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Articolo 282 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Esecuzione provvisoria

Dispositivo dell'art. 282 Codice di procedura civile

Note

(1) La norma in esame parla genericamente di "sentenza", senza operare distinzioni. Tuttavia, un orientamento restrittivo ritiene che la disciplina della provvisoria esecuzione trovi applicazione solo in riferimento alla sentenza di condanna, che costituisce per natura titolo esecutivo. Tale orientamento non sembra preferibile e l'efficacia esecutiva dovrebbe essere intesa in senso lato, estendendola anche alle sentenze che costituiscono, estinguono o modificano rapporti giuridici (art. 2908 del c.c.).
Tuttavia, non si può ignorare come la Suprema corte abbia abbraccio con sent. 7369/2009 il primo orientamento, statuendo che le sentenze di accertamento (così come quelle costitutive) non avrebbero l'idoneità, con riferimento all'art. 282 c.p.c., ad avere efficacia anticipata rispetto al momento del passaggio in giudicato.
(2) L'esecuzione provvisoria si estende anche alle spese processuali, a prescindere dal tipo di sentenza che sia stata emanata.
(3) Il D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 29 giugno 2022, n. 79, ha disposto (con l'art. 43, comma 3) che "In deroga all'articolo 282 del codice di procedura civile, anche nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le sentenze aventi ad oggetto l'accertamento e la liquidazione dei danni di cui al comma 1 acquistano efficacia esecutiva al momento del passaggio in giudicato e sono eseguite esclusivamente a valere sul Fondo di cui al medesimo comma 1. Le procedure esecutive basate sui titoli aventi ad oggetto la liquidazione dei danni di cui al comma 1 o derivanti da sentenze straniere recanti la condanna della Germania per il risarcimento di danni provocati dalle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l'8 maggio 1945 non possono essere iniziate o proseguite e i giudizi di esecuzione eventualmente intrapresi sono estinti".

Ratio Legis

L'articolo, così come sostituito dalla l. 26 novembre 1990, ha eliminato l'istituto della discrezionale concessione della provvisoria esecuzione da parte del giudice prevedendola per tutte le sentenze, valorizzando così il giudizio di primo grado e disincentivando l'utilizzo a fini dilatori dell'impugnazione da parte del soccombente.

Spiegazione dell'art. 282 Codice di procedura civile

Nella sua precedente formulazione l’art. 282 si fondava sul c.d. effetto sospensivo dell'appello, ossia l'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado non operava durante il termine concesso per appellare e durante il giudizio di appello; solo la sentenza di appello produceva efficacia esecutiva in via immediata, pur se non ancora passata in giudicato.
L'esecuzione provvisoria poteva sussistere automaticamente solo in forza di specifiche e ben circoscritte norme, ossia ope legis, in casi tassativi previsti dalla legislazione speciale e resi via via più numerosi ed importanti al fine di intensificare la tutela di certi diritti.

L. 26.11.1990, n. 353, in un’ottica di rivalutare il giudizio di primo grado, ha sancito il principio generale della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado, la quale, sin dal momento della sua pubblicazione, è capace di produrre effetti esecutivi, legittimando l'instaurazione di uno dei procedimenti previsti nel libro III del codice di rito.
E’ stato osservato che in questo modo si è inteso scoraggiare l'impugnazione pretestuosa, proposta al solo scopo dilatorio.
In contrario è stato puntualizzato che la notifica al soccombente della sentenza di primo grado in forma esecutiva e del precetto costituirà per costui un irresistibile invito ad impugnarla, quanto meno per cercare di ottenere l'inibitoria di cui all'art. 283 del c.p.c. e, qualora questa non sia accolta, a proporre anche opposizione all'esecuzione.

Per quanto concerne il profilo del limite oggettivo della esecutorietà, il legislatore del 1990 non ha precisato se essa vada riferita esclusivamente alle sentenze suscettibili di esecuzione forzata nelle forme del libro III del codice di rito.
La tesi prevalente circoscrive l'esecutività alle sole sentenze di condanna, mentre qualche autore evidenzia come a nulla rilevi l'astratta qualifica della sentenza, se di pura condanna, di accertamento o costitutiva, essendo decisivo soltanto il fatto che essa possa essere in concreto attuata per mezzo dei procedimenti di esecuzione coattiva.

Va tuttavia precisato che anche coloro i quali aderiscono alla tesi restrittiva, tendono ad ammettere che l'esecutività provvisoria, pur non potendo essere riconosciuta per le statuizioni costitutive, debba esserlo per gli eventuali capi di condanna accessori.
Per la verità, già prima delle modifiche introdotte dalla Legge 353/1990 parte della dottrina riconosceva che la provvisoria esecutorietà potesse riferirsi anche ad altri tipi di sentenza ed in particolare alle sentenze inibitorie ed a quelle di accertamento costitutivo, argomentando dalla considerazione che anche le sentenze costitutive possano essere suscettibili di esecutorietà provvisoria, come ogni altro tipo di sentenza; secondo un orientamento ancora più estensivo, tutte le categorie di sentenze, anche quelle di mero accertamento, sarebbero suscettibili di esecuzione provvisoria ex art. 282.

Per quanto concerne in particolare la condanna alle spese, secondo il disposto della norma in esame, la condanna alle spese del giudizio contenuta nella sentenza di primo grado comporta, in quanto tale, la provvisoria esecutività del relativo capo della sentenza, indipendentemente dalla natura - se di condanna, costitutiva o di mero accertamento - e dal contenuto (se di accoglimento, di rigetto o di altro tenore della domanda principale o riconvenzionale o del terzo) della decisione principale, cui la statuizione sulle spese accede.

