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Articolo 2903 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Prescrizione dell'azione

Dispositivo dell'art. 2903 Codice Civile

L'azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell'atto [2935](1).

Note

(1) Attraverso una prescrizione breve, si dispone che dopo soli cinque anni dal momento in cui il debitore ha posto in essere l'atto di disposizione, tentando di arrecare un sostanziale pregiudizio al creditore, quest'ultimo non potrà più esperire l'azione revocatoria ai sensi dell'art. 2901, perdendo così la possibilità di ottenere soddisfacimento rispetto a quello specifico bene.

Ratio Legis

La norma stabilisce, per gli atti suscettibili di revoca, un termine prescrizionale più breve rispetto a quello ordinario, al fine di provvedere alla sicurezza delle relazioni giuridiche e della certezza dei diritti ed evitare così che la sorte di tali atti non rimanga troppo a lungo sospesa.

Spiegazione dell'art. 2903 Codice Civile

Questioni sulla prescrizione applicabile sotto il cessato codice. Si­stema attuale

L'azione revocatoria, come ogni altra azione, reale o personale, è naturalmente soggetta a quella generale causa estintiva che è costi­tuita dalla prescrizione.

Ci si domandava tuttavia, rispetto al vecchio codice, quale fosse la pre­scrizione applicabile.

Alla soluzione più logica, che era quella della prescrizione ordinaria trentennale, in relazione al carattere personale dell'azione, tendente a colpire una particolare responsabilità contrattuale del debitore, esten­sibile per cosciente partecipazione o per indebita locupletazione anche al terzo, — si opponeva l'inopportunità di tenere per sì lungo termine in sospeso il diritto del terzo, pur fondato su di un perfetto e valido atto di alienazione. E pertanto si tentava artificiosamente di ricondurre l'azione sotto l'impero di prescrizioni più brevi — come quella quinquen­nale dell'art. 1300 cod. civ. per le azioni di nullità o di rescissione, — od altrimenti si cercava di temperare il rigore dei principii con espedienti piuttosto empirici, come quello di considerare purificato ed inattacca­bile il diritto del terzo mediante l'usucapione decennale, del possessore di buona fede. Ma l'uno e l'altro espediente urtavano contro la logica giuridica ; laddove, come si è già visto a proposito della qualificazione dell'azione, di azione di nullità non poteva parlarsi nella specie per trat­tarsi di atti intrinsecamente perfetti, immuni da vizi, e per esprimere successivamente in forma di rinuncia, di acquiescenza esplicita od im­plicita — per atti concludenti incompatibili — al consumato atto d'alienazione. Si versa in materia di diritti economici perfettamente disponibili, rispetto ai quali la volontà e l'interesse del creditore possono operare con piena autonomia. Trattasi solo di accertare se rinuncia ef­fettivamente vi sia stata, specie nei casi in cui questa si dovrebbe dedurre da un comportamento in contrasto con la volontà di valersi dell'azione : laddove l'incompatibilità deve essere veramente manifesta, per con­trasto oggettivo di situazioni o di atti, la qual cosa, ad es., non si ri­scontrerebbe per il solo fatto di avere il creditore fatto ricorso ad altri mezzi o procedure per realizzare la propria garanzia, anziché ricorrere senz'altro all'azione di revocazione.

Prescrizione speciale, in quanto, pur coincidendo nel termine con altre prescrizioni brevi, e particolarmente con quelle dell'azione di an­nullamento (art. 1442), se ne distingue per il fondamento e per il re­gime : per il fondamento, in quanto non inerisce ad un vizio intrinseco del negozio, ma al suo effetto rispetto alla garanzia del creditore, onde titolare dell'azione è una persona estranea al rapporto contrattuale e la prescrizione opera contro di questa ; nel regime, in quanto ne viene riportata la decorrenza al momento perfezionativo del rapporto, del tutto ignoto al creditore, piuttosto che ad un momento estrinseco sog­gettivo, come normalmente nelle azioni di nullità, in relazione alla sco­perta del vizio.

