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Articolo 2751 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Crediti per spese funebri, d'infermità, alimenti

Dispositivo dell'art. 2751 Codice Civile

(1)Hanno privilegio generale sui mobili, nell'ordine che segue, i crediti riguardanti [2776, 2778 n. 17, 2782]:

  1. 1) le spese funebri necessarie secondo gli usi [d. gen. c.c. 8](2);
  2. 2) le spese d'infermità(3) fatte negli ultimi sei mesi della vita del debitore;
  3. 3) le somministrazioni di vitto, vesti e alloggio, nei limiti della stretta necessità(4), fatte al debitore per lui e per la sua famiglia negli ultimi sei mesi;
  4. 4) i crediti di alimenti per gli ultimi tre mesi a favore delle persone alle quali gli alimenti sono dovuti per legge [545 c.p.c.].

Note

(1) Articolo così sostituito ex L. 29 luglio 1975, n.426.
(2) Il privilegio generale qui stabilito per le spese funebri risponde al fondamentale principio dell'umana pietà: la necessità richiesta deve quindi essere intesa avendo riguardo alle condizioni economiche del defunto, tenendo conto principalmente della sua posizione sociale.
(3) In questo caso per infermità deve valutarsi una particolare situazione patologica, non momentanea e fisiologica (ad esempio, non sono perciò sottoposti a privilegio generale i crediti relativi alle spese sostenute per il parto o in ipotesi di permanenza in determinate località di soggiorno o climatiche a fini terapeutici).
(4) Analogamente a quanto indicato nella nota n. 2, anche in questo caso la necessità richiamata è da intendersi in relazione alle condizioni sociali dei soggetti destinatari delle somministrazioni.

Ratio Legis

La norma definisce alcuni privilegi generali su certi beni mobili, i quali sono previsti in ragione della particolare considerazione sociale di determinati crediti, corrispettivi di lavoro, contributi previdenziali o assistenziali, reputati necessari per il creditore, o ancora a tutela dell'interesse dello Stato al pagamento delle imposte.

Spiegazione dell'art. 2751 Codice Civile

Aumento del numero dei privilegi generali nel nuovo codice ; elimi­nazione dal novero di essi del privilegio delle spese di giustizia

Abbiamo già accennato, nell'illustrazione dell'art. 2746, alla distinzione dei privilegi in mobiliari ed immobiliari, al suo significato ed al momento a cui si deve aver riguardo per stabilire il carattere di mobile o di immobile della cosa su cui il privilegio deve esercitarsi come pure all'altra distinzione dei privilegi mobiliari in generali e speciali, ed al valore di quest'ultima. Vediamo ora quali sono i principi generali riprodotti dal codice precedente e quelli di nuova introduzione.

L'art. 2751 ne enumera sette, alcuni dei quali, e precisamente quelli di cui ai numeri 1, 2, 3 e 4, trovano un precedente nel codice del 1865, mentre gli altri, indicati nei numeri successivi, devono considerarsi, almeno in gran parte, nuovi. Invece il privilegio per spese di giustizia, che nel codice del 1865 costituiva il primo dei privilegi generali (art. 1956, n. 1), nel sistema del nuovo codice è divenuto un privilegio speciale (art. 2755 del c.c.). A tale cambiamento il legislatore è stato indotto dalla considerazione che con l'attribuzione di un privilegio generale si veniva ad ammettere che esso potesse esercitarsi anche su cose diverse da quelle che avevano formato oggetto del processo ese­cutivo, riguardo alle quali soltanto ricorre l'elemento dell'utilità della spesa per la massa dei creditori.


Spese funebri

Il primo dei privilegi generali accolti dal nuovo codice è quello delle spese funebri (n. 1 dell'articolo in esame). Esso trova la sua origine nel diritto romano che anzi ne faceva addirittura una causa di prededuzione dall'asse ereditario, ragione per cui veniva escluso, nei limiti del relativo importo, il concorso degli altri creditori. Il mo­tivo di tanto favore si faceva dipendere dai giure consulti da consi­derazioni di umana pietà, di rispetto alla memoria del defunto, ed anche da esigenze di carattere igienico. Queste ultime oggi non potrebbero certamente invocarsi a favore del privilegio ; ma restano le altre ragioni alle quali il nuovo codice ha voluto mantenere il loro valore tradizionale.

