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Articolo 2044 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Legittima difesa

Dispositivo dell'art. 2044 Codice Civile

Non è responsabile chi cagiona il danno per legittima difesa di sé o di altri [52 c.p.](1).

Nei casi di cui all'articolo 52, commi secondo, terzo e quarto, del codice penale, la responsabilità di chi ha compiuto il fatto è esclusa(2).

Nel caso di cui all'articolo 55, secondo comma, del codice penale, al danneggiato è dovuta una indennità la cui misura è rimessa all'equo apprezzamento del giudice, tenuto altresì conto della gravità, delle modalità realizzative e del contributo causale della condotta posta in essere dal danneggiato(2).

Note

(1) I requisiti affinché ricorra un caso di legittima difesa sono: un'aggressione illegittima al soggetto o al suo patrimonio; un pericolo attuale ed inevitabile; una difesa diretta a far venir meno l'aggressione, purché sia proporzionata all'offesa.
(2) Comma introdotto dalla L. 26 aprile 2019, n. 36 in vigore dal 18 maggio 2019.

Ratio Legis

Nel caso in cui i beni o la persona di un consociato vengano messi in pericolo il legislatore, nel bilanciare gli interessi dell'aggredito e dell'aggressore, dà prevalenza ai primi: nello specifico, ciò che viene meno è l'ingiustizia del danno prodotto.

Brocardi

Adgreditus non habet staderam in manu
Adversus periculum, naturalis ratio permittit se defendere
Cum vi vis illata defenditur
Incontinenter
Vim vi defendere omnes leges omniaque iura permittunt
Vim vi repellere licet

Spiegazione dell'art. 2044 Codice Civile

Concetto giuridico della legittima difesa

La norma è nuova, ma risponde ad una concezione già insita nella coscienza dei popoli, affermata dai giuristi, riconosciuta dalla giurisprudenza.

Necessitas inevitabilis, che importa la indagine della esistenza del diritto di difesa quando l'aggredito possa sottrarsi alla violenza, se alla persona, con la fuga, risolvendosi il dubbio affermativamente, per complesse consi­derazioni di ordine morale e giuridico, sulle quali, perché ovvie, non è il caso di fermarsi: si intende che con la fuga non va confuso il comodo allon­tanamento.

Il concetto del vim vi repellere licet è antichissimo. È il principio dell'auctoritas monastica che trova applicazione: ove sussiste un diritto è consentita la difesa dalla offesa ingiusta, quando il singolo si trovi in condizione di non poter ricorrere, senza pregiudizio del diritto minacciato, all'ente sociale. Si dice « senza pregiudizio del diritto minacciato » perché la difesa legittima opera contro un pericolo di lesione di diritto, e mira ad evitare il danno, ma non reintegra un diritto leso: chi uccide l'aggressore che sta attentando a la sua vita, in condizioni di fatto tali che appaia che solo in tal guisa possa sottrarsi al pericolo opera in istato di legittima difesa. Non così chi uccide o fe­risce l'aggressore che già gli ha cagionato il danno, e si allontana. Qui trat­tasi di reazione per un diritto già leso.

Sono variati, nei tempi, i limiti di estensione del diritto di difesa. Oggi questa si intende applicabile a tutti i diritti: chi ha commesso il fatto per es­servi stato costretto dalla necessità di difenderà « un diritto proprio od altrui » contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia pro­porzionata alla offesa. Il codice Zanardelli ne restringeva invece il concetto alla necessità di respingere « da sé o da altri » una violenza attuale ed in­giusta, onde apparve doversi limitare l'applicazione alla sola difesa della persona, vita, integrità personale, cui si estese la difesa dell'onore sessuale. Oggi non è neppure necessaria una « aggressione » al diritto, basta un'of­fesa che contrasti il diritto (ingiusta).

Né, in tema di difesa, occorre che l'uomo agisca da insensato, ed erra chi crede che il timore, la preoccupazione siano la ragione della non perseguibilità, e che la società si ritenga lesa dal fatto, ma mandi impunito l'agente in considerazione dello stato subbiettivo di lui. Occorre ben fermare il principio secondo cui quando ricorrono le condizioni oggettive fermate dalla legge, l'ordine pubblico non deve considerarsi turbato, venendo l'agente costituito, per espresso dettato di legge, arbitro della situazione.


