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Articolo 234 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Prova documentale

Dispositivo dell'art. 234 Codice di procedura penale

1. È consentita l'acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo(1).

2. Quando l'originale di un documento del quale occorre far uso è per qualsiasi causa distrutto, smarrito o sottratto e non è possibile recuperarlo, può esserne acquisita copia.

3. È vietata [191] l'acquisizione di documenti che contengono informazioni sulle voci correnti nel pubblico intorno ai fatti di cui si tratta nel processo o sulla moralità in generale delle parti, dei testimoni, dei consulenti tecnici e dei periti [195 7, 203, 240](2).

Note

(1) Trattasi di documenti in senso stretto ovvero formati fuori dall'ambito processuale, nel quale devono essere introdotti affinché possano acquistare rilevanza probatoria.
(2) Divieto che si pone in armonia con quanto disposto a proposito della prova testimoniale ex art. 194.

Ratio Legis

Il legislatore ha qui approntato una disciplina unitaria della prova documentale al fine di eliminare le incertezze della legislazione previgente.

Spiegazione dell'art. 234 Codice di procedura penale

La scelta legislativa si è occupata di tenere distinto l’ambito dei documenti da quello degli atti. I primi, che interessano il capo IV, sono formati fuori dall’ambito processuale, e devono essere acquisiti al processo per poter assumere rilevanza probatoria, mentre i secondi sono formati all’interno del procedimento.

Oltre ai tradizionali scritti, la norma in commento permette l’acquisizione anche di ogni altra cosa idonea a rappresentare fatti, persone o cose attraverso la cinematografia, la fotografia, la fonografia e qualsiasi altro mezzo.

Similmente a quanto previsto per la prova testimoniale (v. art. 194), è esclusa la possibilità di acquisire documenti concernenti le voci correnti nel pubblico o la moralità in generale delle parti o dei testimoni. A tale ultimo proposito, l’art. 236 permette solo l’acquisizione dei documenti necessari per valutare la personalità dell’imputato e, se del caso, la personalità della persona offesa dal reato.

Il comma 2 regola le ipotesi in cui un determinato documento sia andato distrutto, smarrito o sottratto e non sia possibile recuperarlo, prevedendo che di esso possa essere acquisita una copia.

Massime relative all'art. 234 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 5782/2019

La registrazione fonografica di colloqui tra presenti è utilizzabile, come prova documentale ai sensi dell'art. 234 cod. proc. pen., a condizione che sia certa la sua effettuazione da parte di uno dei partecipanti o comunque legittimati ad assistere all'incontro, sicché, ove difetti la prova, incombente sulla pubblica accusa, in ordine alla sussistenza di detta condizione, la registrazione va qualificata come una intercettazione inutilizzabile, in quanto lesiva dei diritti fondamentali dell'individuo costituzionalmente tutelati e realizzata in violazione del divieto previsto dall'art. 191, comma 1, cod. proc. pen. (Rigetta, TRIB. LIBERTA' MILANO, 05/09/2019).

Cass. pen. n. 15431/2018

È legittima l'acquisizione nel processo penale della consulenza tecnica depositata nel procedimento civile non ancora definito con sentenza passata in giudicato, attesa la sua natura di prova documentale alla luce della nozione generale di documento contenuta nell'art. 234 cod. proc. pen.

Cass. pen. n. 49016/2017

È legittimo il provvedimento con cui il giudice di merito rigetta l'istanza di acquisizione della trascrizione di conversazioni, effettuate via 'wathsapp' e registrate da uno degli interlocutori, in quanto, pur concretandosi essa nella memorizzazione di un fatto storico, costituente prova documentale, ex art. 234 cod. proc. pen., la sua utilizzabilità è, tuttavia, condizionata all'acquisizione del supporto telematico o figurativo contenente la relativa registrazione, al fine di verificare l'affidabilità, la provenienza e l'attendibilità del contenuto di dette conversazioni.

Cass. pen. n. 3397/2017

Costituisce prova documentale ai sensi dell'art. 234 cod. proc. pen., che può legittimamente essere inserita nel fascicolo del dibattimento, il documento che riproduca, unitamente ad altri dati, dichiarazioni. (In applicazione del principio la Corte ha censurato la decisione del giudice di merito che non aveva acquisito taluni documenti contenenti dichiarazioni sul presupposto che queste ultime potessero essere assunte soltanto attraverso l'esame testimoniale oppure con il consenso delle parti).

