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Articolo 1999 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Conversione dei titoli

Dispositivo dell'art. 1999 Codice Civile

I titoli di credito al portatore possono essere convertiti dall'emittente in titoli nominativi [1003], su richiesta e a spese del possessore(1).

Salvo il caso in cui la convertibilità sia stata espressamente esclusa dall'emittente, i titoli nominativi possono essere convertiti in titoli al portatore, su richiesta e a spese dell'intestatario che dimostri la propria identità e la propria capacità a norma del secondo comma dell'articolo 2022 [373].

Note

(1) Ciò comporta una limitazione alla circolazione del titolo, che non si può escludere l’emittente voglia evitare.

Ratio Legis

La conversione del titolo da nominativo in titolo al portatore ne aumenta la possibilità di circolare: quindi l’emittente, che può voler evitare che il titolo venga acquisito da un dato soggetto, può opporsi (comma 2).
Invece, se il processo di conversione è inverso, la circolazione del titolo viene frenata, pertanto l’emittente non ha questo interesse ad opporsi.

Spiegazione dell'art. 1999 Codice Civile

Unità inderogabile e facoltà di scelta della legge di circolazione dei titoli di credito: concetto giuridico di “conversione dei titoli di credito”, quale è sancito dall’art. 1999 c.c.

L'ordinamento giuridico, nella determinazione dell'elemento di fatto dei titoli di credito tipici o nominati, può statuire, inderogabilmente, un'unica legge di circolazione, ovvero consentire la scelta fra più leggi di circolazione. Cosi, ad es., sono, essenzialmente ed esclusivamente, titoli nominativi le azioni delle società (R. D. L. 25 ott. 1941, n. 1148, concernente la nominati­vità dei titoli azionari), e titoli all'ordine la cambiale, il vaglia cambiario, l'assegno circolare, nonché il vaglia cambiario, l'assegno bancario libero e l'assegno bancario piazzato della Banca d'Italia, — il vaglia cambiario, l'assegno di corrispondenti e la fede di credito del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia (artt. 1 i, n. 6 e 100, n. 5 Legge cambiaria; 82, 87, 88, 102, 106, 107 e 108 R. D. 21 dic. 1933, n. 1736). Viceversa, ad es., può essere creato sia all'ordine che al portatore l'assegno bancario (art. 5 R. D. 21 dic. 7933 cit.); può essere al portatore, all'ordine o nominativo l'originale della polizza di carico o della polizza ricevuto per l'imbarco rilasciato al caricatore (art. 442 Cod. navigaz.).

In questi ultimi casi, l'esercizio della facoltà di scelta fra più leggi di circo­lazione, come quello che deve avvenire all'atto della creazione del titolo, spetta naturalmente all'emittente (che ha, di certo, l'obbligo di rispettare gli accordi eventualmente intervenuti col prenditore immediato in .sede di convenzione esecutiva del rapporto fondamentale); ed .operata la scelta in parola, ed emesso il titolo, il portatore non ha il potere di mutamento della legge di circolazione (con un atto unilaterale). Si è bene osservato rispetto alla vecchia legislazione (ed il rilievo è efficace, anche rispetto alla nuova) che « se lo potesse, l'emit­tente si troverebbe esposto a una responsabilità diversa da quella che volle assumere; se il titolo emesso colle forme di un titolo nominativo fosse conver­tito in un titolo al portatore, non potrebbe più opporre a chi glielo presenta le eccezioni opponibili al titolare iscritto nei suoi registri; se il titolo al portatore fosse convertito in un titolo nominativo, si troverebbe esposto alla grave re­sponsabilità di identificare il suo creditore ». Ed, in via generale, se si acco­gliesse una diversa opinione, si affermerebbe la validità di elementi cartolari estranei alla attività del dichiarante, con palese violazione dei concetti e dei prin­cipii, dominanti in materia di titoli di credito.

