La "Riforma Cartabia" ha profondamente innovato la disciplina in materia di
famiglia e minori.
In particolare, dal presente articolo emerge l’importanza attribuita all’
ascolto del minore, nell’ottica del "
best interest of the child", anche in aderenza ai principi sovranazionali. Infatti, i diritti del fanciullo son stati espressamente contemplati già dalla
Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989, siglata a New York (art. 12: "
Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità"). Successivamente, anche la Convenzione Europea di Strasburgo sull'esercizio dei diritti del minore del 25 gennaio 1996 ha recepito tale diritto all'ascolto, che viene definito "informato", al fine di tenere conto delle preferenze del minore, cercando di fargli comprendere le possibili conseguenze delle sue scelte all'interno del procedimento a cui prende indirettamente parte.
Infine, il nuovo
Regolamento UE n. 1111/2019 (in vigore dal 1 agosto 2022) prevede come possibile motivo di rifiuto del riconoscimento delle decisioni in materia di
responsabilità genitoriale la mancata concessione al minore della possibilità di essere ascoltato.
L’interesse superiore del minore costituisce oggi - all'interno dell'Ordinamento civile - una regola generale, predisposta al fine di consentire al
giudice di valutare in concreto le peculiarità delle situazioni sottoposte al suo esame. L’ascolto del minore, insomma, è diventato un vero e proprio diritto.
L’attuale primo comma dell’articolo 145 c.c. prevede che, in caso di disaccordo sull’
indirizzo della vita familiare o sulla fissazione della
residenza, ciascuno dei coniugi possa rivolgersi al giudice che tenta di raggiungere una soluzione concordata. La modifica precisa, in armonia con tutta la disciplina dell’ascolto del minore e con il disposto dell’art.
315 bis c.c., che
il minore, che
abbia compiuto gli anni dodici o
anche di età inferiore,
se capace di discernimento, debba essere ascoltato dal giudice.
Cosa si intende per “
capacità di discernimento”?
A tal riguardo, i primi commentatori hanno affermato che - con tale espressione - il
legislatore abbia voluto intendere la
capacità del minore di comprendere ciò che è migliore per lui, operando financo delle scelte autonome, senza che la volontà dei genitori possa esercitare sulle stesse un’influenza diretta.
Le modifiche apportate al secondo comma, poi, prevedono che il
giudice, quando gliene viene fatta richiesta, anche da una sola delle parti, possa assumere con provvedimento non impugnabile la soluzione più adeguata all'interesse dei figli e alle esigenze della
famiglia.
Il terzo comma, in attuazione del principio di delega, prevede che - in caso di
inadempimento agli obblighi di
mantenimento di cui all’art.
143 c.c. - si applichi quanto previsto dall’articolo
316 bis c.c.
Il nuovo articolo
473 bis 4 c.p.c., in combinato disposto con il quale deve essere letta la disposizione qui commentata, prevede che: “
il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal giudice nei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. Le opinioni del minore devono essere tenute in considerazione avuto riguardo alla sua età e al suo grado di maturità. Il giudice non procede all’ascolto, dandone atto con provvedimento motivato, se esso è in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo, in caso di impossibilità fisica o psichica del minore o se quest’ultimo manifesta la volontà di non essere ascoltato. Nei procedimenti in cui si prende atto di un accordo dei genitori relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice procede all’ascolto soltanto se necessario”.
Il successivo art.
