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Articolo 300 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Diritti e doveri dell'adottato

Dispositivo dell'art. 300 Codice Civile

L'adottato conserva tutti i diritti e i doveri verso la sua famiglia di origine [315 ss.], salve le eccezioni stabilite dalla legge [87 n. 6, 7, 8, 9].

L'adozione non induce alcun rapporto civile tra l'adottante e la famiglia dell'adottato, né tra l'adottato e i parenti dell'adottante(1), salve le eccezioni stabilite dalla legge [468](2).

Note

(1) Rimangono dubbi sulle formulazioni utilizzate dal legislatore, non potendosi sovrapporre la locuzione "parenti dell'adottante" con il concetto di famiglia dell'adottante; di tal guisa, l'adottato sarà titolare della complessità dei rapporti civili nei confronti del coniuge dell'adottante (va infatti escluso che quest'ultimo appartenga ai parenti, essendo invece membro della famiglia).
(2) La parte finale dell'articolo allude agli impedimenti matrimoniali di cui all'art. 87 del c.c., ed al diritto di rappresentazione di cui all'art. 468 del c.c.. In base all'art. 55 della L. 4 maggio 1983, n. 184 la norma trova applicazione anche nel caso di adozione in casi particolari.

Ratio Legis

La norma mira a conferire all'adottato un nucleo familiare che lo assista, e gli fornisce la possibilità di avere una discendenza pur senza elidere il rapporto verso la famiglia di origine dell'adottato stesso.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

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Consulenze legali
relative all'articolo 300 Codice Civile

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L. C. chiede
venerdì 07/10/2022 - Lazio
“Come era regolata (limiti, età, diritti e doveri) l’affiliazione e l’adozione del figlio (non in stato di abbandono) del coniuge vedovo negli anni tra il 1969 e 1980 ?
L’attuale sentenza della corte costituzionale n. 79 del 2022 riguarda anche il figlio del coniuge adottato prima del 1983?
Se l’adottato prima del 1980, dal coniuge del proprio genitore, al fine di accedere al’eredità dei parenti dell’adottante, dichiara, in una dichiarazione sostitutiva di essere "figlio" del nuovo coniuge del proprio genitore, e non specifica di essere adottato, dà una falsa dichiarazione?”
Consulenza legale i 13/10/2022
L’esame del problema che qui viene posto richiede di prendere in considerazione sinteticamente il susseguirsi delle leggi che nel tempo hanno disciplinato l’adozione.
Tralasciando la normativa ante 1967 (caratterizzata dalla assenza di una specifica disciplina per i minori in stato di abbandono, per i quali si applicava la disciplina sull’adozione allora regolata dal codice civile, cd. adozione ordinaria), con la Legge n. 431/1967 è stata introdotta nel codice civile una speciale disciplina per l’adozione dei minori di età (cd. adozione speciale).
Quanto ai presupposti, tale disciplina risultava limitata ai minori di anni otto e prevedeva la cessazione con l’adozione dei rapporti dell’adottato verso la famiglia di origine, salvi i divieti matrimoniali e le norme penali fondate sul rapporto di parentela (così art. 314/26, comma 2, c.c.).
Veniva, dunque, sancito il principio della definitiva ed irreversibile rottura dei rapporti tra adottato e sua famiglia originaria: l’adottato era considerato come se non fosse mai stato generato da quei genitori e conseguentemente non poteva vantare diritti né avere doveri nei loro confronti.

Sotto il profilo patrimoniale, la cessazione dei rapporti tra adottato e famiglia di origine comportava anche il venir meno di tutti quei diritti che trovavano il proprio fondamento sul rapporto di filiazione ormai cessato; pertanto, il minore non poteva più ereditare in base al rapporto parentale ormai estinto, mentre poteva certamente conservare eventuali beni ereditari pervenutigli in forza di una successione aperta prima della pronuncia definitiva di adozione.
L’art. 6 della Legge 431/1967 prevedeva anche una disciplina transitoria, disponendo che “Per i primi cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge l'adozione speciale può essere dichiarata, anche indipendentemente dai limiti di età previsti per gli adottanti e per gli adottandi dalla legge, nei confronti dei minori che a tale data siano in affidamento o affiliati ai sensi degli articoli 404 e seguenti del Codice civile, nonché nei confronti di chi a tale data è già adottato ai sensi degli articoli 291 e seguenti del Codice civile”.

