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Articolo 439 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Misura degli alimenti tra fratelli e sorelle

Dispositivo dell'art. 439 Codice Civile

Tra fratelli e sorelle gli alimenti sono dovuti nella misura dello stretto necessario [433, n. 6](1).

Possono comprendere anche le spese per l'educazione e l'istruzione se si tratta di minore(2).

Note

(1) Lo stretto necessario indica i bisogni essenziali e primari della persona, il cd. "demanio dei poveri".
(2) Il comma è stato così sostituito dall'art. 9 della L. 8 marzo 1975 n. 39.

Spiegazione dell'art. 439 Codice Civile

Il Progetto preliminare, a proposito dell'obbligazione tra fratelli e sorelle, specificava "stretto necessario pel vitto, le vesti, l'abitazione e quant'altro può occorrere al sostentamento". Tale specificazione è stata tolta, in quanto essa "portava a un eccessivo irrigidimento della norma, che non deve impedire il soddisfacimento di bisogni, altrettanto urgenti ed indispensabili quanto quelli del vitto e dell'abitazione, come ad esempio, i bisogni di cure mediche o chirurgiche".
Deve poi rilevarsi la novità, rispetto al codice previgente, del cpv. dell'art. 439, che allarga il dovere fino alle spese di educazione e istruzione nei confronti dei fratelli minori.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

215 E' stata mantenuta la formula dell'art. 439 del c.c., che limita allo stretto necessario la misura degli alimenti tra fratelli e sorelle, nonostante la proposta di soppressione, che è stata fatta. E' sembrato infatti che sia stata realizzata una benigna innovazione a favore dei fratelli e delle sorelle, sopprimendosi la condizione richiesta dal codice del 1865 che essi, per aver diritto agli alimenti, dovevano trovarsi in condizioni fisiche tali da essere impossibilitati a provvedere al proprio mantenimento per cause non imputabili a loro colpa. Ora, non sarebbe stato conveniente andare oltre, poiché è indubbio che i fratelli e le sorelle, quando, come normalmente avviene, si sono costituiti una nuova famiglia, non si trovano negli stessi rapporti di intimità e di familiarità delle altre categorie degli aventi diritto agli alimenti. Del resto, l'art. 439, pur affermando il principio della misura dello stretto necessario, con criteri di sufficiente larghezza stabilisce che gli alimenti possono comprendere anche le spese per l'educazione e l'istruzione di persona minore degli anni diciotto.

Massime relative all'art. 439 Codice Civile

Cass. civ. n. 15397/2013

La circostanza che la pretesa alimentare sia rivolta nei confronti di un fratello non comporta la sua infondatezza, ma solo la determinazione del relativo importo nella misura dello stretto necessario, ai sensi dell'art. 439 c.c..

