(massima n. 1)
In tema di liquidazione coatta amministrativa di società finanziaria, l'azione di rivendica e restituzione di beni e valori mobiliari gestiti dalla società per conto e nell'interesse dei clienti, pur non richiedendo una specifica individuazione dei beni rivendicati, in quanto la natura fungibile degli stessi fa apparire sufficiente l'indicazione della loro specie e quantità, presuppone comunque l'avvenuto rispetto del principio della doppia separazione patrimoniale (applicabile anche alle fattispecie anteriori all'entrata in vigore della legge n. 1 del 1991 ), il quale implica non solo la separazione tra il patrimonio della società e quello dei clienti, ma anche, all'interno di quest'ultimo, la reciproca separazione dei beni e dei valori riferibili individualmente a ciascun cliente, onde evitare che, per effetto dell'accoglimento della rivendica proposta da un fiduciante, restino pregiudicate le ragioni degli altri, il cui diritto al controvalore andrebbe soddisfatto in prededuzione, ai sensi dell'art. 79, secondo comma, della legge fall. In caso di mancato rispetto del predetto principio, all'attore non residua che un diritto di credito, destinato a concorrere con gli altri crediti vantati da terzi verso l'intermediario, non trovando applicazione, per i rapporti anteriori alla legge n. 1 del 1991, il criterio di proporzionalità introdotto dall'art. 34 del D.L.vo n. 415 del 1996, la cui applicabilità non può essere fatta neppure discendere dall'art. 718 c.c., il quale, imponendo di evitare un eccessivo frazionamento dei cespiti in comunione che pregiudichi il diritto dei condividenti di ottenere una porzione di valore proporzionalmente corrispondente a quello del complesso da dividere, prevede un criterio meno rigidamente quotistico di quello risultante dall'applicazione dell'art. 91 del D.L.vo n. 385 del 1993, richiamato dall'art. 34 cit.