Ragione della irresponsabilità per danni e limiti

L'atto di difesa non costituisce un illecito giuridico, onde non genera obbligo di indennizzo. È l’atto antigiuridico dell’aggressore che crea quel danno che la difesa necessita. Se nel fatto si ravvisa una ragione di re­sponsabilità non è questa dalla parte di chi si difende, ma di chi offende, onde se l'aggressore sia già riuscito a cagionare un danno, per essersi la rea­zione dell'offeso esplicata quando già un danno gli sia venuto, ed al fine 'di evitarne altro maggiore imminente, il pregiudizio già arrecato dallo ag­gressore è risarcibile, mentre non è indennizzabile quello nel quale si con­creta il mezzo ed il modo per respingere la violenza stessa.

Per le interferenze che passano più che altrove in subiecta materia tra la legge penale e la civile, perché questa trae proprio dall'altra la nozione del diritto di difesa, occorre rilevare che nel codice Rocco per aversi lo stato di difesa; agli effetti della impunità, è necessario che essa sia « proporzionata » alla offesa. È ovvio che quando questa proporzione non sussista, poiché versasi fuori i limiti della difesa, il fatto dovrà considerarsi pure « civilmente illecito ». Si è discusso sul modo di interpretare la proposizione, ed appare che vada intesa nel senso che per la determinazione della « proporzionalità » debba tenersi presente non solo la entità della offesa, ma anche la entità del diritto che si vuole difendere. La relazione ministeriale che accompagna il testo della legge non accoglie peraltro tale concetto, e pure rilevandosi che talvolta anche l' importanza dell' interesse da difendere possa costituire un elemento per giudicare della gravità della offesa si conclude che esso non è elemento essenziale, dovendosi considerare soprattutto la entità della offesa più che l' interesse che si voglia proteggere, il che non convince.

Ed ancora: l' art. 52 del c.p. vigente parla di non punibilità quando il fatto sia commesso perché l'agente vi sia stato costretto dalla necessità di difendere un « diritto » proprio od altrui, senza limitazioni di sorta sulla natura del diritto. L'art. 49 del codice Zanardelli, invece, si esprime in maniera limitativa: non è punibile colui che ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di respingere « da sè o da altri » una violenza attuale ed ingiusta. Che nel « » venga compresa, oltre la vita e la integrità personale, anche l'onore sessuale non pub discutersi, e si forme, larga lette­ratura al riguardo; il dubbio sorse per la difesa bei beni patrimoniali praticata nell'atto dell'aggressione, che non apparve compresa, anche tenuto conto della disposizione dell'art. 376 che riconobbe la legittimità della difesa quando con i beni correva pericolo anche la persona: dicasi lo stesso per la difesa all’altro diritto.

L'art. 2044 del codice civile vigente non si riporta alla locuzione della legittima difesa quale dettata dal codice penale Rocco, ma a quella dell'abrogato sistema, e parla anch'esso esplicitamente di legittima difesa di sé o di altri. Sorge pertanto dubbio se debba ritenersi risarcibile il danno cagionato in stato di difesa, ma per la difesa dei beni, o di altro diritto che non si attenga alla persona. Le discussioni parlamentari non offrono alcun elemento per la risoluzione di esso, né si dice se deliberatamente alla locu­zione più recente che dà, della legittima difesa ampia nozione si sia sostituita l'altra che suona ritorno all'antico.

Ora se si considera che non sembra ammis­sibile che si voglia dare nel codice civile una nozione sorpassata della legit­tima difesa, se si consideri soprattutto che anche se nel codice delle obbliga­zioni non fosse stata enunciata la irresponsabilità per il danno cagionato in stato di difesa, questa sarebbe derivata dalle norme generali per le quali non vi è colpa quando l'operato di alcuno sia la conseguenza necessaria del­l'operato doloso altrui, appare più consono concludere che se pure il diritto non sia attinente alla persona l'atto di difesa non generi responsabilità civile.


Eccesso di difesa

Per quanto concerne l'eccesso di difesa, si osserva che qui la ra­gione della responsabilità risiede proprio nella colpa. Quando ricorra eccesso già si è detto, ma bisogna aggiungere che nella interpretazione della legge civile è necessario discostarsi alquanto dalla interpretazione della legge pe­nale. Per questa la perseguibilità dei fatti colposi è di eccezione, e si restringe alle ipotesi espressamente previste.

