Cass. civ. n. 31574/2022
In tema di danno grave alla persona, la liquidazione sotto forma di rendita vitalizia ex art. 2057 c.c. ha natura aleatoria e di durata e, dunque, in applicazione delle "cautele" prescritte dalla norma, il giudice deve prevedere "ex ante" i meccanismi di adeguamento della rendita al potere di acquisto della moneta, perché, in assenza di tali meccanismi, il risarcimento non sarebbe integrale; possono essere considerate "opportune cautele" la rivalutazione annuale della rendita secondo l'indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi membri dell'Unione europea (IPCA) oppure in base all'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati elaborato dall'Istat (FOI) o, in alternativa, l'imposizione di altri strumenti di salvaguardia del beneficiario, come l'acquisto di titoli del debito pubblico in favore dell'avente diritto ovvero la stipulazione, in suo favore, di una polizza sulla vita a premio unico ex art. 1882 c.c..
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In tema di danno grave alla persona, la liquidazione sotto forma di rendita vitalizia ex art. 2057 c.c. costituisce la forma privilegiata di risarcimento, poiché consente di considerare adeguatamente l'evoluzione diacronica di tutte le componenti del danno nei casi di macroinvalidità (specie se comportino la perdita della capacità di intendere e di volere), in quelli di lesioni subite da un minore (per i quali una prognosi di sopravvivenza risulti estremamente difficoltosa se non impossibile), in quelli di lesioni inferte a persone socialmente deboli o descolarizzate ovvero, ancora, nei casi in cui sussista il serio rischio che ingenti capitali erogati in favore del danneggiato possano andare dispersi in tutto o in parte, per mala fede o per semplice inesperienza dei familiari del soggetto leso; viceversa, la liquidazione in forma di rendita non è affatto opportuna in caso di lesioni di lieve o media entità, perché il relativo gettito sarebbe così esiguo da non arrecare alcuna sostanziale utilità al danneggiato.
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Nella liquidazione del danno alla persona sotto forma di rendita vitalizia ex art. 2057 c.c., il giudice deve assicurare che la rendita restituisca un valore finanziariamente equivalente al capitale da cui è stata ricavata per l'intera durata della vita del beneficiario: la conversione del capitale in rendita deve essere eseguita dividendo il primo per un prescelto coefficiente per la costituzione delle rendite vitalizie, il quale deve essere scientificamente fondato, aggiornato, corrispondente all'età della vittima alla data dell'infortunio e progressivo, cioè variabile in funzione (almeno) di anno se non di frazione di anno.
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In tema di liquidazione del danno alla persona sotto forma di rendita vitalizia ex art. 2057 c.c., è ammissibile la revisione della rendita determinata dal giudice in caso di aggravamenti che non fossero accertabili, né prevedibili, al momento della pronuncia.
Cass. civ. n. 23725/2008
Il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito concretatosi in un evento, mortale va riconosciuto - con riguardo sia al danno morale, sia a quello patrimoniale, che presuppone, peraltro, la prova di uno stabile contributo economico apportato, in vita, dal defunto al danneggiato - anche al convivente "more uxorio" del defunto stesso, quando risulti dimostrata tale relazione caratterizzata da tendenziale stabilità e da mutua assistenza morale e materiale; a tal fine non sono sufficienti né le dichiarazioni rese dagli interessati per la formazione di un atto di notorietà, né le indicazioni dai medesimi fornite alla P.A. per fini anagrafici. (Nella specie la S.C. ha confermato
sul punto la sentenza impugnata nella parte in cui aveva, appunto, escluso che la ricorrente, che aveva contratto matrimonio canonico privo di effetti civili con la vittima, potesse vantare diritti risarcitori per la morte dell'uomo, essendo mancata la prova dell'esistenza di una relazione tendenzialmente stabile e di una mutua assistenza morale e materiale tra i due).
Cass. civ. n. 4791/2007
A norma dell'art. 2043 c.c., ai prossimi congiunti di un soggetto in giovane età, deceduto in conseguenza del fatto illecito addebitabile ad un terzo (come nel caso di morte conseguente a sinistro stradale fondato su responsabilità altrui), compete anche il risarcimento del danno patrimoniale futuro qualora questo, sulla scorta di oggettivi e ragionevoli criteri rapportati alle circostanze del caso concreto, si prospetti come effettivamente probabile sulla scorta di parametri di regolarità causale, ipotesi che ricorre nel caso in cui il giovane deceduto, anche alla luce del tipo di studi intrapreso, avrebbe presumibilmente trovato un utile impiego, la cui retribuzione, al di là della sua ipotetica entità, sarebbe senz'altro stata devoluta, almeno in parte, ai bisogni familiari, e, perciò, dei prossimi congiunti istanti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che non si era conformata al principio enunciato ed ai criteri presuntivi individuati, avendo negato il riconoscimento del suddetto danno patrimoniale futuro in favore della madre di un giovane, figlio unico convivente, deceduto in conseguenza di un incidente stradale, sul presupposto che non svolgeva, al momento della scomparsa, alcuna attività lavorativa, né aveva acquisito alcuna qualifica professionale, frequentando soltanto un corso di elettronica ed esercitando una mera attività amatoriale, sicché non era presumibile che egli avrebbe trovato in breve tempo lavoro, né che la sua retribuzione avrebbe permesso di versare un contributo alla madre, vedova e pensionata).
