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Articolo 166 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

(D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14)

[Aggiornato al 28/09/2024]

Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie

Dispositivo dell'art. 166 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

1. Sono revocati, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore:

  1. a) gli atti a titolo oneroso in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal debitore sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso, se compiuti dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore;
  2. b) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore;
  3. c) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore per debiti preesistenti non scaduti;
  4. d) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nei sei mesi anteriori per debiti scaduti.

2. Sono altresì revocati, se il curatore prova che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti dal debitore dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nei sei mesi anteriori.

3. Non sono soggetti all'azione revocatoria:

  1. a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d'uso;
  2. b) le rimesse effettuate su un conto corrente bancario che non hanno ridotto in maniera durevole l'esposizione del debitore nei confronti della banca;
  3. c) le vendite e i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell'articolo 2645 bis del codice civile, i cui effetti non siano cessati ai sensi del comma terzo della suddetta disposizione, conclusi a giusto prezzo e aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado, ovvero immobili ad uso non abitativo destinati a costituire la sede principale dell'attività d'impresa dell'acquirente, purché alla data dell'apertura della liquidazione giudiziale tale attività sia effettivamente esercitata ovvero siano stati compiuti investimenti per darvi inizio;
  4. d) gli atti, i pagamenti effettuati e le garanzie concesse su beni del debitore posti in essere in esecuzione del piano attestato di cui all'articolo 56 o di cui all'articolo 284 e in esso indicati. L'esclusione non opera in caso di dolo o colpa grave dell'attestatore o di dolo o colpa grave del debitore, quando il creditore ne era a conoscenza al momento del compimento dell'atto, del pagamento o della costituzione della garanzia. L'esclusione opera anche con riguardo all'azione revocatoria ordinaria;
  5. e) gli atti, i pagamenti e le garanzie su beni del debitore posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, del piano di ristrutturazione di cui all'articolo 64 bis omologato e dell'accordo di ristrutturazione omologato e in essi indicati, nonchégli atti, i pagamenti e le garanzie legalmente posti in essere dal debitore dopo il deposito della domanda di accesso al concordato preventivo o all'accordo di ristrutturazione. L'esclusione opera anche con riguardo all'azione revocatoria ordinaria(1)(2);
  6. f) i pagamenti eseguiti dal debitore a titolo di corrispettivo di prestazioni di lavoro effettuate da suoi dipendenti o altri suoi collaboratori, anche non subordinati;
  7. g) i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti dal debitore alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza e alle procedure di insolvenza previsti dal presente codice(1).

4. Le disposizioni di questo articolo non si applicano all'istituto di emissione, alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario; sono salve le disposizioni delle leggi speciali.

Note

(1) Lettera modificata dal D. Lgs. 17 giugno 2022, n. 83.
(2) La lettera e) del comma 3 è stata modificata dall'art. 31, comma 1 del D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136.

Spiegazione dell'art. 166 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

Il 1° comma dell'articolo dispone l'inefficacia di determinati atti dal cui compimento si deduce la consapevolezza del terzo circa la sussistenza dello stato di insolvenza. La norma rovescia il meccanismo probatorio ordinario: è quindi il terzo che deve provare la propria ignoranza dello stato di insolvenza, mentre il curatore è onerato unicamente della prova del compimento di uno degli atti elencati nella previsione con quelle determinate caratteristiche.

La prima ipotesi riguarda il compimento di atti a titolo oneroso contraddistinti da una sproporzione tra le prestazioni che la norma fissa ad oltre un quarto. La ratio è data dalla constatazione che una sproporzione così marcata, oltre ad essere facilmente percepibile dall'altra parte, in capo alla quale può quindi presumersi la consapevolezza dell'insolvenza, costituisce un tipico indice sintomatico della situazione di insolvenza dell'imprenditore, che finisce per svendere i beni al terzo che ne approfitta.
Il curatore deve provare il compimento dell'atto a titolo oneroso nell'anno anteriore all'apertura della procedura e la sproporzione.