Per effetto della successiva Legge n. 184/1983 è stata introdotta la disciplina della adozione legittimante, sono state abrogate le norme sull’adozione speciale, mentre la disciplina codicistica è rimasta limitata alla adozione dei maggiorenni.
In particolare, l’art. 27 di tale legge, confermando quanto già disposto dalla legge del 1967, ha previsto che “con l’adozione cessano i rapporti dell’adottato verso la famiglia di origine salvi i divieti matrimoniali”.
Anche in questo caso è stata dettata una disciplina transitoria, che ha permesso di estendere gli effetti della nuova legge alle adozioni regolate dal codice civile precedentemente disposte (così l’art. 79 di tale legge).

Riassumendo, dunque, si possono distinguere nella disciplina sull’adozione i seguenti momenti: il codice del 1942 prevedeva una sola figura di adozione, quella di antica tradizione (definita ordinaria), diretta a consentire ad una persona che avesse compiuto i 50 anni, priva di figli (per non averli mai avuti o per averli perduti) di assumere come figlio una persona, inferiore di età di almeno 18 anni, cui trasmettere il proprio nome e i propri beni.
Successivamente si è avvertita l’esigenza di utilizzare l’adozione per assicurare una famiglia ai minori privi dei genitori o che, comunque, non godevano di una adeguata situazione familiare. Pertanto la prospettiva tradizionale veniva ad essere capovolta: anziché operare in funzione dell’interesse del genitore adottivo, l’adozione veniva ad essere vista esclusivamente in funzione degli interessi del minore.
La disciplina dell’adozione dei minori si trova oggi in una legge speciale fuori del codice, ossia la Legge 4 maggio 1983, n. 184, dal titolo “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori”, riformata dalla Legge 28 marzo 2001 n.149, la quale ha mutato lo stesso titolo della legge, oggi denominata “Diritto del minore ad una famiglia”.
Nel codice civile, invece, è stata conservata, sebbene ormai si tratti di figura di rara applicazione pratica, l’adozione tradizionale, riservata alle sole “persone maggiori di età”.

Pertanto, fatta eccezione per il caso di adozione ordinaria regolata dal codice civile, a seguito della quale l’adottato mantiene i diritti (anche successori) verso i membri della famiglia di origine, in tutti i casi di adozione speciale o di adozione legittimante (anche estesa per il tramite del decreto di cui all’art. 79 L. 184/1983 ad una adozione previamente disposta in base al codice civile), l’adottato perde ogni diritto (anche successorio) rispetto alla sua famiglia di sangue.

L’art. 300 c.c., a cui si fa riferimento nel quesito e sulla cui legittimità costituzionale si è di recente pronunciata la Corte Costituzionale (dichiarando l’incostituzionalità dell’art. 55, L. 4.5.1983, n. 184, nella parte in cui esclude, attraverso il rinvio all’ art. 300, 2° co., l’instaurarsi di rapporti civili tra il minore adottato in casi particolari e i parenti dell’adottante), attiene soltanto ai casi di adozione ordinaria, volta a costituire esclusivamente un legame di filiazione civile e nella quale, a differenza di quanto accade nell'adozione legittimante, l'adottato conserva tutti i diritti e tutti i doveri verso la famiglia di origine, salve le eccezioni previste dalla legge.
Una conferma in tal senso, peraltro, la si ricava anche dalla lettura degli artt. 566 e 567 c.c., dettati in materia di successione, il primo dei quali dispone che al padre ed alla madre succedono i figli in parti uguali (norma che deve intendersi riferita anche agli adottati minori di età), mentre il secondo (riferito ai soli adottati maggiori di età) precisa, con specifico riferimento alla successione dei figli adottivi, che questi sono estranei alla successione dei parenti dell’adottante.

