguagliata alla normativa degli artt. 15 e seguenti della legge sulla cambiale, ma non già anche che una valida costituzione del pegno richieda la specifica girata con clausola «valuta in garanzia», «valuta in pegno», od altra che al pegno faccia riferimento. Matti il trasferimento del possesso del titolo al creditore pignoratizio, risultando dal documento, assolve pienamente alla funzione di palesare ai terzi l'indisponibilità del titolo, e, per converso, di impedire una circolazione abusiva di esso, senza che rilevi, rispetto ad essi, il carattere c.d. pieno della girata, e restando, nei rapporti interni, il diritto reale limitato del giratario-creditore pignoratizio, affidato ad un pactum fiduciae del tutto legittimo (cosiddetta girata fiduciariamente traslativa in bianco), mentre la posizione di quei particolari terzi che sono gli altri creditori del girante resterà tutelata dalla disciplina sulla «certezza» della data (art. 2787, comma terzo, c.c.) ai fini dell'opponibilità del vincolo.

Cass. civ. n. 9528/1997

Il pegno di un libretto di deposito bancario, escluso che possa avere per oggetto il libretto in sé e non la somma che da esso risulta, si configura come pegno regolare di credito quando sia costituito a favore di un soggetto diverso dalla banca depositaria, mentre quando sia costituito in favore di quest'ultima si risolve in un pegno irregolare del denaro depositato, denaro che passa automaticamente in proprietà della banca che, perciò è obbligata a restituire il tantundem .

Cass. civ. n. 8060/1996

Nel caso di sequestro conservativo eseguito su titoli di credito, l'osservanza delle forme previste dall'art. 1997 c.c. per l'imposizione del vincolo non è richiesta per la validità del vincolo stesso tra le parti, ma al solo scopo di renderlo efficace rispetto ai terzi, affinché possa essere opposto ai nuovi possessori del titolo. Ne consegue che l'inosservanza delle forme richieste dal menzionato art. 1997 c.c. non può mai provocare l'invalidità del pignoramento e degli atti successivi, una volta verificatasi la conversione ai sensi dell'art. 686 c.p.c.

Cass. civ. n. 5592/1996

Qualora il cliente della banca vincoli, a garanzia del proprio adempimento, un titolo di credito od un documento di legittimazione individuati, quale un libretto di deposito a risparmio (rispettivamente al portatore o nominativo), e non conferisca alla banca medesima la facoltà di disporre del relativo diritto, si esula dall'ipotesi del pegno irregolare, come delineata dall'art. 1851 c.c. (in riferimento all'art. 1846 c.c.), e si rientra nella disciplina del pegno regolare (artt. 1997 e 2784 ss. c.c.), in base alla quale la banca garantita non acquisisce la somma portata dal titolo o dal documento, con l'obbligo di riversare o scomputare il relativo ammontare, ma è tenuta a restituire il titolo od il documento stesso. In tale caso, pertanto, difettano i presupposti per la compensazione dell'esposizione passiva del cliente con.una corrispondente obbligazione pecuniaria della banca.

Cass. civ. n. 336/1995

Il libretto di risparmio «nominativo pagabile al portatore», al pari di quello «al portatore», è un titolo di credito, in virtù della sua idoneità alla circolazione, per cui il mero possesso del titolo conferisce al portatore la legittimazione a riscuotere ed individua nello stesso il soggetto nei confronti del quale la banca pub pagare, con effetto liberatorio, la somma disponibile sul libretto. Ne deriva che, qualora il credito del depositante verso la banca sia oggetto di sequestro conservativo, nelle forme del pignoramento presso terzi, il vincolo — che, per essere efficace, va attuato sul titolo di credito, a norma dell'art. 1997 c.c., — riguarda detto credito nella consistenza all'atto della notificazione del provvedimento di sequestro, non già nella misura sussistente all'instaurazione del contratto di deposito.

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