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Articolo 735 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Preterizione di eredi e lesione di legittima

Dispositivo dell'art. 735 Codice Civile

La divisione nella quale il testatore non abbia compreso qualcuno dei legittimari [536 c.c.] o degli eredi istituiti è nulla(1)(2) [553 c.c.].

Il coerede che è stato leso nella quota di riserva può esercitare l'azione di riduzione contro gli altri coeredi(3) [554 554 c.c.].

Note

(1) La norma costituisce un'applicazione del principio generale secondo cui la divisione a cui non partecipano tutti gli aventi diritto è nulla.
(2) Ove i beni rimasti estranei alla divisione siano sufficienti per formare la porzione dei legittimari pretermessi, la divisione non è invalida.
Si parla in proposito di divisione soggettivamente parziale.
(3) L'erede leso può soltanto esperire il rimedio dell'azione di riduzione, non anche chiedere che la divisione venga dichiarata nulla.

Ratio Legis

Vengono tutelati i diritti dei legittimari: quelli pretermessi possono far valere la nullità della divisione, quelli lesi possono chiedere la riduzione delle quote attribuite agli altri eredi.

Brocardi

Divisio inter liberos
Praeteritio

Spiegazione dell'art. 735 Codice Civile

Secondo l’art. #1047# del vecchio codice del 1865, la divisione di ascendente era interamente nulla ove non vi fosse stato compreso alcuno dei figli che sarebbero stati chiamati alla divisione e i discendenti dei premorti; in tal caso, cadevano i diritti dei terzi e, tanto i discendenti che vi ebbero parte, quanto quelli che non ve la ebbero, potevano promuoverne una nuova.

L'attuale testo dichiara nulla la divisione nella quale il testatore non abbia compreso qualcuno dei legittimari (se il testatore è ascendente o discendente) o degli eredi istituiti, che avrebbe così il nudum nomen. La norma non contiene l’avverbio “interamente”, che era invece presente nell’art. #1047# del codice precedente, né risulta dai lavori preparatori la ragione di tale omissione. Si deve intendere mutata la mens legis, per cui la divisione rimanga valida in rapporto ai non proprietari? Sembrerebbe di no, dal momento che non sarebbe possibile, in via di norma, lasciare ferma la divisione ed assegnare la sua porzione al preterito. Essendo questa la mens legis, è da ritenersi che la divisione resterebbe tuttavia ferma qualora, verificandosi congiuntamente anche l’ipotesi dell’art. 734 comma 2, vi fossero dei beni di cui il testatore non avesse disposto, i quali fossero sufficienti a coprire la porzione legittima ovvero quella porzione che risulti il testatore aver voluto assegnare al preterito (ad esempio, il testatore nomina A e B eredi in parti uguali; assegna ad A metà dei beni, nulla dice circa l’assegnazione da farsi a B).
Il testatore può aver contemplato un riservatario, attribuendogli, però, meno di quanto gli spetterebbe. In questa ipotesi, l'abrogato art. #1048# consentiva l’impugnazione: ed era vivamente controverso in dottrina e giurisprudenza se essa costituisse un’azione di riduzione delle assegnazioni lesive della legittima di qualche divisionario od un’azione di rescissione dell’intera divisione, con la conseguenza, fra l’altro, che la prima tesi escludeva che si potesse troncare l’azione con l’offerta del supplemento di cui all’art. #1042#. Il codice attuale ammette esplicitamente l'azione di riduzione.
Il nuovo codice non ha riprodotto l’art. #1049# di quello precedente, che obbligava il discendente impugnante ad anticipare le spese della stima, ma già la dottrina aveva posto in rilievo la scarsa portata di tale norma.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

355 Ho raggruppato gli articoli 273 e 274 del progetto nell'art. 735 del c.c., e apportato in sede di coordinamento ai secondo di essi un notevole miglioramento. Ho cioè eliminato ogni dubbio sul punto che l'azione del coerede leso nella legittima dalla divisione operata dal testatore è vera e propria azione di riduzione e non di rescissione, ciò risultando dal principio dell'intangibilità della riserva.