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Consulenze legali
relative all'articolo 439 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Zattoni D. chiede
sabato 20/06/2020 - Liguria
“Buongiorno,
mia sorella è sette anni che è in una RSA, in regime accreditato ma ha solo una pensione sociale e di accompagnamento che non copre la restante parte dovuta e tutti i mesi devo aggiungere una cospicua somma. Mia sorella non è sposata e non possiede nulla, perché la sua parte di casa me l'ha venduta anni fa; in più ha residenza nella struttura. Vorrei sapere se il restante lo devo mettere sempre io o comunque il Comune di residenza. In più abbiamo un fratello che non ha mai versato niente: a tal punto mi chiedo se anche lui per legge dovrebbe versare metà della rata restante. All'ingresso nella struttura a noi fratelli hanno fatto firmare un foglio che se mia sorella non poteva pagare la somma lo avremmo fatto noi.”
Consulenza legale i 24/06/2020
La normativa in materia di compartecipazione alla spese sanitaria per il ricovero in R.S.A. è di solito adottata dalle singole Regioni con apposita D.G.R. (delibera di giunta regionale).
In questo caso, pertanto, occorrerebbe esaminare la disciplina emanata dalla Regione di residenza. Tuttavia è possibile sin d’ora fornire alcune informazioni.
Di solito, infatti, gli utenti vengono suddivisi in più fasce, sulla base dell’indicatore I.S.E.E. (e non del reddito, si badi bene).
A seconda della fascia I.S.E.E. di appartenenza può essere previsto un concorso del Comune nel pagamento di una quota della parte di retta a carico dell’utente (una parte della retta è invece a carico del fondo sanitario).
Pertanto, ai fini della risposta alla prima domanda (eventuale intervento del Comune nel pagamento di una quota di retta), occorrerà verificare cosa preveda la normativa regionale vigente nel luogo di residenza dell’utente, ed il possesso dei requisiti (di regola, come si è visto, costituiti dall’I.S.E.E.) previsti dalla medesima normativa.
Quanto all’eventuale obbligo del fratello di contribuire al pagamento della retta, occorre distinguere i due piani: quello del rapporto con la R.S.A. e quello dei rapporti interni tra le parti.
Sotto il primo profilo, è prassi frequente da parte della R.S.A., per meglio tutelarsi contro l’ipotesi di un inadempimento, quella di far firmare agli stretti congiunti delle persone ricoverate un impegno al pagamento della retta.
Pertanto, nei confronti della struttura sanitaria saranno - almeno in linea teorica, come si vedrà tra poco - obbligati i familiari che hanno sottoscritto tale impegno, e si tratta di regola di obbligazione solidale (art. 1292 del c.c.), nel senso che il creditore può chiedere il pagamento dell’intera somma dovuta ad uno qualsiasi dei debitori in solido, a sua scelta.
Attenzione, però: anche l’impegno sottoscritto dai congiunti deve essere attentamente esaminato, poiché alcune sentenze hanno affermato la invalidità di tale tipo di accordo. Tuttavia si tratta di una risposta che va data caso per caso, e non in termini generali.
Invece, sotto il profilo dei rapporti tra le parti, l’art. 1298 del c.c. stabilisce che, nei rapporti interni, l'obbligazione in solido si divide (nel nostro caso) tra i diversi debitori, e che le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente.
Naturalmente questa suddivisione presuppone che l’impegno sottoscritto dai familiari sia valido ed efficace; se così non fosse, occorrerebbe fare applicazione delle norme in materia di alimenti (artt. 433 ss. c.c.).
In particolare, i fratelli e le sorelle rientrano tra i soggetti tenuti a corrispondere al proprio congiunto quanto sia necessario per la vita di quest’ultimo; è necessario però che il beneficiario si trovi in stato di bisogno ex art. 438 del c.c. Anzi, proprio per fratelli e sorelle l’art. 439 del c.c. prevede una ulteriore limitazione degli alimenti dovuti alla misura dello “stretto necessario”.
Inoltre, in presenza di più soggetti obbligati, gli alimenti vanno ripartiti tra questi ultimi secondo quanto previsto dall’art. 441 del c.c., e cioè in proporzione alle rispettive condizioni economiche.

Eleonora S. chiede
giovedì 13/02/2020 - Lazio
“Buongiorno gentile Avv.to?
Avrei bisogno di un consulto Su diritto famigliare.

Cerco di illustrarle la situazione.
Sono nata da una convivenza, entrambi i miei genitori erano precedentemente sposati e separati.. mio padre 2 figli maschi di cui uno è purtroppo con un handicap grave purtroppo nato spastico. E l'altro con handicap mentale da schizzofrenia ereditato da geni materni. Io non ho rapporti con nessuno di questi ne tantomeno con la loro madre.. se non qualche telefonata 2/3volte l'anno.
Mio padre è deceduto nel 99. E questi ragazzi sono rimasti sempre accuditi dalla loro madre.
Ora si sta aggravando la situazione.. in quanto la loro madre è malata e anziana..Io da sorellastra.. ho dei doveri nei loro confronti se la loro madre viene a mancare.. oltre quelli morali?
Questi ragazzi abitano anche molto lontani..da me.
Io sono a Roma e loro a Catania.
Il fratello con handicap grave ha un giudice tutelare.
La madre è stata ricoverata da poco e mio fratello portato in una struttura .
L'altro affetto da schizzofrenia è a casa da solo.
In attesa di un suo gentile riscontro.
Porgo distinti saluti.”
Consulenza legale i 18/02/2020
La risposta al quesito va ricercata nelle norme del codice civile che prevedono l’obbligazione alimentare.
Gli alimenti, infatti, consistono in prestazioni di natura economica, che spettano a chi si trova in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento (art. 438 del c.c.), e comprendono ciò che è necessario per la vita dell'alimentando, con riferimento alla sua posizione sociale.
Il codice precisa che essi devono essere quantificati in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli.
Il primo presupposto da verificare, pertanto, è costituito dalla situazione economica dell’ipotetico beneficiario della prestazione alimentare. Se, infatti, questi non si trova in stato di bisogno ex art. 438 c.c., gli alimenti non spettano.
L’art. 433 del c.c., nell’elencare i soggetti obbligati a versare gli alimenti, formula una sorta di “graduatoria”:
1) il coniuge;
2) i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi;
3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti;
4) i generi e le nuore;
5) il suocero e la suocera;
6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.
Ciò significa, ai sensi dell’art. 441 del c.c., che, se le persone chiamate in grado anteriore alla prestazione non sono in condizioni di sopportare l'onere in tutto o in parte, l'obbligazione stessa è posta in tutto o in parte a carico delle persone chiamate in grado posteriore.
Inoltre, se più persone sono obbligate nello stesso grado alla prestazione degli alimenti, tutte devono concorrere alla prestazione stessa, ciascuna in proporzione delle proprie condizioni economiche.
In caso di disaccordo tra gli obbligati sulla misura, sulla distribuzione e sul modo di somministrazione degli alimenti, deciderà il giudice.
Come si vede, dunque, i fratelli e le sorelle unilaterali (che cioè hanno un solo genitore in comune) si trovano all’ultimo posto nella graduatoria dei soggetti obbligati.
Inoltre, l’art. 439 del c.c. stabilisce che “tra fratelli e sorelle gli alimenti sono dovuti nella misura dello stretto necessario”: si tratta di una ulteriore limitazione di tale obbligo assistenziale, applicabile anch’essa al nostro caso.
Concretamente, l’obbligo alimentare si adempie o versando periodicamente una somma di denaro, oppure “accogliendo e mantenendo nella propria casa colui che vi ha diritto” (art. 443 del c.c.). La scelta tra queste due modalità alternative spetta, di regola, al soggetto obbligato.
Per rassicurare chi pone il quesito, va osservato che, nel nostro caso, considerando la sostanziale assenza di rapporti tra le parti nonché la distanza geografica, nell’ipotesi in cui non vi fossero (o venissero a mancare) obbligati di grado anteriore e venisse accertato l’obbligo alimentare a carico della sorella, questo sarebbe sicuramente da adempiersi mediante il versamento di una somma di denaro (nessuno le imporrebbe ragionevolmente di ospitare i fratelli in casa, il che costituisce la preoccupazione maggiore in questi casi).
Un’ultima precisazione va fatta riguardo alla circostanza che, in questo caso, probabilmente i soggetti obbligati sarebbero due.
In tale ipotesi l’art. 442 del c.c. prevede che, “quando più persone hanno diritto agli alimenti nei confronti di un medesimo obbligato, e questi non è in grado di provvedere ai bisogni di ciascuna di esse, l'autorità giudiziaria dà i provvedimenti opportuni, tenendo conto della prossimità della parentela e dei rispettivi bisogni, e anche della possibilità che taluno degli aventi diritto abbia di conseguire gli alimenti da obbligati di grado ulteriore”.