Resta poi ferma anche nel nuovo codice la inapplicabilità della usucapione del possessore di buona fede, a favore del terzo acquirente, valendo tuttora le ragioni sostanziali ostative alle quali si è accennato più sopra. Del resto, l'espediente ora perderebbe di interesse, posto che la prescrizione estintiva speciale opera in un termine minore (per i beni immobili : art. 1159) o comunque uguale (per i mobili : art. 1161) che non la usucapione.


Altre cause di estinzione dell'azione

Se peraltro la prescrizione — ora regolata esplicitamente dalla legge — rappresenta uno dei modi tipici estintivi dell'azione, essa non li esaurisce, altri potendosene dedurre in applicazione dei principii gene­rali e con speciale riguardo al fondamento dell'azione.

Cosi, in primo luogo, la volontà del creditore. La quale, come potrebbe operare con effetto di impedire sorgere dell'azione — nel senso del consenso preventivo prestato a riguardo dell'atto d'alienazione da parte di colui che sarebbe l’unico interessato a dolersene -, cosi può agire successivamente in forma di rinuncia, di acquiescenza esplicita od im­plicita — per atti concludenti incompatibili — al consumato atto d'alienazione. Si versa in materia di diritti economici perfettamente disponibili, rispetto ai quali la volontà e l'interesse del creditore possono operare con piena autonomia. Trattasi solo di accertare se rinuncia ef­fettivamente vi sia stata, specie nei casi in cui questa si dovrebbe dedurre da un comportamento in contrasto con la volontà di valersi dell'azione : laddove l'incompatibilità deve essere veramente manifesta, per con­trasto obbiettivo di situazioni o di atti, la qual cosa, ad es., non si ri­scontrerebbe per il solo fatto di avere il creditore fatto ricorso ad altri mezzi o procedure per realizzare la propria garanzia, anziché ricorrere senz'altro all'azione di revocazione.

Parimenti l'azione può estinguersi per volontà del terzo acquirente il quale soddisfi del suo Il creditore procedente, siccome già si è accennato a suo luogo. L'azione è, per vero, in funzione limitata dell'interesse eco­nomico del creditore procedente, il quale non ha alcun diritto reale sui beni alienati e tanto meno per una loro specifica apprensione. Onde, soddisfatto questo interesse, l'azione viene a perdere il suo presupposto, la sua ragione unica giustificativa. Per cui deve aggiungersi che ugual­mente abbia ad operarsi l'estinzione quando il soddisfacimento av­venga da parte del debitore o di terzi.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

117 Per la revocatoria si è prevista una prescrizione speciale seguendo la tradizione romanistica (art. 129); non appare, infatti, giustificato mantenere per tutto il termine ordinario l'incertezza sulla completa efficacia di ogni atto di disposizione compiuto dal debitore.
II termine prescrizionale adottato è quello di cinque anni. Che esso coincida con quello previsto dall'art. 300 non vuole essere argomento da sfruttare per la determinazione della natura dell'azione revocatoria.
La prescrizione comincia a decorrere dalla data dell'atto pregiudizievole. Non si è ritenuto di farla rimontare al giorno in cui il creditore venne a conoscenza della frode, per non agevolarne l'inazione di fronte agli atti di disposizione compiuti dal debitore.

Massime relative all'art. 2903 Codice Civile

Cass. civ. n. 4049/2023

La disposizione dell'art. 2903 c.c., laddove stabilisce che l'azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell'atto, deve essere interpretata, attraverso il coordinamento con la regola contenuta nell'art. 2935 c.c., nel senso che la prescrizione decorre dal giorno in cui dell'atto è stata data pubblicità ai terzi, in quanto solo da questo momento il diritto può esser fatto valere e l'inerzia del titolare protratta nel tempo assume effetto estintivo.

Cass. civ. n. 5889/2016

La disposizione dell'art. 2903 c.c., laddove stabilisce che l'azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell'atto, deve essere interpretata, attraverso il coordinamento con la regola contenuta nell'art. 2935 c.c., nel senso che la prescrizione decorre dal giorno in cui dell'atto è stata data pubblicità ai terzi, in quanto solo da questo momento il diritto può esser fatto valere e l'inerzia del titolare protratta nel tempo assume effetto estintivo. (omissis).

