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Articolo 943 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Laghi e stagni

Dispositivo dell'art. 943 Codice Civile

Il terreno che l'acqua copre quando essa è all'altezza dello sbocco del lago o dello stagno appartiene al proprietario del lago o dello stagno, ancorché il volume dell'acqua venga a scemare.

Il proprietario non acquista alcun diritto sopra la terra lungo la riva che l'acqua ricopre nei casi di piena straordinaria.

Ratio Legis

Laghi e stagni non sono soggetti alla regolamentazione di cui agli artt. 942 e ss., in quanto il relativo titolare è proprietario anche del suolo ricoperto dall'acqua ed il ritiro di questa, pur sempre possibile, non potrebbe certamente favorire il vicino confinante.

Spiegazione dell'art. 943 Codice Civile

Eccezione al principio dell’alluvione

Salvo modificazioni di mera forma, anche questo articolo, corrisponde all’art. 455 del codice del 1865, riproduce principi tramandati, attraverso il diritto comune e il codice Napoleone, dal diritto romano e che non c’era motivo di modificare.

La ragione giustificatrice dell’eccezione che si fa nell’articolo al principio dell’alluvione sta nel fatto che i laghi e gli stagni, a differenza dell’acqua corrente, costituiscono per se stessi oggetto di proprietà, e poiché questa si estende in alto e in basso, anche il terreno sotto l’acqua appartiene al proprietario del lago o dello stagno. Quando, pertanto, il volume dell’acqua diminuisce e scopre un tratto di terreno, questo continua a formare oggetto, come in precedenza, dello stesso diritto di proprietà.

Per lo stesso motivo, cioè per essere le due proprietà esattamente delimitate, il proprietario del lago non acquista la proprietà del tratto di terreno del fondo rivierasco altrui, che le acque del lago in temporanea ed eccezionale crescenza per effetto di una piena straordinaria vengano a ricoprire.

Il temporaneo crescere o decrescere delle acque, cioè, come dicono le fonti romane, non porta alcuna conseguenza giuridica, e il punto di fissazione del limite normale dell’acqua è quello corrispondente all’altezza dello sbocco dell’acqua sovrabbondante del lago o dello stagno.


Elevazione permanente dell’acqua

Ma se l’elevazione dell’acqua fosse diventata permanente potrebbe il proprietario del lago o stagno acquistare per usucapione il terreno coperto dall’acqua stessa, se l’occupazione durasse per il tempo e con le condizioni stabilite per usucapire, e il proprietario rivierasco, per tutta la durata dello stesso tempo, non pensasse a interrompere la prescrizione con i mezzi offerti dalla legge? Si può rispondere affermativamente, anche se non mancano opinioni in senso contrario.

Più dubbia è, invece, l’altra questione, se il proprietario del lago possa acquistare per usucapione quei tratti di terreno che le acque ricoprono periodicamente, ritirandosi poi, pure periodicamente.

Dagli autori viene pure trattata in vario senso un’altra questione che ci limitiamo semplicemente ad indicare: se i proprietari rivieraschi abbiano diritto di agire contro il proprietario del lago o dello stagno per costringerlo ad eseguire le opere necessarie al fine di garantire i loro fondi contro ogni futuro pericolo di danni.

Sono questioni, quelle su accennate, che in pratica si sono presentate raramente e che ancor più raramente si presenteranno d'ora innanzi, essendo i laghi, e anche quelli fra gli stagni definiti acque pubbliche (la grande maggioranza), entrati a far parte del demanio pubblico dello Stato .

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

438 La disciplina dell'alluvione, sia propria sia impropria (terreno abbandonato dall'acqua corrente), è rimasta inalterata. L'art. 941 del c.c., l'art. 942 del c.c. e l'art. 943 del c.c. riproducono, semplificandone in qualche punto la formulazione, gli articoli 453, 454 e 455 del codice precedente.

Massime relative all'art. 943 Codice Civile

Cass. civ. n. 253/2021

Nell'ipotesi in cui il proprietario di un suolo sito sull'alveo di un lago realizzi una darsena mediante escavazione del proprio suolo, facendo sì che l'acqua lacustre allaghi lo scavo, non è possibile scindere tra proprietà privata del suolo e proprietà demaniale dell'acqua e così ritenere che la darsena appartenga al privato, salvo il diritto della P.A. alla derivazione; al contrario, posti i principi di inseparabilità tra acqua ed alveo e di inalienabilità dei beni del demanio pubblico, deve ritenersi che, per accessione alla cosa principale, il terreno, originariamente privato ma trasformato in darsena, sia divenuto anch'esso demaniale, senza che rilevi, in contrario, la mancanza di un'espressa volontà di acquisizione da parte della P.A., venendo in considerazione un rapporto pertinenziale che sorge in via di fatto in conseguenza dell'espansione dell'alveo.