Alcuni autori, sul presupposto che risulti difficile teorizzare che la domanda di condanna accessoria non possa costituire titolo esecutivo fino al passaggio in giudicato della domanda principale, hanno ritenuto che, in caso di mero rigetto della domanda proposta dall'attore, il convenuto vittorioso possa recuperare le spese di lite, senza dover necessariamente attendere il passaggio in giudicato della sentenza.

Nel caso specifico di sentenza dichiarativa di fallimento, la sua esecutività obbligatoria e vincolante per gli organi fallimentari perdura sino all'esaurimento delle operazioni fallimentari, oppure sino a che intervenga una sentenza di revoca passata in giudicato.
Infatti, gli effetti della sentenza di fallimento possono essere rimossi, sia quanto alla determinazione dello status di fallimento sia quanto agli aspetti conservativi che al medesimo si ricollegano, soltanto con il passaggio in giudicato della successiva sentenza di revoca, resa in sede di opposizione, mentre prima di tale momento può provvedersi, in via esclusivamente discrezionale, alla sospensione dell'attività liquidatoria.

Considerata la natura costitutiva della sentenza che accoglie la domanda di revocatoria ordinaria o fallimentare, la disciplina della provvisoria esecutorietà di cui alla norma in esame non trova applicazione, anche qualora vi siano capi di condanna consequenziali, e non autonomi, rispetto alla pronuncia costitutiva.

La possibilità di anticipare l'esecuzione delle statuizioni condannatorie contenute nella sentenza che abbia natura costitutiva deve essere valutata in concreto volta per volta, in base al rapporto esistente tra l'effetto condannatorio da anticipare e l'effetto costitutivo producibile solo con il giudicato.

Nel caso di sentenza costitutiva pronunciata ex art. 2932 del c.c., si era affermata la tesi secondo cui le statuizioni di condanna consequenziali ( dispositive dell'adempimento delle prestazioni a carico delle parti fra le quali la sentenza determina la conclusione del contratto) sono da ritenere immediatamente esecutive ai sensi dell'art. 282.
Tale orientamento, tuttavia, è stato successivamente disatteso dalla Corte di Cassazione, la quale ha fatto osservare che, nel caso di preliminare di compravendita e di pronuncia ex art. 2932 c.c. l'effetto traslativo della proprietà del bene si produce solo con l'irretroattività della sentenza che determina l'effetto sostitutivo del contratto definitivo (prima del proprio passaggio in giudicato la sentenza non è in grado di produrre quegli effetti del contratto definitivo che è destinata a surrogare); all'interno della pronuncia ex art. 2932 c.c. non si possono scindere capi costitutivi principali e capi condannatori consequenziali, ove questi ultimi siano legati ai primi da un vero e proprio nesso sinallagmatico.

Resta ferma, invece, la provvisoria esecutività ex art. 282 del capo sulle spese, trattandosi di una statuizione meramente dipendente e non sinallagmatica rispetto al capo costitutivo.

Per quanto concerne, infine, l’espressione “tra le parti” contenuta nella norma, espressione contenuta anche nel vecchio testo dell’art. 282 comma 1, l'orientamento prevalente era nel senso che tale precisazione non impedisse che la sentenza non immutabile potesse imporre un comportamento di collaborazione a quei soggetti tenutivi per il loro ufficio (come ad esempio il custode, il conservatore dei registri immobiliari, ecc.).
A seguito della novella tale inciso è stato ritenuto superfluo, poiché, in assenza di una norma specifica, esso non vale ad escludere immediati obblighi di comportamento da parte di "terzi" in ragione del loro ufficio o funzione ed in presenza di condanna provvisoriamente esecutiva.


Massime relative all'art. 282 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 12872/2021

La sentenza di accoglimento della domanda di riduzione della quota di legittima racchiude due statuizioni, l'una, sempre uguale, consistente nell'accertamento della lesione della predetta quota e nella risoluzione, con effetto costitutivo limitato alle parti, delle disposizioni negoziali lesive, l'altra, avente contenuto di condanna, che si pone con la statuizione costitutiva in rapporto variabile, a seconda che la reintegra richieda la previa divisione di beni ereditari, con conseguente condanna di uno dei condividenti al pagamento del conguaglio, oppure unicamente il versamento da parte del donatario del controvalore della quota, ai sensi dell'art.560 c.c; pertanto, solo nel secondo caso, integrandosi un rapporto di "dipendenza" tra capo costitutivo e capo condannatorio, quest'ultimo è immediatamente eseguibile, ex art. 282 c.p.c., indipendentemente dal passaggio in giudicato del primo, mentre, nel primo caso, venendo in considerazione un rapporto di "corrispettività" tra i due capi della sentenza, l'esecuzione di quello di condanna ne presuppone il passaggio in giudicato.

Cass. civ. n. 10826/2020

Il capo della sentenza contenente la condanna alle spese è immediatamente esecutivo ex art. 282 c.p.c., senza che rilevi la natura (di accertamento, costitutiva, di condanna) della pronuncia cui accede. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, disattendendo la censura del ricorrente per cassazione secondo il quale l'ordinanza dichiarativa dell'incompetenza e la sentenza conclusiva del primo grado del giudizio di opposizione all'esecuzione non passata in giudicato non erano esecutive neppure per il capo di condanna alle spese). (Rigetta, TRIBUNALE SALERNO, 23/01/2017).

Cass. civ. n. 7941/2020

Il contegno della parte che, ai fini della determinazione della somma da precettare, detrae dall'importo riconosciuto in suo favore con la sentenza parziale quanto riconosciuto in favore della controparte con la sentenza definitiva, non implica acquiescenza a tale ultima sentenza, della quale è corretto tener conto ai fini della determinazione del saldo dei rapporti di dare e avere tra le parti cristallizzato nel precetto, non fosse altro che per prevenire l'eccezione di compensazione della parte precettata. (Cassa senza rinvio, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 08/05/2013).