Cass. pen. n. 27118/2015

I rilievi fotografici riproducenti quanto i funzionari dello Stato o di altri enti pubblici hanno rilevato nel corso di verifiche ispettive o amministrative devono ritenersi prove documentali ex art. 234 c.p.p., acquisibili al fascicolo per il dibattimento, e non invece accertamenti tecnici irripetibili da compiere nel rispetto delle garanzie difensive. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto utilizzabile la documentazione fotografica ritraente carcasse di veicoli a motore in quantità eccedente rispetto al numero consentito dall'autorizzazione amministrativa).

Cass. pen. n. 15912/2015

In tema di prova documentale, l'ordinanza di custodia cautelare, al pari della sentenza non irrevocabile, può essere acquisita al processo a norma dell'art.234 cod. proc. pen. solo per provare che nei confronti di una persona è stato emesso un provvedimento perché imputata, in concorso o meno con altri, di uno specifico reato e non anche come prova dei fatti in essa affermati, posto che l'art.238 bis cod. proc. pen. riconosce tale valore probatorio solo alla sentenza irrevocabile.

Cass. pen. n. 6515/2015

Le videoregistrazioni effettuate dai privati con telecamere di sicurezza sono prove documentali, acquisibili ex art. 234 c.p.p., sicché i fotogrammi estrapolati da detti filmati ed inseriti in annotazioni di servizio non possono essere considerati prove illegittimamente acquisite e non ricadono nella sanzione processuale di inutilizzabilità.

Cass. pen. n. 2304/2015

È legittimamente acquisito ed utilizzato ai fini dell'affermazione della responsabilità penale un filmato effettuato con un telefonino, in quanto l'art. 234 cod. proc. pen. consente l'acquisizione non solo di scritti ma anche di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo ed, al riguardo, è del tutto irrilevante che le registrazioni siano effettuate in conformità alla disciplina della privacy, la quale non costituisce sbarramento all'esercizio dell'azione penale.

Cass. pen. n. 7035/2014

La registrazione fonografica occultamente eseguita da uno degli interlocutori d'intesa con la polizia giudiziaria e con apparecchiature da questa fornite non costituisce documento, utilizzabile ai sensi dell'art. 234 c.p.p., ma rappresenta la documentazione di un'attività di indagine, che non implica la necessità di osservare le forme previste dagli artt. 266 e ss. c.p.p., richiedendo comunque un provvedimento motivato di autorizzazione del P.M..

Cass. pen. n. 5880/2013

È legittima l'acquisizione nel processo penale della memoria difensiva depositata nel procedimento civile, attesa la sua natura di prova documentale alla luce della nozione generale di documento accolta dall'art. 234 c.p.p.

Cass. pen. n. 5863/2012

È legittima l'acquisizione, nel processo penale, della consulenza tecnica d'ufficio resa nel giudizio civile non ancora definito con sentenza passata in giudicato, dovendo la stessa considerarsi prova documentale in quanto formata fuori del procedimento penale e rappresentativa di situazioni e cose.

Cass. pen. n. 6297/2010

È legittima l'acquisizione, nel processo penale, della consulenza tecnica d'ufficio resa nel giudizio civile non ancora definito con sentenza passata in giudicato, dovendo la stessa considerarsi prova documentale in quanto formata fuori del procedimento penale e rappresentativa di situazioni e cose.

Non costituisce intercettazione e quindi non è soggetta al regime di autorizzazione proprio di questa la registrazione di un colloquio che un interlocutore esegua, anche all'insaputa degli altri partecipi alla conversazione, a fini di memorizzazione fonica di esso.

Cass. pen. n. 4978/2010

La registrazione video è un documento figurativo, che testimonia di un fatto attraverso le immagini che lo rappresentano e non attraverso la scrittura che lo descrive, pertanto, non costituendo una scrittura privata, è utilizzabile probatoriamente al di fuori di quanto previsto dall'art. 2072 cod. civ., e quindi senza necessità della sua sottoscrizione, dovendo la sua autenticità essere accertata caso per caso dal giudice.

