-
Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 11342 del 30 marzo 2006
«In tema di cumulo di pene, qualora debbano cumularsi due ergastoli, il secondo dei quali inflitto per delitto commesso durante l'espiazione del primo, la pena unificata a norma dell'art. 72 c.p. non può che decorrere dalla data di carcerazione per...»
-
Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 25119 del 3 giugno 2004
«Dalla previsione dell'art. 78, comma primo, n. 1, c.p., secondo la quale la pena da applicare nel caso di concorso di reati che importano pene detentive temporanee non può superare il limite massimo di trent'anni di reclusione non discende che non...»
-
Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 895 del 27 aprile 1993
«Allorché si sia in presenza di reati commessi in tempi diversi e di periodi di carcerazione parimenti sofferti in tempi diversi (nella specie allorché il nuovo reato sia stato commesso durante l'espiazione del cumulo precedente), non è possibile...»
-
Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2064 del 8 febbraio 1993
«Il limite di cui all'art. 78 primo comma, n. 1 c.p. non significa che nessuno possa essere detenuto per un periodo superiore a quello massimo indicato (trenta anni). Tale limite, infatti, è riferibile solo alle pene inflitte per reati commessi...»
-
Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3923 del 2 dicembre 1992
«La regola posta dall'art. 78 c.p. (applicabile, in virtù del successivo art. 80, anche nel caso di pluralità di condanne susseguitesi nel tempo) non significa che un soggetto, il quale abbia riportato più condanne a pene detentive temporanee, non...»
-
Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 28021 del 13 luglio 2007
«Allorché si sia in presenza di reati commessi in tempi diversi e di diversi periodi di carcerazione, non è possibile includere tutte le pene in un cumulo unitario e globale, soggetto alle limitazioni dell'art. 78 c.p. e alla successiva unitaria e...»
-
Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 10207 del 23 ottobre 1992
«La «marginalità» e la «devianza sociale maggiore» non incidono sulla capacità di intendere e di volere, ove non si evidenzino nel quadro clinico significativi elementi patologici che, esulando dalle mere disarmonie comportamentali e da un alterato...»
-
Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 8038 del 2 settembre 1997
«Non esiste incompatibilità logico-giuridica tra due sentenze, emesse nei confronti dello stesso imputato per fatti diversi commessi in tempi diversi, delle quali una lo ritenga incapace e l'altra, viceversa, capace di intendere e di volere (ovvero...»
-
Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 2406 del 12 marzo 1985
«L'accertamento dell'infermità di mente dell'imputato va compiuto in relazione al fatto concreto addebitatogli, perché quello eseguito in altro procedimento, relativo a diverso fatto non è mai vincolante nel giudizio successivo. L'indagine ai fini...»
-
Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3164 del 28 gennaio 1997
«Le condizioni di mente dell'imputato ai fini della imputabilità debbono essere accertate in relazione al tempo in cui è stato commesso il reato da giudicare, perché può ben darsi il caso che il vizio di mente, riscontrato in relazione ad un...»
-
Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 10264 del 19 ottobre 1988
«Il riconoscimento di un'infermità di mente contenuto in una sentenza non può vincolare il giudice di altro procedimento successivo a carico della stessa persona, poiché l'accertamento delle condizioni mentali dell'imputato deve essere fatto in...»
-
Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1110 del 6 febbraio 1997
«In tema di dichiarazione di abitualità nel reato, la omogeneità della natura dei reati commessi, unitamente alla reiterazione della condotta commessa in tempi ravvicinati, può costituire elemento decisivo per essa dichiarazione e, perciò, la...»
-
Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 535 del 19 gennaio 1989
«In tema di dichiarazione di abitualità del reato, la omogeneità della natura dei reati commessi, unitamente alla reiterazione della condotta commessa in tempi ravvicinati può costituire elemento decisivo per essa dichiarazione e, perciò,...»
-
Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 38252 del 28 settembre 2004
«La circostanza aggravante dell'essere stato, il reato, commesso da cinque o più persone (art. 112, comma secondo, n. 1 c.p.) trova applicazione unicamente in relazione ai reati che restano realizzati dalla partecipazione di due persone soltanto, e...»
-
Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2003 del 18 ottobre 1980
«L'aggravante, di cui all'art. 112 n. 1 c.p., non è applicabile ai cosiddetti reati plurisoggettivi necessari, in quanto per la consumazione degli stessi è previsto un numero minimo di persone. (Fattispecie in cui la Suprema Corte ha escluso...»
