La disposizione in commento assume un particolare significato se letta nell’ottica complessiva dello spirito della
Legge equo canone.
Infatti, coloro che esercitano attività industriali, artigianali o commerciali subiscono un
danno non indifferente dallo spostamento del luogo dove svolgono la propria attività, per ragioni di vario tipo, tra le quali rientra
in primis la perdita del cosiddetto “
avviamento”.
Correlativamente, il
locatore potrebbe ricavare, dalla sostituzione del vecchio conduttore con uno nuovo, un indebito vantaggio, consistente proprio nel valore accresciuto dell'immobile che si concede in locazione, presso il quale è stata esercitata per diverso tempo una certa
attività commerciale. Il conduttore, infatti, esercitando la sua attività, ha nel tempo apportato una notevole valorizzazione all’immobile.
L’avviamento rappresenta il maggior valore attribuito al complesso aziendale rispetto al suo valore contabile. Il concetto di avviamento è peraltro collegato a quello di “clientela da posizione”, che appunto si forma nel tempo attorno ad una certa attività commerciale.
La disciplina dell’indennità da perdita dell’avviamento ha subito nel tempo delle importanti e significative modifiche legislative. Infatti, inizialmente, il conduttore che volesse chiedere l’indennità in oggetto, era onerato dal dovere di provare il danno subito.
Con l’introduzione della
Legge equo canone, invece, il
legislatore ha introdotto una
presunzione di danno, fondata sull’
id quod plerumque accidit e avente funzione
riparatoria, attraverso la quale il conduttore viene esentato dal dovere di provare il danno subito, essendo il pregiudizio presunto per il solo fatto di dover lasciare la propria attività imprenditoriale, trasferendola in un luogo diverso.
Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza sul tema, al fine del riconoscimento dell’indennità di avviamento a favore del conduttore, è sufficiente la dimostrazione non tanto del danno, quanto dell’effettivo utilizzo dell’immobile per lo svolgimento di attività che abbiano prodotto contatti diretti con il pubblico degli utenti.
Nel caso in cui, poi, a tale danno presunto da perdita dell’avviamento, si aggiunga anche il pregiudizio derivante dal fatto che nell’immobile locato venga svolta un’altra attività identica a quella svolta dal conduttore precedente, allora spetterà anche una l’indennità aggiuntiva prevista dall’art. 34 secondo comma.
Il diritto del conduttore a percepire l’indennità per perdita dell’avviamento sorge nel momento in cui viene a cessare il rapporto locatizio.
In particolare, tale cessazione della locazione non deve derivare da un’iniziativa del conduttore, bensì dal
recesso, o dal diniego alla rinnovazione del contratto, derivanti dalla volontà del locatore, che producano il rilascio dell’immobile da parte del conduttore. Più nello specifico, la giurisprudenza ha affermato che il diritto all’indennità sorge in seguito all’esercizio della facoltà del locatore di negare il rinnovo contrattuale, anche quando tale
disdetta venga successivamente dichiarata
nulla, per violazione dell’osservanza delle forme e dei requisiti di cui all’
art. 29 della l. equo canone.
Allo stesso modo, nel caso in cui le parti siano addivenute ad una
transazione, l’indennità andrà comunque riconosciuta al locatore, anche se questi abbia aderito alla proposta del locatore di carattere
stragiudiziale, essendo comunque il rilascio dell’immobile la conseguenza di una iniziativa del locatore.
Per quanto attiene, poi, alla legittimazione ad ottenere l’indennità da perdita dell’avviamento, essa spetta al conduttore che abbia esercitato nell’immobile locato la propria attività di carattere produttivo o commerciale, instaurando un rapporto diretto con il pubblico.
Nella particolare ipotesi in cui il conduttore abbia concluso un contratto di
sublocazione, l’indennità da perdita dell’avviamento, secondo la giurisprudenza maggioritaria, non spetterà direttamente al subconduttore, come riteneva invece una giurisprudenza più datata. L’opinione attualmente prevalente degli interpreti è nel senso di attribuire la legittimazione ad ottenere l’indennità al conduttore solamente nei confronti del suo locatore, e al subconduttore nei confronti del suo sublocatore (ovvero il conduttore).