Cass. civ. n. 30495/2019

La domanda di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado, essendo conseguente alla richiesta di modifica della decisione impugnata, non costituisce domanda nuova ed è perciò ammissibile in appello anche nel corso del giudizio, quando l'esecuzione della sentenza sia avvenuta successivamente alla proposizione dell'impugnazione. Qualora il giudice d'appello non provveda su tale domanda, la parte può alternativamente denunciare l'omissione con ricorso per cassazione o farla valere riproponendo la detta domanda restitutoria in autonomo giudizio, posto che la mancata pronuncia dà luogo ad un giudicato solo processuale e non sostanziale.

Cass. civ. n. 30389/2019

Il principio secondo cui il diritto alla restituzione delle somme pagate in esecuzione di una sentenza provvisoriamente esecutiva, successivamente riformata in appello, sorge, ai sensi dell'art. 336 c.p.c., per il solo fatto della riforma della sentenza e può essere fatto valere immediatamente, se del caso anche con procedimento monitorio, trova applicazione analogica nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, che si concludono con la revoca del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. In tali ipotesi, la domanda di restituzione può essere formulata davanti al giudice dell'opposizione anche separatamente e il relativo giudizio non deve essere sospeso in attesa della definizione di quello di opposizione, perché la restituzione non è subordinata al passaggio in giudicato della revoca del decreto.

Cass. civ. n. 14253/2019

In relazione alla domanda - proposta nella fase di gravame - di restituzione delle somme versate in esecuzione della sentenza di primo grado impugnata, il giudice di appello opera quale giudice di primo grado, in quanto detta domanda non poteva essere formulata precedentemente; ne consegue che, se il giudice dell'impugnazione omette di pronunziarsi sul punto, la parte può alternativamente far valere l'omessa pronunzia con ricorso in cassazione o riproporre la domanda restitutoria in separato giudizio, senza che la mancata impugnazione della sentenza determini la formazione del giudicato.

Cass. civ. n. 2537/2019

In tema di scioglimento della comunione mediante assegnazione ex art. 720 c.c. con determinazione di (o condanna al) conguaglio a carico dell'assegnatario, quest'ultimo capo di sentenza non è suscettibile di esecuzione provvisoria ex art. 282 c.p.c. e, quindi, di essere azionato come titolo esecutivo prima del passaggio in giudicato della statuizione sull'assegnazione, che ha natura costitutiva, in quanto ad essa legato da nesso di corrispettività ancorché non di stretta sinallagmaticità.

Cass. civ. n. 8693/2016

Nell'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto di compravendita, l'esecutività provvisoria, ex art. 282 c.p.c., della sentenza costitutiva emessa ai sensi dell'art. 2932 c.c., è limitata ai capi della decisione che sono compatibili con la produzione dell'effetto costitutivo in un momento successivo, e non si estende a quelli che si collocano in rapporto di stretta sinallagmaticità con i capi costitutivi relativi alla modificazione giuridica sostanziale, sicché non può essere riconosciuta al capo decisorio relativo al trasferimento dell'immobile contenuto nella sentenza di primo grado, né alla condanna implicita al rilascio dell'immobile, poiché l'effetto traslativo della proprietà del bene scaturente dalla stessa sentenza si produce solo dal momento del passaggio in giudicato, con la contemporanea acquisizione dell'immobile al patrimonio del destinatario della pronuncia. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza della corte territoriale che aveva riconosciuto il danno per mancato godimento del bene oggetto di sentenza costitutiva di compravendita, in forza dell'intervenuta sua alienazione a terzi in pendenza del giudizio di secondo grado, a decorrere dalla sentenza di primo grado e sull'erroneo presupposto della provvisoria esecutività di essa). (Cassa e decide nel merito, App. Milano, 02/02/2011).

Cass. civ. n. 12236/2015

Qualora, pendente un giudizio concernente il pagamento di canoni locatizi rimasti inadempiuti, sopravvenga, all'esito di un diverso procedimento tra le stesse parti, una sentenza ex art. 2932 cod. civ., di trasferimento dell'immobile, oggetto del contratto di locazione, al conduttore, quest'ultimo resta obbligato a corrispondere alla controparte i canoni non versati fino alla data del passaggio in giudicato della decisione, la cui natura costitutiva la qualifica come produttiva di effetti "ex nunc" da tale data, senza essere connotata, in quanto tale, da provvisoria esecutività ex art. 282 cod. proc. civ. se non limitatamente ai capi decisori che non si collochino in rapporto di stretta dipendenza con quelli costitutivi relativi alla modificazione giuridica sostanziale. (Rigetta, App. Palermo, 20/09/2011).

Cass. civ. n. 18611/2013

Quando l'adempimento, volontario o coattivo, della condanna al pagamento pronunciata in primo grado sia avvenuto in parte prima della proposizione dell'appello e in parte nel corso del giudizio di appello, la domanda di restituzione dell'intero, in conseguenza della riforma della sentenza impugnata, può essere proposta dall'appellante, senza incorrere in decadenza, fino alla precisazione delle conclusioni, atteso che il pagamento parziale non consente di ritenere adempiuta la prestazione della cui restituzione trattasi e considerato che, ipotizzando la necessità di un'autonoma domanda, in altro giudizio, per la parte residua del credito frazionato, si realizzerebbe un effetto inflattivo di moltiplicazione dei giudizi non rispondente al principio costituzionale della "durata ragionevole" del processo.