-
Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5647 del 4 marzo 1999
«In tema di delitti concernenti il traffico di stupefacenti, la circostanza aggravante di essersi avvalso di un minore nella commissione del delitto non può desumersi dalla semplice contestazione di aver commesso il fatto in concorso con un minore,...»
-
Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 8773 del 6 agosto 1994
«Il principio dell'«indivisibilità» della querela, stabilito dall'art. 123 c.p., trova il limite nel fatto-reato in essa considerato ed opera, quindi, unicamente rispetto ai soggetti che quel fatto hanno commesso, anche se la loro individuazione...»
-
Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 8593 del 3 agosto 1988
«La nota con cui il Ministro di grazia e giustizia comunica all'autorità giudiziaria competente che non intende promuovere procedimento penale contro un cittadino italiano per un reato da questi commesso all'estero in danno di cittadino straniero...»
-
Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 12310 del 13 dicembre 1995
«La norma dell'art. 135 c.p. non ha natura né sostanziale, né processuale, giacché, per quanto sia inserita nel codice penale, in base alla sua stessa formulazione, ha valore «per qualsiasi effetto giuridico» e, conseguentemente, ha natura...»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 1152 del 12 ottobre 1981
«, Cass. pen., , sez. I, , 30 luglio 2008, n. 31943, , (c.c. 4 luglio 2008) , Pellegrini. [RV240682]
Accanto al ne bis in idem processuale, che si sostanzia nel principio della forza preclusiva del giudicato, si pone quello del ne bis in idem...»
-
Corte costituzionale, sentenza n. 438 del 18 ottobre 1995
«... (Omissis). Pur dovendosi quindi annettere al particolare e grave morbo di cui qui si tratta [N.d.r. AIDS] tutto il risalto che lo stesso merita e che l'ampia normativa di settore e la stessa coscienza collettiva gli ha ormai riconosciuto, la...»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 5551 del 3 giugno 1982
«La regola secondo cui l'interruzione della prescrizione verificatasi nei confronti di un imputato ha effetto per tutti coloro che hanno commesso il reato (art. 161 c.p.), si applica agli imputati dello stesso reato nei cui confronti l'imputazione...»
-
Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3209 del 7 aprile 1997
«Poiché la norma più favorevole all'imputato va individuata comparando il trattamento derivante dall'applicazione della legge anteriore con quello fissato dalla legge posteriore e ravvisando la lex mitior in quella che sia foriera di conseguenze...»
-
Corte costituzionale, sentenza n. 154 del 7 luglio 1976
«È costituzionalmente illegittimo — per contrasto con l'art. 3 Cost. — l'art. 169 comma quarto c.p. nella parte in cui esclude che possa concedersi un nuovo perdono giudiziale nel caso di condanna per delitto commesso anteriormente alla prima...»
-
Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5089 del 7 maggio 1991
«L'art. 1, n. 1, lett. g) D.P.R. 12 aprile 1990, n. 75, nel concedere amnistia per ogni reato commesso dal minore qualora il giudice ritenga a lui concedibile il perdono giudiziale, ha anche sancito l'inapplicabilità — a quel fine — delle...»
-
Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 2239 del 18 febbraio 1991
«In tema di perdono giudiziale, il limite di pena che ne consente l'applicabilità va determinato con riferimento alla sanzione che in concreto il giudice ritenga si possa applicare e non già a quella prevista dalla legge per il reato commesso.»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 456 del 21 aprile 1994
«Nell'ipotesi in cui dopo una prima condanna, per la quale sia stata disposta la non menzione, ne venga inflitta altra per un delitto, commesso successivamente a quella precedente, il beneficio va revocato. (Nella specie la seconda pronuncia...»
-
Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6365 del 25 giugno 1985
«La limitazione della reiterazione del beneficio della non menzione, all'ipotesi di reato anteriormente commesso, ed il diverso trattamento rispetto alla sospensione condizionale della pena, che può essere reiterata per un fatto successivo, trova...»
-
Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1877 del 22 giugno 1994
«Poiché, ai sensi dell'art. 183, comma 1, c.p., la causa estintiva opera al momento del suo intervento, la fruizione del beneficio dell'indulto, ancorché necessariamente oggetto di successiva ricognizione giudiziale, deve ritenersi avvenuta già...»
-
Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 3651 del 6 marzo 1997
«In virtù del combinato disposto degli artt. 199 e 200 c.p. e dei principi affermati dall'art. 25 Cost., deve escludersi che in tema di applicazione delle misure di sicurezza operi il principio di irretroattività della legge di cui all'art. 2 c.p.,...»