(massima n. 1)
Il giudizio di rivendicazione (così come quello di restituzione e separazione) di beni del fallito instaurato a norma dell'art. 103 legge fall. soggiace — attuando la dichiarazione di fallimento un sostanziale pignoramento dei beni del fallito — alla disciplina delle opposizioni di terzo all'esecuzione (artt. 619 e 621 c.p.c.), con conseguente inibizione della prova orale del diritto altrui su quei beni e conseguente obbligo, per il rivendicante, di fornire prova documentale del proprio assunto mercè la produzione di un atto recante data certa anteriore all'apertura del fallimento. A tale regime di limitazione probatoria si perviene — d'altronde — anche in ragione dell'analogo regime previsto in tema di ammissione al passivo dei crediti, atteso che tanto l'azione di revindica, quanto quella diretta all'insinuazione al passivo del credito, producono la riduzione delle aspettative di soddisfacimento della massa concorsuale, nell'un caso diminuendo l'attivo, nell'altro allargando l'area del concorso, ponendosi, rispetto ad essa — e, quindi, nei confronti della curatela —, come iniziative di terzi, al pari dell'iniziativa di chi, pretendendo di avere diritti reali sui beni pignorati, tende a sottrarli all'espropriazione, ed atteso, ancora, che tanto l'accertamento dei diritti reali quanto la verifica dei crediti si svolgono parallelamente nel tempo e nel rito, in consonanza con la funzione essenziale del procedimento concorsuale di determinazione della massa attiva e di quella passiva, ai fini del riparto ai creditori.