Cass. civ. n. 10064/2013

In materia di revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli e di quelle relative alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere a seguito dello scioglimento e della cessazione degli effetti civili del matrimonio, a norma dell'art. 9 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, il decreto pronunciato dal tribunale è immediatamente esecutivo, in conformità di una regola più generale, desumibile dall'art. 4 della stessa legge, che è incompatibile con l'art. 741 cod. proc. civ. in tema di procedimenti camerali, il quale subordina l'efficacia esecutiva al decorso del termine per la proposizione del reclamo. (Rigetta, Trib. Bergamo, 27/07/2007).

Cass. civ. n. 9287/2012

Una sentenza d'appello che, riformando quella di primo grado, faccia per ciò sorgere il diritto alla restituzione degli importi pagati in esecuzione di questa, non costituisce titolo esecutivo se non contenga una espressa statuizione di condanna in tal senso.

Cass. civ. n. 19747/2011

Il comportamento della parte soccombente che, all'atto della notifica della sentenza di primo grado dichiarata provvisoriamente esecutiva e del pedissequo precetto intimato per il pagamento delle somme dovute a termini della sentenza medesima, abbia invitato la controparte ad operare la compensazione del credito fatto valere mediante il citato atto di precetto con la maggiore somma della quale essa sia creditrice ed a restituire la differenza, non può assumere l'univoco significato di una libera, totale e incondizionata accettazione del "decisum" e quindi di una acquiescenza preclusiva, ex art. 329 c.p.c., del diritto di impugnazione, trattandosi di comportamento ispirato alla finalità di evitare l'esecuzione intimata con l'atto di precetto.

Cass. civ. n. 16737/2011

L'anticipazione in via provvisoria, ai fini esecutivi, degli effetti discendenti da statuizioni condannatorie contenute in sentenze costitutive, non è consentita, essendo necessario il passaggio in giudicato, soltanto nei casi in cui la statuizione condannatoria è legata all'effetto costitutivo da un vero e proprio nesso sinallagmatico (come nel caso di condanna al pagamento del prezzo della compravendita nella sentenza sostitutiva del contratto definitivo non concluso); è invece consentita quando la statuizione condannatoria è meramente dipendente dall'effetto costitutivo, essendo detta anticipazione compatibile con la produzione dell'effetto costitutivo nel momento temporale successivo del passaggio in giudicato (come nel caso di specie riguardante la condanna di un istituto di credito alla restituzione delle somme di denaro ricevute da un istituto di credito a seguito di atti solutori dichiarati inefficaci ai sensi dell'art. 67 legge fall.).

Cass. civ. n. 4059/2010

Nell'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto di compravendita, l'esecutività provvisoria, ex art. 282 c.p.c., della sentenza costitutiva emessa ai sensi dell'art. 2932 c.c., è limitata ai capi della decisione che sono compatibili con la produzione dell'effetto costitutivo in un momento successivo, e non si estende a quelli che si collocano in rapporto di stretta sinallagmaticità con i capi costitutivi relativi alle modificazione giuridica sostanziale. Essa, pertanto, non può essere riconosciuta al capo decisorio relativo al trasferimento dell'immobile contenuto nella sentenza di primo grado, né alla condanna implicita al rilascio dell'immobile in danno del promittente venditore, poiché l'effetto traslativo della proprietà del bene scaturente dalla stessa sentenza si produce solo dal momento del passaggio in giudicato, con la contemporanea acquisizione dell'immobile al patrimonio del promissario acquirente destinatario della pronuncia. (Nella specie, le Sezioni unite hanno confermato - con riferimento ad un giudizio di sfratto per morosità - la sentenza impugnata con la quale era stata esclusa la provvisoria esecutività della condanna implicita al rilascio dell'immobile, in danno del promittente venditore, nel caso di domanda di esecuzione in forma specifica diretta al trasferimento del bene proposta dal promissario acquirente).

Cass. civ. n. 1283/2010

Ai sensi dell'art. 282 c.p.c., così come novellato dall'art. 33 della L. 26 novembre 1990, n. 353, la condanna alle spese del giudizio contenuta nella sentenza di primo grado comporta, in quanto tale ed in linea con la tendenza resa manifesta dal disposto dell'art. 669 septies, terzo comma, c.p.c. (introdotto dalla stessa L. n. 353 del 1990), la provvisoria esecutività del relativo capo della sentenza, indipendentemente dalla natura - se di condanna, costitutiva o di mero accertamento - e dal contenuto (se di accoglimento, di rigetto o di altro tenore della domanda principale o riconvenzionale o del terzo) della decisione principale, cui la statuizione sulle spese accede.

Cass. civ. n. 7369/2009

Al di fuori delle statuizioni di condanna consequenziali, le sentenze di accertamento (così come quelle costitutive) non hanno l'idoneità, con riferimento all'art. 282 c.p.c., ad avere efficacia anticipata rispetto al momento del passaggio in giudicato, atteso che la citata norma, nel prevedere la provvisoria esecuzione delle sentenze di primo grado, intende necessariamente riferirsi soltanto alle pronunce di condanna suscettibili secondo i procedimenti di esecuzione disciplinati dal terzo libro del codice di rito civile.

