Natura della restituzione e sue modalità
La restituzione costituisce l'adempimento di un obbligo consequenziale nel senso che non costituisce diretta estrinsecazione e realizzazione della causa del contratto, che è la custodia, ma ha la funzione di far cessare la situazione di fatto, detenzione del depositario, necessaria per l'adempimento della prestazione principale di custodia. L'interesse alla restituzione non è che il riflesso negativo dell'interesse alla custodia, essendo determinato per il depositante dalla fine del bisogno di custodia, e per il depositario dall'interesse a liberarsi dall'obbligo di custodire.
Per la sua natura di contratto reale, il deposito inizia la sua vita con la consegna, la esaurisce con la restituzione. E questa viene in considerazione non solo, e non tanto, come adempimento di un obbligo autonomo, quanto come momento finale dell'obbligazione di custodire, cioè dell'effetto principale e caratteristico del contratto. L'articolo in esame, disciplinando il tempo della restituzione, attiene principalmente a questo secondo aspetto di essa, poiché regola in definitiva la durata della custodia, e quindi del deposito. Per quanto attiene a tutte le altre modalità della restituzione, come adempimento, si rinvia al commento all'art. 1774.
La restituzione nel deposito a tempo indeterminato...
Quando il deposito è a tempo indeterminato, la restituzione può avvenire in qualsiasi momento, a richiesta così del depositante come del depositario; in questo secondo caso, il giudice può concedere al depositante un termine congruo per ricevere la cosa.
La regola così posta coincide, nel risultato pratico, con i principi generali sul tempo dell'adempimento (art. 1183), per quanto riguarda la facoltà attribuita al depositante, creditore della restituzione; ne diverge, invece, nei riguardi del depositario. Non può, infatti, considerarsi equivalente alla generale facoltà del debitore di chiedere al giudice la fissazione di un termine (art. 1183), il potere del giudice di concedere al depositante un termine congruo per ricevere la cosa: la lettera della legge («termine per ricevere la cosa») dimostra, a mio avviso, che questo potere provvede soltanto alla temporanea impossibilità del depositante di ritirare la cosa, da apprezzarsi normalmente in relazione alle stesse circostanze che lo avevano indotto a depositarla, e non costituisce quindi una limitazione intrinseca della facoltà del depositario, come se al giudice fosse dato di valutare, in relazione a tutte le circostanze contrattuali e postcontrattuali, l'adeguatezza di tale
facoltà per autorizzarne o meno l'esercizio. Si tratta, per il depositario, di un vero e proprio diritto alla restituzione in ogni tempo, e non di una semplice possibilità di chiedere al giudice la fissazione di un termine; ed esso costituisce una caratteristica del deposito. A darne ragione, non è sufficiente, nel nuovo diritto, il tradizionale carattere amichevole e gratuito del contratto: dovrebbe allora escludersi il diritto del depositario alla restituzione in ogni tempo in ogni ipotesi di deposito retribuito, mentre la legge lo esclude solo in presenza di un termine nell'interesse del depositante, e non sempre la stipulazione del compenso può considerarsi implicita prefissione di esso.
Gli è, invece, che l'art. 1771 non va considerato tanto regola della restituzione come adempimento di un obbligo autonomo, ma piuttosto regola del momento finale della custodia, in conformità al duplice aspetto della restituzione. E sotto questo profilo il diritto del depositario si spiega, come riflesso del principio che esclude la durata indefinita delle obbligazioni d'opera, ammettendo il debitore al recesso in ogni tempo (cfr. art. 2118).
Il valore sostanziale della disposizione in esame non consiste nel porre la disciplina del tempo dell'adempimento di una obbligazione come tale — al qual fine sarebbe stata sufficiente l'applicazione dell'art. 1183, — bensì nell'attribuire a ciascuno dei contraenti la facoltà di recesso unilaterale dal contratto di deposito, la cui esecuzione, per quanto attiene all'obbligo principale di custodia, si inizia necessariamente all'atto stesso della conclusione; facoltà di recesso conforme, per il depositante, al carattere fiduciario della custodia ed al normale intento di mantenere costante la disponibilità della res deposita, e per il depositario al suaccennato principio; recesso, infine, esercitabile anche dopo l'inizio dell'esecuzione del deposito, attesa la sua natura di contratto ad esecuzione continuata (cfr. art. 1373).