Cass. pen. n. 35616/2007

Il registro utilizzato dalle cancellerie giudiziarie per l'annotazione del deposito delle minute delle sentenze, benché sia un registro sussidiario e quindi non obbligatorio, è atto pubblico fidefaciente e quindi ha valore di prova documentale.

Cass. pen. n. 24178/2007

Il saggio fonico ha natura di documento e la sua acquisizione, non incidendo sulla sfera di libertà dell'interessato, non richiede alcuna formalità.

Cass. pen. n. 16886/2007

La registrazione fonografica di una conversazione o di una comunicazione a opera di uno degli interlocutori non è riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l'autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell'articolo 234 del c.p.p.; a tal fine nulla rilevando che sia stata la polizia giudiziaria a fornire al privato, che provvede alla registrazione, lo strumento per la registrazione. (Mass. redaz.).

Cass. pen. n. 5327/2004

I disegni effettuati da un minore nel corso delle dichiarazioni assunte dalla P.G. non possono essere considerati parti integranti del verbale delle dichiarazioni stesse, bensì documenti ai sensi dell'art. 234 c.p.p.

Cass. pen. n. 36747/2003

La registrazione del colloquio, in quanto rappresentativa di un fatto, integra la prova documentale disciplinata dall'art. 234 primo comma c.p.p.

Il documento fonografico è pienamente utilizzabile se non viola specifiche regole di acquisizione della prova

Cass. pen. n. 9964/2003

Ai fini dell'acquisizione e della lettura a dibattimento delle dichiarazioni rese da persona residente all'estero (art. 512 bis c.p.p.) occorre che le dichiarazioni orali siano state rese davanti ad un ufficiale di polizia giudiziaria, siano state raccolte a verbale e che sia stata preventivamente esperita la procedura della rogatoria ai fini della citazione. Non possono, pertanto, considerarsi un valido equipollente a fini probatori le missive, contenenti la descrizione dei fatti posti a fondamento della contestazione all'imputato, inviate dall'estero da parte del teste — persona offesa, che non abbia in precedenza mai reso dichiarazioni e non sia stato citato a comparire a dibattimento.

Cass. pen. n. 28132/2001

In tema di prova documentale, la circostanza che un atto sia formato con il concorso di persone che, successivamente, sia chiamata a rendere dichiarazioni nel processo (come imputati, testimoni o in altra veste) non esclude la natura di documento dell'atto medesimo e non produce effetti sulla sua utilizzabilità in giudizio, salvo l'obbligo per il giudice di verificarne l'attendibilità con particolare rigore, qualora i contenuti del documento possono essere stati falsati in vista delle possibili conseguenze. (In applicazione di tale principio, la Corte ha disatteso l'eccezione di inutilizzabilità di annotazioni, contenute nella cartella clinica, redatta da persona sottoposta ad indagini in procedimento connesso).

Cass. pen. n. 9797/2001

Fra gli «scritti» o «altri documenti» di cui all'art. 234 c.p.p. prevede la possibilità di acquisizione agli atti del procedimento possono farsi rientrare anche le sentenze non definitive e le ordinanze applicative di misure cautelari, siccome idonee a valere, quanto meno, come prova della loro avvenuta emissione, con riguardo a determinati fatti e nei confronti di una determinata persona.

Cass. pen. n. 8722/2000

Le videoregistrazioni eseguite all'interno di una abitazione su iniziativa di una delle persone riprese (nella specie, un agente sotto copertura), trattandosi di attività di documentazione posta in essere da un soggetto che prende parte a quanto ripreso, ben possono costituire legittima fonte di prova e sono pertanto utilizzabili, non potendosi estendere alle stesse, date le modalità della captazione, le limitazioni e le formalità proprie dell'attività di intercettazione.

Cass. pen. n. 11116/1999

Dal testo dell'art. 234 c.p.p. emerge che le fotografie o i rilievi fotografici, che rappresentano fatti, persone o cose, costituiscono prova documentale. Tale carattere hanno anche quando rappresentano lo stato dei luoghi, annoverabile nell'ambito della categoria delle cose, che ha contenuto amplissimo. Ne deriva che i rilievi fotografici aerei integrano piena prova, che può esser sempre acquisita, e sulla medesima il giudice può validamente fondare il proprio convincimento.