L'articolo in esame non risolve il dubbio, già da noi manifestato in altro studio sull'argomento, circa la massa dei beni sulla quale il privilegio potesse esercitarsi quando, a seguito della morte della per­sona in considerazione della quale le spese vennero fatte e dell'apertura della successione, il patrimonio del defunto si fosse confuso con quello dell'erede. Esprimemmo in proposito l'avviso che il privilegio non po­tesse investire che i beni già appartenuti al defunto e non pure quelli propri dell'erede. Persistiamo, anche sotto l'impero del nuovo codice, in tale opinione che risponde ai concetti informatori del privilegio ed agli insegnamenti del diritto romano.

Diversa è la questione se, nel caso di mancanza o insufficienza dei beni del defunto a soddisfare il credito privilegiato, la prelazione potesse esercitarsi sui beni di coloro che sarebbero stati obbligati a sopportare le dette spese (coniuge, stretti congiunti del defunto, In proposito osserviamo che il carattere della spesa e, conseguentemente, la ragione del privilegio, non muta col mutare della persona dell'obbligato ; e quindi esso ben potrebbe farsi valere sui mobili di costui, chiunque egli sia.

Il privilegio è attribuito alle spese : termine nel quale deve ritenersi compresa qualunque erogazione di somma o prestazione di opera o di cose occorrenti ai funerali. Anche le spese post funus, che stessero in diretta ed immediata relazione con la cerimonia funebre e la sepoltura, come l'apposizione di una lapide o altro ricordo marmoreo di uso, de­vono ritenersi protette dal privilegio. In ogni caso però le spese de­vono avere il carattere della necessità: al quale, tuttavia, non si deve attribuire che un valore relativo, poiché bisogna tener conto volta per volta della condizione sociale del defunto, della entità del suo patrimonio, degli usi del luogo. La legge ha voluto solo escludere dal pri­vilegio le spese aventi carattere voluttuario, come quelle di erezione di un monumento artistico, d'impianto di un'aiuola ecc.


Crediti per spese di malattia

Il secondo privilegio generale è quello alle spese d'infermità, la cui origine risale ai pratici. Accolto dal codice del 1865 per ragioni di ordine umanitario, esso è passato nel nuovo codice, senza alcuna modificazione.

Il privilegio compete ai crediti di spese per qualunque malattia che avesse colpito il debitore, e non solo per quella che ne determinò la morte, come autorevoli scrittori, peraltro contrastati da altri, ave­vano sostenuto sotto l'impero del codice del 1865. Che tale sia stata l'intenzione dei compilatori del nuovo codice si evince dalle discussioni svoltesi nel corso dei lavori preparatori.

La diversità poi di locuzione, in confronto di quella del numero 3 dello stesso articolo, rende evidente che gli ultimi sei mesi devono intendersi quelli che precedettero la morte del debitore e non già quelli che precedono l'azione esecutiva ed il concorso dei creditori.

Sotto la espressione di spese d'infermità, poi, deve ritenersi com­presa qualunque spesa o prestazione che avesse avuto per scopo im­mediato l'assistenza dell'infermo : cure mediche, somministrazioni di medicinali, bevande, alimenti richiesti dalle particolari condizioni del­l'infermo, compenso agli infermieri ecc.


Crediti delle amministrazioni ospedaliere

L'art. 1 della L. 3 dicembre 1931, n. 1580 dichiarava privi­legiato nello stesso grado di quello attribuito dal n. 3 dell'art. 1956 codice del 1865, il credito delle amministrazioni ospedaliere per le rela­tive spese di ricovero e assistenza « qualunque sia il tempo per il quale sono state sostenute ». Indubbiamente tale disposizione deve ritenersi in vigore ancor sotto l'impero del nuovo codice, intendendosi sostituito il richiamo che la legge speciale fa del codice precedente con quello del n. 2 dell'articolo in esame, che riproduce, come si è detto, con identica locuzione il privilegio del codice del 1865.