Da ciò se ne deve far conseguire che il secondo comma dell’art. 300 c.c. non può trovare applicazione nel caso di c.d. adozione speciale ex Legge n. 431/1967 (si presume che sia questa la forma di adozione utilizzata nel caso di specie) e che pertanto non può ritenersi falsa la dichiarazione resa dall’adottato di essere figlio del nuovo coniuge del proprio genitore, al fine di concorrere alla successione dei parenti dell’adottante.
Chiaramente, una maggiore certezza di quanto appena asserito può aversi soltanto esaminando il provvedimento di adozione di cui si dispone, poiché da questo risulta a quale forma di adozione in concreto si è fatto ricorso e, di conseguenza, quali sono i diritti, soprattutto patrimoniali, dalla stessa discendenti.

C. D. M. chiede
mercoledì 15/12/2021 - Friuli-Venezia
“Gentilissimi, sono stato adottato in età adulta dal compagno di mia madre, nel 2020. Pochi giorni fa, essendo il mio padre adottivo affetto da patologia grave, gli è stato riconosciuto lo status di persona affetta da handicap grave (art. 3 c.3 L. 104/92). Stante quanto disposto dall'art. 74 cc, che esclude il grado di parentela per i figli adottati in età adulta, e stanti i requisiti richiesti dalla legge 104/92 per la fruizione dei permessi retribuiti, (rivolti esplicitamente a parenti e affini entro il terzo grado) avrei bisogno di un parere sul mio eventuale diritto a richiedere i benefici della L. 104 in quanto figlio adottivo. Grazie per la cortese risposta.”
Consulenza legale i 21/12/2021
Nell’adozione di maggiorenne coesiste un duplice status filiationis. Infatti, lo status di figlio adottivo non si sostituisce allo status acquisito alla nascita, ma si aggiunge ad esso. L’adottato, quindi, conserva i diritti ed i doveri di legge verso la sua famiglia di origine ed acquista, al tempo stesso, i diritti ed i doveri di legge verso l’adottante.

Tuttavia, secondo l’art. 300, comma 2, c.c., l’adozione di maggiorenne “non induce alcun rapporto civile tra l'adottante e la famiglia dell'adottato, né tra l'adottato e i parenti dell'adottante salve le eccezioni stabilite dalla legge”.

La disposizione di cui all’art. 74 c.c. sembra quindi dover essere intesa con riferimento al vincolo di parentela tra l’adottato e i parenti dell’adottante.

Invece, tra l’adottante e l’adottato si instaura un rapporto padre – figlio.

Pertanto, nel caso di specie, ci sono i requisiti per beneficiare dei permessi ex Legge 104./92.


Anna P. chiede
mercoledì 30/03/2016 - Lombardia
“Buongiorno, vorrei sottoporvi un problema legato ad un'adozione. Nel 1966 (15 dicembre-decreto della Corte di Appello di M.) una coppia di miei zii ha adottato un ragazzo che avevano in affido. Questo figlio adottivo è nato nel 1949; ai sensi della legge 184 del 1983 può considerarsi legittimato pur avendo all'epoca dell'entrata in vigore di suddetta legge, 33 anni? O l'adozione è da considerarsi adozione ordinaria? Il problema si pone perchè nel 2011 si è aperta la successione di un'altra zia (sorella della madre dell'adottato) e lui non è stato ammesso alla successione perché risultava estraneo alla sucessione dei parenti dell'adottante. Per lo stesso motivo era già escluso dalla successione di un fratello del padre adottivo. L'adottato sta sottoponendo noi eredi ad un contenzioso e vorremmo sapere se ci stiamo comportando in modo legale negandogli la richiesta, giunta peraltro molto in ritardo, di
ammissione all'eredità. A noi non risulta ci fossero gli estremi per una sua legittimazione quando entrò in vigore la 184, dato che era maggiorenne.
Ringraziando resto in attesa e vi porgo distinti saluti.”
Consulenza legale i 04/04/2016
Il quesito riguarda il tema dell’adozione ed in particolare della disciplina applicabile ai casi di adozione anteriori alla riforma del codice civile in materia intervenuta nel 1983.
Prima di quest’ultimo intervento normativo che ha riguardato l’adozione e l’affidamento dei minori (legge n. 184 del 4 maggio 1983) il codice civile costituiva in effetti l’unica fonte di disciplina in materia; in particolare, quest’ultima era contenuta nel il titolo VIII del libro I del codice, che riguardava la cosiddetta “adozione ordinaria”, ovvero l’adozione sia dei minori di età che delle persone maggiorenni. Esisteva, poi, un’adozione cosiddetta “speciale”, relativa ai minori di otto anni che versassero in stato di abbandono morale e materiale.