La seconda ipotesi contempla il pagamento con mezzi anormali: l'utilizzo di questi mezzi evidenzia lo stato di insolvenza, lasciando presumere che lo stesso sia percepito dal terzo, quando ha constatato l'incapacità del debitore di adempiere normalmente. Possono considerarsi mezzi anomali di pagamento la cessione dei beni ai creditori; la procura a vendere un proprio bene rilasciata dal debitore al creditore; la cessione di crediti verso terzi, la delegazione di pagamento, la datio in solutum.
Nella fattispecie in esame non assume rilevanza la sproporzione tra debito e pagamento effettivo, in quanto assume rilevanza il solo stato soggettivo presunto del terzo. Parimenti è irrilevante che il titolo da cui origina il debito onorato in modo «anomalo» sia a propria volta revocato o sia revocabile.
Oggetto della domanda sarà, oltre alla declaratoria di inefficacia, la condanna del terzo alla restituzione delle cose date in pagamento, o, in caso impossibilità di operare la restituzione, al pagamento dell'equivalente in denaro.

La costituzione di una garanzia non contestuale, soprattutto nel caso di debiti non scaduti, è indice sintomatico del maturarsi in capo al creditore dalla consapevolezza del deteriorarsi delle condizioni patrimoniali del debitore.à.
Parimenti si ritiene da alcuni che la norma sia riferita alle sole garanzie per debiti propri, in considerazione del fatto che essa contempla le sole garanzie reali e non la fideiussione, che costituisce garanzia tipica per debiti altrui.

Gli atti elencati al comma 2° sono invece caratterizzati dalla «normalità»: sono atti che non presentano sbilanciamenti nel valore delle prestazioni né modalità inconsuete di adempimento delle prestazioni né l'incremento ex post della garanzia dei debiti pregressi. La norma subordina la revocabilità alla prova della presenza in capo al terzo della scientia decoctionis, al momento del compimento dell'atto, gravando del relativo onere il curatore. La conoscenza dello stato di insolvenza deve essere effettiva (anche se, in ragione della difficoltà dell'onere probatorio, basta dimostrare alcuni elementi indiziari che evidenzino una marcata conoscibilità dello stato di insolvenza).

La revocabilità degli atti di disposizione del debitore a favore del creditore, che sia a conoscenza dello stato di insolvenza, soffre di una significativa limitazione, con l'indicazione al terzo comma di 7 ipotesi di esenzione:
  • i pagamenti nei termini d'uso: la ragione dell'esenzione si ravvisa nell'esigenza di tutelare la continuità aziendale, evitando che i fornitori dell'impresa, per timore di veder revocati i pagamenti dei corrispettivi, vengano a bloccare le forniture (si tutela quindi lo stesso debitore, il quale dovrebbe trovarsi a poter proseguire l'attività produttiva);
  • le rimesse su conto corrente bancario: si tratta di operazioni riguardanti un conto corrente bancario, su cui possono essere effettuate in numero indeterminato operazioni di segno contrapposto; l'operatività illimitata del conto dovrebbe condurre a ritenere che l'esenzione non operi quando il conto sia stato congelato, con possibilità di operazioni di segno positivo, essendo tale operatività estranea a quella fisiologica del conto corrente;
  • la vendita «a giusto prezzo» della «prima casa» e della sede: la ratio è quella di preservare il diritto di rilevanza costituzionale all'abitazione e la tutela del risparmio; l'esenzione opera in presenza di una compravendita o di un preliminare realizzati «a giusto prezzo» e aventi ad oggetto immobili destinati a costituire la «prima casa» o immobili non abitativi destinati a costituire la sede dell'impresa;
  • i piani attestati di risanamento: per la cui disciplina si rinvia all'art. 56 (e, per i gruppi, all'art. 284);
  • le prestazioni di lavoro: trattasi dei pagamenti eseguiti a titolo di corrispettivo ai lavoratori dipendenti, ma si può estendere la fattispecie ai soggetti che offrano prestazioni d'opera, seppure in via non subordinata, come i lavoratori c.d. parasubordinati in virtù del carattere personale delle prestazioni da essi rese.
  • i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti dal debitore alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza e alle procedure di insolvenza previsti dal presente codice.
L'ultimo comma conferma una ulteriore serie di esenzioni operanti per la sola revocatoria prevista dalla norma in esame; in particolare, per quanto riguarda il credito fondiario, il requisito per l'operatività dell'esenzione è la contestualità tra ipoteca e concessione del credito, mentre l'ipoteca concessa a garanzia di debito sorto in precedenza risulta esclusa dall'esenzione e soggetta alla disciplina generale della revocatoria.