Crediti per somministrazioni di vitto, vesti e alloggio

Segue, nell'ordine stabilito dall'art. 2751, al n. 3, il privilegio delle somministrazioni di vitto, vesti ed alloggio, nei limiti della stretta necessità, fatte al debitore per lui e la sua famiglia negli ultimi sei mesi.

La legge opportunamente si astiene dallo specificare quali persone devono ritenersi comprese nel termine di famiglia, così come se ne asteneva il n. 4 dell'art. 1956 del codice precedente, dal quale questo privilegio è stato riprodotto. Il termine suddetto infatti comporta una certa elasticità d'interpretazione, che mal si sarebbe prestata ad una formulazione precisa. In genere possiamo dire che la famiglia si com­pone di quelle persone che per vincoli di stretta parentela o affinità o di rapporti domestici sono a carico del debitore, anche se non con­vivano con lui al momento in cui le prestazioni sono fatte. La ragione determinante il privilegio sui beni del debitore deve infatti ricercarsi nella obbligazione che costui ha di provvedere al loro mantenimento : e questo può prescindere dalla convivenza.

La più precisa enunciazione dei crediti ai quali è concesso il pri­vilegio, in confronto a quella usata dal codice del 1865, chiarisce il dubbio cui dava luogo quest'ultimo, e cioè se oltre al vitto, godessero del privilegio anche le somministrazioni di vesti e di alloggio. Ben vero che le somministrazioni devono essere contenute nei limiti della stretta necessità espressione questa che, pur ammettendo una certa larghezza d'interpretazione, importa però l'esclusione dal privilegio di tutte quelle spese che eccedono i normali bisogni dell'individuo.

Le prestazioni non devono poi superare la durata degli ultimi sei mesi. Questa disposizione non contiene il riferimento alla morte del debitore, come quella del numero precedente, concernente le spese d'in­fermità ed abbiamo già accennato al significato che ha la diversità del linguaggio usato dalla legge.


Crediti dei prestatori di lavoro subordinato

Il privilegio per i crediti dei salari delle persone di servizio che il codice del 1865 contemplava, insieme a quello delle sommini­strazioni di alimenti, nell’unica disposizione dell'art. 1956, n. 4, viene dal nuovo codice trattata separatamente (al n. 4 dell'art. 2751), ed ha una estensione maggiore, in considerazione del maggior pregio in cui il lavoro è tenuto dall'odierno regime. L'ampiezza del privilegio si ma­nifesta sia riguardo alle persone alle quali esso è accordato, sia riguardo primo punto di vista, il n. 4 dell'articolo in esame con riferimento alle retribuzioni dovute, sotto qualsiasi forma, ai prestatori di lavoro subordinato, per gli ultimi sei mesi. Nella locu­zione suddetta vanno quindi comprese solo le persone di servizio (domestici, cuochi, nutrici, autisti, ecc.), ma ogni altra categoria di lavoratori, sia che prestino un lavoro materiale (operai, commessi ecc.), sia un lavoro intellettuale. Deve però trattarsi, anche in quest'ultimo caso, di lavoro prestato in dipendenza di un rapporto di subordina­zione, come è quello degli impiegati privati : per i quali perciò deve ritenersi assorbito nel nuovo codice il privilegio già concesso dall'art. 15 R. D. L. 13 novembre 1924, n. 1825, come pure il privilegio che l'art. 773, n. r, del codice di commercio accordava agli institori e agli impiegati del fallito. Le prestazioni dei liberi professionisti godono invece, come vedremo, dell'altro privilegio di cui al numero seguente dell'art. 2751.

Per quanto riguarda i crediti ai quali è concesso il privilegio, la disposizione in esame adopera il termine di retribuzione, comprensiva non solo dei salari, delle mercedi e degli stipendi, ma di qualsiasi altra forma di compenso, anche se non corrisposto in danaro (prestazioni in natura), o in modo periodico (provvigioni ecc.).