Cass. civ. n. 5586/2015

Nel giudizio di revocazione ordinaria di un atto di disposizione patrimoniale compiuto dal debitore, qualora sopravvenga il fallimento di questi, il curatore può subentrare nell'azione in forza della legittimazione accordatagli dall'art. 66 legge fall., accettando la causa nello stato in cui si trova, sicché trattandosi di azione che il curatore trova nella massa fallimentare e si identifica con quella che i creditori avrebbero potuto esperire prima del fallimento, la prescrizione decorre anche nei confronti della curatela, ai sensi dell'art. 2903 cod. civ., dalla data dell'atto impugnato, mentre il compimento di un atto interruttivo della stessa da parte di uno dei creditori, cui il curatore sia subentrato ex art. 66 cit., giova alla massa fallimentare.

Cass. civ. n. 12513/2009

Qualora sia stata proposta un'azione revocatoria ordinaria per fare dichiarare inopponibile ad un singolo creditore un atto di disposizione patrimoniale compiuto dal debitore, a seguito del fallimento del debitore, sopravvenuto in pendenza del relativo giudizio, il curatore può subentrare nell'azione, in forza della legittimazione accordatagli dall'art. 66 legge fall., accettando la causa nello stato in cui si trova. Di conseguenza, trattandosi di un'azione che il curatore trova nella massa fallimentare e che si identifica con quella che i creditori avrebbero potuto esperire prima del fallimento, da un lato la relativa prescrizione, anche nei confronti della curatela, decorre, ai sensi dell'art. 2903 c.c., dalla data dell'atto impugnato, dall'altro l'interruzione della prescrizione, ad opera di uno dei creditori cui il curatore sia subentrato ex art. 66 cit., giova alla massa fallimentare.

Cass. civ. n. 1210/2007

La disposizione dell'art. 2903 c.c., laddove stabilisce che l'azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell'atto, deve essere interpretata (attraverso il coordinamento con la disposizione generale in tema di prescrizione, di cui all'art. 2935 c.c.) nel senso che la prescrizione decorre dal giorno in cui dell'atto è stata data pubblicità ai terzi, in quanto solo da questo momento il diritto può esser fatto valere e l'inerzia del titolare protratta nel tempo assume effetto estintivo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito sul punto in cui rigettava l'eccezione di prescrizione dell'azione revocatoria ordinaria, ritenendo che la prescrizione iniziasse a correre non dalla stipula dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale oggetto di revocatoria, ma dal giorno dell'annotazione dell'atto stesso nei registri dello stato civile).

Cass. civ. n. 4296/1997

Il termine che ha natura prescrizionale (e non già decadenziale) per l'esercizio dell'azione revocatoria fallimentare è quello di cinque anni previsto per la revocatoria ordinaria dall'art. 2903 c.c. (applicabile, quanto alla sola durata, anche alla revocatoria fallimentare, in ragione del rinvio operato dall'art. 66 legge fallimentare), ma non decorre dalla data dell'atto, come prescritto in tema di revocatoria ordinaria (dal medesimo art. 2903 c.c., che ha carattere di specialità in ordine alla decorrenza del termine trovando applicazione alla sola ipotesi in cui l'atto revocabile sia anteriore al sorgere del credito, mentre negli altri casi previsti dall'art. 2901 c.c. tale decorrenza coincide con l'esperibilità dell'azione revocatoria), bensì — stante l'esistenza di differenze strutturali tra le due azioni, che giustificano la disciplina differenziata — opera il principio generale (ex art. 2935 c.c.) secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere e quindi dal momento della dichiarazione di fallimento.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2903 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

