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Articolo 1992 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Adempimento della prestazione

Dispositivo dell'art. 1992 Codice Civile

Il possessore di un titolo di credito ha diritto alla prestazione in esso indicata verso presentazione del titolo, purché sia legittimato nelle forme prescritte dalla legge(1).

Il debitore, che senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti del possessore, è liberato anche se questi non è il titolare del diritto [1189, 1836, 1889, 2006; 46 l. camb.](2).

Note

(1) Si dice che il titolo incorpora il diritto: pertanto il possesso del primo consente l’esercizio del secondo e la circolazione del diritto si ha con la circolazione del titolo. Rispetto a tale regola, limitazioni si rinvengono sia nel successivo comma 2 sia nella normativa che subordina il diritto ad esigere la prestazione al rispetto delle norme dettate in relazione ai singoli tipi di titoli di credito (2003 ss., 2008 ss., 2021 ss. c.c.).
(2) Viene dato rilievo alla situazione di apparenza che si crea, ma solo purché sia accompagnata dalla buona fede del debitore. Questa, a sua volta, si presume (1147 c.c.).

Ratio Legis

I titoli di credito sono stati introdotti al fine di facilitare la circolazione del credito: in particolare, la figura vuole offrire maggiori garanzie all’acquirente, sia sul piano sostanziale che probatorio, rispetto a quelle che derivano dall’uso del contratto di cessione del credito (1265 c.c.).

Brocardi

Chirographum

Spiegazione dell'art. 1992 Codice Civile

Oggetto della prestazione cartolare. Titolarità o appartenenza e legittimazione o investitura (richiami): portata generale dell'art. 1992 e sua applicabilità a tutti i titoli di credito

Questa norma, come si è già rilevato riafferma, rispetto ai titoli di credito in generale, nominativi, all'ordine o al portatore, riafferma la distinzione fondamentale, già sancita in leggi speciali (artt. 20, primo comma e 46, terzo comma Legge cambiaria; e artt. 22 e 38 R.D. 21 dic. 1933, n. 1736), fra titolarità o appartenenza e legittimazione o investitura del diritto cartolare, o diritto interno. La prima è costituita dall'acquisto del diritto reale (di proprietà) sul titolo, o diritto esterno ed è condizioni necessaria per l'acquisto del diritto cartolare, o diritto interno (ed anche condizione sufficiente, rispetto a chi sia terzo di buona fede nei confronti del debitore); la se­conda, invece, è data dal possesso del titolo nel modo stabilito dalla legge, ed importa non l'acquisto, bensì la possibilità dell'esercizio, del diritto cartolare. E tali concetti, anzi, sono nettamente contrapposti nel secondo comma della norma, in cui è precisamente formulata l’ipotesi della dissociazione fra la qualità di possessore (qualificato) del titolo e quella di titolare del diritto.

La circostanza per cui la disposizione si riferisca all'adempimento di prestazione indicata nel titolo potrebbe indurre a ritenere che non solo principalmente, ma anche esclusivamente, riguardi i titoli di credito in senso stretto ed i titoli rappresentativi, come quelli che, appunto, si risolvono esclusivamente (i primi) o in parte (i secondi) in dichiarazioni negoziali aventi ad oggetto prestazioni. E tale conclusione, invero, è giustificata dalla lettera della legge. Ma a parte l’argomento esegetico che potrebbe trarsi da ciò che l’art. 2021 del c.c. disciplinala legittimazione del possessore di un titolo nominativo senza alcuna distinzione, e perciò, senza esclusione, dall’ambito della norma, dei titoli di partecipazione, sembra evidente che l’art. 1992 c.c. sia la semplice applicazione, ai titoli di credito in senso stretto, di concetti e principi generali comuni a tutti i titoli di credito — e, come tale, sia suscettibile di estensione analogica dalla fattispecie prevista dell’adempimento di una prestazione letteralmente enunciata in un titolo di credito in senso stretto od in un titolo rappresentativo alla fattispecie non prevista, ma simile, dell'adempimento, ad es. da parte di una società, di prestazioni (es. pagamento di dividendo) conseguenti alla qualità di socio attestata da un titolo di partecipazione, quale l'azione sociale. Nel quale caso ora citato di pagamento di dividendo, sono innegabili la necessità e l’importanza pratica di tale estensione analogica ai fini della disciplina sia della legittimazione del possessore sia delle condizioni di validità del del pagamento di dividendo, sono innegabili la necessità e l’importanza pratica di tale estensione ai fini della disciplina sia della legittimazione del possessore sia delle condizioni di validità del pagamento, fatto, ad es., dalla società a chi, pur legittimato nelle forme prescritte dalla teme non sia però il titolare del diritto cartolare.

È notevole, qui, che la dottrina anteriore alla pubblicazione del Libro delle obbligazioni del nuovo Cod. civ. non esita ad affermare che anche la legittimazione in base a titoli di partecipazione (azioni di società) non opera, in genere, diversamente dalla legittimazione in base a titoli che menzionano un mero diritto di credito.


La c. d. legitti­mazione attiva. Soggetto attivamente legittimato

La legittimazione, in quanto opera a favore del creditore, me­diante l'attribuzione al possessore qualificato, della possibilità di esercizio del diritto cartolare, — viene qualificata attiva.

Soggetto attivamente legittimato, secondo l'ordinamento giuridico positivo:
1) Non è il possessore in senso proprio, che cioè al potere di fatto unisca l'intenzione di esercitare sulla cosa il diritto di proprietà o un diritto reale minore (art. 1140, primo comma nuovo Cod. civ.), — perché, secondo una dimostrazione già efficacemente eseguita rispetto alla precedente legislazione, e valevole anche rispetto alla legislazione nuova, la possibilità di esercizio del dirimo cartolare spetta anche al possessore nomine alieno.