Crediti per prestatori d'opera

Un privilegio generale che non trova riscontro nella legisla­zione precedente è quello introdotto nel n. 5 dell'articolo in esame a favore dei prestatori d'opera intellettuale non soggetti a rapporto di subordinazione. Con tale privilegio si è voluto soddisfare il voto ripetutamente espresso dalle organizzazioni sindacali di categoria.

Il privilegio assiste qualsiasi classe di lavoratori intellettuali : e così non solo gli avvocati, medici, ingegneri e quelle altre categorie di per­sone alle quali comunemente viene attribuita la qualifica di liberi pro­fessionisti, ma ogni altro lavoratore che presti, anche saltuariamente, un'opera intellettuale mediante retribuzione, sia questa scientifica che artistica (pittori, scultori ecc.).

Il credito protetto dal privilegio in esame è limitato alle presta­zioni dell'ultimo anno, computabile come i sei mesi di cui ai numeri 3 e 4 dello stesso. A tal proposito è da rilevare che quando si tratta di persone retribuite non a periodi determinati ma al compi­mento dell'opera, la quale può anche durare più anni (come sarebbe, ad esempio, del patrocinio di una causa da parte di un avvocato), il riferimento dell'ultimo anno va fatto non al risultato complessivo del­l'opera, ma alle singole prestazioni eseguite nell'anno : il che in verità non sempre riuscirà facile ad accertare.


Crediti derivanti dal rapporto di agenzia

Altro privilegio generale che non trova precedenti nella no­stra legislazione è quello di cui al n. 6 dell'art. 2751, a favore dei così detti agenti : di quelle persone cioè che assumono l'incarico di procac­ciare, per conto di altre, degli affari e di concludere dei contratti in una determinata zona, verso retribuzione. Tale retribuzione che viene corrisposta in ragione degli affari conclusi, prende il nome di prov­vigione. Ed è precisamente a questo credito che, aderendo al voto espresso dalle organizzazioni sindacali interessate, il legislatore ha con­cesso il privilegio, limitatamente però alle prestazioni degli ultimi sei mesi, computabili con i criteri illustrati nei numeri precedenti.

Il privilegio è inoltre concesso per il credito delle indennità che fossero dovute per la cessazione del rapporto di agenzia : e cioè o per lo scioglimento del contratto, se questo era a tempo indeterminato, o per risoluzione dipendente da invalidità totale e permanente dell'agente, o per morte del medesimo.


Crediti per alimenti

Infine altro privilegio generale di nuova introduzione è quello che l'articolo in esame concede, al n. 7, alle persone alle quali sono dovuti per legge gli alimenti per il relativo credito. Per la retta com­prensione di questo privilegio, che non ha nulla di comune con quello previsto nel n. 4, bisogna tener presenti le disposizioni degli articoli 433. Indifferente è poi che esse siano dovute in danaro o in natura.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 2751 Codice Civile

Cass. civ. n. 11154/2012

In tema di privilegio generale sui mobili, la norma dell'art. 2751 bis, primo comma, n. 5, c.c., come sostituito dall'art. 36 del d.l. n. 5 del 2012, conv. in legge n. 35 del 2012, laddove accorda il privilegio ai crediti dell'impresa artigiana "definita ai sensi delle disposizioni legislative vigenti", non ha natura interpretativa e valore retroattivo, facendo difetto sia l'espressa previsione nel senso dell'interpretazione autentica, sia i presupposti di incertezza applicativa che ne avrebbero giustificato l'adozione. Pertanto, riguardo al periodo anteriore all'entrata in vigore della novella, resta fermo che l'iscrizione all'albo delle imprese artigiane ex art. 5 della legge n. 443 del 1985 non spiega alcuna influenza sul riconoscimento del privilegio, dovendosi ricavare la nozione di "impresa artigiana" dai criteri generali dell'art. 2083 c.c.