Cass. civ. n. 1619/2005

La disciplina dell'esecuzione provvisoria di cui all'art. 282 c.p.c. trova legittima attuazione anche con riferimento alle sentenze di condanna implicita, nelle quali l'esigenza di esecuzione della sentenza scaturisce dalla stessa funzione che il titolo è destinato a svolgere. Ne consegue che è suscettibile di provvisoria esecuzione una sentenza costitutiva di una servitù ex art. 1051 (o 1052) c.c., allorché contenga tutti gli elementi identificativi in concreto della servitù, sia pure con rinvio alla consulenza tecnica d'ufficio disposta nel corso del giudizio, atteso che essa ha la funzione di risolvere un'esigenza fattuale dell'attore, assicurandogli il passaggio al fine di raggiungere la via pubblica. (Nella specie la S.C ha precisato che la sentenza può essere eseguita coattivamente osservando il disposto di cui all'art. 608 c.p.c., mediante ingiunzione da parte dell'ufficiale giudiziario al proprietario del fondo servente di riconoscere l'esecutante come possessore della servitù di passaggio, fermo il possesso di esso convenuto, corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà).

Cass. civ. n. 9236/2000

La condanna alle spese di giudizio contenuta nella sentenza di primo grado può costituire titolo esecutivo, a norma dell'art. 474 c.p.c., soltanto nel caso in cui essa risulti accessoria ad una sentenza di condanna dichiarata provvisoriamente esecutiva ex art. 282 stesso codice (ovvero ad una sentenza esecutiva per espressa previsione di legge), ma non quando consegua alla decisione di rigetto della domanda oggetto del giudizio.

Cass. civ. n. 1440/2000

Dalla esecutività per legge della sentenza di secondo grado deriva che la parte soccombente non ha interesse a dolersi con ricorso per cassazione, della mancata pronuncia, da parte del giudice di appello, sull'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado.

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Consulenze legali
relative all'articolo 282 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

R. P. chiede
martedì 04/06/2024
“Premesso che il giudice di primo grado ha pronunciato sentenza dichiarativa di comproprietà in forza dell'istituto della collatio agrorum privatorum, in favore dell'attore e, accerta e dichiara per l'effetto, il diritto dello stesso ad esercitare liberamente il passaggio pedonale e carrabile sulla strada oggetto di causa. (punto1)

Al fine di garantire il libero ed incondizionato esercizio del diritto di comproprietà, il giudice ordina ai convenuti di lasciare il passaggio libero da cose e persone (punto 2)

Condanna gli stessi, ex art 614 bis cpc, al pagamento di euro 150,00 per ogni violazione ed inosservanza (punto 3)

Quesito

Il punto 1 ovvero l'accertamento della comproprietà in forza dell'istituto della collatio agrorum privatorum e il diritto di passaggio sulla strada, e il punto 2 ovvero l'ordine di fare nei confronti del convenuto (lasciare libero il passaggio) hanno tra loro un rapporto di sinallagmaticità, di corrispettività, o di dipendenza?

Ovvero, il punto 2 (e conseguentemente il punto 3), sono provvisoriamente esecutivi, o per essere tali è necessario il passaggio in giudicato della sentenza?”
Consulenza legale i 13/06/2024
Qualsiasi fosse l’oggetto della domanda di parte attorea, è evidente che l’ordine del giudice di permettere il passaggio liberando la strada, sia una logica conseguenza dell’accertamento della comproprietà.
Il libero accesso e passaggio sulla strada, di cui viene accertata la comproprietà, corrisponde al legittimo esercizio del proprio diritto.
Non c’è alcun rapporto di sinallagmaticità o corrispettività perché ciò implicherebbe un rapporto obbligatorio tra le parti o la sussistenza di un diritto reale minore che costituisce in capo alle parti diritti e oneri specifici.

Per quanto riguarda invece l’esecutività della sentenza, si rimanda all’art. 282 c.p.c. che stabilisce come la sentenza di primo grado sia provvisoriamente esecutiva tra le parti.
Il passaggio in giudicato implica, in aggiunta, che la sentenza non potrà più essere impugnata.

E. P. chiede
domenica 08/01/2023 - Estero
“Buona giornata,

Un figlio naturale maggiorenne non riconosciuto, ha ottenuto esito favorevole (PRIMO GRADO), in una causa di filiazione nei confronti del fratello (unico erede) con test del DNA al 99,99% effettuato sul padre defunto mai sposato.

Vorrei sapere se l'azione di riduzione può essere promossa solo con la sentenza (primo grado) o quale misura cautelare a tutela delle cessioni di beni (DONAZIONI) effettuate durante la vita del padre defunto, va effettuata entro 10 anni dalla sua morte oppure il termine è conteggiato dalla sentenza definitiva, che determina il (condizione) figlio riconosciuto per filiazione?”
Consulenza legale i 12/01/2023
Nel processo civile, secondo quanto espressamente disposto dall'art. 282 del c.p.c., la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti, il che deve intendersi nel senso che, sin dal momento della sua pubblicazione, è capace di produrre effetti esecutivi, legittimando l’instaurazione di uno dei procedimenti previsti dal libro III dello stesso codice di rito.
Ora, sotto il profilo del limite oggettivo della esecutorietà, il legislatore (con la Legge di riforma n. 353/1990) non ha precisato se la stessa debba intendersi riferita esclusivamente alle sentenze suscettibili di esecuzione forzata.
La tesi prevalente circoscrive l’esecutività alle sole sentenze di condanna, mentre solo una tesi minoritaria evidenzia come a nulla rilevi l’astratta qualifica della sentenza, se di pura condanna, di accertamento o costitutiva, essendo decisivo soltanto il fatto che essa possa essere in concreto attuata per mezzo dei procedimenti di esecuzione coattiva.