2) Non è, neppure, il possessore di buona fede, che cioè « possieda ignorando di ledere l’altrui diritto » (art. 1147 del c.c., comma 1), perché tale estremo soggettivo non è richiesto dalla legge, in questa materia, beati in materia dí rivendicazione (art. 1994 del c.c.).

3) È, invece, c. d. possessore qualificato , cioè detentore del titolo che giustifichi suo potere di fatto sulla cosa nei modi stabiliti dalla legge, con la semplice «presentazione del titolo », se si tratti di titolo al portatore (art. 2003, 2 comma), — « in base ad una serie continua di girate », se si tratti di titolo all'ordine (art. 2008 del c.c.), — « per effetto dell'intestazione a suo favore contenuta nel titolo e nel registro dell'emittente », se si tratti di titolo nominativo (art. 2021 del c.c.). In tale senso, si parla e può parlarsi, anche di possessore o portatore legittimo – concetto che, pertanto, non va confuso con la figura giuridica già prevista nell’art. 686 vecchio codice civile, ed oggi abbandonata dal nuovo codice (vedi Relaz. Minist. al Libro della proprietà, n. 192).


La c. d. legittimazione passiva. Estremi legali: che il debitore adempia la prestazione nei confronti del possessore legittimato per l'esercizio del diritto cartolare…

Oggetto della prestazione cartolare, cui ha diritto il possessore qualificato del titolo, possono essere una somma di denaro, come, ad es., nella cambiale, nel vaglia cambiario, nell'assegno bancario, nell'assegno circolare.... (artt. I, n. 2, e 100, n. 2 Legge cambiaria; 1, n. 2 R. D. 21 dic. 1933) — merci o derrate, che si trovano o consegnate al vettore e caricate, o depositate nei Magazzini generali o Depositi franchi, e quindi precisamente individuate per natura, qualità e quantità, come nei casi di titoli di trasporto (es. lettera di vettura, polizza di carico: artt. 1683 e segg. nuovo Cod. civ., e 438 Cod. navigaz.) o di deposito (es. fede di deposito e nota di pegno: artt. 179o­1791 nuovo Cod. civ.), cioè di titoli rappresentativi....

L'adempimento della prestazione deve essere integrale, conformemente alla norma generale dell'art. art. 1181 del c.c., per cui « il creditore può rifiutare un adempimento parziale anche se la prestazione è divisibile, salvo che la legge o gli usi dispongano diversamente ». Così, ad es., appunto in forza di disposizioni speciali di legge, il portatore di una cambiale, o di un vaglia cambiario, o di un assegno bancario, « non può rifiutare un pagamento parziale » (artt. 45, secondo comma, e 102 Legge cambiaria; e 37, 2° comma R. D. 21 dic. 1933, n. 1736).

Queste disposizioni rispondono alla esigenza della tutela degli obbligati di regresso, ai quali giova anche un pagamento parziale, come quello che im­porta una diminuzione del contenuto delle garanzie assunte; — e, pertanto, hanno carattere eccezionale; onde non sono suscettibili di estensione analogica ai casi in tali disposizioni non considerati: così, ad es., ai casi di titoli all'or­dine, in cui, mancando una diversa disposizione di legge o una clausola contraria risultante dal titolo, « il girante non è obbligato per l'inadempimento della prestazione da parte dell'emittente » (art. 2021 del c.c.).


Modalità di tempo e di luogo

I diritti cartolari sono, essen­zialmente, diritti di futuro esercizio, nel senso che, necessariamente intercede un periodo di tempo anche minimo, fra il momento della creazione del titolo e quello dell’esercizio del diritto cartolare, ossia della c.d. scadenza. Invero, se fosse altrimenti, si stenterebbe a intendere l’utilità pratica di incorporare in un titolo un diritto già, di per sé, capace di essere esercitato.

Nei titoli nominati, la legge, talvolta, statuisce obbligatoriamente un’unica forma di scadenza: così, ad es., nell’assegno bancario, nell’assegno circolare… che sono, esclusivamente, pagabili a vista (artt. 31,1 comma, 82, 1 comma, R, D, 21 dic. 1943, n. 1736); — ma può, anche, consentire all'autonomia dalle parti la scelta fra più forme di scadenza: così, ad es. nella cambiale e nel vaglia cambiario, che possono crearsi « a vista ., « a certo tempo vista », ecc. (artt. 38, 1 comma, e 102, 1 comma Legge cambiaria). E generalmente, in questa categoria di titoli, la mancanza del requisito della scadenza non ne causa la nullità, bensì li fa considerare pagabili a vista a (artt. 2, ste comma, 101, 2 comma, Legge cambiaria).

Nei titoli innominati, invece, la determinazione della forma di scadenza è affidata, di regola, all’autonomia delle parti; ed, ove essa determinazione manchi, sembra applicabile l'art. 1183, primo comma, nuovo Cod. civ., che, in quanto regola le obbligazioni in generale, è riferibile anche alle obbligazioni cartolari, e per cui « se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore può esigerla immediatamente ». Nel quale modo, il titolo è, anche qui, considerato «pagabile a vista». Ma deve tenersi presente altresì che, a tenore della norma testé richiamata, «qualora tuttavia, in virtù degli usi o per la natura della prestazione ovvero per il modo o il luogo dell’esecuzione, sia necessario un termine, questo, in mancanza di accordo delle parti — è stabilito dal giudice».