Massime relative all'art. 735 Codice Civile

Cass. civ. n. 7178/2018

In caso divisione del patrimonio ereditario disposta direttamente dal testatore la domanda di nullità proposta dal legittimario pretermesso nel testamento (o, in sostituzione del medesimo, da un suo erede, come verificatosi nel caso di specie) deve essere accolta qualora lo stesso legittimario (o un suo erede agente "iure successionis"), da considerarsi preterito per non essere stato compreso nella divisione, abbia positivamente esperito in via preventiva l'azione di riduzione.

Cass. civ. n. 13660/2017

E' soggetta a riduzione la donazione fatta a un legittimario dal de cuius, a valere in conto legittima e per l'eventuale esubero sulla disponibile, con dispensa da collazione.

Cass. civ. n. 16698/2015

Il principio di intangibilità della legittima comporta che i diritti del legittimario debbano essere soddisfatti con beni o denaro provenienti dall'asse ereditario, con la conseguenza che l'eventuale divisione operata dal testatore contenente la disposizione per la quale le ragioni ereditarie di un riservatario debbano essere soddisfatte dagli eredi tra cui è divisa l'eredità mediante corresponsione di somma di denaro non compresa nel "relictum" è affetta da nullità ex art. 735, comma 1, c.c.

Cass. civ. n. 3694/2003

Il principio di intangibilità della legittima comporta che i diritti del legittimario debbano essere soddisfatti con beni o denaro provenienti dall'asse ereditario, con la conseguenza che la eventuale divisione operata dal testatore contenente la disposizione per la quale le ragioni ereditarie di un riservatario debbano essere soddisfatte dagli eredi tra cui è divisa l'eredità mediante corresponsione di somme di denaro non compresa nel relictum è affetta da nullità ex art. 735, primo comma c.c.

Cass. civ. n. 2560/1974

L'ipotesi di omessa chiamata testamentaria del legittimario all'eredità, in relazione alla quale si profila l'azione generale di cui all'art. 554 c.c., e l'altra ipotesi nella quale il testatore abbia operato una divisione attribuendo al legittimario una quota inferiore a quella spettantegli, in ordine alla quale è data l'azione speciale di riduzione ai sensi del secondo comma dell'art. 735 c.c., sono diverse da quella in cui il legittimario non è né ignorato né leso, ma risulti chiamato sulla base di un'attribuzione di cosa altrui con i relativi oneri posti a carico dell'erede beneficiario; in tale ultima ipotesi, l'azione che l'erede — non importa se legittimario o meno in quanto non denuncia una lesione di legittima, bensì di quota ereditaria — può e deve esperire, anche congiuntamente all'azione di divisione, è l'azione di nullità della divisione testamentaria ai sensi del primo comma dell'art. 735 c.c.

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G. C. chiede
martedì 19/11/2024
“1) Il de cuius assegna il suo intero patrimonio (una proprietà immobiliare) con unica donazione (il relictum è di modico valore ) dividendola tra 2 figli con percentuali di 60 e 40 per cento, al terzo figlio nulla. Nella donazione è presente la clausola di dispensa dalla collazione in conto legittima con eventuale esubero sulla disponibile.
Secondo l'articolo 735 essendo pretermesso un legittimario la divisione è nulla. A questo punto la procedura prevede che esperita l'azione di riduzione per soddisfare la quota legittima si fa domanda di annullamento della divisione che viene accolta. Quindi domanda finale: in sostanza l'intero patrimonio rientra nel relictum e va diviso in parti uguali tra i figli come da art. 566 essendo la successione diventata legittima?
2) La quota disponibile è prevista anche in assenza di testamento ma in presenza di donazioni? E questo indipendentemente dal tipo di donazioni ( se dirette indirette con o senza atto notarile esplicito di donazione etc )?”
Consulenza legale i 26/11/2024
Il quesito che si pone si fonda su alcune considerazioni non del tutto corrette.
L’art. 735 c.c. ivi richiamato, infatti, fa esplicito riferimento all’ipotesi della divisione effettuata dal de cuius per testamento, mentre nel caso in esame non sembra esservi stata alcuna divisione testamentaria, in quanto l’assegnazione dell’immobile a soli due dei tre figli discende da un atto di donazione.
Sempre nella prima parte del quesito si dice che il relictum è di modico valore, il che lascia chiaramente intendere che qualcosa, seppur di poco valore, è stato lasciato dal de cuius.
Per tali beni, in assenza di testamento, deve necessariamente aprirsi la successione legittima, alla quale i tre figli sono chiamati a succedere in parti eguali tra loro, secondo quanto disposto all’art. 566 del c.c..