473 bis 5 c.p.c. prevede - poi - che: “L
’ascolto del minore è condotto dal giudice, il quale può farsi assistere da esperti e altri ausiliari. Se il procedimento riguarda più minori, di regola il giudice li ascolta separatamente. L’udienza è fissata in orari compatibili con gli impegni scolastici del minore, ove possibile in locali idonei e adeguati alla sua età, anche in luoghi diversi dal tribunale. Prima di procedere all’ascolto, il giudice indica i temi oggetto dell’adempimento ai genitori, agli esercenti la responsabilità genitoriale, ai rispettivi difensori e al curatore speciale, i quali possono proporre argomenti e temi di approfondimento e, su autorizzazione del giudice, partecipare all’ascolto. Il giudice, tenuto conto dell’età e del grado di maturità del minore, lo informa della natura del procedimento e degli effetti dell’ascolto, e procede all’adempimento con modalità che ne garantiscono la serenità e la riservatezza. Il minore che ha compiuto quattordici anni è informato altresì della possibilità di chiedere la nomina di un curatore speciale ai sensi dell’articolo 473-bis.8. Dell’ascolto del minore è effettuata registrazione audiovisiva. Se per motivi tecnici non è possibile procedere alla registrazione, il processo verbale descrive dettagliatamente il contegno del minore”.
Nella disciplina attualmente in vigore i genitori, anche se parti del procedimento
ex art.
336 bis c.c., i difensori, il curatore speciale del minore se già nominato e il
pubblico ministero sono ammessi a partecipare all'ascolto e possono proporre argomenti e temi di approfondimento prima dell'inizio dell'incombente.
La legge delega, al riguardo, conferisce al giudice un ampio potere, esteso a tutti i mezzi istruttori che egli, anche d'ufficio, intenda ammettere o disporre a tutela della posizione del minore, "
anche al di fuori dei limiti stabiliti dal codice civile", purché in
contraddittorio.
Deve osservarsi che tanto la Legge delega quanto il D. Lgs. n. 149 del 2022 non specificano quale sia la conseguenza del mancato adempimento all'onere di ascolto del minore da parte del giudice (ipotesi alla quale va equiparata l'omissione sulla scorta di motivazione apparente o palesemente incongrua, ed ancora il caso in cui il giudice abbia proceduto all'ascolto ma in modo del tutto approssimativo ed insoddisfacente, procedendo con metodo di indagine totalmente inadeguato, come nel caso di "ascolto tramite delega").
Come osservato dai primi commentatori, deve propendersi per la soluzione che l'
omissione ingiustificata di tale incombenza importi
nullità del procedimento, dovendosi valorizzare il fatto che, pur non essendo il minore parte del processo, lo stesso è pur sempre portatore di un interesse contrapposto a quello dei genitori, per cui la sua mancata partecipazione alla formazione del provvedimento decisorio che lo riguarda rappresenta violazione del contraddittorio, nonché dei principi del giusto
processo. La nullità di cui trattasi avrebbe carattere
assoluto, e trattandosi di nullità posta nell'interesse dei figli minori, sarebbe rilevabile d'ufficio, in qualsiasi
stato e grado del procedimento e convertibile in motivo di gravame. La conseguenza del rilievo di nullità dovrebbe essere quella della rinnovazione dell'incombente da parte del giudice che effettua il rilievo di nullità; dunque, all'audizione dovrebbe provvedere la Corte d'
Appello, ove si avveda, o sia eccepita, la mancata effettuazione dell'ascolto in primo grado.
È evidente come il principio motore della "Riforma Cartabia" sia stato quello di una nuova idea di rispetto delle
persone, e del minore in particolare, reso infatti (s)oggetto di particolari e specifiche tutele in quanto titolare di diritti soggettivi perfetti e autonomamente azionabili, soprattutto in ordine alla
valorizzazione della sua volontà, seppure non compiutamente formata.
Si segnala, in tal senso, come l'ascolto del minore sia divenuto, dopo la Riforma, una regola generale in
tutti i procedimenti che lo riguardano. Infatti, il
presidente del Tribunale è tenuto a valutare l'opportunità di procedere all'ascolto del minore anche nell'ambito dei procedimenti di negoziazione assistita in materia familiare, allorquando il
procuratore della Repubblica, al quale è affidato il controllo sugli accordi di negoziazione
ex art. 6, comma 2, della L. 162/2014, abbia ritenuto di non concedere l'autorizzazione e abbia trasmesso l'accordo
de quo al presidente del Tribunale.