Poiché i titoli di credito sono, normalmente, destinati alla circolazione e, correlativamente, all’utilizzazione fino alla scadenza, — questa non si presume stabilita a favore del debitore (art. 1184 del c.c.) e, pertanto, il possessore non è tenuto a riceverne il pagamento «prima della scadenza» (arg. ex art. 4fs, te comma Legge camb.), pure avendo la potestà di accettarlo, senza che a debitore incorra nella conseguenza (eccezionalmente statuita per il pagamento cambiario fatto prima della scadenza: art. 46, 2 comma) di pagare a suo rischio e pericolo. Ne deriva che, salvo accordo fra le parti, l'adem­pimento della prestazione cartolare pub legittimamente, essere eseguito o richiesto soltanto alla scadenza, ed, inoltre, con l'osservanza dell'estremo le­gale della «presentazione del titolo» (art. 1992, 1 comma in esame); — estremo legale che è in armonia con la funzione di legittimazione, caratteristica dei titoli di credito e, rispetto a cui, appunto, questi sono stati qualificati dalla dottrina tedesca, anche non recente, titoli di presentazione o di esibizione.

In quanto, come si è già illustrato, il soggetto attivo del diritto cartolare non è una persona determinata, bensì ogni persona che si trovi in una certa relazione giuridica con la cosa corporale costituita dal titolo, è noto e pacifico insegnamento che le obbligazioni cartolari debbono ritenersi soddisfatte presso debitore (c. d. dettes quèrables dei francesi e Holschulden dei tedeschi), potendo quest'ultimo identificare il suo creditore solo mediante la presentazione o esibizione del titolo. Ed appunto per tale motivo, l’art. 1992 primo comma richiede, in sede di legittimazione attiva del possessore di qualsiasi titolo di credito, l'estremo della testé enunciata « presentazione del titolo ».

Rispetto ai titoli nominati, la legge, per lo più, comprende fra i requisiti del documento l'indicazione del luogo di pagamento: così, ad es., nei casi della cambiale, del vaglia cambiario, dell'assegno bancario... (artt. 1, n. 5 e 100, n. 4,Legge camb.; art. t, n. 4 R. D. 21 dic. 1933, n. 1736). In tali casi tuttavia, la mancanza della indicazione predetta, però, non determina la nullità del titolo: invece, possono soccorrere talune presunzioni legislative per cui, rispettivamente, si reputa « luogo del pagamento », nella cambiale, « il luogo indicato accanto al nome del trattario » (art. 2, 3 comma Legge camb.), — nel vaglia cambiario, « il luogo di emissione del titolo espressamente enun­ciato ovvero apparente come elemento della data » (art. 101, 3 e 4 comma Legge camb.), — e, nell'assegno bancario, « il luogo indicato accanto al nome del trattario. Se più luoghi sono indicati accanto al nome del trattario, l'assegno bancario è pagabile nel luogo in cui è stato emesso ,e, se in esso non vi è stabilimento del trattario, nel luogo dove questi ha lo stabilimento principale. L'assegno in cui non è indicato il luogo di emissione si considera sottoscritto nel luogo indicato accanto al nome del traente» (art. 2, secondo, terzo e quarto comma, R. D. 21 dic. 1933 cit.). Ove manchino altresì gli elementi, sui quali le predette presunzioni legislative si fondano, i titoli in parola debbono ritenersi nulli come tali (artt. 2, primo comma, e 101, primo comma Legge camb.; art. 2, primo comma R. D. 21 dic. 1933 cit.).

Correlativamente, « la cambiale deve essere presentata per ii pagamento nel luogo e all'indirizzo indicato sul titolo. Quando manchi tale indirizzo, deve essere presentata per il pagamento: i) al domicilio del trattario o della per­sona designata sul titolo a pagare per esso; 2) al domicilio dell'accettante per intervento o della persona designata sul titolo a pagare per esso; 3) al domi­cilio dell'indicato al bisogno » (art. 44 Legge camb.); — la quale norma è applicabile al vaglia cambiario, in quanto non sia incompatibile colla natura di esso (art. 102, 1 comma Legge camb.).

Anche nei titoli innominati, la presentazione del titolo e l'adempimento della prestazione debbono, di regola, avvenire nel « luogo di pagamento » quale risulta eventualmente dal titolo. In mancanza di espressa indicazione cartolare, e nella impossibilità di estendere analogicamente le norme sancite rispetto a singoli titoli innominati (per il carattere eccezionale delle suddette norme), dovrà applicarsi la disposizione generale sancita nell'art. 1182 nuovo Cod. civ., come quella che disciplina tutte le obbligazioni e, quindi, nel difetto di norme speciali, anche le obbligazioni cartolari. Onde, ad es., nelle fattispecie di titoli di credito in senso stretto, l’obbligazione avente ad oggetto una somma di denaro deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al momento della scadenza (art. 1182, comma 3), nel qual modo appare riaffermato il carattere di dette querable proprio dell’obbligazione cartolare, sopra rilevato. Ancora, ad es., nelle fattispecie di titoli rappresentativi, quali la fede di deposito e la nota di pegno, la riconsegna delle merci depositate deve essere richiesta e avvenire presso il magazzino generale depositario, perché in tal luogo si trovano le merci, cose certe e determinate, quando, con la loro consegna, sorgeva, a carico del medesimo magazzino, l’obbligo di custodirle e restituirle in natura (artt. 1777, 1783, 1793 c.c.)


…e senza dolo o colpa grave

La legittimazione, in quanto operante a favore del debitore, nel senso che il debitore, adempiendo la prestazione nei confronti del possessore legittimato, è liberato anche se questi non è il titolare del diritto, viene qualificata passiva.

Appunto il secondo comma dell’art. 1992 in esame disciplina questo ulteriore aspetto della legittimazione, statuendo gli estremi alla cui ricorrenza congiunta è subordinata l’efficacia liberatoria, o validità del pagamento, e che sono i seguenti (positivo il primo, negativo il secondo):
1) che il debitore adempia la prestazione nei confronti del possessore legittimato all’esercizio del diritto cartolare;
2) senza dolo o colpa grave;
3) invece, diversamente dalla norma analoga sancita in materia cambiaria dall’art. 46, comma 3, legge camb. (per cui chi paga alla scadenza è validamente liberato, a meno che da parte sua non vi sia dolo o colpa grave), il citato art. 1932 del c.c., comma 2, non richiede l’ulteriore estremo dell’adempimento della prestazione non prima della scadenza.