M. R. chiede
sabato 09/11/2019 - Piemonte
“Salve, mia moglie è la prima di sette figli e il penultimo di anni 55 è disabile con legge 104, legalmente separato, corrisponde il mantenimento per due figli ( una minorenne e prossima ai diciotto anni e l'altro maggiorenne e fuori corso all'Università), l'ex coniuge lavora 8 ore ma assunta part-time (4 ore) le rimanenti 4 ore a nero ed ora stabilmente convivente con altro compagno.
Questo fratello di mia moglie per ordine della magistratura, poiché e stato preso in flagranza di reato (612 bis) e successivamente "evaso" dagli arresti domiciliari gli è stato proposto di stare agli arresti domiciliari o presso una famiglia (conoscenti o parenti) o in una struttura. Data la sua situazione e nessuno propenso ad accettarlo, io e mia moglie gli abbiamo suggerito una RSSA.
Ora è ivi domiciliato con visita di controllo delle forze dell'ordine. E noi abbiamo pagato il primo mese.
Domanda: per questa sua attuale residenza siamo tenuti soltanto noi a pagare o devono partecipare anche gli altri (ex coniuge, figli e fratelli)?”
Consulenza legale i 19/11/2019
Quando si affronta il tema posto dal caso in esame, si distingue in linea generale tra alimenti e mantenimento; mentre nella nozione di alimenti vi si fa rientrare lo stretto necessario per mantenere in vita il soggetto, il concetto di mantenimento è più ampio, in quanto attiene a quel complesso di prestazioni che sono volte a soddisfare le esigenze di un individuo, anche in relazione alla sua collocazione economico-sociale.
L’obbligo di mantenimento sussiste generalmente tra coniugi e nei confronti dei figli minori e si configura ex artt. 143, 148 e 316 bis c.c. come contributo ai bisogni della famiglia, in proporzione alle sostanze ed alle capacità di lavoro professionale o casalingo di ciascuno; in caso di inadempimento dei genitori, saranno tenuti a concorrere al mantenimento della prole, in ordine di prossimità, gli ascendenti legittimi o naturali.