Cass. civ. n. 26036/2013

Nell'ipotesi in cui il proprietario di un suolo sito sull'alveo di un lago realizzi una darsena mediante escavazione del proprio suolo, facendo sì che l'acqua lacustre allaghi lo scavo, non è possibile scindere tra proprietà privata del suolo e proprietà demaniale dell'acqua e così ritenere che la darsena appartenga al privato, salvo il diritto della P.A. alla derivazione. Al contrario, posti i principi di inseparabilità tra acqua ed alveo e di inalienabilità dei beni del demanio pubblico, deve ritenersi che, per accessione alla cosa principale, il terreno, originariamente privato ma trasformato in darsena, sia divenuto anch'esso demaniale.

Cass. civ. n. 1552/2002

È esclusa la demanialità della darsena costruita su suolo privato circondato da proprietà privata con accesso al lago mediante un lungo canale che regola il flusso e il deflusso delle acque, in assenza di una modificazione strutturale del lago, quale situazione di fatto, mediante espansione dell'alveo fino alla darsena, valevole come modo di acquisto per tale bene artificiale della qualità di bene pubblico.

Cass. civ. n. 5491/1994

In tema di individuazione dei terreni ricompresi nel demanio per la loro contiguità a laghi pubblici, opera, secondo il criterio desumibile dall'art. 943 c.c., il principio per cui l'estensione dell'alveo — suscettibile della detta ricomprensione — deve essere determinata con riferimento al livello delle piene ordinarie allo sbocco del lago, senza che si possa tener conto del perturbamento determinato da cause eccezionali (meteoriche, geosismiche o prodotte dall'opera dell'uomo per esigenze momentanee) e senza che dall'alveo propriamente detto possa distinguersi il lido, che, invece, è una componente strutturale del primo, come sopra individuato, potendo soltanto l'alveo stesso distinguersi dalla «spiaggia», come zona di terreno scoperto contigua all'alveo, la quale, ove esistente, resta assoggettata al regime della demanialità per i pubblici usi del lago.

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Consulenze legali
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Giuseppe B. chiede
domenica 20/12/2020 - Piemonte
“Buongiorno, voglio costruire un impianto fotovoltaico galleggiante sulla superficie di un lago di proprietà privata.
Per poterne utilizzare la superficie posso fare la cessione del diritto di superficie?
Se non è possibile, in quale altro modo posso entrare in possesso della superficie per 25 anni?
Grazie

Consulenza legale i 27/12/2020
La costituzione del diritto di superficie su un lago, purtroppo, non è giuridicamente realizzabile, in quanto l’acqua non può considerarsi possibile oggetto di diritto di superficie, essendo essa stessa accessoria rispetto al fondo e, pertanto, soggetta alla sua vis attrattiva.
Si esclude, infatti, che i proprietari di bagni, mulini ed altri edifici galleggianti in genere, possano considerarsi titolari di un simile diritto sulla superficie dell’acqua, anche nel caso in cui tali beni risultino saldamente assicurati alla riva.

Ciò, ovviamente, non impedisce che si possa realizzare un impianto fotovoltaico galleggiante su lago di proprietà altrui avvalendosi di altri mezzi che l’ordinamento giuridico mette a disposizione.
E’ possibile scegliere tra fattispecie che portano alla costituzione di un diritto reale e fattispecie da cui origina, invece, un diritto di natura meramente obbligatoria, scelta che differisce sotto il profilo degli effetti che ne possono conseguire.
Infatti, la costituzione di un diritto reale dà indubbiamente luogo ad una maggiore stabilità degli effetti e conseguentemente garantisce una maggiore certezza giuridica rispetto alla costituzione di un diritto di natura soltanto obbligatoria, in particolare nei confronti di eventuali terzi.

Sotto il profilo della costituzione di un diritto reale, una valida alternativa al diritto di superficie può essere la costituzione di una servitù, la quale, tuttavia, trova un limite nel fatto che ha come suo presupposto essenziale il rapporto di contiguità tra due fondi.
Ovviamente, non si richiede che i fondi tra i quali si va ad instaurare il rapporto di servitù siano vicini (e, dunque, contigui tra loro) da un punto di vista prettamente fisico, in quanto, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità “il requisito della contiguità tra i fondi, in tema di servitù di passaggio, deve essere inteso non nel senso letterale di materiale aderenza tra essi, ma in quello giuridico di possibilità di vantaggio da parte del fondo servente a favore del fondo dominante…” (cfr. Cass. civ. sentenza n. 3273 del 17 febbraio 2005).
Inoltre, neppure può costituire un ostacolo ad avvantaggiarsi dell’istituto giuridico della servitù il fatto che la stessa abbia per sua natura carattere di perpetuità, e ciò per due ragioni:
  1. dal combinato disposto dell’art. 1073 del c.c. e dell’art. 1074 del c.c. si evidenzia che la causa perpetua non costituisce carattere essenziale della servitù, poiché qualora dovesse venir meno l’utilità del diritto, si avrebbe la sua estinzione, sempre che siano trascorsi venti anni, periodo in cui la servitù permane in uno stato di quiescenza;
  2. è ben possibile apporre un termine finale al negozio costitutivo della servitù o sottoporre lo stesso ad una condizione risolutiva (il termine potrebbe essere quello venticinquennale, a cui si fa riferimento nel quesito, mentre la condizione risolutiva si potrebbe far consistere nel venir meno dell’utilità della servitù, ad esempio perché l’impianto non è più in grado di produrre energia).