Per quanto concerne il concetto di possessore si fa riferimento a quanto già esposto.

Anteriormente alla pubblicazione del nuovo Cod. civ., una norma analoga all’art. 1992, secondo comma cit., sancita in materia cambiaria, e testé richiamata, ossia l'art. 46 Legge camb., subordina già l’efficacia liberatoria, o validità, del pagamento anche alla condicio iuris che non vi sia dolo o colpa grave da parte di colui che paga.

La dottrina è concorde nel rilevare che quest'ultima disposizione corrisponde a quella dell'art. 20, 2° comma, Legge camb. (per cui se una persona ha perduto per qualsiasi ragione il possesso di una cambiale, il nuovo portatore che giustifichi il suo diritto nella maniera indicata nel precedente comma, non è tenuto a consegnarla se non quando l'abbia acquistata in mala fede ovvero abbia commesso colpa grave acquistandola), nel senso che la legge impone a chi paga la cambiale di usare lo stesso grado di diligenza che impone a chi la acquista. Ma, mentre taluni affermano la equipollenza, nelle due norme, dei concetti di « dolo » e « mala fede », altri, viceversa, ritengono che si tratti di concetti diversi, che, cioè, mentre la « mala fede » si declini in uno stato intellettuale, nel senso di coscienza o consapevolezza di di ledere il diritto altrui, ossia di arrecare ad altri un ingiusto danno, « dolo » farebbe riferimento ad una attività volitiva, ossia all'intenzione di privare del godimento dei diritti il vero titolare della cambiale, intenzione che sarebbe, a sua volta, qualificato da uno stato intellettuale, consistente nella conoscenza, da parte di colui che paga, delle possibilità di oppugnare, senza proprio danno, la legittimazione del possessore. In altri termini, «per escludere la validità dell’acquisto» [fattispecie dell'art. 20, 2 comma, Legge camb.], basterebbe che l’acquirente fosse in mala fede, cioè a conoscenza che il suo girante non sia il titolare del credito cambiario o non abbia il potere di disporne; mentre, per escludere la validità del pagamento [fattispecie dell’art. 46, 3 comma], non basterebbe che chi paga sia convinto che chi gli domanda il pagamento, pure apparendo formalmente legittimato, non ha, tuttavia, sostanzialmente diritto di esigere; ma occorrerebbe altresì che sia in grado di poter dare tale prova, e quindi di rifiutare il pagamento, senza essere esposto a conseguenze dannoso. Al quale concetto, appunto, avrebbe voluto riferirsi la Legge cambiaria, adoperando, nel testo originario (della Legge uniforme di Ginevra), la parola francese fraude e quella inglese fraud, tradotte nel testo italiano con la parola dolo.

Correlativamente, il significato dell’espressione colpa grave sarebbe diverso nelle due fattispecie: nella prima (art. 20, comma 2) si risolverebbe nell’omissione di quelle elementari cautele, che un qualunque anche negligente uomo d’affari avrebbe preso, e la cui osservanza avrebbe determinato la conoscenza della lesione dell’altrui diritto; nella seconda (art. 43, comma 3), invece, consisterebbe nell’ignoranza imperdonabile in colui che paga della possibilità di opporre senza proprio danno la legittimazione del possessore.

Ma tale assunto, in quanto richiede che l'intenzione di nuocere ingiustamente, caratteristica del « dolo », sia qualificata dalla possibilità di oppugnare, del possessore — sembra arbitrario, sia dal punto di vista dogmatico (che non consente siffatta qualificazione del concetto di « dolo »), sia in relazione col diritto positivo (in cui la medesima qualificazione non trova alcuna solida base). Su quest'ultimo [diritto positivo], potrebbe, eventualmente, fondarsi la tesi per cui per l’invalidità del paga­mento, occorrerebbe non la semplice coscienza di arrecare un ingiusto danno, come per la validità dell'acquisto, — bensì l'intenzione di arrecare tale danno. Però, da un lato, anche siffatta interpretazione, non pparrebbe sufficiente­mente giustificata, perché la ragione addotta per spiegare la pretesa diversità di disciplina giuridica, che cioè il debitore cambiario sarebbe obbligato al paga­mento della cambiale, mentre il terzo possessore sarebbe libero di acquistarla o meno, — non risponde a verità nel caso del trattario non accettante (sul quale, notoriamente, non incombe alcun obbligo cambiario di pagamento), e, comunque, è in palese contrasto colla potestà, riconosciuta positivamente al debitore, di opporre eccezioni nei giudizi cambiari (artt. 21 e 65, primo comma, Legge camb.). D'altro lato, è pacifico, e si è detto sopra, che, con la parola italiana «dolo », si sono tradotte le parole « fraude » del testo francese e « fraud » del testo inglese della Legge uniforme di Ginevra; onde è chiaro che il termine « dolo » non va inteso qui in senso proprio, bensì in senso im­proprio, ossia di « frode », — il quale ultimo concetto ha già un preciso valore nella legislazione, specialmente in materia di azione Pauliana (artt. 1167 Cod. civ. francese; 1235 Cod. civ. ital. del 1865; e art. 2901 del c.c.), come semplice «coscienza dell'ingiusto danno arrecato» (senza che occorra alcuna intenzione di determinarlo). Pertanto, non sembra dubbia l’identità di significato delle due espressioni mala fede e dolo, e, correlativamente, dell’espressione colpa grave nelle due norme cambiarie in esame.

