Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 1772 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Pluralitą di depositanti e di depositari

Dispositivo dell'art. 1772 Codice Civile

Se più sono i depositanti di una cosa ed essi non si accordano circa la restituzione, questa deve farsi secondo le modalità stabilite dall'autorità giudiziaria(1).

La stessa norma si applica quando a un solo depositante succedono più eredi, se la cosa non è divisibile [1314, 1316, 1319](2).

Se più sono i depositari, il depositante ha facoltà di chiedere la restituzione a quello tra essi che detiene la cosa(3). Questi deve darne pronta notizia agli altri.

Note

(1) Anche se vi sono più depositanti, il diritto alla restituzione sorge in capo ad uno di essi se la cosa è unica in quanto si ha una obbligazione indivisibile (1316 c.c.). Ciascuno di questi ha, però, diritto di far valere l'inadempimento del depositario (1453 c.c.).
(2) Si pensi, ad esempio, all'obbligo di restituire un cavallo. Ciascuno di essi potrà ottenere, invece, la restituzione di parte del bene se esso è divisibile.
(3) Quindi il depositante ha anche facoltà di chiedere la restituzione a depositario che non detiene il bene, il quale dovrà procurarselo dal detentore.

Ratio Legis

La norma detta le regole per risolvere un eventuale conflitto tra depositanti, o tra depositari, nell'ipotesi in cui più persone abbiano diritto alla restituzione o vi siano tenute (v. 1766 c.c.).

Spiegazione dell'art. 1772 Codice Civile

Restituzione in caso di pluralità di depositanti...

Quando il deposito è fatto da più persone, nessun conflitto di interesse degno di rilievo può sorgere tra esse nel corso della custodia, costituendo questa una prestazione di fare per sua natura indivisibile, insuscettibile di essere adempiuta per parti o di essere adempiuta nei confronti di qualcuno dei depositanti e non degli altri. Il potere di controllo sull'esecuzione e di reazione giuridica contro l'inadempimento spetta nella sua integrità a ciascun depositante, e non può essere esercitato se non nell'interesse comune. Valgono comunque, senza alcuna deroga, le norme sulle obbligazioni indivisibili (art. 1316 segg.).

Può invece il conflitto d'interessi verificarsi in sede di restituzione, qualora non siano state disciplinate contrattualmente le modalità di essa. In tal caso, secondo i principi generali, la divisibilità o meno sarebbe derivata dalla divisibilità o meno della res deposita (art. 1316), con la conseguenza, nel primo caso, della restituibilità per parte (art. 1314), e, nel secondo, della liberazione del depositario con la restituzione dell'intero ad uno qualsiasi dei depositanti (art. 1319). Ad entrambe queste conseguenze il codice ha ritenuto preferibile derogare. Infatti, poiché il deposito non postula l'appartenenza al depositante della res deposita, (si vedano artt. 1777-1779) la dazione in deposito congiuntiva può rispecchiare le più svariate posizioni giuridiche o di fatto dei più depositanti rispetto alla cosa, che è opportuno non siano modificate dalla restituzione ad uno solo o pro parte, potendo riuscire difficile ristabilirle dopo una siffatta restituzione. L'articolo in esame stabilisce perciò — conformemente alla quasi pacifica interpretazione giurisprudenziale nel silenzio del codice abrogato — che la restituzione debba farsi, in mancanza di accordo, secondo le modalità stabilite dal giudice. Nel caso, invece, di pluralità di eredi dell'unico depositante, il secondo comma dell'art. 1772 ammette, qualora la res deposita sia divisibile, e come già ammetteva l'art. 1855 cpv. codice abrogato, che la restituzione avvenga pro rata: non ricorre infatti, in tal caso, la ratio della deroga alla regola di divisibilità, poiché la restituzione non incide su una preesistente posizione dei più soggetti rispetto alla cosa.