Ora può bene avvenire che nella difesa si ecceda colposamente, ma il fatto non sia preveduto dalla legge penale come delitto colposo: la ragione di non punibilità agli effetti del sindacato penale non esclude che riconoscendosi una colpa si debba ritenere risarcibile il danno. Un esempio chiarirà il principio: se alcuno eccedendo nella difesa di un suo diritto provochi un danneggiamento al fondo altrui non potrà essere perseguito penalmente perché la legge penale non ammette il danneggiamento colposo, ma sarà tuttavia tenuto, in sede civile, a risarcire il pre­giudizio arrecato

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

797 Perché il fatto colposo o doloso sia fonte di responsabilità, occorre che esso produca un ingiusto danno. Si precisa così, conferendo maggior chiarezza alla norma dell'art. 1151 cod. civ. del 1865, che la culpa e l'iniuria sono concetti distinti; e quindi si esige che il fatto o l'omissione, per essere fonte di responsabilità, debba essere doloso o colposo, ossia imputabile, e debba inoltre essere compiuto mediante la lesione della sfera giuridica altrui. Non vi sarà responsabilità, quando il danno è arrecato in situazione di legittima difesa perché, chi agisce ha in tal caso il potere di difendere il proprio diritto a costo di recar danno a chi lo aggredisce; allora il danno prodotto non può qualificarsi ingiusto (art. 2044 del c.c.). Non si è creduto di regolare espressamente l'ipotesi del danno arrecato ad altri nell'esercizio del proprio diritto mediante abuso. Infatti, che sia illecito l'esercizio di un diritto, mosso dallo scopo esclusivo di nuocere o recare molestia ad altri, si ricava dall'art. 833 del c.c.. Che sia anche illecito l'esercizio del diritto in senso antisociale e non conforme allo spirito di solidarietà corporativa, si trae anche dalla disposizione dell'art. 1175 del c.c., ove è imposto al titolare di un diritto di credito di esercitare il diritto stesso secondo le regole della correttezza in relazione ai principi della solidarietà corporativa: il che implica, come si è già rilevato (n. 558), che pure nell'esercizio di un diritto, non soltanto nella sopportazione del suo esercizio da parte di altri, si devono tenere in considerazione l'interesse altrui e quelli superiori della collettività.

Massime relative all'art. 2044 Codice Civile

Cass. civ. n. 18094/2020

In tema di legittima difesa, mentre nel giudizio penale la "semiplena probatio" in ordine alla sussistenza di siffatta scriminante comporta l'assoluzione dell'imputato ex art. 530, comma 3, c.p.p., nel giudizio civile, al contrario, il dubbio si risolve in danno del soggetto che la invoca e su cui incombe il relativo onere della prova.

Cass. civ. n. 12820/2018

La reazione dell'imprenditore che sia danneggiato dalla condotta sleale di un concorrente è legittima, e non causa un danno risarcibile, solo quando risponde ai parametri della continenza generale e della proporzionalità rispetto all'offesa ricevuta.

Cass. civ. n. 22042/2016

La legittima difesa, quale reazione difensiva ad un'altrui offesa, non può consistere nella divulgazione di notizie false sui prodotti e l'attività del concorrente e non esclude, quindi, la responsabilità civile per l'illecito concorrenziale previsto dall'art. 2598, comma 1, n. 2, c.c.

Cass. civ. n. 1665/2016

Ai fini della applicazione dell'art. 2044 c.c., e in forza del generale "principio di riferibilità o vicinanza della prova", l'aggredito ha l'onere di provare la riconducibilità della propria condotta alla scriminante della legittima difesa per l'illegittima aggressione, mentre chi deduce l'eccesso colposo in legittima difesa è tenuto a provare che la difesa sia stata eccessiva, ai sensi dell'articolo 55 c.p.