Più in particolare, per quel che ci interessa, l’articolo 300 c.c. recitava (e recita ancora oggi): “l’adottato conserva tutti i diritti e i doveri verso la sua famiglia di origine, salve le eccezioni stabilite dalla legge. L’adozione non induce alcun rapporto civile tra l'adottante e la famiglia dell'adottato, né tra l’adottato e i parenti dell'adottante, salve le eccezioni stabilite dalla legge”.
Ciò significa che, in caso di adozione, oltre all’assunzione del cognome dell’adottante da parte dell’adottato, si instaura un vero e proprio legame civilistico solamente tra questi ultimi due, ma non tra l’adottato ed i parenti dell’adottante.

Tale regola rileva specialmente sotto il profilo dei rapporti successori all’interno della famiglia, poiché prima della citata riforma del 1983 – nonostante l’adozione comportasse formalmente la legittimazione dei figli adottivi – in realtà questi ultimi erano tutt’altro che parificati a quelli nati in costanza di matrimonio. L’articolo 567 c.c., infatti, in tema di successioni legittime, così recita al suo secondo comma: “Ai figli sono equiparati gli adottivi. I figli adottivi sono estranei alla successione dei parenti dell'adottante”.

In buona sostanza, i figli adottivi potevano beneficiare di diritti successori solamente nei confronti del proprio adottante ma non potevano partecipare della successione dei parenti di quest’ultimo.

Con la riforma del 1983, invece, è stata innanzitutto mutata l’intitolazione del titolo VIII del libro I del codice civile, che oggi è il seguente: “dell’adozione di persone maggiori di età”. Dal 1983 in avanti, dunque, le norme che fino a quel momento avevano regolato tutte le adozioni senza alcuna distinzione, avrebbero trovato applicazione ai soli casi di adozione di persone maggiori di età.

La Legge n. 184/1983, inoltre, ha stabilito, all’articolo 27, che “Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome”, ed ha successivamente specificato, nella parte in cui si elencano le modifiche al codice civile, che (art. 60) “Le disposizioni di cui al capo I del titolo VIII del libro I del codice civile non si applicano alle persone minori di età”.

Com’è evidente, ciò ha comportato una radicale modifica del trattamento giuridico degli adottati, operando una netta distinzione tra minorenni e maggiorenni: si è infatti esplicitato molto chiaramente che le disposizioni del codice civile fino ad allora applicabili a tutte le adozioni in generale – ivi compresa la norma che esclude ogni legame civile tra adottato e parenti dell’adottante (art. 300) – da quel momento in avanti sarebbero state operative esclusivamente nel caso di adozione di persone maggiori di età, laddove, invece, per i minorenni, la disciplina di riferimento sarebbe stata solo la legge speciale (l. 184 del 1983), la quale ha stabilito chiaramente che la parificazione dei minori adottati ai figli legittimi dell’adottante dev’essere assoluta.

In ipotesi di successione, quindi, dopo la riforma del 1983, non può più dirsi applicabile ai minori adottati l’articolo 567 c.c., 2° comma: per questi ultimi, infatti, lo status di figlio legittimo non è più acquisito limitatamente ai parenti in linea retta, ma si estende anche ai parenti in linea collaterale; mentre il codice civile parla ancora di semplice equiparazione tra figli adottivi e legittimi con portata limitata al solo adottante, la legge n. 183/1984 espressamente afferma l'estensione dello status di figlio legittimo all'adottato minore.