... e di pluralità di depositari

Il capoverso dell'articolo in esame dispone che, nell'ipotesi di pluralità di depositari, la restituzione possa essere chiesta all'unico detentore della res deposita, senza distinguere tra pluralità originaria o ereditaria. La disposizione - forse superflua di fronte agli articoli 1292, 1294 e 1315 - implica che il detentore, se non esegue la restituzione, può esser convenuto da solo in giudizio, né occorre l'integrazione nei confronti degli altri; ma non esclude, appunto perché costituisce applicazione di regole generali, la possibilità di azione in solidum nei confronti degli altri depositari o di azione pro quota ove la cosa sia divisibile e la pluralità di obbligati ereditaria (art. 725 cod. civ.). In linea pratica, il consenso degli altri alla restituzione non è necessario, perché nessun diritto sulla cosa compete ai depositari, ma d'altra parte essi, come corresponsabili, hanno interesse ad assistere alla restituzione della cosa ed alla constatazione del suo stato, ed inoltre a non veder pregiudicata la garanzia dei loro eventuali crediti per spese di custodia (art. 2756). La conciliazione tra ragione giuridica e ragione pratica, nonché tra l'interesse del depositante a non esser costretto a rivolgersi a tutti, e quello di tutti i depositari a non veder pregiudicate le loro ragioni, è raggiunta con l'obbligo del depositario escusso di avvertire prontamente gli altri: obbligo che deve ovviamente adempiersi prima di effettuare la restituzione, giustifica un lieve ritardo di questa, e, se violato, comporta il risarcimento dei danni.

La disposizione non influisce sull'incidenza dell'obbligo di risarcimento per mancata restituzione: ad esso saranno tenuti in solido tutti i depositari originari (art. 1294), mentre invece, in caso di pluralità ereditaria, il risarcimento sarà dovuto pro quota (art. 752).

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

729 E' tradizionale il principio secondo il quale il depositario deve restituire la cosa al depositante. Di esso, in conformità del codice del 1865 o della tradizione storica, si è conservata (art. 1778 del c.c.), nell'interesse del depositario, la rigida applicazione, nonostante qualche dubbio sollevato al riguardo, anche quando il depositario venga a conoscenza che la cosa proviene da un reato e gli sia nota la persona a cui è stata sottratta, qualora questa, dopo la denunzia fattale del depositario, non faccia opposizione entro brevi termine. Per il caso in cui il depositario sia convenuto in giudizio da chi pretenda la proprietà od altro diritto sulla cosa, in analogia a quanto si è stabilito per la locazione (art. 1586 del c.c.), si è imposto al depositario l'obbligo di denunziare la lite al depositante; il depositario può ottenere la sua estromissione mediante la laudatio auctoris e può liberarsi dall'obbligo di restituire, depositando la cosa nei modi stabiliti dal giudice (art. 1777 del c.c., secondo comma). Dal principio che normalmente il deposito si effettua nell'interesse del depositante, deriva la regola, contenuta nell'art. 1860 cod. civ. del 1865 e ripetuta nell'art. 1771, che il depositarlo deve restituire la cosa quando il depositante la richieda. Due eccezioni peraltro sono state poste a tale regola. Una, già sostanzialmente preveduta nell'art. 1860, secondo comma, del codice del 1865, è nel senso che il depositario può costringere il depositante a riprendersi la cosa anche prima del tempo che lo stesso depositante potrebbe ritenere di suo interesse circa la durata del deposito, salva l'esistenza di un termine a favore del depositante. L'altra, nuova, è nel senso che il depositante non possa chiedere la restituzione ad libitum quando è stato convenuto un termine nell'interesse del depositario; questo termine è largamente applicato nella pratica relativa ai depositi vincolati ma può riferirsi ad ogni tipo di deposito, se per l'entità o per la modalità del pagamento del compenso, o in rapporto alle spese che il depositario sostiene, questi abbia convenuto un termine a suo favore. Più persone possono aver diritto alla restituzione, o perché più sono i depositanti (art. 1772 del c.c., primo comma), o perché all'unico depositante succedono più eredi (art. 1772, secondo comma). Il codice del 1865 prevedeva solo questa seconda ipotesi, in una disciplina sostanzialmente riprodotta nel codice nuovo si è considerato che, quando vi è una pluralità di depositanti, si profila il loro interesse alla restituzione della cosa nella sua integralità e non per parti, per quanto oggetto del contratto sia una cosa divisibile; i depositanti devono quindi accordarsi circa le modalità della restituzione, altrimenti le modalità stesse saranno stabilite dall'autorità giudiziaria, su istanza di alcuno degli interessati. Diverso è il caso che si tratti di più depositari, perché allora non è necessario che il depositante debba perseguirli tutti per ottenere la restituzione. Basta quindi che egli si rivolga contro colui o coloro che detengono la cosa, mentre gli eventuali diritti degli altri depositari sono salvaguardati dall'obbligo, imposto al detentore o ai detentori, di dare pronta notizia, agli altri depositari, della domanda di restituzione (art. 1772, terzo comma). Infine, se il deposito è stato eseguito nell'interesse di un terzo che abbia aderito al rapporto, la cosa depositata non può essere restituita al depositante senza il consenso del terzo (art. 1773 del c.c.).