Dunque, il problema di tale mutamento della legge di circolazione non può essere posto e risoluto, che con riferimento alla persona dell'emittente: si tratta, cioè, di accertare, in base al diritto positivo, se, ed in quali casi, esso emittente sia tenuto ad eseguire il mutamento predetto, o c. d. conversione del titolo di credito. Ed appunto dal cit. art. 1999, messo in relazione colla pre­cedente legislazione (artt. 2-6 R. D. L. 7 giugno 19231 n. 1364, contenente norme per agevolare la trasmissione dei titoli nominativi emessi a nonna di legge dalle Provincie, dai Comuni, dalle società e da qualsiasi altro ente, e la conversione dei titoli stessi da una specie all'altra), risulta:

1) Che la conversione, in quanto sia consentita dalla legge, deve essere operata dall'emittente su richiesta del possessore, cioè quest'ultimo ha il diritto di domandarla, e sul primo incombe l'obbligo di eseguirla. Vero è che le dizioni legislative « i titoli di credito al portatore possono essere convertiti dall'emittente in titoli nominativi.... » e « .... i titoli nominativi possono essere convertiti in titoli al portatore.... » (rispettivamente, 1° e 20 comma dell'art. 1999), per la loro lettera, potrebbero indurre a ritenere che alla conversione corrisponda una facoltà, e non un obbligo, dell’emittente; ma la ratio legis, che, notoriamente, consiste nella tutela di interessi degli intestatari o possessori dei titoli, e che era evidente nella legislazione precedente importa che le norme predette debbano interpretarsi nel senso che “ il possessore può richiedere la conversione, sopportandone le spese”, e che, correlativamente, l’emittente non può rifiutarla.

2) Che tale potere di conversione è ammesso solo per i titoli in serie o di massa. Infatti, malgrado che l’ampia lettera della legge non distingua tra titoli individuali e titoli in serie, la ratio legis impone di interpretare la norma restrittivamente, cioè di considerarvi regolati solo i titoli in serie, come quelli che, a differenza dei titoli individuali, sono normalmente di lunga durata, sì che la loro conversione può effettivamente realizzare la tutela degli interessi dei possessori perseguita dalla norma stessa.

3) Che è previsto l’esercizio del predetto diritto di conversione dalla specie dei titoli al portatore a quella dei titoli nominativi, e viceversa, ma non rispetto ai titoli all’ordine, onde il possessore di questi non può pretenderne la conversione in titoli nominativi o al portatore, come il possessore di queste specie di titoli non può richiederne la conversione in titoli all’ordine. È anche concepibile, e attuabile, la conversione di un titolo individuale e altresì di un titolo all’ordine in nominativo o al portatore, ovvero di un titolo nominativo o al portatore in un titolo all’ordine. Ma tali fattispecie esulano dall’ambito del concetto giuridico predetto, cioè tali conversioni non costituiscono l’oggetto, rispettivamente, di un diritto del possessore e di un obbligo dell’emittente, bensì la loro esecuzione esige, come presupposto indispensabile, un accordo preventivo e conforme di entrambi i soggetti.


Distinzioni: a) secondo la fonte della conversione, a’) conversione volontaria

a, a' ) La conversione dei titoli di credito, quale è disciplinata nelle norme in esame, ha la sua fonte nel diritto di richiesta del possessore, ossia nella volontà privata; e, sotto questo aspetto, può parlarsi di conversione volontario, nei confronti del medesimo possessore. Perché, invece, nei confronti dell'emittente, come si è rilevato, si ha, puramente e semplicemente, l'adempimento di un obbligo.

b') Conversione obbligatoria o legale
b') Alla forma di conversione testè prospettata, si contrappone quella ulteriore forma, che, in quanto ha la sua fonte in una norma cogente, qualificata conversione obbligatoria o legale, e di cui si riscontrano notevoli esempi nel diritto positivo. Cod, « se nel patrimonio del minore, si trovano titoli al portatore, il tutore deve farli iscrivere al nome del minore, salvo che il giudice disponga che siano depositati in cauta custodia » (art. 373 c.c.). Così pure i titoli di credito al portatore costituiti in patrimonio familiare devono essere vincolati rendendoli nominativi con annotazione del vincolo o in altro modo idoneo (art. 169 comma 2 c.c.).


b) Secondo la specie di titoli di credito, fra cui si opera la conversione: a') Conversione di titoli al portatore in titoli nomina­tivi

b) Secondo le specie di titolo di credito, fra cui si opera la conversione, il cit. art. 1999 distingue e disciplina: a') Conversione di titoli al portatore in titoli nominativi, b') Conversione di titoli nominativi in titoli al portatore.

a') Il diritto di richiedere all'emittente la conversione di un titolo in serie al portatore in un titolo nominativo spetta al possessore, come a quello che è legittimato anche all'esercizio dei diritti cartolari (artt. 1999 e 2003, 2° comma nuovo Cod. civ.). Come giustamente si osservava anche prima della nuova Codificazione civile, « il possesso del titolo al portatore basta a giustificare la domanda della conversione in esso titolo nominativo, tanto al nome di chi lo presenta che al nome di un terzo, tanto più che il possessore, vincolando l'ulteriore circolazione del titolo colle forme del titolo nominativo, aggiunge una circostanza di più e di non ambiguo significato, alla presunzione di legittimità del suo possesso ».