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Consulenze legali
relative all'articolo 166 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

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E. C. chiede
mercoledì 20/12/2023
“La cessione del credito fatta dal liquidatore di una società al socio di maggioranza tre anni prima del fallimento può ritenersi valida?”
Consulenza legale i 04/01/2024
Gli artt. 163 - 171 del Codice della crisi d’impresa hanno ad oggetto gli effetti della liquidazione giudiziale sugli atti pregiudizievoli per i creditori e la conseguente azione revocatoria finalizzata a ripristinare il patrimonio del debitore.
Tali norme ricalcano sostanzialmente la normativa già contenuta agli artt. 64 - 70 della legge fallimentare.

L’art. 166, al primo comma, sancisce la revocabilità dei seguenti atti, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore:
a) gli atti a titolo oneroso in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal debitore sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso, se compiuti dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore;
b) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore;
c) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore per debiti preesistenti non scaduti;
d) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nei sei mesi anteriori per debiti scaduti.

Il secondo comma dispone la revocabilità dei pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti dal debitore dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nei sei mesi anteriori, purché il curatore provi che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore.

Al di là delle considerazioni di merito sulla rispondenza o meno della cessione in esame ad una delle categorie di atti ivi menzionate, il dato temporale funge di per sé ad escludere l’esperibilità di un’azione revocatoria fallimentare, posto che la cessione stessa si è verificata tre anni prima della sentenza dichiarativa di fallimento/liquidazione giudiziale, pertanto oltre la durata del c.d. “periodo sospetto”.

Resta da valutare l’esperibilità di un’azione revocatoria ordinaria ai sensi del combinato disposto degli artt. 165 del Codice della crisi d’impresa e 2901 e ss. del c.c.; si tratta rimedio attribuito al curatore nei confronti del debitore soggetto a procedura concorsuale che, con atti di cessione a favore di un terzo, diminuisca o disperda le proprie risorse patrimoniali, rendendo difficoltoso o addirittura impossibile il recupero coattivo del credito.
Per l’esperimento dell’azione, la normativa richiede la soddisfazione di una duplice condizione: che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento; che, inoltre, nel caso di atti a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione".

Considerate le informazioni contenute nell’atto di cessione del credito, dove si rappresenta la situazione di una società (la cedente, peraltro già posta in liquidazione) non finanziariamente solida (si pensi al fatto che non aveva le disponibilità per sostenere i costi del procedimento giudiziale), si può supporre che entrambe le parti fossero a conoscenza del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni dei creditori.
Di conseguenza, previ opportuni approfondimenti istruttori e di fatto, appare possibile esperire un’azione revocatoria ai sensi del combinato disposto degli artt. 165 del Codice della crisi d’impresa e 2901 e ss. del c.c.; il soggetto che potrà promuovere l’azione è il curatore.
Si tenga presente, tuttavia, che l’azione si prescrive in cinque anni dalla data dell’atto, come disposto dall’art. 2903 del c.c..

A. C. chiede
mercoledì 12/07/2023
“Domanda relativa a revocatoria fallimentare

Negli anni passati ho fatto uso dell'exchange criptovalute XXX (società operativa dai primi anni 2000, e completamente italiana dal 2017).

Non facevo abituale attività di trading, ma ho usato l'exchange per depositare delle criptovalute, vendere per Euro e ritirare Euro.

Nel dettaglio:
A giugno 2022 ho depositato criptovalute e le ho vendute, ritirando i circa 2.000 Euro ricavati dalla vendita.

Ho poi depositato altre criptovalute (per circa 3.000 Euro) per venderle, ma il prezzo è calato, quindi ho aspettato a venderle. A novembre 2022, visto che il prezzo non risaliva, ho ritirato le criptovalute.

A febbraio 2023 si sono avute le prima avvisaglie di problemi di liquidità dell'exchange, e il 14 aprile 2023 si è arrivati alla sentenza di fallimento per XXX.

La mia domanda è: i prelievi che ho fatto da XXX possono essere soggetti a azione di revocatoria fallimentare?

Se sì, quanto si va indietro?

Preciso che a novembre non avevo alcun sospetto di possibile insolvenze e XXX era sempre considerato tra gli exchange più seri ed affidabili fino al colpo di fulmine di febbraio 2023”
Consulenza legale i 17/07/2023
Gli artt. 163-171 del Codice della crisi d’impresa hanno ad oggetto gli effetti della liquidazione giudiziale sugli atti pregiudizievoli per i creditori e la conseguente azione revocatoria finalizzata a ripristinare il patrimonio del debitore.