... e nel deposito a tempo determinato
Analogamente, quando il deposito è a tempo determinato, il termine ha il precipuo significato di un termine finale della custodia, e solo strumentalmente di momento esecutivo dell'obbligo di restituzione; si tratta, in buona sostanza, di una limitazione convenzionale della facoltà di recesso unilaterale. Ciò va tenuto presente quando occorra stabilire se esista prefissione implicita del termine, come consentono i principi generali sulla manifestazione della volontà: indagine che va pertanto condotta dall'angolo visuale dell'interesse alla custodia ed all'inerente situazione possessoria, non da quello dell'interesse alla restituzione come tale. Per escludere il recesso unilaterale dell'una parte o dell'altra, non occorre che il termine sia posto nell'interesse esclusivo dell'altro contraente, ma è sufficiente che tuteli anche tale interesse (arg. art. 1185).
Termine nell'interesse del depositante
La stipulazione di un termine nell'interesse del depositante è del tutto consentanea all'essenza ed alla funzione economica del deposito: essa deriva naturalmente dalla preventiva valutazione, da parte del depositante, della probabile persistenza nel tempo delle circostanze, personali od oggettive, che determinano il bisogno della custodia.
Termine nell'interesse del depositario
Reciprocamente, l'art. 1771 esclude la facoltà di recesso del depositante, se sia stato convenuto un termine nell'interesse del depositario: e così innova radicalmente nei confronti dell'art. 1860 codice abrogato, che ammetteva il deponente a chiedere la restituzione in ogni tempo, quantunque fosse fissato nel contratto un termine per la restituzione. Per rendersi conto della portata dell'innovazione, e valutarla adeguatamente, bisogna anzitutto cercare di stabilire in che possa consistere l'interesse del depositario alla durata del deposito fino al termine prestabilito.
Può trattarsi, qualora il deposito sia oneroso, dell'interesse a percepire l'intero compenso corrispondente alla durata prestabilita, come, in ogni caso, dell'interesse ad ottenere il rimborso delle maggiori spese di organizzazione della custodia, sostenute in previsione della durata medesima, e giustificate solo in funzione di essa. Veramente, anche sotto l'impero del codice abrogato, si ammetteva da qualche autore la possibilità di provvedere a quest'esigenza, considerando l'apposizione del termine, inefficace come tale, come implicita determinazione volitiva delle parti in tal senso; ma, a parte l'incertezza di questo risultato in sede di interpretazione contrattuale, altre ragioni di dubbio sarebbero potute sorgere, ammesso che si tratti di un recesso unilaterale, in relazione alla disciplina di questo, contenuta nell'art. 1373 cpv. Nessun dubbio, quindi, circa l'opportunità, della disposizione espressa. Piuttosto potrebbe osservarsi che il legislatore avrebbe potuto limitarsi a riconoscere espressamente il diritto del depositario all'intero compenso ed al rimborso, senza escludere il diritto del depositante di chiedere la restituzione prima della scadenza. E, sotto questo profilo, la disposizione può considerarsi ultronea rispetto all'interesse tutelato, e deve interpretarsi nel senso che, quando il depositante offra di soddisfare tutte le ragioni del depositario in ordine al compenso ed alle spese, quest'ultimo non possa, per difetto di interesse, pretendere l'effettiva continuazione del deposito fino alla scadenza.
È quindi giocoforza ritenere compresi nella tutela legislativa altri interessi del depositario alla continuazione del deposito; e poiché non è praticamente configurabile ex parte debitoris un interesse alla custodia per se stessa, si deve ammettere che la stipulazione del termine sia rivolta a garantire interessi mediati del depositario, per es. all'utilizzazione della res deposita o alla conservazione di essa a scopo di garanzia. Così intesa, la disposizione in esame potrebbe apparire criticabile, anzitutto, sul terreno della logica giuridica. L'insegnamento, di gran lunga prevalente nella dottrina anteriore al nuovo codice, considerava l'inderogabilità della restituzione ad nutum e l'inammissibilità di un termine in favore del depositario come connaturali all'essenza causale del deposito: poiché l'efficacia del termine in favore del depositario, realizzando la prevalenza dell'estrinseco interesse di quest'ultimo sull'interesse del depositante alla custodia, implicherebbe la sovrapposizione alla causa custodiendi di una diversa causa negoziale, caratterizzata dal diverso scopo perseguito dal depositario, e così il passaggio dal tipo negoziale "deposito" ad un diverso tipo negoziale, qualificato dallo scopo prevalente. Ma sembra che quest'insegnamento, per quanto attiene all'essenza veramente logica ed immutabile del deposito, sia viziato in radice, ritenendo essenziale alla causa custodiendi la costante disponibilità della res deposita (e così avvicinandosi ad una concezione della causa del deposito diversa dalla comune, e della quale s'è dimostrata l'inesattezza); solo quest'ultima, infatti, presuppone necessariamente la restituzione ad nutum, mentre l'interesse alla custodia è soddisfatto, anche se si autolimita la facoltà di chiedere in ogni tempo la restituzione.
