L’art. 6 prevede due forme di successione nel contratto di locazione:
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successione nel contratto di locazione mortis causa;
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successione nel contratto di locazione inter vivos, in seguito alla cessazione della convivenza tra conduttore e coniuge.
Con la prima ipotesi si realizza quella che è stata definita in dottrina come “
successione anomala”, poiché produce una successione a prescindere dalla qualifica di erede in capo al successore.
Infatti, le persone che succederanno al
de cuius è sufficiente che siano con lui “
abitualmente conviventi”, a prescindere dal fatto che siano o meno suoi eredi.
Questo si pone in deroga alla disciplina delle successioni, che è connotata dalla caratteristica della universalità, subentrando di regola il successore in tutti i diritti e doveri spettanti al
de cuius.
Per questo motivo, la dottrina ha qualificato tale diritto di successione nel contratto di locazione come un legato
ex lege.
Tuttavia, in deroga a quanto disposto in generale dall’art.
1295, coloro che subentrano nel contratto di locazione saranno tenuti
solidalmente, e non
pro quota, al pagamento dei canoni e degli oneri maturati dopo la morte del conduttore.
Per quanto riguarda il requisito dell’abitualità della convivenza, essa va accertata dal giudice nel caso concreto, e va desunta da una serie di indici fattuali che possono essere rappresentati, in generale, da una convivenza duratura e stabile nell’abitazione del conduttore, con condivisione quotidiana di spazi comuni. Restano fuori dal campo di applicazione della norma coloro che abbiano convissuto con il conduttore per esigenze meramente transitorie o, addirittura, di semplice ospitalità; così come non possono essere considerati successori coloro che abbiano iniziato la loro abituale convivenza con il conduttore solamente in un momento successivo alla morte dello stesso.
La ratio della norma è infatti esclusivamente quella di evitare un pregiudizio a coloro che avevano trovato nell’immobile in cui dimorava il conduttore un punto di riferimento stabile e una abitazione, appunto, abituale.
La norma in commento va letta e analizzata alla luce della giurisprudenza della Corte Costituzionale che ha modificato e precisato il contenuto della disposizione.
In particolare, la Consulta si è espressa con riferimento all’estensione della categoria dei successibili, con particolare riferimento a coloro che non siano espressamente richiamati dalla norma in esame e, più precisamente, per il convivente more uxorio e per il coniuge separato di fatto.
Più nel dettaglio, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 404 del 7 aprile 1988, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del primo comma, nella parte in cui non prevede tra i successibili nella titolarità del contratto di locazione, in caso di morte del conduttore, il convivente more uxorio.
Tanto è stato stabilito dal Giudice delle Leggi, poiché il concetto di famiglia, si afferma, si è evoluto, passando da una visione familiare di tipo “nucleare” ad una visione familiare più estesa, comprendente anche soggetti estranei alla famiglia d’origine.
In tale ottica, così come concepito, l’art. 6 contrasterebbe con l’
art. 2 Cost., che tutela il
diritto all’abitazione come diritto fondamentale dell’individuo, e con l’
art. 3 Cost., per lesione del principio di
uguaglianza.
La dichiarazione di illegittimità costituzionale ha poi colpito anche il terzo comma dell’art. 6, nella parte in cui non prevede che il coniuge separato di fatto succeda al conduttore, se tra i due si sia così convenuto.
Infine, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’intera norma nella parte in cui non prevede la successione nel contratto di locazione al conduttore che abbia cessato la convivenza, a favore del già convivente quando vi sia prole naturale.
Viceversa, se prole naturale non vi è, non sussisterebbe alcuna ragione per permettere al convivente more uxorio di succedere nel contratto di locazione.
Una questione molto dibattuta attiene ai rapporti tra l’articolo in esame e la norma di cui all’
art. 1614 del c.c..
Tale disposizione prevede che: “
nel caso di morte dell'inquilino, se la locazione deve ancora durare per più di un anno ed è stata vietata la sublocazione, gli eredi possono recedere dal contratto entro tre mesi dalla morte.”
Nell’art. 1614, diversamente rispetto all’art. 6, nessuna menzione viene fatta al requisito della abitualità nella convivenza, e gli eredi succedono nel contratto di locazione indipendentemente dalla sede della loro abitazione.
La questione attiene alla possibilità, per i soggetti di cui all’art.
1614, di
subentrare nel contratto di locazione
iure successionis, nel caso in cui coloro che erano abitualmente conviventi abbiano
rinunziato alla facoltà loro attribuita dalla legge, o
manchino completamente.
Ebbene, a tal proposito, l’orientamento dottrinale maggioritario sostiene che non vi sia una incompatibilità strutturale tra le due norme. Infatti, in mancanza dei soggetti di cui all’art. 6, succederanno nel contratto, ex art. 1614, gli eredi non conviventi, che potranno comunque sempre rinunciare a tale subentro.
Questa conclusione viene tratta dalla regola per cui "
lex specialis derogat generali", senza tuttavia per questo accedere all’opinione che ritiene implicitamente abrogato l’articolo
1614, non essendovi né una abrogazione tacita né, tantomeno, espressa, della disposizione.
Per quanto attiene poi all’ipotesi di successione di cui ai commi due e tre della disposizione, che disciplinano le ipotesi di successione inter vivos nel contratto di locazione, è necessario operare alcune precisazioni.
Una questione attiene alla possibilità di revoca, in un momento successivo a quello della separazione, della assegnazione della casa coniugale.
Tale revoca potrebbe incidere sulla titolarità del contratto di locazione?
La migliore dottrina ritiene che, nel caso di revoca dell’assegnazione della casa coniugale, provvedimento col quale si era consentito al coniuge affidatario di subentrare nel contratto di locazione, vi sarà una ulteriore successione a favore del coniuge che ha ottenuto in seguito l’assegnazione della casa.
In ogni caso, la giurisprudenza ritiene che, anche in presenza di un provvedimento di assegnazione della casa familiare al coniuge del conduttore, quest’ultimo avrà comunque la possibilità di ottenere nuovamente la
disponibilità dell’immobile, una volta che il contratto di locazione sarà giunto alla sua naturale scadenza.
Il comma 3, poi, prevede la possibilità di subentro del coniuge in seguito a separazione consensuale o di nullità matrimoniale.
Come in precedenza accennato, la sentenza n. 404 del 1988 ha stabilito che il coniuge separato solo di fatto ha diritto di succedere nel contratto di locazione che faceva capo al coniuge conduttore, a patto che fosse così stato espressamente convenuto.
Infine, la giurisprudenza si è interrogata in merito alla possibilità di succedere nel contratto di locazione per il coniuge separato nel caso in cui il provvedimento di omologazione della separazione personale avvenga in un momento successivo rispetto alla data di scadenza del contratto di locazione. In tal caso, infatti, il coniuge avrebbe occupato l’immobile senza titolo, ritenendosi automaticamente in mora nella restituzione dell’immobile all’effettivo titolare.
Un’ultima considerazione riguarda la successione inter vivos del convivente more uxorio nel contratto di locazione. In tal caso, l’ex convivente avrà sì il diritto di succedere nel contratto di locazione al posto del conduttore, ma solo allorché vi sia della prole naturale.
Tale requisito viene ritenuto essenziale ai fini della successione inter vivos nel contratto; diversamente, il convivente more uxorio, in assenza di prole naturale, non potrà vantare alcun diritto di subentro nel contratto di locazione.
Si ritiene, poi, che per “prole naturale” si intenda esclusivamente quella originata dalla coppia separata, e non quella generata da uno dei conviventi con un partner precedente.