Cass. civ. n. 23215/2012
In tema di rivendicazione di beni mobili rinvenuti nella casa o nell'azienda del fallito ed acquisiti dal curatore, incombe sul ricorrente, ex art. 103 legge fall., l'onere di dare dimostrazione del proprio diritto sui medesimi beni, trovando applicazione il regime probatorio previsto dall'art. 621 cod. proc. civ., che sebbene si riferisca espressamente soltanto alla prova per testimoni, trova applicazione anche alla prova presuntiva, in virtù del richiamo contenuto nell'art. 2729 cod. civ.
Cass. civ. n. 23560/2008
In tema di liquidazione coatta amministrativa di società finanziaria, l'azione di rivendica e restituzione di beni e valori mobiliari gestiti dalla società per conto e nell'interesse dei clienti, pur non richiedendo una specifica individuazione dei beni rivendicati, in quanto la natura fungibile degli stessi fa apparire sufficiente l'indicazione della loro specie e quantità, presuppone comunque l'avvenuto rispetto del principio della doppia separazione patrimoniale (applicabile anche alle fattispecie anteriori all'entrata in vigore della legge n. 1 del 1991 ), il quale implica non solo la separazione tra il patrimonio della società e quello dei clienti, ma anche, all'interno di quest'ultimo, la reciproca separazione dei beni e dei valori riferibili individualmente a ciascun cliente, onde evitare che, per effetto dell'accoglimento della rivendica proposta da un fiduciante, restino pregiudicate le ragioni degli altri, il cui diritto al controvalore andrebbe soddisfatto in prededuzione, ai sensi dell'art. 79, secondo comma, della legge fall. In caso di mancato rispetto del predetto principio, all'attore non residua che un diritto di credito, destinato a concorrere con gli altri crediti vantati da terzi verso l'intermediario, non trovando applicazione, per i rapporti anteriori alla legge n. 1 del 1991, il criterio di proporzionalità introdotto dall'art. 34 del D.L.vo n. 415 del 1996, la cui applicabilità non può essere fatta neppure discendere dall'art. 718 c.c., il quale, imponendo di evitare un eccessivo frazionamento dei cespiti in comunione che pregiudichi il diritto dei condividenti di ottenere una porzione di valore proporzionalmente corrispondente a quello del complesso da dividere, prevede un criterio meno rigidamente quotistico di quello risultante dall'applicazione dell'art. 91 del D.L.vo n. 385 del 1993, richiamato dall'art. 34 cit.
Cass. civ. n. 13762/2007
Nel caso in cui l'attività di gestione di patrimoni mediante operazioni aventi ad oggetto valori mobiliari da parte delle società d'intermediazione (sim ), sia stata realizzata in violazione del principio della doppia separazione patrimoniale, nel senso che, pur essendo stato rispettato il principio per quel che riguarda la separazione del patrimonio della società da quello gestito per conto e nell'interesse dei clienti, non risultano essere stati separati beni e valori appartenenti a ciascuno degli investitori, la rivendica nei confronti del fallimento delle somme di danaro rispettivamente depositate ha ad oggetto un diritto di credito, e, in caso d'insufficienza dei fondi di fronte alle richieste dei vari clienti fiduciari, è accoglibile soltanto pro quota a causa della indistinzione e dell'incapienza del patrimonio separato.
Cass. civ. n. 5461/2003
Nel procedimento di cui all'art. 103 della legge fallimentare, la domanda di rivendica (nella specie, di titoli azionari) formulata in via principale non è ostativa alla richiesta, in via subordinata (in caso, cioè, di mancato accoglimento della domanda principale), di ammissione al passivo fallimentare per il prezzo del bene pagato qualora dovesse escludersene, da parte del GD, l'avvenuto trasferimento della proprietà. Non risulta, all'uopo, ostativa, infatti, la circostanza che l'istanza di rivendica vada proposta ai sensi del citato art. 103 della legge fallimentare, mentre quella di insinuazione al passivo debba essere introdotta secondo le forme di cui al precedente art. 93, atteso che, in virtù del principio del cumulo delle domande, è possibile proporne più d'una, con unico atto, anche in seno alla speciale procedura concorsuale, avvenendo la verifica del passivo in via contestuale sia per le istanze ex art. 93, sia per quelle ex art. 103 della ricordata legge fallimentare. Ne consegue che, di fronte alla domanda di rivendica di titoli, pur in assenza di una graduazione di domande da parte dell'istante, il giudice deve qualificare senz'altro come subordinata l'eventuale e contestuale domanda di ammissione al passivo, risultando evidente che, per l'accoglimento di quest'ultima, occorre necessariamente e preliminarmente procedere alla delibazione della detta istanza di rivendica.