I prelievi da effettuati potrebbero, in astratto, essere considerati atti a titolo oneroso, la cui revocabilità è disciplinata dall’art. 166 del Codice della crisi d’impresa.
Al primo comma, la norma sancisce la revocabilità dei seguenti atti, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore:
a) gli atti a titolo oneroso in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal debitore sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso, se compiuti dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore;
b) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore;
c) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore per debiti preesistenti non scaduti;
d) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nei sei mesi anteriori per debiti scaduti.

Il secondo comma dispone la revocabilità dei pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti dal debitore dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nei sei mesi anteriori, purché il curatore provi che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore.

Le operazioni effettuate non appaiono rientrare in nessuna delle categorie di cui al primo comma dell’art. 166 del Codice della crisi d’impresa; nello specifico, non possono essere ricomprese nell’ipotesi di cui alla lettera a, poiché non si ravvisa la sproporzione di un quarto che la disposizione richiede; non integrano una delle fattispecie di cui alla lettera b, in quanto il pagamento del denaro depositato con mezzi normali di pagamento; infine, non sono stati costituiti pegni, anticresi e ipoteche, pertanto non si ravvisano le ipotesi di cui alle lettere c e d.
Allo stesso modo, neppure una lettura del secondo comma può condurre ad affermare la revocabilità dei prelievi segnalati, poiché tali atti possono essere revocati, se effettuati all’interno del periodo sospetto (sei mesi), soltanto a condizione che il curatore dimostri la conoscenza in capo al creditore dello stato di insolvenza del debitore al momento in cui l’operazione è stata effettuata; circostanza che, ne caso di specie, appare piuttosto remota.

Vieppiù, la piattaforma sembra agire in qualità di depositario dei valori mobiliari, nell'alveo di un rapporto di deposito irregolare (ai sensi dell’art. 1782 del c.c.), ed è in forza di ciò obbligata alla restituzione; non si tratta, pertanto, di un atto del tipo di quelli elencati dalla norma, bensì dell'adempimento di un obbligo restitutorio (nello stesso senso Tribunale di Firenze, sez. fallimentare, 21/01/2019, n.18).

In definitiva, sulla scorta delle informazioni fornite gli atti posti in essere non si ritengono soggetti ad azione revocatoria.

G. V. chiede
domenica 30/10/2022 - Lazio
“Sono un privato e vorrei acquistare un garage e un appartamento gravati da ipoteca al prezzo complessivo di 40.000 euro da una società che sta portando ad esecuzione gli "Accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182/Bis Legge Fallimentare" omologati. Detti immobili nei suddetti “accordi” sono valutati complessivamente in € 41.190,00, cioè ad un prezzo superiore rispetto alla mia proposta di acquisto alla società che peraltro l'ha accettata. Alla mia domanda in merito alla procedura da seguire, il rappresentane della società mi ha risposto che bisogna fare solo il rogito e che non era necessario proporre modifiche agli accordi omologati perché lo scostamento non è significativo né lo avrebbe portato a conoscenza dei creditori nè del consiglio di amministrazione.
Premesso che in caso di acquisto la Banca dovrà dare l’assenso alla cancellazione dell'ipoteca su detti beni, ciò che vorrei chiarire è se l’acquisto, ad un prezzo inferiore rispetto a quello previsto nei suddetti "accordi", sia possibile anche in assenza di modifica degli accordi con omologazione del Tribunale e/o di notifica ai creditori o altra procedura a me non nota, qualora ciò sia possibile , se l’atto di acquisto sia escluso da revocatoria fallimentare o ordinaria in caso di successivo fallimento dell'azienda.”
Consulenza legale i 07/11/2022
Si ritiene opportuno premettere che a partire dal 15.07.2022 è entrato in vigore il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (DLgs. 12.1.2019 n. 14), Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza il quale trova applicazione per le procedure aperte da tale momento. La precedente disciplina, di cui al RD 267/42 Legge fallimentare, si applica per i ricorsi e le domande depositati prima di tale data.
Al fine di poter giudicare se uno scostamento sia significativo o meno e quindi richieda una modifica di tali accordi in quanto è necessario far riferimento al comma 1 dell'art. art. 166 del codice della crisi d'impresa il quale riporta come limite lo scostamento di oltre un quarto. Nel caso di specie la discrepanza è solo del 3%.
In caso di revocatoria l’articolo al quale si deve fare riferimento è lo stesso: “Sono revocati, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore: a) gli atti a titolo oneroso in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal debitore sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso, se compiuti dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale o nell’anno anteriore”.
Dal lato del fallito, si dovrà quindi confrontare quanto ricevuto come prezzo di vendita del bene e il valore di mercato di quel bene. Se la differenza tra i due valori supera il quarto, ossia se il bene è stato venduto ad un prezzo inferiore di oltre il 25% rispetto a quello reale constatato da una perizia di stima allora vi è la sproporzione che giustifica la revocatoria. Come detto sopra, i valori del caso in esame non rientrano in questa ipotesi.