P.T. chiede
mercoledì 27/10/2021 - Calabria
“Il presente quesito di ricollega a quello precedente individuato con il numero Q202129178.
Esposizione di fatti:
Sono stato sottoposto a giudizio insieme a mio figlio, promotore finanziario imputato nell'anno 2016 per frode nei confronti dei clienti della banca per la quale operava.
L'imputazione nei miei confronti è dipesa dal fatto che dopo la sua messa in stato di accusa io insieme ad una persona delegata da mio figlio ho proceduto alla revoca della donazione di un appartamento che gli avevo donato nel 2006 e sono stato imputato per l'art. 512/bis c.p.
Nel giudizio di primo grado, con rito abbreviato, mio figlio è stato condannato, io invece assolto perché "... non potendo ritenersi configurato l'elemento soggettivo del reato, il dolo specifico richiesto dalla norma, avendo avuto gli imputati altre finalità, devono essere mandati assolti dal fatto loro contestato perché il fatto non costituisce reato". Il giudice però nella sentenza ha scritto " ...è emerso in modo cristallino il fine dell'operazione di risoluzione della donazione fatta dal padre al figlio, che è quello di sottrarre il bene ad una possibile azione civile da parte dei risparmiatori truffati da X.Y.".
Ho presentato appello contro la sentenza di assoluzione per chiedere che essa sia modificata con la motivazione " perché il fatto non sussiste" o "per non aver commesso il fatto".
Preciso che l'atto notarile di revoca della donazione era stato fatto sotto la forma di contratto per mutuo dissenso, ai sensi dell'art. 1372 c.c.
Domanda:
Mentre è ancora in corso il giudizio penale, per via dell'appello, è applicabile alla scadenza dei cinque anni dal contratto di revoca della donazione (febbraio 2022) la norma dell'art. 1442 c.c. secondo la quale l'azione di annullamento del contratto si prescrive in cinque anni ? Perché le parti civili a conclusione del procedimento penale non abbiano la possibilità di impugnare il contratto di revoca della donazione?
Grazie.”
Consulenza legale i 10/11/2021
Va premesso che non è corretto il richiamo, contenuto nel quesito, all’art. 1442 c.c., in quanto tale norma disciplina la prescrizione dell'azione di annullamento dei contratti per cause relative a vizi del consenso (che dunque incidono sulla libera formazione della volontà dei contraenti).
Il caso descritto sembrerebbe, invece, riconducibile all’ipotesi di azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., che può essere proposta - ricorrendone i presupposti di legge - nei confronti di quegli atti volti a sottrarre beni alla garanzia patrimoniale dei creditori (a norma dell’art 2740 c.c. il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri).
Tuttavia, anche la prescrizione dell’azione revocatoria è quinquennale, ai sensi dell’art. 2903 c.c., e decorre dal compimento dell’atto (o “dal giorno in cui dell'atto è stata data pubblicità ai terzi, in quanto solo da questo momento il diritto può esser fatto valere e l'inerzia del titolare protratta nel tempo assume effetto estintivo”: Cass. Civ., Sez. III, sentenza n. 5889 del 24 marzo 2016).
Ci si potrebbe chiedere se la pendenza del procedimento penale possa influire sul decorso della prescrizione stessa: tuttavia, secondo un principio ormai consolidato, “la pendenza di un procedimento penale per un reato la cui cognizione può influire sulla decisione di un giudizio civile da instaurare per la tutela di un diritto non sospende il corso della prescrizione del diritto stesso, non rientrando tale circostanza tra le cause di sospensione e di interruzione dei termini prescrizionali - insuscettibili di applicazione analogica - tassativamente indicate negli artt. 2941, 2942, 2943 e 2944 c.c.” (così Cass. Civ., Sez. lavoro, 11/12/2001, n. 15622; conforme Cass. Civ., Sez. lavoro, 06/10/2000, n. 13310).

N.F. chiede
giovedì 02/09/2021 - Emilia-Romagna
“Un mio creditore mi ha denunciato per simulazione relativa soggettiva in quanto secondo lui la casa di mia moglie che è intestata solo a lei è in realtà metà mia perché secondo lui ho pagato metà del prezzo d'acquisto quando è stata comprata nel novembre 2014.

Vorrei chiedere: quando arriva il momento traslativo da cui decorre la prescrizione per la revocatoria a seguito di un'azione di simulazione?”
Consulenza legale i 08/09/2021
La questione che si richiede di affrontare attiene al complesso problema dei rapporti tra azione di simulazione (assoluta o relativa) e azione revocatoria.
La differenza tra le due azioni consiste principalmente nel fatto che con l’azione di simulazione chi agisce chiede al giudice di accertare che un determinato contratto è fittizio, con conseguente annullamento dello stesso e condanna del debitore alla restituzione; l’azione revocatoria, al contrario, non ha effetti restitutori, in quanto il contratto stipulato rimane valido ma, se il giudice accoglie la domanda, lo dichiara inefficace rispetto al creditore, il quale avrà la possibilità di espropriare i beni alienati a terzi dal suo debitore.