Accertato, dunque, che non sussistono i presupposti per far valere la nullità della divisione dell’immobile, in quanto discendente da un atto di donazione e non di divisione testamentaria, rimane in capo al terzo figlio, che ha sicuramente ricevuto beni di valore inferiore alla sua quota di riserva, il diritto di agire in riduzione.
Nell’esercizio di tale azione assume rilievo la clausola inserita dal donante nel corpo dello stesso atto di donazione, ovvero di “dispensa dalla collazione in conto legittima con eventuale esubero sulla disponibile”.
Per effetto di tale dispensa, espressamente prevista all’art. 737 c.c., il donante ha inteso manifestare, in buona sostanza, la volontà (si tratta di un negozio giuridico) di esonerare i donatari dall’obbligo di conferire ai coeredi ciò che hanno dal medesimo ricevuto per donazione.
Tuttavia, il secondo comma della medesima norma dispone che tale dispensa non produce effetto se non nei limiti della quota disponibile, avendo in questo modo il legislatore inteso riconfermare il principio dell’intangibilità della quota di riserva, già manifestato agli artt. 536 e ss. c.c.

Ora, per quanto concerne gli effetti che tale clausola è destinata a produrre, va detto che l’interesse principale del donante è in genere quello di far sì che il bene oggetto della liberalità non vada ricompreso nella massa da dividere; infatti, chi è dispensato da collazione può trattenere la liberalità senza dover restituire il bene in natura né riversare nell’asse il valore dello stesso (a differenza di ciò che accade con la dispensa dall’imputazione, la quale consente al legittimario, che voglia agire in riduzione, di non imputare previamente alla sua quota il valore dell’atto oggetto di liberalità compiuto in suo favore dal de cuius).

Nel caso in esame, però, la clausola inserita nell’atto di donazione, per come formulata, non fa altro che confermare il disposto di cui al secondo comma dell’art. 737 c.c., in quanto il donante ha voluto con essa precisare che, se la dispensa dovesse comportare una lesione di legittima, i donatari saranno tenuti a conferire quanto ricevuto in eccedenza rispetto alla disponibile.
Pertanto, applicando i principi sopra esposti al caso in esame, la prima operazione da compiere sarà quella della c.d. riunione fittizia, consistente nel determinare il valore complessivo del patrimonio ereditario, includendo in esso anche il valore che l’immobile donato ha al momento dell’apertura della successione, secondo quanto disposto dall’art. 556 del c.c..
Eseguita tale operazione e verificato, come appare scontato, che il relictum non riesce a soddisfare il valore della quota di riserva spettante al terzo figlio, i due donatari dovranno conferire alla massa ereditaria quanto necessario per reintegrare la quota del legittimario leso, conferimento che nel caso di immobili, può essere eseguito, a scelta dei donatari, o restituendo il bene in natura nella sua interezza ovvero per imputazione, ossia immettendo nella comunione ereditaria l’equivalente in denaro di quanto ricevuto per donazione, ma nella misura necessaria a soddisfare la quota di riserva del terzo figlio.
Non va dimenticato, infatti, che sebbene si possa essere dispensati dalla collazione, il testatore non può impedire l’inclusione di una o più donazioni nella riunione fittizia, considerato che ciò attiene alla salvaguardia dei diritti non alterabili dei legittimari.

A questo punto si può rispondere come segue alle domande poste:
  1. l’intero patrimonio del defunto, riunito fittiziamente ex art. 556 c.c., non va diviso in parti uguali tra i figli (come disposto dall’art. 566 c.c. in caso di successione legittima), ma va diviso in modo tale consentire al terzo figlio leso di ottenere la quota che la legge gli riserva, determinata ex art. 537 del c.c. in misura pari a 2/3 da dividere in parti eguali tra i figli (il restante terzo costituisce la disponibile);
  2. la determinazione della quota disponibile si rende necessaria avendo il de cuius manifestato, in forza di quella clausola inserita nell’atto di donazione, di voler disporre della stessa in favore dei soli due figli donatari, in aggiunta alla quota di riserva ai medesimi spettante.