Cass. civ. n. 4043/2003
Il giudizio di rivendicazione (così come quello di restituzione e separazione) di beni del fallito instaurato a norma dell'art. 103 legge fall. soggiace — attuando la dichiarazione di fallimento un sostanziale pignoramento dei beni del fallito — alla disciplina delle opposizioni di terzo all'esecuzione (artt. 619 e 621 c.p.c.), con conseguente inibizione della prova orale del diritto altrui su quei beni e conseguente obbligo, per il rivendicante, di fornire prova documentale del proprio assunto mercè la produzione di un atto recante data certa anteriore all'apertura del fallimento. A tale regime di limitazione probatoria si perviene — d'altronde — anche in ragione dell'analogo regime previsto in tema di ammissione al passivo dei crediti, atteso che tanto l'azione di revindica, quanto quella diretta all'insinuazione al passivo del credito, producono la riduzione delle aspettative di soddisfacimento della massa concorsuale, nell'un caso diminuendo l'attivo, nell'altro allargando l'area del concorso, ponendosi, rispetto ad essa — e, quindi, nei confronti della curatela —, come iniziative di terzi, al pari dell'iniziativa di chi, pretendendo di avere diritti reali sui beni pignorati, tende a sottrarli all'espropriazione, ed atteso, ancora, che tanto l'accertamento dei diritti reali quanto la verifica dei crediti si svolgono parallelamente nel tempo e nel rito, in consonanza con la funzione essenziale del procedimento concorsuale di determinazione della massa attiva e di quella passiva, ai fini del riparto ai creditori.
Cass. civ. n. 9460/2000
Nell'ipotesi in cui beni immobili vengano concessi in comodato ad una società poi fallita, al fine di stabilire se la domanda di restituzione dei beni stessi debba essere proposta dal comodante, nei confronti del fallimento, con la procedura dell'art. 103 L. fall., è necessario accertare se i beni costituiscano elementi esclusivi della universitas iuris qual è l'azienda, al punto da configurarla giuridicamente ed economicamente (tanto che la loro restituzione corrisponda alla restituzione dell'intera sua entità), ovvero mere componenti di tale universalità, per tale verso conservando la suscettibilità a formare oggetto di separati atti e rapporti giuridici. (La S.C. ha così cassato la sentenza che, in relazione ad alcuni impianti di carburanti concessi in comodato ad una società petrolifera poi fallita, aveva ritenuto che la domanda di restituzione proposta dal comodante doveva essere proposta con le forme dell'art. 103 L. fall., limitandosi ad affermare che si trattava di beni inclusi in un complesso aziendale e che l'azienda aveva natura giuridica mobiliare).
Cass. civ. n. 10482/1993
In caso di rivendicazione di una cosa detenuta dal fallito, ove il curatore faccia valere in via riconvenzionale un credito verso il proprietario, la restituzione della cosa riconosciuta di proprietà del rivendicante non può, in difetto di espressa previsione legale di un diritto di ritenzione, essere condizionata all'esecuzione dell'obbligazione oggetto della domanda riconvenzionale.
Cass. civ. n. 6090/1990
Nel procedimento instaurato con domanda tardiva di rivendicazione di cosa mobile posseduta dal fallito, secondo la disciplina dell'art. 101 della legge fallimentare, applicabile in base al richiamo contenuto nel primo comma del successivo art. 103, l'impugnazione è soggetta agli ordinari termini fissati dal codice di rito, atteso che la riduzione dei termini medesimi, contemplata dall'art. 99 della legge fallimentare per il giudizio di opposizione allo stato passivo, è espressione di una norma eccezionale, non estensibile ad ipotesi diverse.
Cass. civ. n. 4065/1981
Qualora il bene mobile, in possesso del fallito, sia vittoriosamente rivendicato da un terzo, l'obbligo di restituzione a carico del fallimento conserva la natura di debito di valore anche nel caso in cui, a seguito dell'intervenuta vendita del bene medesimo, abbia ad oggetto il prezzo ricavato da tale vendita. In questa ipotesi, pertanto, l'esigenza di una piena reintegrazione del patrimonio di quel terzo comporta l'adeguamento di detta somma alla sopravvenuta svalutazione monetaria.