Se, dunque, la nozione di mantenimento è strettamente inerente al rapporto di coniugio o filiazione, quella di alimenti, invece, si estende ad una fascia più ampia di parenti.
Con il termine alimenti ci si riferisce, infatti, a tutto ciò che può risultare necessario per soddisfare le esigenze minime di vita del soggetto, afferente il vitto, le cure, il vestiario, ma anche l’abitazione.
Presupposto indispensabile per vantare un diritto agli alimenti è l’incapacità del soggetto che si trova in stato di bisogno di procurarsi autonomamente i mezzi per la propria sussistenza; al fine di stabilire ciò si dovrà tener conto della generale situazione soggettiva dell’interessato, e dunque della sua età, della sua capacità lavorativa e del suo stato di salute.

Ora, sembra quasi scontato che nel caso di specie tale stato di incapacità debba ritenersi sussistente, poiché si fa riferimento ad un soggetto disabile, con invalidità peraltro accertata ex Legge 104/1992 e per di più agli arresti domiciliari (quindi, costretto ad espiare una pena che limita la sua libertà personale e che, a prescindere dalla sua invalidità, sicuramente gli impedisce di svolgere una qualsivoglia proficua attività lavorativa).

In situazioni di tale tipo è lo stesso codice civile, all’art. 433 del c.c., ad individuare i soggetti obbligati a questa che viene definita come una prestazione economica di tipo assistenziale, disponendosi al secondo comma del successivo art. 438 del c.c. che gli alimenti devono essere commisurati non solo al bisogno di chi li domanda, ma anche alle condizioni di chi li deve somministrare.
Ciò, in linea generale e per tutti gli obbligati, deve intendersi nel senso che gli alimenti possono essere prestati quando il soggetto obbligato gode di redditi tali da superare quanto è necessario per soddisfare le normali esigenze di vita sua e della propria famiglia.

L’elencazione dei soggetti obbligati contenuta nell’art. 433 c.c., al cui testo si rinvia (ritenendo superflua farne qui una mera trascrizione), è tassativa e progressiva, nel senso che il primo soggetto in grado adempiere esclude gli altri; al primo posto viene indicato il coniuge, mentre all’ultimo posto vi si trovano i fratelli e le sorelle, germani o unilaterale, del soggetto bisognoso.

Si può intanto osservare che nell’ambito della famiglia nucleare (coniugi e figli) è difficile che l’obbligo alimentare possa venire ad esistenza, risultando di fatto assorbito negli obblighi di assistenza, contribuzione ai bisogni della famiglia e mantenimento previsti dalle norme prima citate.
Tuttavia, nel momento in cui la famiglia si disgrega ed i coniugi si separano, ciascuno di essi avrà diritto agli alimenti nei confronti dell’altro.
Anche il coniuge separato che ha perso il diritto al mantenimento, perché gli è stata addebitata la separazione, ha diritto di chiedere gli alimenti se non può provvedere autonomamente al proprio mantenimento., ciò che viene disposto espressamente dal terzo comma dell’art. 156 del c.c.; qualora, invece, il coniuge che si trova in stato di bisogno sia quella separato senza addebito ed in favore del quale è stato previsto un assegno di mantenimento, l’obbligo alimentare resta di norma assorbito nel più ampio obbligo di alimenti (sarebbe questa, nel caso di specie, la posizione della moglie).

Tra i soggetti obbligati previsti dall’art. 433 c.c. i fratelli e le sorelle sono collocati all’ultimo posto e, per di più, l’art. 439 c.c. limita il suddetto obbligo alla misura dello stretto necessario.
Tuttavia, poiché, come prima si è detto, l’elencazione contenuta all’art. 433 c.c. è tassativa e progressiva, prima che si arrivi a far gravare su fratelli e sorelle l’obbligo di prestare gli alimenti occorre, secondo il chiaro disposto dell’art. 441 del c.c., che gli obbligati di grado anteriore non siano in grado di sopportare in tutto o in parte il relativo onere.

Ciò significa che, prima che un giudice imponga a fratelli e sorelle del bisognoso di prestargli gli alimenti, dovrà necessariamente valutare la posizione economica e la capacità lavorativa degli obbligati anteriori, che nel caso in esame si identificano nel coniuge (pur se separato), nel figlio maggiorenne e nel suocero e nella suocera (almeno fin quando non intervenga sentenza di divorzio tra gli ex coniugi).

Qualora nessuno di tali soggetti dovesse essere riconosciuto giudizialmente in grado di prestare gli alimenti al familiare (ciò che, sinceramente, si ritiene un po’ improbabile), allora il suddetto obbligo non potrà che porsi a carico dei fratelli e delle sorelle, i quali, secondo il chiaro disposto dell’art. 439 c.c. vi sono tenuti nella misura dello stretto necessario, mentre secondo quanto pur chiaramente statuito dal primo comma dell’art. 441 del c.c. saranno tutti coobbligati a concorrere alla prestazione stessa, ciascuno in proporzione delle proprie condizioni economiche.