Nel caso di specie si è di fronte ad una sentenza avente natura dichiarativa (cfr. in tal senso Cass. Sez. I sent. n. 26575 del 17.02.2007; Cass. Sez. I sent. n. 8042 del 14.08.1998), in quanto si limita ad accertare e dichiarare lo stato di figlio naturale, alla quale non può far seguito alcuno dei procedimenti di esecuzione coattiva disciplinati dal libro III del codice di rito.
Gli effetti di tale sentenza, sempre secondo l’orientamento giurisprudenziale maggioritario (così Cass. Sez. VI ordinanza n. 14417 del 14.07.2016; Cass. Sez. I sent. n. 23630 del 06.11.2009; Cass. Sez. I sent. n. 7386 del 14.05.2003) si producono retroattivamente fin dal momento della nascita, con la particolarità, tuttavia, che i termini di prescrizione dei diritti così acquisiti (compresi quelli di natura successoria) non possono farsi decorrere che dalla data della dichiarazione giudiziale, versando il figlio fino a tale momento nell’impossibilità giuridica di far valere i diritti dipendenti da uno status non ancora accertato (così Cass. n. 7986/2014, Cass. Sez. II n. 10333/1993, Cass. Sez. II n. 1648/1986).

Per il consolidarsi di tali effetti, tuttavia, occorre necessariamente attendere il passaggio in giudicato della sentenza, in quanto solo questo sancisce la conclusione definitiva del processo, acquisendo la sentenza certezza definitiva e non potendo più essere messe in discussione le questioni dalla stessa decise.
Per legge (art. 324 del c.p.c.), si intende passata in giudicato “la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione”.
Solo per inciso si ricorda che i termini per impugnare la sentenza possono essere brevi (30 giorni) o lunghi (sei mesi), a seconda che la sentenza sia stata notificata o meno alla controparte.

Ciò posto, come risulta confermato anche dalla prevalente giurisprudenza di legittimità (si veda in tal senso Cass. Sez. II civ. sentenza n. 14917 del 05.09.2012), per i figli naturali il termine decennale di prescrizione del diritto di accettare l’eredità del loro genitore, di cui all’art. 480 c.c., decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta il loro status.
Poiché in tale momento ci si verrà a trovare nella posizione di legittimario preterito, sarà necessario esperire, sempre entro il termine di dieci anni decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza, l’azione di riduzione, secondo le disposizioni dettate dagli artt. 553 e ss. c.c., essendo questo il presupposto per poter acquisire la qualità di erede rispetto alla quota di legittima.
In tale contesto potrà chiedersi anche la riduzione di eventuali donazioni poste in essere in vita dal padre defunto, se ciò si renderà necessario per reintegrare la quota di riserva del figlio preterito (a tale riguardo occorre tenere conto, ifatti, di quanto disposto dal secondo comma dell’art. 555 del c.c., ove è detto che la riduzione delle donazioni può essere chiesta soltanto se sono insufficienti i beni di cui il de cuius abbia disposto per testamento).

All’esito dell’esercizio di tale azione, dato per presupposto che nel frattempo l’altro figlio abbia accettato l’eredità del defunto padre e si sia immesso nel possesso dei beni ereditari, si renderà necessario recuperare la quota di eredità a cui si ha diritto mediante esercizio dell’azione di petizione di eredità, disciplinata dagli artt. 533 e ss. c.c., azione che si distingue da quella di rivendicazione in quanto non si appunta sul riconoscimento della titolarità di singoli rapporti giuridici e di singoli beni, per ottenerne la restituzione, ma, sul presupposto del titolo di erede, mira a far entrare nel patrimonio di costui l’intero coacervo di situazioni patrimoniali e di beni che ne sono oggetto, caduti in successione.
Infine, va precisato che, secondo il disposto di cui al secondo comma dell’art. 533 c.c., l’esercizio di tale azione è imprescrittibile, fatti salvi gli effetti dell’usucapione rispetto ai singoli beni e purchè, ovviamente, vi sia stata accettazione dell’eredità, espressa o tacita, entro il termine decennale.

S. C. chiede
mercoledì 04/05/2022 - Campania
“Un creditore di mio padre, morto nel 2020, mi ha chiesto il pagamento di una somma da lui dovutagli e non avendo accettato di pagarlo, dato che non avevo mai accettato l'eredità, mi ha portato in giudizio.
Il Tribunale ha preso atto della mia mancata accettazione ma la rinuncia non era ancora intervenuta e quindi mi ha condannato a pagarlo.
Ho successivamente rinunciato all'eredità dinanzi ad un notaio ed impugnato la decisione di primo grado ma la Corte d'Appello, che ancora deve decidere la vicenda, non ha sospeso la sentenza ed il creditore ha pignorato il mio stipendio.
Cosa posso fare per oppormi alla ingiusta trattenuta sul mio salario?”
Consulenza legale i 12/05/2022
Purtroppo la provvisoria esecutività della sentenza di primo grado, sancita dall’art. 282 c.p.c. - esecutività che la Corte di Appello ha ritenuto di non sospendere - fa sì che sulla base di essa possa essere instaurata una procedura esecutiva nei confronti della parte soccombente, quanto meno finché il titolo esecutivo non venga meno: è possibile, infatti, che il giudice di secondo grado riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata.
Peraltro, non è prevista neppure la possibilità di impugnazione dell’ordinanza di rigetto dell'istanza di sospensione. Infatti, secondo la giurisprudenza (v. Cass. Civ., Sez. VI - 3, ordinanza 03/07/2015, n. 13774), “i provvedimenti resi dal giudice d'appello sulla provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado (anche se emessi secondo il rito attualmente vigente) non sono ricorribili per cassazione, neppure a norma dell'art. 111 Cost., trattandosi di provvedimenti di natura processuale con contenuto non decisorio, che producono effetti temporanei, destinati ad esaurirsi con la sentenza definitiva del giudizio d'impugnazione”.
Su un piano non processuale ma di diritto sostanziale, va considerato anche che l’art. 525 c.c. consente a chi ha rinunciato all’eredità di revocare la propria rinuncia, finché non sia prescritto il diritto di accettare l'eredità: dunque anche il chiamato all’eredità che abbia rinunciato può, entro tali limiti temporali, accettare in un secondo momento l’eredità, a condizione però che non sia già stata acquistata da altro dei chiamati. Il principio è stato ribadito anche dalla giurisprudenza: si veda Cass. Civ., Sez. III, sentenza 18/04/2012, n. 6070 (“la rinunzia all'eredità non fa venir meno la delazione del chiamato, stante il disposto dell'art. 525 cod. civ. e non è, pertanto, ostativa alla successiva accettazione, che può essere anche tacita”).