Non sussiste, quindi, la pretesa assoluta incompatibilità tra l'interesse del tradens alla custodia e il diverso intento perseguito dall'accipiens, poiché la realizzazione di questo non esclude la contemporanea e non perciò meno piena realizzazione di quello. E tanto basta per ridurre il problema della persistenza del tipo negoziale, quando lo stesso negozio serve alla realizzazione di un interesse del depositario estraneo alla custodia, ad un problema di tecnica legislativa, secondo che si ritenga opportuno attribuire al tipo negoziale una maggiore o minore elasticità. Inoltre, non sembra esatto considerare l'interesse del depositario come estraneo alla custodia, se non obliterando il limite concettuale tra interesse negoziale immediato, che è l'unico rilevante in problemi del genere, ed interesse mediato o semplice motivo, e contaminando con considerazioni economiche l'argomentazione giuridica.
Nessun dubbio, infatti, che il depositario, per realizzare lo scopo ulteriore di godimento o garanzia, abbia interesse alla conservazione della res deposita in condizioni inalterate, che val quanto dire alla custodia, e questo costituisce l'interesse immediato, mentre l'ulteriore fine perseguito è solo un interesse mediato, la cui presenza è irrilevante dal punto di vista causale. E non si vede per quale ragione la stipulazione del termine debba alterare la posizione rispettiva di questi due interessi, elevando il secondo da semplice motivo a causa, quando si riconosce comunemente che i c.d. elementi accidentali del negozio giuridico non rivestono alcuna rilevanza causale, anche se rivolti alla concorrente tutela di un interesse non tipico (si pensi alla donazione modale). La stipulazione del termine significa soltanto che il depositario, in vista di suoi interessi estranei alla fattispecie negoziale, non è disposto ad accettare il deposito se non a patto di una sua certa durata: ma ciò non toglie — e lo dimostra il contenuto obbligatorio normale del contratto — che il suo interesse immediato sia sempre e soltanto quello della conservazione della res deposita. Il termine pone innegabilmente in evidenza un interesse del depositario alla custodia, che non è quello normale, determinato in funzione dello spirito di amicizia (deposito gratuito) o della retribuzione. Ma l'apprezzamento di esso attiene al campo economico e non a quello giuridico. Quindi, ciò che viene attratto nello schema del deposito, e ritenuto compatibile con esso, non è un interesse estrinseco alla custodia, ma l'interesse del depositario alla custodia.
In conclusione, il riconoscimento dell'efficacia del termine in favore del depositario e della conseguente derogabilità della restituzione ad nutum non importa obliterazione di alcun carattere logicamente essenziale al concetto di custodia, e quindi alla causa del deposito. Esso implica, soltanto, che la causa del deposito non è ulteriormente circostanziata — come potrebbe esserlo nel sistema positivo — come custodia nell'esclusivo interesse del depositante.
Altro è apprezzare questa minore specificazione e reciproca maggiore elasticità della causa dal punto di vista della convenienza pratica e soprattutto sistematica ed in verità, su questo terreno, l'innovazione appare discutibile. Infatti, essendo difficile ipotizzare un interesse personale del depositario non coincidente con lo scopo di godimento o garanzia, tipici di altre figure negoziali (comodato e pegno) implicanti anch'esse la detenzione e la custodia della cosa, diventa meno netta la linea di demarcazione tra ciascuna di queste figure, ed ancor più delicato il giudizio di appartenenza all'una o all'altra delle fattispecie pratiche non univoche. In presenza del termine, e della conseguente tutela dell'interesse del depositario, si dovrà caso per caso stabilire se prevalga il fine di custodia del tradens o quello di godimento o garanzia dell'accipiens, se l'uno o l'altro costituisca oggetto principale o movente immediato della contrattazione, con tutte le difficoltà inerenti ad un siffatto apprezzamento: ( si veda il commento all'art. 1770). E non sembra che quest'inconveniente sia superato, nella valutazione critica della norma, dall'esigenza di provvedere all'interesse del depositario, quando la sua realizzazione sia meramente incidentale ed accessoria nell'intento delle parti.
Interpretazione del termine
Tuttavia è un dato d'esperienza che normalmente la custodia avvenga nell'interesse esclusivo del depositante. E dovrà pertanto la stipulazione di un termine di restituzione, qualora non soccorrano in pratica univoci elementi per una diversa interpretazione, ritenersi fatta nell'interesse del depositante, contro la presunzione posta, in linea generale, dall'art. 1184 del codice.