Si tenga presente che l’obbligo di prestare gli alimenti non sorge automaticamente, ma occorre che la relativa domanda venga proposta con atto di citazione, a seguito del quale si instaura un ordinario giudizio di merito, nel corso del quale sarà onere del richiedente provare sia lo stato di bisogno, sia l’impossibilita di provvedere al proprio mantenimento con un’attività lavorativa confacente alle proprie attitudini e alle condizioni sociali.

Infine, un’ultima considerazione si impone.
L'obbligo alimentare sopra esaminato, e soprat­tutto la previsione di una così ampia fascia di parenti che vi sono obbligati, costituisce indubbia espressione della vecchia società nella quale era diffuso il modello di famiglia patriarcale, ca­ratterizzata da una solidarietà allargata, ed in cui l'assistenza pubblica era pressoché ine­sistente.
Totalmente diverso, invece, è il quadro delineato dalla Carta costituzionale, dalla quale è pur vero che si evince che a tutti i cittadini (e quin­di sicuramente anche ai familiari) è richiesto un adempimento degli obblighi di solidarietà (art. 2 Cost.), ma è anche vero che lo Stato (e per esso i Comuni a livello decentrato) è tenuto ad assumere direttamente su di sè le funzioni assistenziali, attraverso la previsione di servizi sociali (sanità, scuo­la, ecc.) per tutti i cittadini, sistema previden­ziale per i lavoratori, assistenza per gli inabili al lavoro sprovvisti dei mezzi di sussistenza (art. 38 Cost.).

Né può pensarsi che l'assistenza pubblica si indirizzi ai “poveri”, solo in via sus­sidiaria, ossia quando non esistono parenti tenuti agli alimenti e ciò perché essa costituisce funzione fondamentale dello Stato mo­derno, ed i suoi compiti non possono essere de­legati o meglio scaricati esclusivamente sulla famiglia.
Ovviamente, con quest’ultima affermazione non si vuole incoraggiare la famiglia ad infran­gere gli obblighi verso un suo componente, obblighi che prima ancora che giuridici sono di natura prettamente morale, ma si vuole soltanto evidenziare che, se anche la famiglia dovesse avere le sue difficoltà, ci si deve ricordare che, accanto all’obbligo alimentare, sussiste anche una funzione assistenziale da parte dello Stato e degli enti locali, di cui non si potrà non tener conto.


Andrea L. chiede
lunedì 11/06/2018 - Estero
“Buon giorno, ho tre sorelle tutte sopra i 50 anni in buona salute, che vengono ancora sostenute dalla pensione dei miei genitori, adesso mio padre essendo sopra gli 80 anni, vuole comprare un'auto a rate, che non gli concedono.
Essendo l'unico figlio che lavora, mi ha chiesto di fargli da garante per queste rate, la mia preoccupazione che questo possa comportare il rischio futuro di dover mantenere le mie sorelle, quando non ci saranno più i miei genitori.
Non convivo più con la mia famiglia, sono emigrato all'estero, io e mia moglie abbiamo una buona situazione economica, vorrei sapere se esiste una possibilità per tutelarsi da eventuali richieste di denaro.”
Consulenza legale i 15/06/2018
Il quesito pone due questioni ben distinte l’una dall’altra.
Una infatti è quella relativa alla prestazione di garanzia personale da parte del fratello per l’acquisto dell’auto del padre e l’altra è quella dei rapporti del primo con le sorelle quando non ci saranno più i genitori.

Per quanto riguarda il primo aspetto, si tratta di garanzia detta “fideiussione”: essa comporta l’assunzione, da parte del fideiussore, di un obbligo “solidale” unitamente al debitore principale (“solidale” significa che il debitore può indifferentemente chiedere il pagamento integrale all’uno o all’altro dei coobbligati), salvo che le parti non si siano espressamente accordate affinché, in caso di inadempimento del debitore principale, prima venga richiesto il pagamento a quest’ultimo e solo in un secondo momento, se il debitore principale è insolvente, al fideiussore.
Nel caso di specie, dunque, tutto dipenderà dal contenuto del contratto che si andrà a stipulare con il venditore dell’auto.
Se il fideiussore (nel nostro caso, il figlio) dovesse pagare al posto del padre, avrà diritto di regresso contro quest’ultimo (ovvero potrà chiedergli la restituzione di quanto versato al suo posto).
Se il padre dovesse morire prima di aver saldato il debito, il fideiussore rimarrà unico obbligato, e – nel caso paghi - potrà far valere il proprio diritto di credito nei confronti dell’eredità paterna.