Paola M. chiede
lunedì 18/01/2021 - Sicilia
“Buongiorno, ho intrapreso nel 2017 una causa per l'usucapione di un immobile. Il giorno 14 dicembre u.s. è stata emessa la seguente sentenza, purtroppo per me, negativa: “eccezione e deduzione respinta, definitivamente pronunciando, così provvede: rigetta la domanda proposta da XY;
condanna XY alla rifusione in favore di ……… delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 7.254,00, oltre spese generali, iva e cpa come per legge;
condanna XY alla rifusione in favore di ………… delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 5.534,00, oltre spese generali, iva e cpa come per legge.
Così deciso in …..ecc.”
Ritenendola ingiusta, ho già presentato ricorso in appello. I convenuti mi hanno convocato per una mediazione che dovrà tenersi il 25 gennaio prossimo, forse per avere restituite le chiavi dell'immobile.
La mia domanda è: essendoci una sentenza negativa devo necessariamente restituire le chiavi e lasciare l'immobile anche se ho già presentato appello? Se non lascio l'immobile a che cosa posso andare incontro?
Ringrazio e porgo distinti saluti.-
Consulenza legale i 25/01/2021
Va premesso che sarebbe stato opportuno, per completezza, esaminare il testo della sentenza in questione. Non essendo stato possibile, la consulenza verrà resa sulla base di quanto riferito nel quesito.
Ora, non sembra che la sentenza di cui trattasi possa costituire, allo stato, titolo esecutivo per il rilascio forzato dell’immobile: il dispositivo non risulta contenere una condanna dell’attrice al rilascio, cioè alla restituzione, dell’immobile).
Inoltre, siamo di fronte ad una sentenza di rigetto, in quanto tale non dotata della provvisoria esecutività di cui all’art. 282 c.p.c. Si veda Cass. Civ., Sez. III, 20/11/2003, n. 17624: “la disciplina dell'articolo 282 del c.p.c. secondo la quale la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti, è riferibile solo alle sentenze di condanna, cosicché ogni altra sentenza, di rigetto di accertamento, costitutiva o su questioni processuali, rinvierà ogni efficacia al suo passaggio giudicato”. Così anche Tribunale Torino, Sez. III, 18/07/2007: “nell'ipotesi in cui il giudice di primo grado abbia respinto la domanda di merito dell'attore [...], si tratta di pronuncia di mero accertamento, e pertanto non si applica la disciplina dell'art. 282 c.p.c., che trova legittima attuazione soltanto con riferimento alle sentenze di condanna, le uniche idonee, per loro natura, a costituire titolo esecutivo”.
L’unico capo di tale tipo di sentenza suscettibile di provvisoria esecuzione è quello relativo alle spese di giudizio, ed è verosimilmente a questo che si riferisce la richiesta di sospensione dell’efficacia esecutiva in sede di appello, ex art. 283 c.p.c. (v. Cass. Civ., Sez. III, Ordinanza, 05/06/2020, n. 10826: "il capo della sentenza contenente la condanna alle spese è immediatamente esecutivo ex art. 282 c.p.c., senza che rilevi la natura (di accertamento, costitutiva, di condanna) della pronuncia cui accede").
Altro discorso è se i convenuti nel giudizio di usucapione intendano proporre un’azione separata per il rilascio dell’immobile: tuttavia, non conoscendo nel dettaglio la vicenda pregressa e i contenuti di questa ipotetica nuova iniziativa non è possibile, al momento, fornire indicazioni al riguardo.

ANTONIO chiede
martedì 20/11/2012 - Puglia

“Con sentenza di I° grado mi è stato revocato un atto pubblico per la donazione di una nuda proprietà. La donante, titolare dell'usufrutto, beneficia del possesso. Ho appellato la sentenza e la prossima udienza è fissata nel 2015. In caso di decesso della donante (nubile) il possesso e quindi il godimento dei beni sarebbe mio fino a sentenza passata in giudicato o degli eredi legittimi?”

Consulenza legale i 23/11/2012

L'usufruttuario ha il diritto di usare e godere della cosa oggetto del suo diritto e ne ha pertanto il possesso in senso stretto (art. 978 del c.c. e ss.): il nudo proprietario, al contrario, non è anche possessore del bene. Il diritto dell'usufruttuario si estingue per legge alla sua morte (art. 979 del c.c.): non si trasmette ai suoi eredi. Quando ciò avviene, il diritto di proprietà si "riespande" e torna ad essere un diritto pieno ed esclusivo in capo a colui che era solo nudo proprietario.