Orbene, stando a quanto appena detto, prima facie l’azione di simulazione e quella revocatoria sono nettamente alternative, vista la diversità di presupposti ed effetti.
In particolare, l’azione revocatoria si annovera ex art. 2901 del c.c. tra i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale generica e il creditore se ne avvale per far dichiarare inefficace nei suoi confronti un atto dispositivo compiuto dal debitore e causativo del c.d. eventus damni o pericolo attuale e concreto di insolvenza del debitore medesimo; il creditore revocante impugna un atto che il debitore ha realmente voluto, mentre il contratto o negozio simulato, anche unilaterale, é solo apparente.

Tuttavia, secondo una autorevolissima tesi dottrinaria (così Bianca) le due azioni in esame, normalmente alternative, possono in talune circostanze presentarsi come complementari, il che accade quando l’eventus damni, ossia il pregiudizio alle ragioni creditorie, affonda le sue radici proprio nel contratto dissimulato attraversi cui si è voluta realizzare una frode a danno del creditore.
In ipotesi del genere, la complementarietà fa sì che l’azione di simulazione sia esperibile in chiave strumentale e funzionale rispetto a quella revocatoria.

Del resto non potrebbe essere diversamente, in quanto l’atto impugnato con l’azione revocatoria deve essere necessariamente valido per farne dichiarare l’inefficacia relativa nei confronti del creditore, mentre qualora l’atto che si intende revocare si palesasse invalido (appunto perché simulato), tale caratteristica assorbirebbe i profili di parziale inefficacia così da rendere improponibile l’azione revocatoria.

Ebbene, in tutti i casi, come quello che qui si sottopone all’esame, in cui la relatività della simulazione sia dedotta dal creditore a sostegno ed in vista della tutela delle proprie ragioni, assumendo il medesimo creditore che l’atto che pregiudica i suoi diritti è l’atto dissimulato rispetto a quello che gli originari disponenti hanno voluto formalmente fare apparire, il percorso processuale da seguire dovrà necessariamente consistere nell’accertare preventivamente la sussistenza dell’atto dispositivo dissimulato e, conseguentemente e solo successivamente, nel far dichiarare il medesimo revocato nei confronti dell’attore (creditore).

In questi casi il provvedimento del giudice avrà natura dichiarativa per quanto riguarda l’accertata simulazione e costitutiva per ciò che attiene la conseguente dichiarazione di inefficacia, con i necessari ed indispensabili corollari riferibili alla trascrizione della sentenza ovvero dello stesso atto di citazione.
Ciò significa che, qualora dovesse essere accertata con sentenza la simulazione relativa soggettiva dell’atto di cui si discute, assumendo detta sentenza natura costitutiva sotto il profilo della dichiarazione di inefficacia, è da tale momento che si dovrà far decorrere il termine di prescrizione quinquennale stabilito per l’azione revocatoria dall’art. 2903 c.c.

Per quanto concerne, invece, i termini di prescrizione dell’azione di simulazione, si evidenzia che mentre l’azione di simulazione assoluta è imprescrittibile, quella di simulazione relativa, tesa comunque a far accertare la validità ed efficacia del contratto dissimulato, deve ritenersi assoggettata alla prescrizione ordinaria decennale.
A tal fine appare utile richiamare quanto affermato da Cass., 30.7.2004, n. 14562, in Mass. Foro it., 2004:
Quando l’azione di simulazione relativa è diretta a far emergere l’effettivo mutamento della realtà voluto dalle parti con la stipulazione del negozio simulato, tale azione si prescrive nell’ordinario termine decennale; quando invece essa è finalizzata ad accertare la nullità tanto del negozio simulato, quanto di quello dissimulato (per la mancanza dei requisiti di sostanza o, come nel caso di specie, di forma), rilevando l’inesistenza di qualsiasi effetto tra le parti, tale azione non è soggetta a prescrizione”.