Per quanto riguarda, invece, le sorelle mantenute fino a questo momento dal padre, va detto che occorre verificare se nel caso di specie sussista o meno l’obbligo alimentare.
Quest’ultimo trova la sua disciplina negli articoli 435 e seguenti del codice civile e consiste nell’obbligo cui sono tenuti per legge determinati soggetti appunto di “prestare gli alimenti”, ovvero occuparsi di chi versa in “stato di bisogno”.
Con questa espressione si intende la mancanza di ogni risorsa o il disporre di mezzi insufficienti a soddisfare le necessità primarie e garantirsi un’esistenza dignitosa.
L’alimentando (ovvero chi ha diritto agli alimenti) si deve trovare nell’impossibilità e/o incapacità di ovviare a questa situazione; mentre, da parte sua, chi è tenuto a corrispondere gli alimenti lo è - tuttavia - solo nei limiti in cui glielo consentano le sue condizioni patrimoniali e reddituali e solo dopo aver soddisfatto prima i propri bisogni.
L’obbligo alimentare viene soddisfatto o mediante la corresponsione di un assegno periodico oppure mediante l’accoglienza dell’alimentando in casa dell’obbligato.

L’art. 435 c.c. stabilisce che anche i fratelli e le sorelle sono tenute agli alimenti.
L’art. 439 c.c. aggiunge, però, che tra fratelli e sorelle gli alimenti sono tenuti nella misura dello stretto necessario.
Ciò significa che in questo caso specifico occorre aver riguardo ai soli bisogni primari comuni a tutti gli individui, ovvero vitto, alloggio, vestiario, cure mediche e simili ed ai mezzi normalmente necessari per soddisfarli, indipendentemente dalle condizioni economiche dell’obbligato.
Al soddisfacimento di ulteriori bisogni, invece, fratelli e/o sorelle non sono tenuti neppure se le loro condizioni economiche lo consentano. Quindi, questo anche per rispondere al quesito, le sorelle non avrebbero diritto di avanzare pretese strettamente economiche (denaro) nei confronti del fratello, ma eventualmente solo di essere aiutate a soddisfare le proprie necessità primarie (vestirsi, mangiare, dormire sotto un tetto, curarsi ecc.)

Si noti bene poi che, affinché insorga l’obbligo degli alimenti, lo stato di bisogno non è sufficiente: è necessaria anche, infatti, come già accennato poc’anzi, l’incapacità del bisognoso di rimuovere quella situazione. Va tenuta in considerazione, a tal proposito, (e ciò ad avviso di chi scrive, rileva in modo particolare nella fattispecie che ci occupa) la capacità lavorativa: l’impossibilità, infatti, di provvedere al proprio mantenimento con il lavoro deve valutarsi con riguardo alla posizione sociale di chi versa in stato di bisogno, alle sue capacità fisiche ed intellettuali ed alle possibilità ambientali di svolgere una concreta e proficua attività.
E’ irrilevante, invece, che l’alimentando si trovi in stato di bisogno per propria colpa, a meno che – però – tale situazione non derivi da un’inattività volontaria e prolungata del soggetto capace in realtà di procurarsi il sostentamento necessario.

Ora, per tornare al quesito che ci occupa, l’eventuale insorgere dell’obbligo alimentare in capo al fratello a favore delle sorelle quando i genitori non saranno più in vita dipenderà, quindi, da una serie di circostanze: per quanto riguarda il fratello, parrebbe che la sua condizione economica e lavorativa gli consenta senza troppi problemi di sostenere l’eventuale mantenimento delle sorelle; tuttavia, per quanto riguarda invece queste ultime, dai pochissimi dati che offre il quesito sembrerebbe evincersi che l’età e le condizioni di salute delle due donne siano tali da consentire ampiamente lo svolgimento di un’attività lavorativa che consenta loro il sostentamento, specialmente sotto il profilo del soddisfacimento dei bisogni essenziali.
Parrebbe poi, altresì, che tale stato di volontaria “inerzia” si stia protraendo da lungo tempo senza che le due sorelle abbiano mai manifestato l’intenzione di darsi da fare per non pesare sulle spalle dei genitori.

Se le due dovessero, dunque, chiedere gli alimenti al fratello, dovrebbero farlo in primo luogo rivolgendosi ad un Giudice ed in secondo luogo offrendo la prova in giudizio (l’onere incomberebbe infatti su di loro) dello stato di bisogno (incolpevole).

Purtroppo una tutela preventiva del fratello non è possibile: unico consiglio che si può offrire, forse, è quello di aiutare le sorelle a reperire un’occupazione, in modo che – se poi loro dovessero rifiutare – si possa sostenere e dimostrare che lo stato in cui versano è addebitabile ad esclusiva loro colpa ed intenzionale inerzia.