È frequente nella pratica che il conduttore utilizzi l’immobile locato solo
parzialmente per un’
attività industriale o commerciale a
contatto diretto con il pubblico. Si parla in tal senso di “
uso promiscuo” dell’immobile. Riguardo a tale fattispecie la giurisprudenza si presenta divisa, distinguendosi coloro che ammettono l’utilizzo del “
criterio della prevalenza” da coloro che non lo ammettono.
I primi sostengono che l’indennità da perdita dell’avviamento spetti al conduttore che esercita nell’immobile locato un’attività di vendita al minuto in maniera esclusiva o almeno “prevalente” rispetto allo svolgimento di altre occupazioni. Viceversa, la giurisprudenza più tradizionale ha sempre ritenuto che l’indennità in questione competa anche a colui che esercita nell’immobile locato l’attività di vendita e di produzione, senza che la prima attività debba prevalere sulla seconda.
Per quanto riguarda gli
oneri probatori delle parti, si ritiene in dottrina che spetti al conduttore (in base alla lettura dell’
art. 2697 del c.c.) provare che il contratto è cessato in seguito ad una precisa attività ad iniziativa del locatore, che consiste in genere nel recesso o nella disdetta. Allo stesso modo, sarà onere del conduttore provare di aver svolto all’interno dell’immobile locato le attività indicate ai numeri 1) e 2) dell'
art. 27 della l. equo canone, come previsto dal comma 1 della norma in commento. Inoltre, in conduttore dovrà provare che l’attività da lui svolta comportava contatti diretti con il pubblico.
Viceversa, come accennato sopra, il conduttore non sarà tenuto a fornire la prova del pregiudizio in concreto subito, derivante dalla perdita dell’avviamento, bastando la dimostrazione che l’attività svolta rientra tra quelle per cui l’indennità è prevista.
Una nota sentenza della
Corte Costituzionale, la n. 300 del 1983, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale riguardante il contrasto dell’art. 34 con gli articoli
3, e
42, commi 2 e 3, della
Costituzione, nella parte in cui non subordina il diritto ad ottenere l’indennità alla
concreta esistenza di un pregiudizio in capo al conduttore. La Consulta ha ritenuto, infatti, che l’attribuzione "automatica" di tale indennità in funzione di ristoro del danno che normalmente deriva al conduttore dalla perdita dell’avviamento, rientra tra le discrezionali e legittime scelte del legislatore, il quale evidentemente ha concepito tale strumento in un’ottica di tutela del mercato e delle imprese.
Il locatore, dal canto suo, potrà in ogni caso fornire la prova dell’assenza dei presupposti per ottenere l’indennità da perdita dell’avviamento che, costituendo una prova negativa, risulterà particolarmente gravosa da dare.
La norma, al comma 1, determina in via
preventiva l’
ammontare dell’
indennità di avviamento, qualificandola in un importo “
pari a 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto”.
Nel caso in cui tra le parti sorga una controversia in merito alla quantificazione dell’indennità, sarà il conduttore a dover quantificare la somma richiesta a titolo di indennità, e il locatore a sua volta dovrà stimare la somma da proporre al conduttore. Una volta che tale somma verrà elargita dal locatore al conduttore, sarà possibile eseguire il provvedimento di rilascio dell’immobile.
Il secondo comma della disposizione prevede inoltre una indennità “aggiuntiva”, allorquando l’immobile locato venga successivamente adibito allo svolgimento della stessa attività o di un’attività inclusa nella medesima tabella merceologica di quella esercitata dal conduttore originario.
Tale indennità aggiuntiva trova la sua giustificazione nell’ulteriore pregiudizio subito dal conduttore nel momento in cui, oltre a perdere il proprio avviamento, si trovi al cospetto di un nuovo conduttore che invece può avvantaggiarsi del flusso di clientela precedente.
