La presente norma disciplina le condizioni ed il tempo per l’intervento nel
processo esecutivo da parte di terzi creditori, disponendo che l'intervento, per essere tempestivo, deve aver luogo non oltre la prima
udienza fissata per l'autorizzazione della vendita o per l’assegnazione.
Di tale intervento il
cancelliere è tenuto a darne notizia al
creditore pignorante nelle forme previste dall’
art. 160 delle disp. att. c.p.c., ma la legge non pone alcun termine a questo adempimento (si ritiene che scopo di tale
prescrizione sia quello di consentire al creditore procedente di indicare l'esistenza di altri beni del
debitore utilmente pignorabili).
Nel caso in cui il valore dei beni pignorati, secondo la stima che ne è stata fatta dall’
ufficiale giudiziario, non superi i ventimila euro, l'intervento per potersi considerare tempestivo deve aver luogo non oltre la data di presentazione del ricorso con cui viene chiesta l’assegnazione o la vendita dei beni pignorati ex
art. 529 del c.p.c..
Tale anticipazione ha la finalità di accelerare i tempi qualora vengano pignorati beni per un modico valore, accordando al creditore procedente un privilegio processuale.
Tutti gli interventi spiegati oltre i termini previsti dalla norma in esame si considerano tardivi.
Qualora dovessero sorgere controversie sulla natura tempestiva o meno dell'intervento, si ritiene che queste debbano essere risolte dal giudice dell'esecuzione con
ordinanza ex
art. 487 del c.p.c., avverso la quale la parte interessata potrà proporre
opposizione agli atti esecutivi ex
art. 617 del c.p.c..
L'ammissibilità dell'intervento dei creditori consente la realizzazione del c.d.
concorso dei creditori e, quindi, l'attuazione della
par condicio sancita dall’
art. 2741 del c.c., secondo cui i creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sul patrimonio del debitore, salve le cause legittime di prelazione nascenti dal diritto sostanziale (privilegi, pegno e ipoteca).
Nella disciplina del concorso dei creditori nell’espropriazione assumono rilevanza diverse tipologie di interessi, e precisamente:
a) l'interesse del creditore pignorante a realizzare rapidamente il proprio diritto;
b) l'interesse di ogni altro creditore, diverso da quello procedente, a non veder sottratto definitivamente il bene alla garanzia patrimoniale oltre che a concorrere sia alla fase di liquidazione del bene che a quella della ripartizione del ricavato;
c) l'interesse del debitore a subire gli atti di espropriazione solo da parte di chi ha un credito "certo".
A quest’ultimo proposito va ricordato che la disciplina delle condizioni di intervento è stata profondamente innovata dalla riforma del 2005.
In primo luogo, infatti, il primo comma dell’
art. 499 del c.p.c. stabilisce che sono abilitati all'intervento nell'espropriazione i creditori che nei confronti del debitore hanno un credito fondato su
titolo esecutivo, nonché i creditori che, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero avevano un diritto di
pegno o un
diritto di prelazione.
Scopo d tale previsione è quello di impedire quella pratica diffusa che vedeva intervenire quei creditori che, privi di titolo esecutivo, profittavano dell'iniziativa promossa dal creditore pignorante con lo scopo di assicurarsi la partecipazione alla distribuzione del ricavato senza essere costretti ad affrontare prima i costi e le fatiche di un procedimento giudiziario volto ad ottenere un titolo esecutivo.
Adesso, invece, viene riconosciuto come principio tendenziale quello secondo cui la possibilità di intervento compete soltanto ai creditori titolati (ossia muniti di titolo esecutivo ex
art. 474 del c.p.c.), con la conseguenza che in tutte le espropriazioni possono intervenire soltanto persone che vantino un credito qualificato dalle predette caratteristiche.
Una deroga alla necessità del titolo esecutivo viene prevista a favore dei creditori aventi un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri, del
creditore pignoratizio e di quello sequestrante, i quali, pertanto, possono intervenire per la realizzazione di un credito, ancorché sottoposto a termine o a condizione
Occorre aggiungere che sempre per effetto della Legge n. 263/2005 è stato previsto, ai commi 5 e 6 del citato art. 499 c.p.c., relativamente ai
creditori intervenuti non titolati, un meccanismo endoprocessuale di formazione del titolo esecutivo, incentrato sul riconoscimento, espresso o tacito, del credito da parte del debitore esecutato, rilevante soltanto ai fini esecutivi.
Per quanto concerne la
forma dell’intervento, questo deve essere esperito mediante deposito di un
ricorso scritto nella
cancelleria del
tribunale competente per l'esecuzione.
Tra gli effetti che tale ricorso è in grado di produrre, va ricordata la sua idoneità, ai sensi del primo comma dell’
art. 2943 del c.c. ad interrompere la
prescrizione del
credito, la quale, peraltro, in forza del successivo
art. 2945 del c.c. non corre fino al momento in cui il processo esecutivo si chiude con l'approvazione del progetto di distribuzione.