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Articolo 1961 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Obblighi del creditore anticretico

Dispositivo dell'art. 1961 Codice Civile

Il creditore, se non è stato convenuto diversamente, è obbligato a pagare i tributi e i pesi annui dell'immobile ricevuto in anticresi.

Egli ha l'obbligo di conservare, amministrare e coltivare il fondo da buon padre di famiglia [1176]. Le spese relative devono essere prelevate dai frutti(1).

Il creditore, se vuole liberarsi da tali obblighi, può, in ogni tempo, restituire l'immobile al debitore, purché non abbia rinunziato a tale facoltà(2).

Note

(1) Gli obblighi imposti al creditore non rappresentano la controprestazione al suo diritto di garanzia e godimento ma degli oneri derivanti dalla custodia dell'immobile. Pertanto, se egli non vi adempie non è ammessa risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1453 c.c.. Invece, in analogia alla disciplina dettata per il pegno (2784 ss. c.c.), il proprietario dell'immobile (o, comunque, colui che ha diritto alla restituzione), potrà chiederne il sequestro in caso di abuso del creditore.
(2) La restituzione costituisce espressione di un generale diritto di recesso attribuito al creditore (1373 c.c.).

Ratio Legis

Gli obblighi posti a carico del creditore si giustificano considerando che egli è tenuto a restituire l'immobile al debitore o al terzo con cui è stato stipulato il contratto (1962 c.c.).

Spiegazione dell'art. 1961 Codice Civile

Obblighi del creditore anticretico. Pagamento dei tributi e dei pesi inerenti al fondo

La legge precisa gli obblighi del creditore anticretico. Egli è tenuto a pagare i tributi, i quali normalmente si soddisfano coi frutti del fondo. Il termine è generico e comprende tutti i pesi fiscali, che gravano sul bene, quale che ne sia il destinatario, Stato, Provincia, Nazione, ecc; è tenuto altresì a pagare i pesi annui dell'immobile. Pesi annui possono essere i canoni, i censi, la decima, ecc. o anche i contributi dovuti per la bonifica, per l'irrigazione, ecc.

Per patto esplicito detti tributi e pregi possono restate in tutto o in parte a carico del debitore, che accrescerà cosi l'ammontare dei frutti destinati all'estinzione degli interessi del suo debito ed eventualmente del capitale.


Obbligo di conservare, amministrare, coltivare it fondo. I miglioramenti. Abusi del creditore. Sequestro del bene

Il creditore anticresista ha, inoltre, l'obbligo di conservare, amministrare e coltivare il fondo da buon padre di famiglia. Il codice abrogato disponeva che egli, sotto pena dei danni, dovesse provvedere alla manutenzione e alle riparazioni necessarie all'immobile. La frase del nuovo codice è più generica, ma non più restrittiva. Il buon padre di famiglia nell'amministrare e godere del bene non pub sottrarsi non soltanto ad una accurata amministrazione ma anche a sostenere le spese per le riparazioni ordinarie o straordinarie che occorrono (sono necessarie, secondo l'antica dizione) a mantenere in efficienza il fondo ed anche a migliorarlo, se ciò è suggerito da ordinari e savi concetti amministrativi.1 Egli può affittare il fondo, visto che nessuna disposizione gli impone di coltivarlo direttamente e deve affittarlo, se si tratta di bene, co­me una casa, un edificio ecc., che produce frutti soltanto se concessa in locazione.2 Ogni inadempimento di tali obblighi l'espone al risarcimento dei danni.3 Sembra anche che analogamente a quanto è disposto per il pegno (art. 2793 del c.c.) se il creditore abusi della cosa data in anticresi, il debitore possa domandarne il sequestro.4 L'abuso può assumere anche la forma dell'inadempimento degli obblighi su accennati, potendo darsi che il creditore spinto dal desiderio della sollecita realizzazione del suo credit() ometta le spese necessarie per mantenere il fondo in buono stato, e cosi incassare integralmente il valore dei frutti, che intanto raccoglie.