Cass. pen. n. 10258/1999

In tema di prova documentale, le sentenze, come qualsiasi atto valutativo, possono considerarsi documenti, ed essere utilizzati come prova, solo per i fatti documentali in esse rappresentati (ad esempio, il fatto che un certo imputato sia stato sottoposto a procedimento penale e che la sua posizione sia stata definita in un certo modo) e non per il fatto documentato (la ricostruzione dei fatti e la valutazione probatoria da parte del giudice). A questa regola logico-sistematica fa eccezione, per motivi essenzialmente di ordine pratico, l'art. 238 bis c.p.p., che ammette l'acquisizione delle sentenze divenute irrevocabili «ai fini della prova di (recte, del) fatto in esse accertato». Trattandosi, invece, di sentenze non irrevocabili, data l'espressa limitazione normativa, deve escludersi l'acquisizione di esse per le valutazioni ivi contenute, id est, per la loro parte motiva; il che si estende alla ricostruzione dei fatti oggetto dell'altro procedimento, che necessariamente implica un aspetto valutativo-interpretativo delle risultanze processuali (che investe la selezione dei fatti ritenuti rilevanti, la loro sequenza logica, l'accentuazione di questo o quell'aspetto o di questa o quella circostanza).

Cass. pen. n. 9950/1999

In tema di assegno bancario, la prova che l'emittente aveva avuto conoscenza della revoca dell'autorizzazione da parte dell'istituto di credito non può essere desunta dal verbale di protesto, che, di per sé, è idoneo a dimostrare soltanto che l'autorizzazione è stata revocata prima dell'emissione del titolo, ma che, sotto il profilo soggettivo, nulla prova circa la consapevolezza da parte del traente. Conseguentemente è carente di motivazione la decisione del giudice di secondo grado che, a fronte di specifico motivo di impugnazione, relativo alla sussistenza dell'elemento psicologico, si limiti a menzionare la chiusura del conto o la revoca della autorizzazione, senza fare riferimento a circostanze (invio della raccomandata, avviso di ricevimento od altro) idonee a dimostrare che il soggetto era venuto a conoscenza dell'atto negoziale

Cass. pen. n. 6887/1999

Le relazioni e gli inventari redatti dal curatore fallimentare sono ammissibili come prove documentali in ogni caso e non solo quando siano ricognitivi di una organizzazione aziendale e di una realtà contabile attesoché risulta comunque rilevante il fatto stesso che la procedura fallimentare si sia svolta nel modo e sulla base delle valutazioni in essi documentati. Ne consegue che è corretto l'inserimento di tale documento nel fascicolo attesoché il principio di separazione delle fasi non si applica alle cose che, pur avendo funzione probatoria, siano precostituite rispetto all'inizio del procedimento o appartengano comunque al contesto del fatto da accertare, e tra queste il corpo del reato e le cose immediatamente pertinenti al reato stesso.

Cass. pen. n. 1906/1999

La prova testimoniale, regolarmente ammessa e assunta, è utilizzabile pure se non supportata documentalmente, anche in considerazione del fatto che il difensore che voglia contestare la deposizione testimoniale sulla base di risultanze documentali ha il potere di chiedere in qualsiasi momento l'acquisizione dei documenti rilevanti ex art. 234 c.p.p., senza dover rispettare i termini stabiliti dall'art. 269 c.p.p. per le prove orali. (Nella specie era stata contestata la deposizione testimoniale del pubblico ufficiale che aveva eseguito una verifica fiscale e aveva accertato l'evasione dell'Iva sulla scorta delle fatture di acquisto e di vendita rinvenute nell'azienda, non acquisite agli atti).

Cass. pen. n. 8854/1998

L'art. 234 c.p.p. ricomprende genericamente nella nozione di documento tutto ciò che è caratterizzato dal requisito della scrittura, e quindi anche le sentenze non irrevocabili, delle quali, pure, consente l'acquisizione al processo. Da tali atti, peraltro, non può trarsi la prova dei fatti in essi descritti, essendo la piena valenza probatoria riservata espressamente dalla legge alle sole sentenze divenute irrevocabili (art. 238 bis c.p.p.); ciò non esclude, tuttavia, che il giudice - in base al suo libero convincimento - possa trarre dagli indicati provvedimenti elementi di giudizio finalizzati al perseguimento del fine primario del processo penale, cioè dell'accertamento della verità.