Giancarlo Z. chiede
venerdì 06/04/2018 - Marche
“Un fallimento di una S.p.a., aperto nel novembre 2014, ha intrapreso un'azione di responsabilità verso gli amministratori e il collegio sindacale, nell'ottobre 2017. Un sindaco effettivo ha donato alla moglie metà della propria abitazione, nel dicembre 2011, per motivi diversi ed estranei alla gestione della S.p.a. infatti i bilanci 2011 e 2012 vennero chiusi con utili.
Si chiede se la procedura possa inficiare la donazione effettuata dal sindaco effettivo nel dicembre 2011.
Grazie”
Consulenza legale i 13/04/2018
Nel quesito si parla di una donazione la quale ha determinato un depauperamento del patrimonio del donante (sindaco), con la conseguenza che – in caso di accertamento effettivo e definitivo della responsabilità di quest'ultimo (all’esito dell’azione giudiziale relativa) – il creditore (Fallimento) potrebbe veder diminuite le garanzie di soddisfacimento della propria pretesa.

L’uso del condizionale, tuttavia, è d’obbligo poiché non vi è alcun presupposto per poter inficiare l’atto di liberalità avvenuto nel 2011.
L’unica possibile azione che il Fallimento potrebbe intraprendere a questo fine, infatti, sarebbe un’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c., azione che consentirebbe alla Procedura di aggredire esecutivamente anche la quota parte del bene immobile donata anni addietro dal sindaco (debitore presunto ma non ancora accertato) alla moglie.

Va detto in primo luogo che l’azione revocatoria si prescrive in cinque anni dal compimento dell’atto: a voler essere più precisi, se trattasi di atto (come in questo caso) soggetto ad un regime di pubblicità (trascrizione nei registri immobiliari) il termine dei cinque anni decorrerà dalla data di in cui è stato pubblicizzato l’atto stesso.
Nel caso di specie la donazione è intervenuta nel 2011 e l’azione di responsabilità è stata promossa nell’ottobre 2017: si è dunque già ampiamente prescritto il termine per agire in revocatoria nei confronti del sindaco.

Va osservato in ogni caso per completezza che quand’anche, per ipotesi, l’azione revocatoria non si fosse ancora prescritta (ad esempio perché dal 2011 al 2016 è intervenuto un atto stragiudiziale interruttivo della prescrizione) comunque, ad avviso di chi scrive, la donazione sarebbe al riparo da ogni azione invalidante.

I presupposti dell’azione revocatoria sono i seguenti:
  • il debitore deve essere consapevole, nel momento in cui dispone l’atto, del pregiudizio che arreca alle ragioni del creditore oppure, se l’atto è stato disposto prima che sorgesse il credito (come nel caso di specie, in cui la donazione precede il sorgere del credito risarcitorio da responsabilità del sindaco, che dovrà essere stabilito da una sentenza), occorre che il debitore abbia dolosamente disposto l’atto proprio al fine di pregiudicare le ragioni del creditore;
  • che il terzo sia anch’egli consapevole del pregiudizio che l’atto cui sta partecipando arrecherà al creditore oppure, se l'atto è anteriore al sorgere del credito, sia compartecipe dell’intento fraudolento.

Ebbene, nel caso di specie, ovviamente stando alle informazioni contenute nel quesito e partendo dal presupposto che esse siano veritiere, parrebbe che la donazione sia stata fatta per motivi del tutto differenti da quello di volersi mettere al riparo da azioni della società che poi sarebbe fallita (se si fosse voluto ottenere questo specifico risultato, che senso avrebbe avuto, in effetti, donare solo metà del proprio immobile e non l’intero bene?).

Per quanto riguarda, poi, la moglie beneficiaria della donazione, trattandosi di un atto di liberalità, sarebbe ininfluente lo stato d’animo della medesima: in tutti i casi di atto a titolo gratuito, infatti, non rileva lo “stato soggettivo” del terzo donatario.
Sarebbe dunque irrilevante, nel caso in esame, che la moglie fosse consapevole che l’atto del marito avrebbe pregiudicato – in un prossimo futuro – le ragioni della società per la quale egli lavorava.