I presupposti per ottenere l’indennità aggiuntiva sono:
-
che l’attività esercitata dal nuovo conduttore sia affine a quella precedentemente esercitata (se prima si effettuava vendita al minuto, non spetterà l’indennità se la nuova attività sarà di vendita all’ingrosso, mutando in tal caso il tipo di clientela);
-
che la nuova attività sia uguale o comunque inclusa nella medesima tabella merceologica di quella precedente;
-
che il nuovo esercizio venga iniziato entro un anno dalla cessazione del precedente;
-
che, infine, l’attività uguale o affine venga effettivamente esercitata e non rimanga una mera intenzione di destinare l’immobile a tale scopo.
Ci si è chiesti in dottrina se sia possibile, per il conduttore, rinunciare al diritto all’indennità da perdita dell’avviamento.
Ebbene, si ritiene a tal riguardo che tale opzione sia percorribile allorquando, per esempio, il conduttore rinunci a tale suo diritto a fronte di una controproposta da parte del locatore che può consistere in una riduzione del canone di locazione o anche nella pattuizione di una proroga della durata contrattuale.
Allorquando il rapporto locatizio venga a cessare, il locatore sarà tenuto a versare l’indennità da perdita dell’avviamento, mentre il conduttore dovrà restituire l’immobile locato.
Può capitare che il locatore
ometta o
ritardi di versare al conduttore l’importo corrispondente all’indennità da perdita dell’avviamento. In tal caso, il conduttore sarà onerato esclusivamente dall’obbligazione del versamento del canone fino al rilascio dell’immobile, senza però essere tenuto a risarcire al locatore il
maggior danno derivato dal ritardato rilascio dell’immobile, se questo è causato proprio dall’inadempimento del proprietario.
In tal senso si è espressa anche la
Corte di Cassazione la quale ha affermato, con sentenza n. 13417 del 2001, che “l
'inquilino che alla scadenza del contratto rifiuti la restituzione dell'immobile in attesa che il locatore gli corrisponda la dovuta indennità di avviamento è obbligato esclusivamente al pagamento del corrispettivo convenuto per la locazione, a nulla rilevando che continui a godere dell'immobile per l'esercizio della sua attività o, al contrario, si limiti a detenerlo astenendosi dall'utilizzarlo".
Per quanto riguarda poi il calcolo dell’indennità, esso va effettuato sull’intero canone di locazione e, come accennato, corrisponde ad una somma forfettaria predeterminata in via preventiva dal legislatore. Da ciò la giurisprudenza deduce che il giudice non è autorizzato a pervenire in via equitativa ad una determinazione del danno diversa da quella stabilita dalla norma.
Anche nel caso in cui dovessero esserci delle discordanze di calcoli che conducono a delle lungaggini per la determinazione dell’indennità, al locatore non rimarrà altra scelta che attendere la risoluzione della vertenza o, in alternativa, acconsentire alle richieste avanzate dal conduttore. Come si è detto, infatti, fino al pagamento dell’indennità, il conduttore non sarà tenuto a corrispondere altre somme, se non quella corrispondente al pagamento del canone, anche nell’ipotesi in cui il locatore dovesse subire un danno in seguito alla ritardata riconsegna dell’immobile.
Inoltre, la giurisprudenza ha attribuito all’indennità la qualificazione di debito di valuta che, in quanto tale, diviene esigibile solamente quando l’immobile viene rilasciato.
Infine, è bene precisare che il rapporto locatizio può cessare anche in seguito all’esercizio da parte della
pubblica amministrazione del proprio potere ablatorio. In tal caso, il conduttore
non potrà avanzare alcuna richiesta nei confronti della p.a., considerato che l’amministrazione
non può essere considerata parte locatrice e non assume di conseguenza alcun tipo di obbligo nei confronti del conduttore.