Cass. pen. n. 7961/1998

La relazione del curatore fallimentare diretta al giudice delegato non costituisce di per sè notizia di reato, ma documento a norma dell'art. 234 c.p.p., ed in quanto tale può essere acquisita ed utilizzata come prova nel processo penale per i delitti di bancarotta.

Cass. pen. n. 3259/1998

Il certificato medico attestante le tracce di un reato riscontrate sul corpo della persona offesa (nella specie trattavasi di tracce riconducibili a violenza sessuale su minore), è legittimamente utilizzabile quale prova documentale ai sensi dell'art. 234 c.p.p.

Il certificato medico rilasciato dal pronto soccorso, ed attestante le lesioni riportate, non è verbale di atto compiuto dalla polizia giudiziaria ed inseribile nel fascicolo del dibattimento quale atto irripetibile, ma ha natura di documento acquisibile ex art. 234 c.p.p.

Cass. pen. n. 2270/1998

Il referto del pronto soccorso attestante i risultati dell'esame alcolemico al quale, all'atto del ricovero seguito ad un incidente stradale, sia stato sottoposto un soggetto che abbia poi assunto veste di imputato del reato di guida in stato di ebbrezza, è legittimamente utilizzabile, ai sensi dell'art. 234 c.p.p., quale prova documentale nel procedimento relativo al detto reato.

Cass. pen. n. 1944/1998

In materia di accertamento di reati tributari il processo verbale di constatazione redatto in occasione di controlli è inseribile nel fascicolo del dibattimento nella parte in cui riproduce situazioni di fatto esistenti in un determinato momento e suscettibili di subire modifiche; così che possono essere utilizzati i riscontri documentali e contabili amministrativi quando riproducono una situazione obiettiva neppure contestata.

Cass. pen. n. 4997/1998

Le riprese filmate in luogo pubblico effettuate nell'ambito dell'attività di indagine della polizia giudiziaria sono espressamente consentite dall'art. 234 c.p.p., che le annovera tra le prove documentali, e pertanto non comportano violazione del diritto all'immagine, che sussiste ai sensi della legge 22 aprile 1941, n. 633 e successive modifiche solo fuori dei casi in cui è consentito.

Cass. pen. n. 4397/1998

In tema di intercettazioni di conversazioni o di comunicazioni, poiché la nozione di comunicazione consiste nello scambio di messaggi fra più soggetti, in qualsiasi modo realizzati (ad esempio, tramite colloquio orale o anche gestuale), e poiché l'attività di intercettazione è appunto diretta a captare tali messaggi, non è consentito, attraverso l'attivazione di intercettazioni ambientali, realizzate con la collocazione di una videocamera all'interno di un appartamento, captare immagini relative alla mera presenza di cose o persone o ai loro movimenti, non funzionali alla captazione di messaggi. Né tale attività può considerarsi legittima configurandola quale mezzo atipico di ricerca della prova, ex artt. 189 e 234 c.p.p., poiché, trattandosi di riprese visive non effettuate in luoghi aperti o pubblici, ma in luoghi di privata dimora, viene in rilievo in tale materia il limite della inviolabilità del domicilio di cui all'art. 14 Cost.

Cass. pen. n. 11933/1997

Il certificato medico del pronto soccorso attestante le lesioni riportate da un soggetto è acquisibile agli atti del dibattimento non tanto quale documentazione di attività irripetibile, ma alla stregua di un qualunque documento, poiché esso non nasce all'interno del procedimento penale e non è strumentale esclusivamente ad esso.

Cass. pen. n. 6804/1997

Le relazioni del curatore fallimentare costituiscono documenti che, a norma dell'art. 234 c.p.p., possono essere acquisiti ed utilizzati come prova nel processo penale per i delitti di bancarotta.

Cass. pen. n. 1477/1997

I verbali della polizia giudiziaria relativi all'attività svolta effettuando riprese filmate dei movimenti degli indagati in luoghi pubblici, possono essere valutati per la ricostruzione del quadro indiziario ai fini dell'emissione di una misura cautelare alla stregua di qualunque altro elemento desumibile dagli atti della polizia giudiziaria, indipendentemente dal formale deposito delle cassette contenenti le registrazioni e della loro messa a disposizione delle parti. Le riprese filmate, peraltro, costituiscono prova documentale ai sensi dell'art. 234 c.p.p. e rimangono del tutto estranee alla disciplina specifica prevista per le intercettazioni telefoniche.

