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Titolo IX - Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Dei fatti illeciti

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
793 Sotto questa rubrica si comprendono quei fatti produttivi di danno che il codice civile del 1865, denominava delitti o quasi delitti; ossia quei comportamenti e quelle situazioni dell'uomo, rispetto ad altre persone o a cose, contrastanti col principio generale che impone ai singoli, nello svolgimento della loro attività, di non cagionare danni agli altri. E' sembrata più esatta la denominazione di "fatti illeciti" anziché quella di "atti illeciti", perché in altra parte del libro delle obbligazioni (articoli 1324 e 1334), con la voce "atti" si sono designati i negozi giuridici.
794 Fonte di responsabilità può essere il comportamento della persona (fatto proprio), ovvero una determinata relazione con l'autore del fatto o con la cosa (animata o inanimata) da cui il danno è derivato. La responsabilità per fatto proprio si fonda sulla colpa; quella per fatto di altre persone si fonda o sulla colpa propria e altrui (art. 2043 del c.c.) ovvero, trattandosi di persone che operano nella sfera giuridica del soggetto responsabile (art. 2049 del c.c.), soltanto sulla colpa altrui. La responsabilità inerente alla relazione del soggetto con cose o animali (art. 2051 del c.c. e art. 2052 del c.c.) riceve particolare disciplina. Non preme tanto di esporre le varie giustificazioni che essa può avere, per scegliere quella che sembri meglio persuasiva, quanto di rilevare che in esso, non può ritenersi operante il principio della pura causalità. Infatti, anche quella dottrina che, nel caso di danno da cose o animali, riteneva di poter parlare di responsabilità, obiettiva, ammetteva la prova liberatoria del caso fortuito, ossia di una causa non imputabile, e comprendeva nel caso fortuito il fatto di un terzo del quale non si debba rispondere e la colpa dello stesso danneggiato. Quale danno cagionato dalla cosa deve considerarsi quello prodotto dall'incendio che si è in essa sviluppato. La responsabilità del custode pertanto deve essere in tale caso regolata dall'art. 2051, sempre che, naturalmente, tra custode e danneggiato, non vi sia un rapporto contrattuale; se tal rapporto vi sia, si osservano le norme degli art. 1588 del c.c., primo comma, e art. 1611 del c.c.. L'onere della prova liberatoria incombe sul detentore della cosa, ed ha per contenuto l'identificazione della causa non imputabile dell'incendio, in modo che la causa ignota rimane a carico del detentore medesimo. L'esempio di una legislazione straniera (legge francese 17 novembre 1922) che addossava al terzo danneggiato l'onere di provare la colpa del detentore della cosa, criticato da autorevoli giuristi dello stesso paese, non era da seguire e non è stato seguito. Nessuna ragione vi era per non considerare sullo stesso piano, quale danno prodotto dalle cose in custodia, quello manifestatosi attraverso un incendio e quello prodotto da esplosioni, emanazioni nocive, scolo di liquidi corrosivi, ecc. La durezza di tale situazione fatta al detentore può essere corretta mercé contratti di assicurazione. Nel nuovo codice si è tenuta presente l'unità del criterio misuratore della colpa, sia contrattuale che extracontrattuale. Per entrambe si ha riguardo al comportamento dell'uomo di media o normale diligenza e cioè del buon padre di famiglia, che va adeguato, come si è già detto (n. 559), alla natura del rapporto cui si ricollega il dovere di condotta. Quanto all'onere della prova circa la colpa, nel caso di responsabilità per fatto proprio (art. 2043) si è mantenuto fermo, di regola, il principio tradizionale secondo il quale esso incombe sul danneggiato. Talora, con riferimento a casi particolari il principia suddetto pone difficoltà al danneggiato; ma il giudice può ovviarvi utilizzando al massimo presunzioni semplici e regole di comune esperienza. In modo che non appariva necessario seguire la tendenza innovatrice di coloro che avrebbero preferito fondare la disciplina del fatti illeciti sullo spostamento dell'onere della prova, dal danneggiato che afferma la colpa al danneggiante che la nega. Questo spostamento talora è però necessario. Fu consacrato nel codice abrogato per talune responsabilità indirette (articoli 1153, secondo, terzo, quinto e sesto comma, corrispondenti all'art. 2048 del c.c. del nuovo codice), e tale norma è stata estesa ad altri casi: chi è obbligato a sorvegliare un incapace, per quanto tenuto ai danni da quello prodotti sulla base di una responsabilità diretta, deve dare la prova liberatoria (art. 2047 del c.c., primo comma).