E ad uguale conclusione deve giungersi riguardo all’art. 1992, comma 2, più volte cit., messo in rapporto con il successivo art. 1994 del c.c., manifestamente analogo all’art. 20, comma 2, legge cambiaria, nel senso che la validità, sia dell’acquisto di un titolo di credito in generale, sia del pagamento di un credito cartolare, sarebbe, in pari modo, impedita dalla mala fede, rispettivamente del terzo possessore e del debitore adempiente, ovvero dalla buona fede dovuta a colpa grave.


Invece, non è richiesto l'ulteriore estremo dell'adempimento della prestazione cartolare «non prima della scadenza»

Come si è già osservato, la norma sancita in materia cambiaria dall’art. 46, comma 3, legge camb. (norma che è analoga al citato art. 1992, comma 2) subordina la validità del pagamento all’ulteriore estremo che tale pagamento non venga eseguito prima della scadenza. Ed in proposito si insegna che non si tratta solo della facoltà espressamente concessa al possessore dal comma 1 dell'art. 46 di rifiutare l'offertogli pagamento della cambiale non ancora scaduta, — facoltà che è agevolmente spiegabile con la naturale destinazione del titolo alla circolazione libera e con la sua conseguente valorizzazione, della quale il possessore non può essere costretto a privarsi anticipatamente.... In relazione al meccanismo cambiario, mercé cui il vero proprietario del titolo può sempre, come tale, fare assegnamento che il titolo stesso non sia anticipatamente sottratto alla libera circolazione, un pagamento anteriore alla scadenza non è ammesso nemmeno se consentito dal dal possessore, il quale anticipi all'uopo la presentazione della cambiale.

Più precisamente, secondo l'espressione del comma 2 dell'art. 46, il trattario od emittente, che paga prima della scadenza, « lo fa a suo rischio e pericolo»: ciò significa che egli non è protetto da speciali disposizioni della legge cambiaria, in ordine alla validità del pagamento che dovrà così, eventualmente, essere rinnovato. Ad es., prima della scadenza, egli ha l'obbligo di procedere all’accertamento dell’autenticità delle girate; e, nella ipotesi di furto o smarrimento del titolo, il trattario o l'emittente, sempre prima della scadenza, non paga validamente il ladro o l'inventore, malgrado la piena buona fede e la scrupolosa diligenza, negli accertamenti.

Intuitivamente, nell'emanare il 2° comma dell'art. 1992, è stata tenuta presente l’analoga, e testé illustrata, disposizione dell'art. 46, 3 comma Legge camb.; tant’è vero che, come presupposti della validità di ogni adempi­mento di prestazione cartolare, sono stati desunti, da quest'ultima norma, i due estremi, sopra esaminati, che il debitore adempia la prestazione nei confronti del possessore legittimato all'esercizio del diritto cartolare, e senza dolo o colpa grave. Per contro, non è stato ripetuto l'ulteriore estremo (necessario a tenore del cit. art. 46, terzo comma) dell'adempimento della prestazione « non prima della scadenza »; la quale omissione induce sicu­ramente a ritenere che siffatto ulteriore estremo non sia richiesto per la validità dell'adempimento delle prestazioni cartolari in generale. Né il più volte cit. art. 46, terzo comma sarebbe, qui, suscettibile di estensione analogica, poiché vi osterebbe il suo manifesto carattere eccezionale.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1992 Codice Civile

Cass. civ. n. 33576/2022

Il biglietto del gioco del lotto non può essere annoverato tra i titoli di credito, ex art. 1992 c.c. e, quindi, non incorpora il diritto indicato, in quanto non è dotato dei requisiti di letteralità e autonomia che connotano tali titoli; esso, valendo ad attestare la giocata del possessore, cui pagare la vincita, costituisce titolo di legittimazione in senso ampio, ex art. 2002 c.c., atto ad individuare l'avente diritto alla prestazione e quindi idoneo, per un verso, a liberare il debitore che paga in buona fede al possessore e, per altro verso, a legittimare il possessore della ricevuta a richiedere il pagamento della vincita. Ne consegue che il giocatore ha diritto di ottenere la prestazione costituente la vincita non perché essa è contenuta nel biglietto, bensì perché le regole del contratto di lotteria di cui trattasi gliela attribuiscano in presenza di determinate condizioni, anche estranee al biglietto stesso.

Cass. civ. n. 23127/2021

Il trasferimento "donationis causa" di titoli di credito astratti non dà luogo ad una donazione indiretta, intesa come mezzo per conseguire, attraverso l'utilizzazione di un negozio con causa tipica, un risultato pratico da questo divergente, essendo detti titoli suscettibili di realizzare in modo diretto qualsiasi scopo voluto dalle parti, sicché integra una donazione diretta, soggetta in quanto tale al requisito di forma nel rapporto base tra il "tradens" e l'"accipiens". (Rigetta, CORTE D'APPELLO MESSINA, 15/03/2017).

Cass. civ. n. 12477/2018

Ai sensi dell'art. 43, comma 2, del r.d. n. 1736 del 1933 (c.d. legge assegni), la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato - per errore nell'identificazione del legittimo portatore del titolo - dal pagamento dell'assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola non trasferibilità a persona diversa dall'effettivo beneficiario, è ammessa a provare che l'inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall'art. 1176, comma 2, c.c. (Rigetta, CORTE D'APPELLO TORINO, 07/12/2010).

Cass. civ. n. 4381/2017

L'art. 43, comma 2, del r.d. n. 1736 del 1933 (legge assegni), nel disporre che colui che paga a persona diversa dal prenditore, o dal banchiere giratario per l'incasso, risponde del pagamento, disciplina in modo autonomo il pagamento dell'assegno non trasferibile, con deviazione dalla regola generale che libera il debitore che esegua il pagamento in buona fede in favore del creditore apparente (art. 1189 c.c.), sicché, in caso di pagamento di un assegno bancario non trasferibile in favore di chi non era legittimato, la banca non è liberata dall'originaria obbligazione finché non paghi al prenditore esattamente individuato a prescindere dalla sussistenza dell'elemento della colpa nell'errore sulla identificazione dello stesso prenditore, trattandosi di ipotesi di obbligazione "ex lege". (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 26/05/2015).