Cass. civ. n. 11052/2012

La proposizione della domanda per ottenere l'ammissione al passivo fallimentare da parte di uno studio associato lascia presumere l'esclusione della personalità del rapporto d'opera professionale, e, dunque, l'inesistenza dei presupposti per il riconoscimento del privilegio di cui all'art. 2751 bis, n. 2, c.c., salva l'allegazione e la prova della cessione del credito della prestazione professionale svolta personalmente dal singolo associato (principio affermato ai sensi dell'art. 360 bis, n. 1, c.p.c.).

Cass. civ. n. 2769/2002

L'attività svolta dal liquidatore di società non è caratterizzata, in modo preminente, dalla prestazione di un'opera intellettuale, ancorché, a svolgerla, possano essere chiamati dei professionisti legali o commerciali, e quantunque il compimento di una parte delle operazioni richieste possa implicare la soluzione di problemi tecnico-giuridico di considerevole complessità. Da ciò consegue che il credito vantato dal liquidatore stesso quale corrispettivo per l'opera prestata non può dirsi assistito dal privilegio di cui all'art. 2751 bis n. 2 del codice civile.

Cass. civ. n. 8114/2000

L'art. 2751 bis c.c., nell'accordare privilegio generale sui mobili alle provvigioni ed indennità derivanti dal rapporto di agenzia, intende riferirsi ai soli creditori che siano persone fisiche, con esclusione dei casi in cui l'attività di agente sia svolta da società di capitali. Siffatta interpretazione si desume dalla ratio dell'intero articolo citato, che è quella di favorire i prestatori d'opera che, al pari dei lavoratori subordinati, traggono dalla loro attività i mezzi per soddisfare i bisogni propri e della propria famiglia. Del resto, l'interpretazione contraria (esclusa anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 1 del 2000) non si sottrarrebbe a censure di illegittimità costituzionale in riferimento all'art. 3 Cost., in quanto attribuirebbe alle società di capitali un privilegio uguale a quello dei lavoratori intellettuali autonomi e poziore rispetto a quello dei coltivatori diretti e degli artigiani — i cui crediti sono posposti, nell'ordine dei privilegi, ex art. 2751 bis c.c. citato, a quelli dei professionisti e degli agenti — con un'ingiustificata equiparazione di situazioni diverse.

Cass. civ. n. 6002/1999

Ai fini del riconoscimento del privilegio di cui all'art. 2751 bis n. 4 c.c., la qualifica di «coltivatore diretto» va desunta non dai principi di cui alla norma ex art. 6 della legge 203/82, bensì dalla disciplina codicistica (artt. 1647 e 2083), così che l'elemento qualificante della detta categoria va rinvenuto nella coltivazione del fondo da parte del titolare con «prevalenza» del lavoro proprio e di persone della sua famiglia — dovendosi individuare il requisito della «prevalenza» in base al rapporto tra forza lavorativa totale occorrente per la lavorazione del fondo e forza/lavoro riferibile al titolare ed ai membri della sua famiglia a prescindere dall'apporto di mezzi meccanici —. L'attività di allevamento di bestiame (nella specie, di polli) non si pone, poi, in termini di assoluta incompatibilità con la qualifica di coltivatore diretto, potendosi detta attività considerare agricola, anziché commerciale, a condizione che essa si presenti in stretto collegamento funzionale con il fondo (che tragga, cioè, occasione e sviluppo dallo sfruttamento del fondo agricolo).

Cass. civ. n. 2984/1997

I requisiti essenziali perché una cooperativa di produzione e lavoro sia ammessa al privilegio del credito ex art. 2751 bis n. 5 (introdotto dalla legge n. 426 del 1975) sono, per un verso, correlati alla effettività e «pertinenza» professionale del lavoro dei soci, e, per altro verso, alla prevalenza del lavoro di questi ultimi rispetto a quello dei non soci; tali requisiti sono ricavabili, oltre che dall'art. 23 D.L.vo C.P.S. n. 1577 del 1947, anche dalla genesi normativa dell'art. 2751 bis c.c. e dalla natura dei crediti assistiti dal privilegio, che, per essere relativi esclusivamente alla vendita dei manufatti e alla somministrazione dei servizi, appaiono strettamente correlati al lavoro personale e diretto dei soci. Ne consegue che non tutti gli enti qualificabili come cooperativi a fini fiscali e previdenziali possono ritenersi ammessi al beneficio del credito, e che, ai fini del beneficio mobiliare, non è necessario il ricorso a parametri diversi da quelli relativi all'apporto lavorativo dei soci, e collegati invece a canoni dimensionali o «funzionali», ovvero a comparazioni, di difficile effettuazione, tra lavoro e «capitale» investito.