In definitiva, la disciplina relativa all’adozione dei maggiorenni è rimasta tale e quale quella dell'impianto originario del codice civile, la cosiddetta “adozione ordinaria” (alla quale viene parificata ora, solamente, l'adozione di minori c.d. "in casi particolari”, che trova la sua disciplina nel titolo IV della legge n. 184/1983). Per quanto riguarda, invece, l’adozione dei minori di età, il riferimento è solo la legge speciale che, come si è detto, equipara gli adottati ai figli legittimi a tutti gli effetti, anche nella titolarità dei diritti di successione.

Tornando al caso concreto esposto nel quesito che ci occupa, l’adottato non può pertanto vantare, alla luce di quanto sopra esposto, alcun diritto ereditario nella successione della sorella della madre adottiva ed è del tutto corretto e legittimo l’atteggiamento degli altri parenti di quest’ultima che si oppongono alle sue pretese.
Egli, essendo già maggiorenne all’epoca dell’entrata in vigore della riforma del 1983, non rientrava nel campo di applicazione della medesima, né avrebbe potuto beneficiare retroattivamente – in quanto minorenne all’epoca (1966) in cui era stato adottato - degli effetti di tale nuova disciplina.

Sul punto è intervenuta addirittura la Corte Costituzionale (sentenza n. 240 del 3/7/1998), che è stata investita della questione di legittimità del sopra citato art. 27 della legge n. 184/1983, ritenuto in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, articolo che sancisce il diritto di uguaglianza.
Il Giudice che aveva investito la Consulta della questione riteneva, infatti, che non ci fosse alcuna giustificazione per trattare in modo diverso chi fosse stato adottato quando era minore di età nella vigenza del codice civile originario e chi, invece, successivamente alla riforma del 1983: “Il dubbio di legittimità costituzionale investe la disciplina della condizione, agli effetti successori, di chi sia stato adottato in età minore prima della legge che, introducendo l’adozione legittimante per i minori, ha disposto che l’adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti. Il Tribunale di Caltagirone ritiene che questa regola, stabilita dall’art. 27 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori), sia in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non si estende anche a chi sia stato adottato in precedenza secondo la disciplina dell’adozione ordinaria, la quale non consente al figlio adottivo, estraneo alla successione dei parenti dell’adottante (art. 567, secondo comma, cod. civ.), di subentrare per rappresentazione in luogo dell’adottante nell’eredità alla quale quest’ultimo sia chiamato. Ciò determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra minori adottati prima o dopo la legge n. 184 del 1983, pur in presenza, ad avviso del giudice rimettente, di un identico stato”.
La Corte Costituzionale, tuttavia, ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale, in quanto ha ritenuto che “Adozione legittimante ed adozione ordinaria configurano situazioni diverse, per le quali non é palesemente irrazionale nè discriminatoria una differente disciplina rispondente alle diverse connotazioni dell’istituto e che, quanto alla successione ereditaria, determini o escluda la possibilità di succedere per rappresentazione in connessione all’instaurarsi o meno di un rapporto di parentela con i congiunti dell’adottante e, correlativamente, al cessare o al permanere dei rapporti con la famiglia di origine.
Nell’introdurre l’adozione legittimante (salvo casi particolari) come unico modello per i minori, la legge n. 184 del 1983 ha anche considerato coloro che, minorenni all’epoca del relativo provvedimento, erano stati già adottati secondo la disciplina precedente, consentendo, per un periodo transitorio, che ad essi il tribunale per i minorenni potesse estendere, ricorrendone le condizioni, gli effetti dell’adozione legittimante (art. 79). Neppure sussiste, dunque, quella irragionevole "irretroattività" dell’applicazione della nuova disciplina, denunciata dall’ordinanza di rimessione
”.

La pronuncia di cui sopra chiarisce definitivamente la questione e toglie ogni dubbio residuo sulla disciplina applicabile, nel caso che ci occupa, all’adottato che vanta diritti successori nei confronti della sorella dell’adottante: egli rientra, infatti, nella disciplina della cosiddetta “adozione ordinaria”, regolata dalle sole norme del codice civile e vigente prima della legge di riforma n. 184/1983, legge che non ha efficacia retroattiva e che non può quindi estendere i suoi effetti ai casi di adozione avvenuti prima della sua entrata in vigore.