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Articolo 1614 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Morte dell'inquilino

Dispositivo dell'art. 1614 Codice Civile

Nel caso di morte dell'inquilino, se la locazione deve ancora durare per più di un anno ed è stata vietata la sublocazione [1594], gli eredi possono recedere dal contratto [1373] entro tre mesi dalla morte(1).

Il recesso si deve esercitare mediante disdetta comunicata con preavviso non inferiore a tre mesi [1627](2).

Note

(1) Se si tratta di immobili ad uso abitativo prevale la disciplina speciale di cui agli articoli 6 e 37, L. 27 luglio 1978, n. 392, così come interpretata dalla Corte Costituzionale (Corte Cost., 7 aprile 1988, n. 404). La norma in esame torna ad applicarsi anche nell'ipotesi in cui manchino i soggetti indicati da tali disposizioni ovvero, se esistenti, rinuncino al proprio diritto.
(2) Si vedano gli articoli 4, 6, 27, 29 e 37, L. 27 luglio 1978, n. 392.

Ratio Legis

La norma è volta a contemperare la posizione degli eredi, che possono non avere interesse a proseguire nella conduzione dell'immobile, con quella del locatore, in tale ipotesi, a reperire nuovi locatari.

Spiegazione dell'art. 1614 Codice Civile

Facoltà di recesso concessa agli eredi

Il contratto di locazione di fondo urbano non è concluso di regola intuitu personae e come non si scioglie con la morte del locatore, così non dovrebbe neppur cessare con quella del conduttore, a meno che non sia concluso per la durata della vita dell'inquilino. Tuttavia in considerazione dell'eventuale disagio economico degli eredi del conduttore di fronte ad una locazione di fondo urbano che implichi obblighi sproporzionati alle loro possibilità, si è accordato ad essi il diritto di recedere.
Tale diritto, però, non può essere esercitato in ogni caso, ma è sottoposto ad alcuni limiti. Innanzi tutto deve trattarsi di una locazione che debba ancora durare per più di un anno alla data della morte dell'inquilino; in secondo luogo deve essere stata per patto vietata la sublocazione, altrimenti verrebbe meno lo scopo della facoltà; in terzo luogo il diritto di recesso deve essere esercitato non oltre tre mesi dal giorno della morte del conduttore. Dal giorno della disdetta deve poi decorrere un termine di preavviso di mesi tre.
Qualora gli eredi non intendano avvalersi della facoltà loro riconosciuta, subentrano nella posizione giuridica del loro dante causa.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

427 Infine ho altamente apprezzato le ragioni esposte dalla Commissione reale nella sua relazione per giustificare il diritto degli eredi del conduttore di ottenere lo scioglimento del contratto a seguito della morte del loro autore.
Facendole mie ho considerato però che subordinando il diritto concesso alla dimostrazione dell'onerosità di una ulteriore permanenza del vincolo si costringono gli eredi ad una prova difficile. Ho preferito, quindi, ammettere il recesso per il solo fatto della morte del conduttore, da notificare entro tre mesi dalla morte stessa mediante licenza che dia un preavviso non inferiore a tre mesi.
Sull'esempio del progetto del 1936 il beneficio è stato da me limitato al caso in cui è vietata la sublocazione; ed infatti se il subaffitto è permesso, l'erede dell'inquilino può rimediare con l'uso della facoltà concessa alle conseguenze in cui lo pone la continuazione del rapporto locatizio. Ma appunto perché la sublocazione viene considerata come rimedio che dà gli stessi vantaggi sostanziali del recesso, ho disposto che, anche quando la sublocazione stata i punti al mento vietata il locatore può evitare lo scioglimento del contratto nella fattispecie cui considerata, autorizzando la sublocazione non oltre quindici giorni dopo la notificazione della licenza.

Massime relative all'art. 1614 Codice Civile

Cass. civ. n. 26670/2017

L'erede non convivente del conduttore di immobile adibito ad abitazione non gli succede nella detenzione qualificata, e poiché il titolo si estingue con la morte del titolare del rapporto (analogamente al caso di morte del titolare dei diritti di usufrutto, uso o abitazione), quegli è un detentore precario della "res locata" al "de cuius", sicchè nei suoi confronti sono esperibili le azioni di rilascio per occupazione senza titolo e di responsabilità extracontrattuale.