Cass. civ. n. 7933/1996

In caso di corresponsione da parte del fondo di garanzia gestito dall'Inps, ai lavoratori già dipendenti di società fallita, del trattamento di fine rapporto, ai sensi dell'art. 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297, la surrogazione di diritto del fondo al lavoratore o ai suoi aventi causa nel privilegio di cui all'art. 2751 bis c.c. comporta che il credito del fondo e gli eventuali crediti di natura retributiva dei lavoratori già dipendenti dell'impresa fallita siano collocati nella medesima posizione e nello stesso grado di privilegio — in forza del coordinato disposto degli artt. 2751 bis cit., 1203 c.c. e 2 legge n. 297 del 1982 — nel passivo del fallimento del datore di lavoro, essendo previsti nel n. 1 dell'art. 2751 bis, senza alcuna graduazione o ordine di precedenza, sia i crediti per le retribuzioni dovute sia quelli relativi ad indennità dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro. (Nella specie, la Suprema Corte, enunciando il suddetto principio, ha cassato la sentenza impugnata, la quale aveva affermato che, in caso di concorso di crediti di lavoratori subordinati per retribuzioni e di crediti del fondo di garanzia per le somme pagate, in sostituzione del datore di lavoro, per T.F.R., questi ultimi crediti possono essere soddisfatti subordinatamente al preventivo soddisfacimento dei crediti di lavoro).

Cass. civ. n. 4082/1988

L'indicazione del grado di uno dei privilegi generali sui beni mobili, di cui agli artt. 2751 ss. c.c., non fa parte del petitum della domanda diretta al riconoscimento del relativo credito, essendo l'ordine dei privilegi sottratto all'iniziativa del creditore perché tassativamente stabilito dalla legge in correlazione alla causa del credito. Ne deriva che, nel giudizio di opposizione allo stato passivo fallimentare, in relazione agli stessi fatti, è ammessa anche in grado d'appello una diversa qualificazione del credito, ancorché vi si ricolleghi una collocazione in via privilegiata diversa da quella indicata nella domanda di ammissione al passivo.

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Anonima chiede
lunedì 08/04/2024
“Buongiorno ecco il quesito

io e mia sorella siamo figlie di due genitori divorziati da almeno vent'anni, mio padre sta per morire ed io NON accetterò l'eredità di mio padre, vorrei sapere se posso rifiutarmi del tutto di contribuire alle spese funerarie e di cremazione (mio padre si è iscritto alla societa' XXX per obbligare legalmente me e mia sorella a cremarlo, tot spese euro 3000/4000 circa!!)
Vorrei sapere se nel contempo posso inviare a mia sorella una raccomandata con ricevuta di ritorno, per farle presente che la mia volontà è che tutte le spese funerarie (e annesse cerimonia e cremazione) siano svolti attraverso il sistema di servizi funebri comunali (perchè èquello più economico) ed in totale risparmio ed economicità, lo chiedo ovviamente perchè - laddove io fossi obbligata a partecipare alle spese - vorrei che queste fossero contenute al minimo, mentre mi pare di aver intuito che mia sorella vorrebbe fare il tutto attraverso società privata di impresa funebre, che di fatti, le ha fatto un preventivo (maggiorato rispetto al comune) di circa 4000 euro totali.
Però, se io NON sono obbligata legalmente a partecipare a queste spese (per il fatto che rifiuterò l'eredità), allora forse è il caso che NON le invio la raccomandata?!
Specifico che mio padre recentemente ha bonificato a mia sorella la somma di euro 3900 (nei due bonifici non ha inserito NESSUNA causale), a me solamente 1000 euro (senza causale) quindi, io non potrei efficacemente dimostrare, che tale somma è stata inviata a mia sorella affinché (lei solamente) provveda a pagare la cremazione (mio padre ha preferito mandare tutto a lei, e solo una piccola somma a me) ma avrei difficoltà a dimostrarlo dato che non ha specificato nulla nelle causali dei bonifici..
Per rifiutare l'eredità è sufficiente che mi reco a fare l'atto di rinuncia presso la cgil o devo andare per forza attraverso notaio? con la rinuncia all'eredita' sarei TRANQUILLA AL 100% che legalmente NESSUNO (ne' mia sorella ne' imprese funebri o comuni) mi può chiedere somme di denaro per far fronte alla cerimonia di cremazione (e spese connesse?)
Grazie mille
Cordiali saluti