Nel caso di specie, la sentenza di primo grado di revoca della donazione ha, secondo l'opinione prevalente, natura costitutiva. L'art. 282 del c.p.c. sulla provvisoria esecutorietà della sentenza di primo grado è ritenuto applicabile solo alle sentenze di condanna e non a quelle costitutive e di accertamento. Tuttavia, va precisato che un effetto della revocazione della donazione è il sorgere dell'obbligo per il donatario di restituire i beni donati (art. 807 del c.c.): quindi, nella sentenza che dichiara la revocazione viene disposta anche la condanna alla restituzione del donatum, nonché degli eventuali frutti del bene, a partire dal giorno in cui è stata presentata la domanda per l'azione di revocazione. La Suprema Corte ha affermato che la possibilità di anticipare l'esecuzione delle statuizioni condannatorie contenute nella sentenza costitutiva va riconosciuta, in concreto, di volta in volta a seconda del tipo di rapporto tra l'effetto accessivo condannatorio da anticipare e l'effetto costitutivo producibile solo con il giudicato (Cass. 4059/010): quello della revocazione della donazione appare come un caso in cui l'effetto di condanna e quello costitutivo possono seguire strade diverse. Una volta eseguita - spontaneamente o forzosamente - la restituzione, il godimento del bene si può dire spetti alla donante: solo in caso di riforma della sentenza in appello, l'appellante vittorioso potrà chiedere il risarcimento del danno per il temporaneo mancato godimento della cosa.

Alla luce di quanto esposto, sembra possibile affermare che nel caso di revocazione di una donazione, con effetto accessorio di obbligo per il donatario alla restituzione del bene donato, non vi sia un invincibile nesso di sinallagmaticità tra l'effetto costitutivo e quello di condanna (alla restituzione), sicché questo secondo effetto può soggiacere all'applicazione dell'art. 282 c.p.c.

Invece, il capo "costitutivo" della sentenza (ritrasferimento del diritto di proprietà in capo al donante) produrrà la modificazione della situazione giuridica solo con il passaggio in giudicato. La nuda proprietà del bene resta quindi in capo al donatario fino all'esaurimento di tutti i mezzi di impugnazione ordinari. Se la donante dovesse decedere nel corso del processo di secondo grado, il diritto di usufrutto si estinguerebbe con espansione del diritto di proprietà in capo al donatario.


Francesca chiede
martedì 17/05/2011 - Campania

“Cosa significa effettivamente "provvisoria esecuzione"? Cosa posso fare con una sentenza provvisoriamente esecutiva? Cosa accade?”

Consulenza legale i 19/05/2011

La provvisoria esecutività di una sentenza di I grado significa che le statuizioni di condanna in essa contenute sono immediatamente esecutive ed il vincitore, anche se controparte impugna la sentenza, può procedere in via esecutiva ovverosia con l’esecuzione forzata, in quanto dispone di un titolo esecutivo a norma dell’art. 474 del c.p.c..

Precisamente, il creditore può immediatamente realizzare il recupero del credito, se la sentenza contiene la condanna al pagamento di una somma o anche la sola condanna del soccombente al pagamento delle spese processuali. In tal caso il legale procederà con la richiesta di n. copie autentiche delle sentenza, munite di formula esecutiva (richieste al cancelliere competente), da allegare all’intimazione a precetto ex art. 480 del c.p.c., che verrà tempestivamente notificata al soccombente e, decorsi inutilmente 10 giorni (o il termine maggiore, diversamente assegnato) senza che sia stata fatta opposizione ex art. 615 del c.p.c., potrà farsi luogo ad esecuzione forzata – a scelta – in una delle seguenti forme:

I. espropriazione forzata presso terzi (per es.: chiedendo il pignoramento di eventuali somme depositate dal debitore presso Istituti di credito o dovute da Enti di previdenza);

II. pignoramento mobiliare (per es.: di beni mobili detenuti dal debitore, con l’eccezione dei casi di beni impignorabili di cui all’art. 514 del c.p.c.);

III. pignoramento immobiliare (per es.: di beni immobili che, previa verifica tramite visure catastali, risultassero di proprietà del debitore).

Se la sentenza di condanna riguarda un facere o un non facere, si dovrà parimenti inoltrare il titolo esecutivo e il pedissequo atto di precetto contenente l’intimazione ad ottemperare al comando del giudice e decorsi inutilmente un termine non minore di 10 giorni, il legale potrà procedere col deposito al Giudice dell’esecuzione di un ricorso ex art. 612 del c.p.c., cui andranno allegati il precetto notificato ed il titolo esecutivo.

Discorso a parte, invece, andrebbe fatto per le sentenze costituitive. Una recente sentenza delle S.U. della Corte di Cassazione sembra incline a non riconoscerne l'immediata esecutività, v. Cass. civ. Sez. Unite, 22-02-2010, n. 4059.


Matteo chiede
martedì 26/10/2010
“L'esecuzione provvisoria di cui trattasi si estende anche al pronunciamento del giudice penale di primo grado ex art. 538 c.p.p. (Condanna per la responsabilità civile)?”
Consulenza legale i 23/11/2010

La sentenza di condanna emessa dal giudice penale ai sensi dell’art. 538 del c.p.p. è disciplinata nel codice di procedura penale, in particolare dall’art. 540 del c.p.p.. Quest’ultimo sancisce che la condanna alle restituzioni e al risarcimento del danno è dichiarata provvisoriamente esecutiva, a richiesta della parte civile, quando ricorrono giustificati motivi, mentre la condanna al pagamento della provvisionale è immediatamente esecutiva.
La Corte costituzionale, pronunciandosi sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 540, comma 1, c.p.p. (dichiarata manifestamente infondata), ha ribadito la discrezionalità riservata al legislatore nel modulare le condizioni di accesso all'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali nei diversi tipi di giudizi, con il solo limite della non irrazionale predisposizione degli strumenti di tutela, senza che l'art. 282 del c.p.c. possa assumere il valore di "precetto inderogabile" rispetto al quale debbano necessariamente modellarsi le altre previsioni normative concernenti il regime di esecutività delle pronunce (Ord., 18/4/2000, n. 105).


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