Sembra superfluo precisare che, nel momento in cui si va a costituire la servitù, occorre regolare con precisione la titolarità dell’impianto fotovoltaico, precisando espressamente quali sono i diritti e gli obblighi che ne conseguono in capo a ciascuno dei fondi, e ciò anche al fine di evitare che possa operare il principio dell’accessione.
A tal fine si può trarre spunto dalla fattispecie legale tipica della c.d. servitù di elettrodotto, espressamente prevista dall’art. 1056 del c.c. e dall’art. 119 del Regio decreto n. 1175 del 1933, la quale attribuisce un ius ad servitutem habendam al soggetto che è stato autorizzato dalle autorità competenti alla costruzione di un impianto su beni pubblici o privati.
Al pari della costituzione del diritto di superficie, anche l’atto di costituzione volontaria della servitù dovrà rispettare la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata con sottoscrizione autenticata ex art. 1350 del c.c. ed essere trascritto nei pubblici registri immobiliari ex art. 2643 del c.c. n. 4.

Altra alternativa potrebbe essere quella della costituzione sul lago di un diritto di uso, disciplinato dall’art. 1021 del c.c., a cui va pure attribuita la natura giuridica di diritto reale su cosa altrui, in virtù del quale l’usuario ha il godimento della cosa per il soddisfacimento di un proprio bisogno attuale e personale.
Il contenuto del diritto può essere ampliato o ristretto liberamente dall’autonomia delle parti, e nel caso di specie l’uso si dovrebbe far consistere nel diritto di mantenere l’impianto fotovoltaico galleggiante sull’acqua del lago.
In quanto diritto di natura reale, può costituirsi per atto tra vivi (contratto), il quale deve essere redatto in forma scritta ad substantiam ( ex art. 1350 n. 4, c.c.) e trascritto nei registri immobiliari (ex art. 2643 n. 4, c.c.).

Tra i contratti di natura obbligatoria a cui si suggerisce di fare ricorso va, invece, segnalato il contratto di locazione ultranovennale, in forza del quale si viene pur sempre a realizzare una scissione tra facoltà di godimento della superficie del lago (la quale viene attribuita a colui il quale vi realizza l’impianto galleggiante) e proprietà del lago, che resta in capo al proprietario originario.
In quanto di durata ultranovennale, anche tale contratto va redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata ex art. 1350 n. 8 c.c. e trascritto nei registri immobiliari ex art. 2643 n. 8 c.c.

A differenza delle fattispecie con effetti reali, a cui prima si è fatto riferimento, la locazione comporta alcuni rischi, tra cui il principale potrebbe essere quello di un successivo indebitamento del locatore e del suo eventuale fallimento.
In tal caso, infatti, poiché la locazione ultranovennale comporta una alterazione della garanzia patrimoniale offerta ai creditori, quel contratto di locazione sarebbe soggetto ad azione revocatoria e potrebbe entrare a far parte della massa fallimentare, al contrario dei contratti aventi efficacia reale (quali il contratto costitutivo di servitù o di un diritto di uso).

Inoltre, nella stipula del contratto di locazione occorre anche tener conto della operatività ipso iure del meccanismo dell’accessione ex art. 934 del c.c., con la conseguenza che si dovrebbe inserire in esso una specifica clausola attraverso cui impedire il prodursi di tale fenomeno, attribuendo la proprietà dell’impianto specificamente al conduttore, nel pieno rispetto dell’autonomia delle parti ex art. 1322 del c.c..
Al fine di tutelare ulteriormente la posizione del conduttore, sarebbe opportuno anche prevedere nel contratto il diritto del conduttore di rimuovere l’impianto e trasportarlo in ogni momento e alla scadenza del contratto e per qualsiasi ragione.

Indubbiamente, quelli sopra ipotizzati non possono che essere degli spunti, a cui ci si potrà ispirare nel modellare la situazione concreta dello stato dei luoghi a quelle che sono le esigenze e gli interessi personali di entrambe le parti, dovendosi in quel momento effettuare un necessario bilanciamento dei contrapposti interessi.