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.

SEI UN AVVOCATO?
AFFIDA A NOI LE TUE RICERCHE!

Sei un professionista e necessiti di una ricerca giuridica su questo articolo? Un cliente ti ha chiesto un parere su questo argomento o devi redigere un atto riguardante la materia?
Inviaci la tua richiesta e ottieni in tempi brevissimi quanto ti serve per lo svolgimento della tua attività professionale!

Consulenze legali
relative all'articolo 1772 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Mario V. chiede
lunedģ 02/02/2015 - Friuli-Venezia
“Il 18 ottobre 2014 è deceduto, all'età di 85 anni, il Signor X, unico intestatario di un conto corrente bancario con saldo avere di circa Euro 7.500,00. Il de cuius, oltre al suindicato conto corrente, non aveva alcun patrimonio immobiliare e/o mobiliare; non ha lasciato testamento, era celibe, non aveva figli, e aveva due fratelli e due sorelle premorti. Coeredi del de cuius risultano essere solo quattro nipoti di cui due emigrati negli anni '50 in America e figli dei fratelli premorti dei quali nipoti non si ha più alcuna notizia. Per la riscossione del saldo del conto corrente, si chiede se uno dei nipoti delle due sorelle premorte, alla luce del principio statuito dalla sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 24657 di data 28 Novembre 2007, a Vostro parere, possa legittimamente inoltrare all'intermediario bancario la richiesta di estinzione del conto corrente del de cuius con accredito del saldo nel proprio conto corrente. Ovviamente data l'esiguità dell'eredità non è stata presentata alcuna denuncia di successione. Con infiniti anticipati ringraziamenti.”
Consulenza legale i 02/02/2015
Nella vicenda esposta si è aperta una successione ereditaria a favore di quattro eredi legittimi, di cui due irreperibili.
L'esiguità della somma lasciata in eredità non consente di derogare alla disciplina sulla successione legittima: in assenza di una rinuncia all'eredità da parte degli eredi di cui è sconosciuto l'indirizzo, agli altri eredi spetta esclusivamente la loro quota (7.500 euro divisi equamente per il numero di nipoti).

Quindi si deve escludere che uno solo degli eredi possa chiedere che la banca estingua il conto corrente bancario accreditando il saldo nel proprio conto corrente, a proprio esclusivo vantaggio.
Ciò non significa, però, che l'erede non possa chiedere lo svincolo delle somme che gli spettano per legge oppure non possa agire per far valere l'intero credito ereditario, riconoscendo però il diritto degli altri eredi.

La sentenza Cass. civ., SS.UU. n. 24657 del 28.11.2007, ha stabilito l'applicazione del principio "secondo cui i crediti del de cuius non si dividono automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria; ciascuno dei partecipanti ad essa può agire singolarmente per far valere l'intero credito ereditario comune o anche la sola parte di credito proporzionale alla quota ereditaria, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi". La Suprema corte ha poi precisato che la partecipazione al giudizio degli altri coeredi "può essere richiesta dal convenuto debitore in relazione ad un concreto interesse all'accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito".

Quindi l'erede ha due scelte:

- chiedere il pagamento della sua quota ereditaria, anche sulla base dell'art. 1772 del c.c. ("se più sono i depositanti di una cosa ed essi non si accordano circa la restituzione, questa deve farsi secondo le modalità stabilite dall'autorità giudiziaria. La stessa norma si applica quando a un solo depositante succedono più eredi, se la cosa non è divisibile"). Se alcuni eredi sono irreperibili non risulta necessario il consenso di tutti gli eredi per ottenere lo svincolo delle somme.

- oppure agire a favore di tutti i coeredi, con la consapevolezza, però, che la banca potrebbe avere interesse ad estendere il giudizio a tutti gli eredi del de cuius, per far accertare il diritto di credito di ciascun erede e quindi l'entità della somma da restituire.
Forse, però, nel nostro caso, vista l'esiguità dell'importo presente sul conto corrente, la banca si accontenterà di conoscere la situazione familiare del de cuius e di procedere ad una sommaria suddivisione delle quote, lasciando che sia l'erede a ripartire poi l'importo con gli altri coeredi.