Cass. civ. n. 6563/2016

Il principio dell'apparenza del diritto ex art. 1189 c.c. trova applicazione quando sussistono uno stato di fatto difforme dalla situazione di diritto ed un errore scusabile del terzo circa la corrispondenza del primo alla realtà giuridica, sicchè il giudice - le cui conclusioni, sul punto, sono censurabili in sede di legittimità se illogiche e contraddittorie - deve procedere all'indagine non solo sulla buona fede del terzo, ma anche sulla ragionevolezza del suo affidamento, che non può essere invocato da chi versi in una situazione di colpa, riconducibile alla negligenza, per aver trascurato l'obbligo, derivante dalla stessa legge, oltre che dall'osservanza delle norme di comune prudenza, di accertarsi della realtà delle cose, facilmente controllabile. (Nella specie, in riforma della sentenza impugnata, la S.C. ha escluso l'operatività del menzionato principio in favore del Comune, che, ignorando le risultanze catastali, aveva corrisposto il risarcimento del danno per occupazione acquisitiva ai precedenti proprietari in esecuzione di una sentenza definitiva di condanna, senza che nel relativo giudizio avesse eccepito il loro difetto di legittimazione attiva o integrato il contraddittorio nei confronti dell'attuale proprietario, nonostante le diffide già ricevute da quest'ultimo, munito di titolo contrattuale già trascritto, la cui validità era in corso di accertamento giudiziale).

Cass. civ. n. 6217/2016

Nel caso in cui il debitore eccepisca l'estinzione del debito per effetto dell'emissione di un assegno bancario negoziato in favore del creditore prenditore in una data significativamente anteriore a quella in cui il credito fatto valere in giudizio sia divenuto esigibile, la diversità di data, facendo venire meno la verosimiglianza del collegamento tra il credito azionato e il titolo di credito, fa sì che resti a carico del debitore l'onere di dimostrare la causale dell'emissione dell'assegno e, conseguentemente, che il rilascio del titolo di credito fosse volto ad estinguere in via anticipata il debito oggetto del processo. (Rigetta, Trib. Bari, 18/09/2012).

Cass. civ. n. 3405/2016

L'art. 43, comma 2, del r.d. n. 1736 del 1933, nel disciplinare la responsabilità della banca per il pagamento di un assegno non trasferibile a persona diversa dal beneficiario, deroga sia alla disciplina generale del pagamento dei titoli di credito di cui all'art. 1992c.c., sia al disposto di cui all'art. 1189 c.c., che dispone la liberazione del debitore di buona fede in favore del creditore apparente, sicché la banca girataria per l'incasso non è liberata dalla propria obbligazione finché non paghi nuovamente al prenditore esattamente individuato l'importo dell'assegno, a prescindere dalla sussistenza dell'elemento della colpa nell'errore sull'identificazione di quest'ultimo. Del resto, ipotizzare l'eventualità di un pagamento liberatorio a persona diversa dal beneficiario effettivo implicherebbe l'impossibilità, per quest'ultimo, di giovarsi dell'ammortamento, escluso dall'art. 73 del r.d. n. 1736 del 1933 per l'assegno bancario con clausola "non trasferibile". (Cassa con rinvio, App. Firenze, 25/10/2011).

Cass. civ. n. 63/2012

Il mero possessore di una cambiale, che non risulti prenditore (né giratario) dello stesso, difettando sul titolo l'indicazione del beneficiario, non può considerarsi legittimato alla pretesa del credito ivi contenuto, se non dimostri l'esistenza del rapporto giuridico da cui deriva tale credito. Infatti, il semplice possesso della "cartula" non ha significato univoco, ai fini della legittimazione, non potendo escludersi che essa sia pervenuta al possessore abusivamente; né il titolo può comunque valere come promessa di pagamento, ai sensi dell'art. 1988 c.c., atteso che l'inversione dell'onere della prova, previsto da tale disposizione, opera solo nei confronti di colui al quale la promessa sia stata effettivamente fatta. Ne deriva che il mero possessore di un titolo all'ordine, privo di valore cartolare e dal quale per ciò stesso non risulti che la promessa di pagamento è stata fatta in favore di chi lo possiede, deve fornire la prova dei fatti costitutivi del suo diritto.

Cass. civ. n. 16556/2010

Il possessore di un assegno bancario, in cui non figuri l'indicazione del prenditore oppure cui l'assegno sia stato girato dal primo prenditore o da ulteriori giratari, sia con girata piena che con girata in bianco, ha diritto al pagamento dello stesso in base alla sola presentazione del titolo, senza che, se presentato per il pagamento direttamente all'emittente, questi possa pretendere che il titolo contenga anche la firma di girata di colui che ne chiede il pagamento, applicandosi a tali ipotesi la disciplina dei titoli al portatore.

Cass. civ. n. 27378/2005

In tema di assegno bancario, la limitazione della responsabilità del trattario, secondo quanto prevede il secondo comma dell'art. 1992 c.c., ai casi di mala fede o colpa grave, non opera ove la banca sia chiamata a rispondere in via extracontrattuale, in tal caso essendo sufficiente la colpa lieve.