Antonio B. chiede
domenica 07/01/2018 - Lombardia
“Buongiorno volevo una spiegazione sull’articolo 433 se può essere applicabile al mio caso. Ho un cognato che ha un’assistenza pensionistica per invalidità di 298 € al mese senza genitori e con quattro fratelli tre di questi provvedono alla sua assistenza dividendosi compiti nelle mensilità uno di questi è un anno che non partecipa più a nessun tipo di assistenza. volevo sapere se c’è qualche modo per rifarsi sul fratello che non collabora. Volevo precisare inoltre che, i cinque fratelli, compresa mia moglie, aveva una proprietà che è stata venduta ed il ricavato accreditato su un conto corrente da cui si attinge l’importo mensile per l’affitto del mio cognato con invalidità. Mentre per il mantenimento quotidiano (viveri, medicinali, sigarette) ci si divideva i compiti mensilmente tra i rimanenti 4 fratelli per permettere al fratello con problemi una vita dignitosa. Da circa 1 anno uno dei fratelli non collabora più a tale assistenza mensile. Grazie per le risposte che mi darete”
Consulenza legale i 14/01/2018
Il diritto agli alimenti trae il suo fondamento nell’evocata solidarietà familiare e trova la sua disciplina agli artt. 433 e seguenti del codice civile.
Gli alimenti sono dovuti a chi, legato da un rapporto di parentela od affinità, versa in stato di bisogno e si trova nell’incapacità di provvedere ai suoi bisogni essenziali per vivere, tenuto conto però delle condizioni economiche di chi è obbligato al versamento.

Per quanto la dizione “alimenti” sembri circoscrivere l’ambito di applicazione della norma esclusivamente alle necessità alimentari, appunto, del parente bisognoso, è però pacifico che l’espressione abbia in realtà un significato più ampio arrivando a ricomprendervi tutto quanto è necessario per vivere (alloggio, vestiario, cure per la persona e così via) ad esclusione delle "necessità" futili o superflue.

Circa le modalità attraverso le quali adempiere all’obbligo suddetto, la legge prevede una facoltà alternativa in quanto l’obbligato può scegliere di provvedere direttamente ai bisogni dell’alimentando oppure corrispondergli una somma di denaro che serva a far fronte alle sue necessità. Nel caso specifico sembrerebbe che i fratelli obbligati provvedono ai bisogni dell’alimentando direttamente, ma un fratello sia in disaccordo sulla sussistenza dell’obbligo.

L’art. 433 c.c. stabilisce poi un ordine tra e varie categorie graduate di obbligati: prima l’eventuale donatario, poi il coniuge cui seguono figli e discendenti, poi genitori ed ascendenti, generi e nuore, suoceri e da ultimi i fratelli: soltanto lì dove manchi una categoria, gli alimenti possono essere richiesti alla categoria successiva .
Nel caso specifico, ammesso che sono i fratelli a far fronte allo stato di bisogno dell’alimentando, evidentemente non sussistono categorie di parenti/affini che siano obbligati in precedenza rispetto a questi, ragion per cui occorrerà tener conto in particolare dell’art. 439 c.c. nella parte in cui prevede che “Tra fratelli e sorelle gli alimenti sono dovuti nella misura dello stretto necessario”.
La Legge presumendo che i fratelli e le sorelle, come generalmente avviene, si sono costituiti una nuova famiglia e dunque non si trovano più nel medesimo rapporto di intimità e di familiarità delle altre categorie di obbligati, limita ancor di più la misura degli alimenti a quanto strettamente necessario per vivere.

Tuttavia le disposizioni normative richiamate, nel loro astrattismo e generalità, non prevedono altri criteri più specifici per quantificare nel dettaglio il dovuto poiché comunque ogni situazione deve essere valutata singolarmente dagli obbligati e dall’alimentando, se sono d’accordo, oppure da un giudice.
Così appunto l’art. 441 c.c. prevede che “Se più persone sono obbligate nello stesso grado, alla prestazione degli alimenti, tutte devono concorrere alla prestazione stessa, ciascuna in proporzione delle proprie condizioni economiche. [omissis] Se gli obbligati non sono concordi sulla misura, sulla distribuzione e sul modo di somministrazione degli alimenti, provvede l'autorità giudiziaria secondo le circostanze.”

Alla luce di quanto esposto dunque è possibile chiedere al Giudice che condanni il fratello che immotivatamente si sottrae agli obbligo alimentare, al pagamento del dovuto sempreché sussistano le condizioni di legge ed in particolare che non vi siano obbligati che, ai sensi dell’art. 443 c.c.c, appartengono ad una categoria precedente e che il fratello obbligato sia nella possibilità economica di contribuire.

In presenza di questi presupposti, occorrerà proporre la relativa domanda innanzi all’Autorità Giudiziaria senza attendere troppo tempo in quanto l’art.445 c.c. precisa che gli alimenti sono dovuti solo dalla domanda giudiziale e dunque non è possibile richiedere gli arretrati, e sarà il Giudice a determinare la concreta misura del contributo economico dovuto.