Consulenza legale i 14/04/2024
Le spese funerarie e di sepoltura rientrano, secondo una tesi che può ritenersi del tutto pacifica, tra i c.d. debiti e pesi ereditari, in quanto sorgono in occasione della morte del de cuius.

In tal senso si è pronunciata la giurisprudenza di legittimità con sentenza n. 2975/1991 e, seppure non vi sia una norma che stabilisca ciò in modo espresso, in tal senso può tra l’altro argomentarsi dal disposto di cui all’art. 2751 c.c., rubricato “Crediti per le spese funebri, d’infermità, alimenti”.
Tale norma riconosce un privilegio generale sui mobili del defunto per i crediti riguardanti “le spese funebri necessarie secondo gli usi”, dando vita ad una singolare separazione del patrimonio del defunto da quello dell’erede, il che lascia presupporre che non possa che trattarsi di debiti ereditari, dei quali sono tenuti a rispondere gli eredi.

Il problema che può in concreto sorgere è che al momento dell’apertura della successione non si diventa automaticamente eredi, in quanto si gode di uno spazio temporale di dieci anni (cfr. art. 480 del c.c.) per decidere se accettare o meno l’eredità, mentre il pagamento delle spese funebri è un adempimento che si rende necessario sostenere sin da subito, quando ancora non si ha alcuna certezza su coloro che saranno eredi.
Per risolvere tale problema i costi della sepoltura vengono generalmente affrontati dai cosiddetti “chiamati all’eredità”, anzi nella prassi succede spesso che sia anche uno solo dei chiamati ad affrontarle per poi ripartirle con gli altri.
Colui o coloro che le anticipano hanno poi diritto ad essere rimborsati da coloro che accetteranno l’eredità, secondo le rispettive quote.

Trattandosi di debito ereditario, è evidente che non può essere fatto gravare su chi decide di rinunziare all’eredità; anzi, se chi, trovandosi nella posizione di chiamato, ha anticipato l’importo e intende successivamente rifiutare l’eredità, ovviamente non solo sarà libero di farlo, ma avrà anche diritto al rimborso della somma spesa.

Per quanto concerne le forme della rinunzia all’eredità, di essa si occupa espressamente l’art. 519 del c.c., il quale dispone che la stessa va fatta con dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere del Tribunale del circondario in cui si aperta la successione (ovviamente, sotto il profilo della spesa, è più conveniente recarsi presso la Cancelleria del Tribunale competente).


Rosa S. chiede
martedì 01/03/2011 - Lazio

“Mio padre è deceduto nel luglio scorso. Non ho potuto partecipare alle spese funerarie perchè non ne ho la possibilità economica. C'è un articolo del codice civile che mi obbliga al pagamento delle spese funerarie? Posso essere perseguita penalmente per questa mia mancanza?
Grazie.”

Consulenza legale i 02/03/2011

L'art. 2751 del c.c. in commento stabilisce un privilegio in capo ai creditori delle spese funebri sostenute per la tumulazione o la cremazione del defunto (onoranze funebri, etc.). La disposizione non prevede un obbligo di partecipazione alle spese funerarie, né esso è sancito da altra norma del codice civile o penale.