Cass. civ. n. 20324/2005
Chi svolge attività domestica (attività tradizionalmente esercitata dalla "casalinga"), benchè non percepisca reddito monetizzato, svolge tuttavia un'attività suscettibile di valutazione economica; sicchè quello subito in conseguenza della riduzione della propria capacità lavorativa, se provato, va legittimamente inquadrato nella categoria del danno patrimoniale (come tale risarcibile, autonomamente rispetto al danno biologico, nelle componenti del danno emergente ed, eventualmente, anche del lucro cessante). Il fondamento di tale diritto - che compete a chi svolge lavori domestici sia nell'ambito di un nucleo familiare (legittimo o basato su una stabile convivenza), sia soltanto in favore di se stesso - è difatti pur sempre di natura costituzionale, ma, a differenza del danno biologico, che si fonda sul principio della tutela del diritto alla salute (art. 32 Cost.), riposa sui principi di cui agli articoli 4, 36 e 37 della Costituzione (che tutelano, rispettivamente, la scelta di qualsiasi forma di lavoro ed i diritti del lavoratore e della donna lavoratrice).
Cass. civ. n. 11601/2005
Nel caso di sinistro stradale che abbia determinato la morte della vittima, le spese funerarie costituiscono un danno fatto valere "iure proprio" e non già "iure hereditario", atteso che esse sono imprescindibilmente successive alla morte del "de cuius".
Cass. civ. n. 564/2005
In tema di risarcimento del danno alla persona, la mancanza di un reddito al momento dell'infortunio per non avere il soggetto leso ancora raggiunta l'età lavorativa, ovvero per essere disoccupato, può escludere il danno da invalidità temporanea, non anche il danno collegato alla invalidità permanente che, proiettandosi per il futuro, verrà ad incidere sulla capacità di guadagno della vittima, al momento in cui questa inizierà una attività remunerata; infatti, nell'ipotesi di illecito determinante l'invalidità permanente di soggetto privo di reddito, in quanto non svolga attività lavorativa e frequenti un corso di studi, il danno da risarcire consiste nel minor guadagno che l'interessato realizzerà in futuro a causa della menomazione rispetto a quello che avrebbe percepito se la sua capacità lavorativa non fosse stata menomata; la relativa liquidazione può essere compiuta per mezzo di presunzioni, considerando il tipo di attività che il soggetto svolgerà in futuro secondo un criterio probabilistico, tenuto conto delle possibili scelte ed occasioni che, secondo l'"id quod plerumque accidit", si offrono in relazione al livello di studi conseguito e all'ambiente familiare e sociale di riferimento.
Cass. civ. n. 8333/2004
I genitori di persona minore d'età, deceduta in conseguenza dell'altrui atto illecito, ai fini della liquidazione del danno patrimoniale futuro provocato dalla perdita degli alimenti che il minore avrebbe potuto erogare in loro favore, devono provare che, sulla base dell'insieme delle circostanze attuali, sia pronosticabile che in futuro essi si possano trovare in uno stato di indigenza tale da aver bisogno della corresponsione di alimenti senza che nessun altro possa prestarli. Parimenti, per dar prova della frustrazione dell'aspettativa ad un contributo economico da parte del familiare prematuramente scomparso, hanno l'onere di allegare e provare che il figlio deceduto avrebbe verosimilmente contribuito ai bisogni della famiglia. A tal fine la previsione va operata sulla base di criteri ragionevolmente probabilistici, non già in via astrattamente ipotetica, ma alla luce delle circostanze del caso concreto, conferendo rilievo alla condizione economica dei genitori sopravvissuti, alla età loro e del defunto, alla prevedibile entità del reddito di costui, dovendosi escludere che sia sufficiente la sola circostanza che il figlio deceduto avrebbe goduto di un reddito proprio.
Cass. civ. n. 920/1980
Il danno patrimoniale da risarcire, quale conseguenza di lesioni personali che hanno ridotto la capacità di lavoro e quindi di guadagno del danneggiato, s'identifica nel lucro cessante e va determinato accertando le ripercussioni che il grado di inabilità abbia in concreto avuto sulla possibilità di guadagno, in rapporto, secondo i casi, all'attività svolta o a quella da svolgere. Pertanto, qualora all'epoca dell'evento dannoso il danneggiato presti servizio militare, la liquidazione del danno deve effettuarsi con riferimento all'attività cominciata a svolgere subito dopo la cessazione di tale servizio o, in mancanza, con riferimento al tipo di attività presumibilmente esercitabile in futuro.
Cass. civ. n. 4858/1979
Al fine della determinazione del danno sofferto da un lavoratore dipendente, il salario o lo stipendio da assumere a base della determinazione del risarcimento del danno non è quello che il danneggiato percepiva al momento del sinistro ma quello riscosso al tempo della liquidazione, comprensivo, inoltre, non solo dello stipendio o del salario mensile, ma anche degli altri compensi a carattere continuativo e non eventuale, come la tredicesima mensilità.