Cass. civ. n. 3074/1995

L' art. 6 della L. 27 luglio 1978, n. 392 ha compiutamente disciplinato la materia della successione nel contratto di locazione per uso abitativo nel caso di morte del conduttore, escludendo l'applicabilità dell'art. 1614 c.c. ai rapporti assoggettati alla nuova e diversa disciplina, con la conseguenza che in mancanza delle altre persone in favore delle quali l'art. 6 cit. prevede la successione nel contratto di locazione, gli eredi del conduttore possono subentrare nel rapporto locativo solo se con quest'ultimo conviventi.

Cass. civ. n. 11328/1990

A differenza della legislazione vincolistica la L. 27 luglio 1978, n. 392, con l'art. 6 per gli immobili ad uso abitativo e con l'art. 37 per gli immobili ad uso non abitativo, ha compiutamente e direttamente disciplinato la materia della successione nel contratto di locazione nel caso di morte del conduttore con la conseguenza che la diversa disciplina dell'art. 1614 c.c. deve ritenersi abrogata con l'entrata in vigore della suddetta legge ai sensi dell'art. 84 della medesima legge.

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C. B. chiede
sabato 25/06/2022 - Lombardia
“Tizio, affittuario e unico residente in un nostro appartamento, muore il 10/5/2022. Figli e nipoti ci inviano le chiavi via posta e allegano la rinuncia all'eredità fatta presso un notaio e registrata all'AE. Non conosciamo altri eredi e nessuno si è palesato. Famiglia asserragliata in totale silenzio. Rimangono nella casa vestiti, scarpe, piatti ecc. Riceviamo post-mortem due bonifici dell'affitto da un conto "sfuggito" alla famiglia. Sospettiamo che il patrimonio del defunto fosse cospicuo (90 anni, tirchissimo e con un'ottima pensione) ma che sia già stato "recuperato" dalla famiglia. Vantiamo crediti per 3500 euro (imbiancatura fine affitto e spese condominiali degli ultimi mesi) ma pensiamo che i costi per recuperarli in questa situazione siano alti con il rischio di perderci ulteriormente.
Domanda: cosa dobbiamo fare degli oggetti personali? Possiamo spostarli in soffitta in attesa che qualcuno li chieda, così che possiamo fare gli interventi nel nostro appartamento? Cosa dobbiamo fare degli affitti automatici? Qualcuno in futuro ci può accusare di qualcosa?”
Consulenza legale i 30/06/2022
L’art. 1614 c.c. detta una disciplina di carattere generale per il caso di morte dell’inquilino, disponendo che se la locazione deve durare per più di un anno dalla data della morte, gli eredi dell’inquilino hanno un termine di tre mesi per recedere dal contratto di locazione, specificando poi al secondo comma che il recesso va esercitato mediante disdetta comunicata con un preavviso non inferiore a mesi tre.
Ratio di tale norma è sostanzialmente quella di contemperare la posizione degli eredi (i quali possono non avere interesse a proseguire nella conduzione dell’immobile) con quella del locatore (di godere di un minimo spazio temporale per reperire nuovi locatari).

Tale regola generale, tuttavia, non può trovare applicazione nel caso di immobili ad uso abitativo, per i quali prevale la disciplina speciale di cui agli artt. 6 e 37 Legge equo canone.
In particolare, l’art. 6 della suddetta legge dispone che “In caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto il coniuge, gli eredi ed i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi”.
Dottrina e giurisprudenza si sono trovati, dunque, a dover affrontare la questione del coordinamento tra queste due norme, con particolare riferimento alla possibilità, per i soggetti di cui all’art. 1614 c.c., di subentrare nel contratto di locazione iure successionis, nel caso in cui coloro che erano abitualmente conviventi abbiano rinunziato alla facoltà loro attribuita dalla legge, o manchino completamente.
Ebbene, a tal proposito, la tesi prevalente, oltre che preferibile, è quella secondo cui non sussiste alcuna incompatibilità strutturale tra le due norme, con la conseguenza che, in mancanza dei soggetti di cui all’art. 6 Legge equo canone, succederanno nel contratto, ex art. 1614, gli eredi non conviventi, che potranno comunque sempre rinunciare a tale subentro secondo le forme da quest’ultima norma volute.