Le spese relative. Diritto di ritenzione

Le spese relative alla conservazione e alla coltivazione devono essere prelevate dai frutti. Devono del pari essere prelevati dai frutti i tributi e i pesi annui: Fructus intelligendi non stint nisi impensis deductis. Col valore netto dei frutti va fatta l'imputazione a norma dell’ art. 1960 del c.c.. Se per cattiva annata, sfitti o per altra ragione i frutti non coprono l'ammontare delle spese e dei tributi, il creditore non ha fa-colta di rivolgersi al debitore pel rimborso. E l'elemento d'alea insito nel contratto. La parte non coperta sarà compensata coi frutti dell'anno successivo. Se ciò accada alla fine del contratto, e in ogni altro caso in cui il creditore rimanga insoddisfatto delle spese sostenute, si è affermato che i1 creditore abbia il diritto di ritenzione, analogamente al creditore pignoratizio (art. 2794 del c.c.). Nessun dubbio che il creditore ha diritto di ripetere le spese non coperte, che una garanzia concessagli pel suo credito non può risolversi in suo danno, ma col nuovo codice è dubbio che si abbia una anticresi tacita, in cui si risolverebbe il diritto di ritenzione.

Il codice abrogato conteneva la disposizione dell'art. 1896, in forza del quale le disposizioni degli articoli 1883, 1888 (pegno tacito o secondo pegno) e 1889 erano applicabili all'anticresi ugualmente, però il nuovo codice non ha riprodotto tale norma, senza indicare le ragioni di tale scelta. Ora se il principio dell'art. 1883 (difesa del debitore contro d creditore che abusa del pegno) di diritto comune e può invocarsi anche per l'anticresi anche se la legge non ne parla, non altrettanto e a dire per il principio che era contenuto nell'art. 1888, che è caratteristico del pegno ed imposto precipuamente da esigenze pratiche e bancarie.,


Eccessività dell'onere del creditore. Restituzione dell'immobile al debitore. Momento della restituzione

Cosi ordinata l'anticresi, può accadere talvolta che essa risulti di peso eccessivo per il creditore. Si immagini un improvviso aumento di tributi o l'imposizione di lavori da parte dell'autorità per ragione di igiene, ecc. o di danni sofferti dall'edificio per incendi, inondazioni ecc., che impongano notevoli spese di riparazione. In simili casi la garanzia e troppo onerosa. La legge nell'ultimo comma dell'articolo in esame ne dà il correttivo. Il creditore se vuole liberarsi dai predetti obblighi, può, in ogni tempo, restituire l'immobile al debitore, purché non abbia rinunciato a tale facoltà. La facoltà è pienamente giustificata, giacchè l'anticresi non e che una garanzia e il creditore vi può sempre rinunciare, mantenendo integro il suo credito. Ma se si sia obbligato a non rinunciare, è tenuto a sottostare alla onerosità del contratto, se anche maggiore di quella prevista. Ritorna qui in considerazione l'elemento dell'alea insito nel contratto. La rinunzia dev'essere espressa e fatta per iscritto, dal momento che la nuova legge esiga lo scritto per la validità del contratto.

Essa può essere fatta “in ogni tempo”. Il codice abrogato diceva “sempre”. Quindi anche se il creditore abbia per un certo tempo corrisposto i maggiori oneri o sopportato le maggiori spese. Con ciò non ha perduto il diritto alla rinunzia. Questa, però, in forma scritta ed esplicita non è necessario che sia coeva alla formazione del contratto e può intervenire anche in un momento successivo.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

771 Pure la posizione del creditore doveva essere considerata secondo equità. Il rapporto di anticresi è rapporto accessorio di garanzia, che, se genera un diritto nel creditore, gli dà altresì il dovere di coltivare il fondo e di assumersi altre cure. Egli può rinunciare al diritto di garanzia (art. 1961 del c.c., terzo comma); caduto il diritto cadono i doveri connessi, salvo patto contrario. In applicazione di una regola generale, si è stabilita l'indivisibilità della garanzia (art. 1962 del c.c., primo comma), così come si è disposto per il contratto di pegno (art. 2799 del c.c.). Infine si è riprodotto per l'anticresi, come per ogni altra garanzia avente per oggetto una cosa, il divieto del patto commissorio (art. 1963 del c.c.). Qui, come per il pegno e per l'ipoteca (art. 2744 del c.c.), si è colpito il patto anche se intervenuto posteriormente alla conclusione del contratto. Buona parte della dottrina era per la validità del patto posteriore; ma non si è creduto di seguirla. Il debitore è sempre in uno stato di soggezione, prima e dopo. Le angustie anteriori al contratto deprimono la sua libertà di volere; ma dopo aver ottenuto il credito egli dove provvedere alla sua estinzione, e, se gli è impossibile o difficile l'adempiere, vede profilarsi lo spettro della esecuzione forzata, che gli deprime ugualmente la libertà di determinazione.

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