Cass. civ. n. 10579/2004

L'art. 35 legge assegno, secondo il quale l'ordine di non pagare la somma portata dal titolo non ha effetto che dopo spirato il termine di presentazione, si interpreta nel senso che prima della detta scadenza la banca non deve tener conto della revoca disposta dal cliente, dovendo al contrario provvedere al pagamento se vi sono fondi disponibili, atteso che la disposizione mira ad assicurare un'affidabile circolazione del titolo e a garantire l'esistenza dei fondi dal momento dell'emissione dell'assegno fino alla scadenza del termine di presentazione. (Nella specie, correntista aveva dedotto che l'emissione dell'assegno era frutto di azione truffaldina e che, posto all'incasso, l'assegno era stato protestato a causa dell'estinzione del conto corrente e del trasferimento dei fondi, nonostante la revoca dell'ordine di pagamento. La S.C., nell'enunziare il principio di cui alla massima, ha confermato la sentenza di merito che aveva respinto le pretese del correntista nei confronti della banca per il pregiudizio derivante dal non aver dato esecuzione alla disposta revoca).

Cass. civ. n. 6524/2000

La banca trattaria, cui sia presentato per l'incasso un assegno bancario, ha il dovere di pagarlo se l'eventuale irregolarità (falsificazione o alterazione) dei requisiti esteriori non sia rilevabile con la normale diligenza inerente all'attività bancaria, e che coincide con la diligenza media, non essendo tenuta a predisporre un'attrezzatura qualificata con strumenti meccanici o chimici al fine di un controllo dell'autenticità delle sottoscrizioni o di altre contraffazioni dei titoli presentati per la riscossione. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva escluso la responsabilità extracontrattuale della banca nel pagamento a persona diversa del beneficiario di un assegno da cui era stata cancellata la clausola «non trasferibile» operata mediante asportazione chimica).

Cass. civ. n. 1607/2000

Il pagamento del titolo di credito in favore del possessore non legittimato sortisce effetto liberatorio solo in assenza di dolo o colpa grave, senza che si possa attribuire diversa portata alla negoziazione del titolo stesso attraverso collegate operazioni di «conversione» o di «sostituzione» del titolo originario con altri, siccome la prima operazione implica di per sé l'estinzione (pagamento) del titolo originario. (Nella specie, la società A aveva emesso in favore della società B un assegno bancario che era stato presentato da un soggetto per il pagamento; la banca, senza verificare i poteri di negoziazione di quel soggetto, gli aveva consegnato assegni circolari trasferibili per l'ammontare corrispondente a quello dell'originario assegno bancario, intestati alla società B, da quella persona girati a terzi e, quindi, incassati. La società B convenne, allora, in giudizio la banca per il risarcimento del danno da illegittima negoziazione dell'assegno bancario. Il giudice del merito respinse la domanda, rilevando che l'assegno originario non era stato convertito in denaro, bensì in assegni circolari pur sempre intestati alla società B, sicché il relativo importo non era mai uscito dalla disponibilità della stessa. La S.C., enunciando il principio riportato in massima, ha cassato la sentenza).

Cass. civ. n. 3655/1998

Il prenditore (o il suo giratario) che accetta di essere pagato mediante assegno bancario, accetta anche l'eventuale liberazione prevista dal secondo comma dell'art. 1992 c.c., per i titoli di credito in generale, a favore del «debitore che senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti del possessore». Pertanto, diversamente dal caso in cui l'assegno viene smarrito o rubato durante la trasmissione al prenditore (senza, quindi, pervenire nelle sue mani), nell'ipotesi in cui il prenditore o altro giratario abbia conseguito il possesso del titolo garantito da provvista, l'eventuale pagamento da parte del banchiere delegato, prima della notificazione del decreto di ammortamento, a persona non legittimata, determina l'estinzione dell'obbligazione, con conseguente liberazione del debitore.

Cass. civ. n. 6081/1996

La banca, pur non potendo rifiutare il pagamento al possessore del titolo che sia legittimato da una serie continua di girate, non è, tuttavia, liberata se adempie la prestazione nei confronti di chi non sia titolare del diritto, osservando un comportamento connotato da dolo o da colpa grave. Non è, pertanto, liberato il banchiere che adempia al pagamento di assegni circolari intestati ad un'amministrazione dello Stato (nella specie, l'Ufficio del Registro), da se stesso emessi, su richiesta di una società, che siano stati successivamente negoziati mediante girata e versati su conti correnti intestati a soggetti diversi dal beneficiario e dalla stessa società richiedente, presso la medesima sede dello stesso banchiere. Costituisce, infatti, nozione di qualsiasi banchiere di media diligenza quella secondo cui i titoli che costituiscono strumento di pagamento di debito verso lo Stato non sono destinati alla circolazione, dovendo per legge contenere la clausola di intrasferibilità, e che, in ogni caso, i pagamenti dello Stato non avvengono mediante girata di titoli da esso ricevuti senza vincolo di intrasferibilità, ma solo mediante mandati di pagamento o titoli speciali che possono essere emessi esclusivamente dai funzionari delegati nelle forme di cui agli artt. 339 e 340 del regolamento di esecuzione della legge sulla contabilità generale dello Stato.

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D. Z. chiede
sabato 06/01/2024
“Buongiorno,
avevo firmato delle cambiali a un fornitore in qualità di ditta artigiana: ora ho chiuso quella ditta artigiana e ne ho aperta un'altra con nominativo, indirizzo e partita iva differenti. Le cambiali sottoscritte se non vengono pagate vanno in protesto oppure devono essere rinegoziate per essere incassate dal fornitore?
Grazie”
Consulenza legale i 15/01/2024
La ditta individuale e l’imprenditore/titolare non costituiscono due soggetti diversi (tanto che hanno il medesimo codice fiscale), pertanto nel caso in cui la prima contragga dei debiti, a risponderne è il titolare stesso anche con il proprio patrimonio personale.
Di conseguenza, le cambiali sottoscritte dal titolare dovranno essere onorate da quest’ultimo se la ditta individuale non riuscisse ad adempiere per qualsiasi ragione, compresa la chiusura dell’attività e della partita IVA; ciò vale anche se nel titolo di credito è indicata quest’ultima quale soggetto debitore, proprio in virtù dell’identità dei due soggetti.
In caso contrario, il creditore potrà levare protesto, con le conseguenze che ne discendono.