A. S. chiede
mercoledì 22/02/2023 - Lombardia
“Egregio Avvocato/commercialista

con la cessio-bonorum i beni possono essere ceduti al creditore invece di conferire il mandato di vendita con la facoltà di tenere l'incasso? Quindi il debitore fa la fattura al creditore e viene effettuata una compensazione tra debiti e crediti?
Il contratto deve essere necessariamente registrato?”
Consulenza legale i 01/03/2023
Ai sensi dell’art. 1977 c.c. la cessione di beni ai creditori (cessio bonorum) è il contratto col quale il debitore incarica i suoi creditori o alcuni di essi di liquidare tutte o alcune sue attività e di ripartirne tra loro il ricavato in soddisfacimento dei loro crediti. La cessione dei beni si deve fare per iscritto, sotto pena di nullità. Inoltre, se tra i beni oggetto della cessione vi sono immobili, il contratto deve essere concluso per atto pubblico o scrittura privata autenticata e dovrà essere registrato.

La cessione dei beni costituisce per il debitore un'importante possibilità per evitare gli effetti di una esecuzione forzata. Secondo la normativa italiana, per recuperare un credito scaduto, il creditore può ricorrere alla liquidazione forzata del patrimonio del debitore, tramite esecuzione individuale (nel caso di consumatori o imprese non fallibili) o istanza di fallimento o altre procedure concorsuali (in tutti gli altri casi). Una valida alternativa può essere rappresentata dal ricorso alla cessione dei beni del debitore.
Si ritiene possa essere una soluzione migliorativa degli interessi di entrambe le parti; infattile tempistiche di liquidazione sono più brevi, meno rigide e più formali, evitando le vendite in asta e il ricorso al tribunale, beneficiando anche di un risparmio sui costi di procedura. Inoltre, vi è una maggiore possibilità di ottenere una liquidità maggiore anche a seguito di una minor perdita di valore in asta del bene.

La sottoscrizione del contratto da parte dei creditori limita la possibilità che questi possano compiere azioni esecutive su altri beni del creditore, è necessario infatti che i beni oggetto del contratto siano stati venduti e il riparto sia avvenuto, diversamente, potranno iniziare tali azioni esecutive solo dopo aver risolto il contratto di cessio bonorum (art. 1980 del c.c.).
Inoltre, il debitore ai sensi dell’ art. 1980 del c.c. e art. 1983 del c.c. non può disporre dei beni ceduti ma mantenerne il controllo sull’operato dei creditori.
La caratteristica di questo contratto è che la proprietà dei beni non passa ai creditori, i quali ne hanno solo la disponibilità per poterli vendere e distribuire tra di loro il ricavato (ed eventualmente restituire il residuo al debitore).

Ai sensi dell’art. 166 del codice della crisi d'impresa gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale o nell’anno anteriore sono oggetto di azione revocatoria. La revocatoria fallimentare rappresenta, infatti, il principale strumento di tutela della par condicio creditorum e di rispetto del divieto di alterazione del legittimo ordine dei privilegi.

Nel caso di specie, dato che la Società non è in grado di estinguere il proprio debito con mezzi monetari, utilizzerebbe infatti un mezzo anormale di pagamento effettuando la vendita dei propri beni.

Dall’analisi della bozza di contratto inviatoci si evince come, nel caso in cui la Società venisse dichiarata fallita, la possibilità che vi sia un creditore che chieda l’azione revocatoria su tale vendita sembrerebbe remota visto quanto dichiarato e quindi che non vi siano altri creditori al di fuori della controparte. Tale strada potrebbe essere fattibile a condizione che il creditore sia interessato all’acquisto, visto che in tal caso si tratterebbe di una vendita a tutti gli effetti e non più di cessio bonorum.
Il contratto di vendita sarà nella forma richiesta dall'oggetto della cessione; se beni immobili dovrà essere stipulato in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata ed essere trascritto nei registri immobiliari. Successivamente, si potrà procedere con la compensazione delle partite di credito/debito; in tal caso la forma sarà libera.

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