L'esecuzione della conversione presuppone, però, che il possessore, ove ne sia richiesto dall'emittente, anticipi le spese occorrenti, che, in ogni caso, sono a carico del medesimo possessore, in forza di una precisa disposizione legisla­tiva (art. 1999, 10 comma cit.), e, comunque, di un principio generale.


b') Conversione di titoli nominativi in titoli al portatore (Natura giuridica di questa fattispecie di conversione)

b') L'esercizio del diritto di richiedere all'emittente la conversione di un titolo in serie nominativo in un titolo al portatore, esige il concorso dei seguenti estremi legali di natura positiva i primi tre, e di natura negativa l'ultimo (art. 1999, 20 comma, cit.) :

1) Che la richiesta di conversione venga fatta dall'intestatario del titolo;
2) Che questi dimostri la propria identità e la propria-capacità a norma del 2° comma dell'art. 2022 [per cui « colui che chiede l'intestazione del titolo a favore di un'altra persona o il rilascio di un nuovo titolo ad esso intestato, deve provare la propria identità, e la propria capacità di disporre, mediante certi­ficazione di un notaio o di un agente di cambio. Se l'intestazione o il rilascio è richiesto dall'acquirente, questi deve esibire il titolo e dimostrare il suo diritto mediante atto autentico »] ;
3) Che, come nella precedente fattispecie di conversione, l'intestatario, ove ne sia richiesto dall'emittente, anticipi le spese occorrenti, che, in ogni caso, sono a carico di esso intestatario;
4) Che la convertibilità non sia stata espressamente esclusa dall'emittente, all'atto della creazione del titolo. Con riferimento all'art. 2 R. D. L. 7 giugno 1923, n. 1364, che egualmente esigeva, da parte del richiedente la conversione del titolo nominativo in titolo al portatore, « la prova della sua identità e della sua, capacità di alienarlo », — e per spiegare la statuizione di quest'ultimo estremo [prova della capacità di alienare il convertendo titolo nominativo], — è stato già posto dalla dottrina il problema particolare della natura giuridica dell'atto di conversione. — E tale problema è stato esattamente risoluto nel senso che la conversione di un titolo di credito, per sé, non importa nè aliena­zione del titolo, nè novazione del credito; — e che la legge ha soltanto equiparato ad una alienazione la conversione di un titolo nominativo in un titolo al portatore, per ciò che siffatta conversione potrebbe costituire lo strumento di una suc­cessiva alienazione, operata mediante la semplice consegna del titolo con­vertito.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1999 Codice Civile

Cass. civ. n. 18528/2007

L'assegno bancario rilasciato senza indicazione del nome del prenditore non è invalido, ma vale come assegno bancario al portatore e, quindi, può essere convertito dal possessore in titolo all'ordine o riempiendolo con il proprio nome e trasferendolo mediante girata, ovvero riempiendolo con il nome di un terzo e consegnandogli il titolo. In questa seconda ipotesi, la persona formalmente indicata come prenditore non assume in realtà tale figura giuridica, che spetta solo a colui che ha concluso il contratto di emissione e ha ricevuto l'assegno rilasciato in bianco o al portatore, ma rimane terzo rispetto al rapporto di emissione e non possono, pertanto, essergli opposte le eccezioni personali di cui all'art. 25 del r.d. n. 1736 del 1933. (Nella specie, la S.C. sulla scorta dell'enunciato principio e cassando con rinvio la sentenza impugnata, ha ritenuto che, in virtù del fatto che l'assegno rilasciato con il nome del prenditore in bianco era stato riempito con quello di un terzo divenutone possessore, a quest'ultimo non avrebbero potuto essere opposte le circostanze relative al successivo pagamento del titolo). (Cassa con rinvio, App. Venezia, 24 Febbraio 2003).

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