Anonimo chiede
martedì 09/03/2021 - Abruzzo
“Buongiorno,
Chiedo l'anonimato sul presente quesito nel rispetto della privacy.

Vorrei dei chiarimenti riguardo gli assegni non trasferibili.
Sono a conoscenza del fatto che l’assegno non trasferibile può essere incassato solo dal destinatario e che non può essere girato a terzi.
I dubbi sono:

- può l’assegno non trasferibile essere incassato in qualsiasi banca del mondo, purchè il conto corrente sia intestato al destinatario dell’assegno? Supponiamo, infatti, il caso in cui il destinatario abbia sia un conto corrente in Italia sia altri conti correnti in giro per il mondo e che per qualche motivo decida di incassare l’assegno all’estero. C’è una scadenza nell’incassare l’assegno in un conto estero?

- supponiamo che io consegni un assegno non trasferibile al destinatario il quale, nei giorni successivi, o non incassa l’assegno (ed io me ne accorgo perché non vedo l’addebito sul mio conto corrente) o lo tiene custodito in un cassetto e se ne dimentica, o lo perde, o altro…
Al di là del fatto che io non vedo l’addebito sul mio conto corrente (il che sarebbe una chiara evidenza e prova del fatto che l’assegno non è stato incassato), come può il destinatario, dal canto suo, dimostrare che non ha incassato l’assegno, soprattutto nell’ipotesi che abbia molti conti correnti in giro per il mondo?
Al contrario, io che consegno l’assegno non trasferibile al destinatario, non sapendo se egli lo riscuoterà, se lo perderà o altro, posso tutelarmi in qualche modo contro l’eventuale rivendicazione, da parte del destinatario, dell’importo non ancora incassato?

- quando si consegna un assegno non trasferibile al destinatario, a prescindere se l’assegno verrà incassato o meno (cosa che non si può sapere a priori), è possibile farsi firmare una ricevuta di quietanza (magari post-datata rispetto al giorno di consegna dell’assegno) che svincola me acquirente da qualsiasi futura eventuale rivalsa da parte del destinatario nei confronti dell’importo non incassato?


Vi prego di rispondere in modo dettagliato ad ognuno dei quesiti posti.

Grazie,
Cordiali Saluti”
Consulenza legale i 16/03/2021
Il primo quesito concerne la possibilità di incassare un assegno all’estero, presso la dipendenza di una delle banche con cui si è acceso un conto corrente, e quali siano i termini per l’incasso dell’effetto.

La presentazione di un assegno bancario presso una filiale di banca estera o di banca italiana ma sita all’estero è astrattamente possibile, dipendendo detta possibilità dai servizi garantiti dall’istituto di credito presso cui si intende presentare l’assegno all’incasso. Quanto ai termini di pagamento, l’art. 32 della Legge Assegni (Regio Decreto del 21 dicembre 1933, n. 1736) prevede che “l'assegno bancario emesso in un paese diverso da quello nel quale è pagabile deve essere presentato entro il termine di venti giorni o di sessanta giorni a secondo che il luogo di emissione e quello di pagamento siano nello stesso o in diversi continenti. A questo effetto gli assegni bancari emessi in un paese di Europa e pagabili in un paese litoraneo del Mediterraneo o viceversa sono considerati come assegni bancari emessi e pagabili nello stesso continente. I termini suddetti decorrono dal giorno indicato nell'assegno bancario come data di emissione”.

In ogni caso, l’art. 35 prevede che la mancata presentazione entro detto termine comporti esclusivamente la possibilità per il traente (colui che ha emesso l’assegno) di emettere l’ordine di non pagare la somma dell’assegno. In difetto di tale revoca, l’assegno può essere comunque incassato anche dopo lo spirare dei termini sovra indicati.

Quanto al secondo quesito, il beneficiario del pagamento effettuato a mezzo assegno non può dimostrare di non averlo incassato ma, nel caso di contestazioni, può opporre al traente soltanto l’eventuale mancata copertura dell’effetto e non il mancato pagamento. La Corte di Cassazione ha, infatti, stabilito che la semplice consegna dell’assegno non comporta l’estinzione dell’obbligazione pecuniaria, e che, salva diversa volontà delle parti, “l'obbligazione pecuniaria, quando il pagamento è effettuato con assegno si considera estinta quando il creditore ha materialmente la disponibilità della somma (non nel momento in cui riceve l'assegno dal debitore) (Cass., civ. sez. I, del 16 aprile 2015 n. 7761). In altri termini, l’estinzione dell’obbligazione è subordinata al buon fine dell’assegno.

Quanto al terzo quesito, la Suprema Corte ha precisato che la dichiarazione che il creditore rilasci al debitore di avvenuta ricezione in pagamento di un assegno bancario non costituisce quietanza liberatoria in senso tecnico, a prescindere dal "nomen" che il dichiarante le abbia attribuito, trattandosi di una mera dichiarazione di scienza asseverativa del fatto della ricezione dell'assegno, ma non anche dell'effetto giuridico dell'adempimento dell'obbligazione, il quale consegue solo alla riscossione della somma portata dal titolo (Cass. civ., Sez. III, Ordinanza, 22/01/2019, n. 1572). La Cassazione, anche in relazione alla quietanza in esame, distingue l’ipotesi in cui le parti abbiano espressamente convenuto che la consegna abbia efficacia “pro soluto” e non “pro solvendo” e che, quindi il debitore si intenda liberato con la semplice dazione dell’effetto.