Ora, nel caso di specie si precisa che Tizio, oltre che intestatario del contratto di locazione, era l’unico residente nell’appartamento locato, il che consente di affermare che debba trovare applicazione non la disciplina speciale di cui all’art. 6 Legge equo canone, bensì l’art. 1614 c.c.
Pertanto, le modalità che figli e nipoti, chiamati all’eredità rinunziatari, hanno scelto di utilizzare per sciogliere il rapporto contrattuale in essere (invio delle chiavi per posta con allegata rinuncia all’eredità) non possono certamente ritenersi rispettose di quanto voluto dall’art. 1614, norma che, come si è detto prima, pretende al suo secondo comma l’invio di formale disdetta con un preavviso non inferiore a mesi tre.
Inoltre, ad escludere fino a questo momento la sussistenza di una valida manifestazione della volontà di disdetta del contratto di locazione contribuisce anche la circostanza che l’immobile di fatto non risulta essere stato liberato, in quanto ancora occupato dai mobili e dagli effetti personali del defunto.

In conseguenza di ciò, dunque, non potendosi considerare formalmente sciolto il rapporto di locazione, deve ritenersi che i locatari siano pienamente legittimati a riscuotere i canoni di locazione che, seppure per effetto di un bonifico automatico, continuano ad essere accreditati sul conto corrente indicato in sede di conclusione del contratto di locazione con il de cuius.

Ciò, tuttavia, preclude agli stessi locatari di spostare altrove i mobili lasciati dal de cuius nell’appartamento locato, mentre quello che si consiglia, al fine di sciogliersi validamente dal vincolo contrattuale, è di inviare una formale comunicazione all’ultimo domicilio del defunto, indirizzata agli eredi del medesimo collettivamente ed impersonalmente, con la quale invitare gli stessi a formalizzare disdetta del contratto di locazione secondo le forme e nel rispetto dei termini voluti dall’art. 1614 c.c.
Nella stessa missiva si potrà dare atto delle somme che fino a quel momento sono state accreditate in automatico e rivolgere, sempre agli eredi collettivamente ed impersonalmente, formale diffida a sgomberare l’immobile locato da ogni bene mobile di proprietà del de cuius, con avvertimento che fin quando tale liberazione non verrà effettuata, si avrà il diritto di pretendere un’indennità di occupazione (generalmente pari al canone di locazione).

Qualora, malgrado l’irrituale manifestazione della volontà di disdetta, proveniente tra l’altro da soggetti non legittimati (per rinuncia all’eredità del de cuius), i locatari abbiano già preso possesso dell’immobile, ciò che si consiglia è di inviare, secondo le modalità dette sopra (agli eredi collettivamente ed impersonalmente nell’ultimo domicilio del defunto) una missiva nella quale dichiarare di aver ricevuto le chiavi e copia della rinuncia all’eredità, precisando che il rapporto di locazione si intenderà sciolto decorsi tre mesi dal ricevimento di quelle chiavi (termine coincidente con il preavviso voluto dall’art. 1614 c.c.).
Sarà sempre opportuno precisare che, decorso tale termine ed in assenza di liberazione dell’immobile, si avrà diritto di pretendere una indennità di occupazione.

Inviata tale missiva e trascorso inutilmente il termine di tre mesi dalla consegna delle chiavi, la procedura corretta per liberarsi dei mobili che arredano l’immobile sarebbe quella di farne offerta reale ex artt. 1208 e ss. c.c. per mezzo di ufficiale giudiziario.
Si tratta, però, di una procedura alquanto complessa oltre che costosa, in questo caso ancora più difficile da portare avanti per l’assenza di soggetti a cui indirizzare tale offerta.
Ciò che si consiglia, dunque, per liberarsi più celermente di quei beni è di chiederne il sequestro conservativo in virtù del privilegio che l’art. 2764 del c.c. riconosce al locatore di immobili per crediti dallo stesso vantati per fitti, mancate riparazioni, danni arrecati all’immobile e ogni altro credito dipendente da inadempimento del contratto.
In seguito al sequestro, si potrà procedere alla vendita degli stessi beni, secondo le norme dettate dal codice di procedura civile per la vendita di beni mobili oppure se ne potrà chiedere l’assegnazione per farne ciò che si vuole.