Da ultimo si ricorda che, oltre all’azione civile per il riconoscimento dell’obbligo alimentare, il mancato versamento del dovuto ha altresì rilevanza penale: chi, infatti, vi si sottrae intenzionalmente, commette il reato di cui all’art. 570 del codice penale rubricato “Violazione degli obblighi di assistenza familiare” .

MARI chiede
mercoledì 11/04/2012 - Puglia
“SONO TENUTI anche i fratelli che hanno loro famiglia e che, quindi, non convivono con sorelle per le quali sarebbero richiesti gli alimenti?”
Consulenza legale i 23/04/2012

Il diritto agli alimenti viene attribuito per legge ad una persona in considerazione della sua incapacità di provvedere al proprio sostentamento e al necessario per vivere, considerando l'espressione "alimenti" più ampia del significato comune, comprendendo oltre all'alimentazione, il vestiario, l'alloggio, le cure della persona e l'istruzione.

I presupposti dell'obbligazione degli alimenti sono: a) un rapporto di parentela, affinità, adozione o una intervenuta donazione; b) lo stato di bisogno dell'avente diritto accompagnato dall'impossibilità di provvedere al proprio mantenimento; c) la capacità economica dell'obbligato.

Inoltre, l'art. 433 del c.c. stabilisce l'ordine gerarchico delle persone tenute all'obbligazione degli alimenti che sono:

  1. il coniuge, anche se legalmente separato [[ 129 bis, 156 comma 3 cc]];
  2. i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi, anche naturali;
  3. i genitori [[ 279 cc]] e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali; gli adottanti;
  4. i generi e le nuore;
  5. il suocero e la suocera;
  6. i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali art. 439 del c.c..

Nel caso, prospettato i fratelli saranno gli ultimi soggetti obbligati a fornire gli alimenti alle sorelle che si trovano in uno stato di bisogno, essendo tenuti per primi tutti gli altri soggetti indicati dalla norma. Pertanto, solo nel caso in cui l'obbligazione alimentare non possa essere soddisfatta dai soggetti indicati dalla predetta norma che precedono i fratelli, questi ultimi saranno tenuti a tale obbligo nella misura però dello stretto necessario.


Lucio M. T. chiede
martedì 13/03/2012 - Toscana

“Spett.le Brocardi.it,

sono il terzo di tre fratelli tutti di età superiore ai 50 anni. Mi trovo attualmente in disoccupazione e con risparmi azzerati. Ho diversi debiti, di cui il più grosso è costituito dall'affitto del mio appartamento: infatti sono in arretrato di 7 mensilità e la Proprietà ha attivato l'iter di sfratto secondo contratto di locazione.
Se sarò costretto ad andarmene, dovrò vivere per strada.
I miei due fratelli maggiori hanno una posizione economica abbastanza buona: hanno un obbligo legale di mantenermi nei miei "bisogni primari"? Come dovrei procedere in caso di loro obbligo?
Ringraziando, porgo distinti saluti.

Lucio Maria T.”

Consulenza legale i 22/03/2012

Gli alimenti sono attribuiti a una persona in considerazione della sua incapacità di provvedersi il necessario per vivere, e ne viene fatto carico ad un'altra persona (per il vincolo di coniugio, parentela o affinità che la lega con la prima), tenuto conto delle sue possibilità economiche.

E' da tener presente che l'espressione "alimenti" nel linguaggio giuridico ha un significato ben più ampio del significato comune, e comprende, oltre all'alimentazione, quanto è necessario per l'alloggio, il vestiario, le cure della persona, l'istruzione scolastica e così via. Gli alimenti sono dovuti nei limiti del necessario a favore di chi ne ha bisogno, di chi si trova in personale difficoltà di vita.

L'art. 433 del c.c. stabilisce un ordine successivo tra le varie categorie di persone che devono gli alimenti in base al rapporto familiare. Soltanto là dove manchi il congiunto di una categoria, oppure quando egli non sia in grado di provvedere, si passa alla categoria successiva. I primi obbligati sono, nell'ordine, il coniuge, seguono i figli, vengono poi i genitori (art. 436 del c.c.) e in loro mancanza gli ascendenti prossimi anche naturali; vengono poi i generi e le nuore, il suocero e la suocera; ultimi i fratelli. In particolare, questi ultimi, debbono soltanto gli alimenti strettamente necessari per vivere.

Per ottenere gli alimenti si deve adire il giudice chiedendo il riconoscimento del diritto agli alimenti attraverso un atto di citazione che dichiari i fratelli tenuti a prestare gli alimenti a favore del soggetto che versa in stato di bisogno.


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