Cass. civ. n. 18799/2009

La legittima difesa di cui all'art. 2044 c.c., idonea ad escludere la responsabilità per fatto illecito, esige il concorso di due elementi: la necessità di difendere un diritto proprio od altrui dal pericolo attuale d'una offesa ingiusta, e la proporzione tra l'offesa e la difesa. Tali elementi debbono ritenersi sussistenti nel caso in cui il creditore impedisca di fatto al debitore, minacciando azioni giudiziarie, la dispersione dei propri beni mobili attraverso l'alienazione a terzi. (In applicazione di questo principio, la Corte ha confermato la sentenza di merito, la quale non aveva ravvisato alcuna responsabilità civile nella condotta del creditore che, dopo avere: ottenuto un sequestro conservativo su capi di bestiame del debitore, ma prima che questo potesse essere eseguito, aveva impedito che i beni sequestrati fossero consegnati ad un terzo acquirente, minacciando azioni giudiziarie).

Cass. civ. n. 4492/2009

In tema di risarcimento dei danni, l'art. 2044 cod. civ rinvia sostanzialmente, per la nozione di legittima difesa, quale situazione idonea ad escludere la responsabilità civile per fatto illecito, all'art. 52 cod. pen., che richiede la sussistenza della necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempreché vi sia proporzionalità tra la difesa e l'offesa, da valutarsi "ex ante". L'identità concettuale tra l'art. 52 cod. pen. e l'art. 2044 cod. civ., deve, comunque, confrontarsi, oltre che con il "favor rei" che ha valenza generale in materia penale, con le diverse regole che presiedono la formazione della prova nel processo civile e penale, con la conseguenza che, mentre nel giudizio penale la "semiplena probatio" in ordine alla sussistenza della scriminante comporta l'assoluzione dell'imputato ex art. 530, terzo comma, cod. proc. pen., nel giudizio civile il dubbio si risolve in danno del soggetto che la invoca e su cui incombe il relativo onere della prova. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in relazione ad uno scontro fisico in conseguenza del quale entrambe le parti avevano riportato lesioni personali, aveva ritenuto che, nell'incertezza della dinamica dei fatti, dovesse presumersi una legittima difesa reciproca).

Cass. civ. n. 6875/2000

L'art. 2044 c.c., disponendo che la responsabilità per danni sia esclusa quando il danno è arrecato per difendere sé od altri contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che vi sia proporzione tra difesa e offesa, scrimina il fatto nella sua interezza. In tal modo si differenzia dall'eccesso colposo di legittima difesa nel quale, venendo a mancare il requisito della proporzionalità, vi è come conseguenza che la reazione difensiva, per effetto del suo trasmodare in eccesso, termina di essere legittima dando luogo ad un fatto illecito soggetto alla sanzione penale e fonte di obbligazione civile risarcitoria.

Cass. civ. n. 2091/2000

L'art. 2044 rinvia sostanzialmente, per la nozione di legittima difesa quale situazione idonea ad escludere la responsabilità civile per fatto illecito, all'art. 52 c.p., che richiede, a tal fine, la sussistenza, nella fattispecie, della necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta (sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa). Parimenti, perché sia ravvisabile lo stato di necessità, previsto dall'art. 2045 c.c., è richiesta la sussistenza della necessità di salvare sè od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona. Nessuna di tali situazioni è ravvisabile nel fatto dell'agente di polizia che, sopraggiunto immediatamente dopo la commissione di una rapina in una farmacia, mentre il rapinatore si stava allontanando, per sottrarsi alla cattura, impugnando una pistola
a scopo difensivo, abbia esploso all'indirizzo dello stesso, che si proteggeva con il corpo del farmacista, un colpo di arma da fuoco il quale abbia attinto anche un cliente. Tale ipotesi rientra piuttosto nella previsione di eccesso colposo nell'uso legittimo di armi, per avere l'agente superato per errore i limiti imposti dall'art. 53 c.p., che legittima tale uso solo nel caso in cui l'agente vi sia costretto dalla necessità di vincere una resistenza all'autorità. Infatti, i requisiti della costrizione e della necessità presuppongono la proporzione tra l'interesse che l'adempimento del dovere di ufficio tende a soddisfare e l'interesse che viene offeso per rendere possibile tale adempimento. Detta proporzione va esclusa nella specie, in presenza di una situazione in cui la tutela dell'incolumità fisica e della vita delle persone presenti nella farmacia beni di cui, secondo la valutazione del giudice del merito, era ben prevedibile la lesione in caso di uso dell'arma avrebbe dovuto prevalere sull'interesse alla cattura del rapinatore ed al recupero della refurtiva.

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