Cass. pen. n. 4432/1997

Il processo verbale di constatazione, redatto dalla guardia di finanza o dai funzionari degli uffici finanziari, rientra nella categoria dei documenti extraprocessuali ricognitivi di natura amministrativa (art. 234 c.p.p.). Non è, infatti, un atto processuale, poiché non è previsto dal codice di rito o dalle norme di attuazione (art. 207); né può essere qualificato quale «particolare modalità di inoltro della notizia di reato» (art. 221 citate disp. att.), in quanto i connotati di quest'ultima sono diversi. Nel momento in cui emergono indizi di reato, e non meri sospetti, occorre, però, procedere secondo le modalità prescritte dall'art. 220 att. c.p.p. Ne deriva che la parte di documento, compilata prima dell'insorgere degli indizi, ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di rito.

Cass. pen. n. 1969/1997

In materia di accertamento di reati tributari, il processo verbale di constatazione redatto dalla guardia di finanza o dai funzionari degli uffici finanziari è un atto amministrativo extraprocessuale come tale acquisibile ed utilizzabile ex art. 234 c.p.p. nel suo vario contenuto, senza necessità di dover richiamare normative affini o analoghe del codice di rito stabilite per specifici mezzi di prova. Tuttavia, qualora emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità prescritte dall'art. 220 att. c.p.p., giacché, altrimenti, la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria e, quindi, non è utilizzabile.

Cass. pen. n. 1061/1997

L'art. 234 c.p.p., in tema di prova documentale, ricomprende, genericamente, nella nozione di documento tutto ciò che è caratterizzato dal requisito della scrittura e, quindi, anche le sentenze non irrevocabili e le ordinanze di custodia cautelare e di convalida di arresto o di fermo, e di tali atti consente l'acquisizione al processo. Dagli stessi, tuttavia, non può trarsi la prova dei fatti in essi descritti, essendo la piena valenza probatoria riservata espressamente dalla legge alle sole sentenze divenute irrevocabili (art. 238 bis c.p.p.); ciò non esclude, peraltro, che il giudice, in base al suo libero convincimento, possa dagli indicati provvedimenti trarre elementi di giudizio, anche favorevoli all'imputato, e comunque finalizzati al perseguimento del fine primario del processo penale, cioè l'accertamento della verità. (Nella specie la Suprema Corte ha osservato che gli elementi desunti dalla convalida di fermo erano stati inseriti nel complessivo contesto probatorio con esiti di certezza in ordine alla partecipazione dei due imputati ai fatti di causa e alla violenza da loro esercitata).

Cass. pen. n. 8723/1996

La consulenza tecnica d'ufficio, disposta in un giudizio civile non ancora definito con sentenza passata in giudicato, può essere acquisita nel processo penale ai sensi dell'art. 234 c.p.p., che regola l'assunzione della prova documentale; la predetta consulenza, infatti, secondo la normativa processual-civilistica dell'istruzione probatoria, non appartiene alle categoria dei mezzi di prova, avendo essa la finalità di aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze: la sua acquisizione nel giudizio penale, pertanto, non avviene secondo la disciplina dell'art. 238 c.p.p. — che si riferisce ai verbali delle prove assunte nel giudizio civile — bensì secondo le regole poste per l'assunzione della prova documentale, dovendo essere considerata quale documento per essere stata formata fuori del procedimento penale ed essendo rappresentativa di situazioni e di cose.

Cass. pen. n. 7070/1996

Il verbale contenente la deposizione testimoniale falsa, con riguardo al reato di falsa testimonianza, non costituisce prova assunta in altro procedimento, ma documentazione del suddetto reato nel corso della sua consumazione: come tale esso è soggetto alla normativa dell'art. 234 c.p.p. (sulla prova documentale) e non già quella dell'art. 238 c.p.p. (sui verbali di prove di altri provvedimenti). (Affermando siffatto principio la Cassazione ha ritenuto che ritualmente fosse stata disposta in un procedimento per falsa testimonianza l'acquisizione del verbale della deposizione incriminata resa in altro procedimento, a prescindere dal consenso delle parti, pur nella vigenza dell'art. 238 c.p.p. prima della riforma disposta dal D.L. 8 giugno 1992, n. 306).