Nell’azione revocatoria l’onere della prova – ovvero la dimostrazione dell’intento fraudolento – è in capo a chi agisce per invalidare l’atto: sarebbe stato dunque il Fallimento, nel caso in esame, a dover provare che la donazione fatta nel 2011 era stata finalizzata a pregiudicare le ragioni della società poi fallita.
Tale prova è assai difficile.
Consapevole di tale difficoltà, la Corte, ormai da tempo, ha stabilito che – ai fini della prova dell’intento fraudolento - sarà sufficiente dimostrare che il debitore non aveva altri beni su cui il creditore potesse soddisfarsi. Insomma, chi vende o dona tutti i propri beni, rimanendo privo di altri averi su cui i creditori possano mettere le mani, ha già perso, perché è chiaro che l’atto è stato posto proprio con volontà di nuocere al creditore, impedendogli il pignoramento e la vendita
(Cass. civ. n. 23509/15).

In ogni caso, per concludere, si tratta come si diceva di osservazioni superflue dal momento che non vi è alcun rischio di invalidazione dell’atto di donazione concluso in passato per intervenuta prescrizione dell'unica azione possibile contro il donante.


ALESSANDRO M. chiede
venerdì 25/07/2014 - Lazio
“Il giorno 7-6-2009 la signora Anna Rossi si separa consensualmente dal marito Mario Bianchi e trasferiva a favore di quest'ultimo per il suo 1/2 la proprietà di diversi immobili con trascrizione il 21-6-2009.
Il giorno 1-6-2010 il sig. Caio Sempronio cita la sig.ra Anna Rossi per un risarcimento di incidente avvenuto il 10-03-2007 e chiede la revoca del trasferimento di immobili per effetto dell'art. 2901.
QUESITO: dato che è stata citata la sig.ra Anna Rossi e non il sig. Mario Bianchi, e essendo passati 5 anni dal trasferimento degli immobili, può il sig. Mario Bianchi avvalersi della prescrizione dell'azione revocatoria art. 2903?”
Consulenza legale i 29/07/2014
L'azione revocatoria (detta anche pauliana) è regolata dagli artt. 2901 e ss. del codice civile. Si tratta di un rimedio previsto a favore del creditore contro le alienazioni di beni del debitore fatte allo scopo di sottrarre il suo patrimonio all'esecuzione forzata.

I presupposti dell'azione sono il consilium fraudis (frode da parte del debitore, che compia l'alienazione sapendo di pregiudicare le ragioni del creditore) e l'eventus damni (il pregiudizio che può derivare alle pretese del creditore).
Effetto della revocatoria è la dichiarazione di inefficacia dell'atto di alienazione, che avvantaggia solo il creditore che ha esperito l'azione.
Ai sensi dell'art. 2903 del c.c. l'azione per revocare l'atto compiuto in frode si prescrive con il decorso di cinque anni dal compimento dell'atto stesso. A garanzia della certezza dei rapporti giuridici, è del tutto irrilevante la conoscenza o meno da parte del creditore della data in cui l'atto è stato compiuto: trascorsi 5 anni dall'atto, l'azione revocatoria è preclusa.
Affinché l'azione si possa ritenere prescritta, l'atto interruttivo della prescrizione (notifica dell'atto di citazione) deve essere avvenuta oltre i 5 anni dalla data dell'alienazione, che nel caso di specie sarà quella della trascrizione del trasferimento, in quanto la prescrizione decorre dal giorno in cui all'atto sia stata data pubblicità ai terzi (quindi il 21 giugno 2009 > 21 giugno 2014).
Se la citazione fosse stata notificata prima del 21 giugno 2014, il termine prescrizionale non sarebbe decorso e l'azione sarebbe stata validamente intrapresa.
Se la notificazione, invece, è stata effettuata dopo il 21 giugno di quest'anno, la sig.ra Rossi potrà opporre la prescrizione dell'azione revocatoria, fermo ovviamente il diritto di Caio a ottenere il risarcimento (se dovuto) aggredendo altri beni della donna.

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