Cass. pen. n. 4790/1996

In tema di prova documentale, poiché l'art. 234 c.p.p. ricomprende, genericamente, nella nozione di documento tutto ciò che è caratterizzato dal requisito della scrittura e, quindi, anche le sentenze non irrevocabili e le ordinanze di custodia cautelare emesse in procedimenti diversi, di tali atti è possibile l'acquisizione al processo; da essi, tuttavia, non può trarsi la prova dei fatti ivi descritti, essendo la piena valenza probatoria riservata espressamente dalla legge alle sole sentenze divenute irrevocabili (art. 238 bis c.p.p.). Ciò non esclude, tuttavia, che il giudice, in base al suo libero convincimento, possa dai predetti provvedimenti trarre elementi di giudizio, anche favorevoli all'imputato e comunque finalizzati al perseguimento del fine primario del processo penale, cioè l'accertamento della verità.

Cass. pen. n. 1344/1996

È rituale ex art. 234 c.p.p. l'utilizzazione di fotografie estratte da video riprese eseguite dalla polizia giudiziaria, non sussistendo alcuna disposizione normativa che prescriva l'esecuzione di particolari incombenti per l'estrapolazione di singole foto dalla registrazione eseguita. (Nella fattispecie, il ricorrente aveva lamentato che l'isolamento delle singole fotografie dal materiale acquisito fosse avvenuto informalmente, senza avviso alcuno al difensore).

Cass. pen. n. 10948/1995

L'art. 684 c.p. — che punisce «chiunque pubblica, in tutto o in parte, atti o documenti di un procedimento penale di cui sia stata vietata per legge la pubblicazione — non indica quali siano gli atti o i documenti per i quali vige il divieto, ma rinvia a quanto espressamente dettato in proposito nel codice di rito: specificamente — con riferimento al codice di procedura penale del 1988 — a quanto stabilito dall'art. 114, norma che menziona soltanto gli atti, a differenza dell'art. 164 del codice di procedura abrogato il quale faceva esplicito riferimento nel testo anche a «qualunque documento». La omessa menzione del termine «documento» nel citato art. 114 del vigente codice di rito deve essere valutata con riferimento all'art. 234, comma 1, stesso codice in forza del quale« è consentita l'acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo»; ne consegue che anche un documento fonografico costituito da una registrazione attuata da privati, una volta acquisito come prova documentale agli atti di indagine ai sensi dell'art. 234 c.p.p., diventa parte integrante degli atti stessi — tra i quali rientra — così che anch'esso viene ad essere sottoposto alla disciplina dettata dall'art. 114 c.p.p. in tema di pubblicazione di atti.

Cass. pen. n. 7994/1995

È da considerarsi regolare ed utilizzabile l'allegazione al fascicolo processuale di tabulati Sip, inviati senza richiesta scritta e motivata del P.M., attestanti telefonate intercorse tra due cellulari e, quindi, solo dati esteriori di conversazioni telefoniche senza alcuna conoscenza dei relativi contenuti, in quanto l'art. 234, comma 1, c.p.p., secondo cui è consentita l'acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti: persone, cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo, non stabilisce formalità alcuna di acquisizione.

Cass. pen. n. 1324/1994

Nessuna norma processuale richiede la certificazione ufficiale di conformità per l'efficacia probatoria delle copie fotostatiche; al contrario, vige nel nostro sistema processuale il principio di libertà della prova sia per i fatti-reato sia per gli atti del processo, come può evincersi dall'art. 234 c.p.p. e dalla stessa direttrice n. 1 della legge delega per il nuovo codice, che stabilisce la massima semplificazione processuale con eliminazione di ogni atto non essenziale. (Nella specie la Suprema Corte, escluso che tale certificazione sia richiesta, in particolare, dagli artt. 112 c.p.p. e 40 att. stesso codice, che riguardano le copie di originali smarriti, distrutti o sottratti, ha ritenuto che la fotocopia esibita appariva idonea allo scopo, mentre il P.G. aveva sostenuto che la divergenza tra la data di notificazione risultante nell'originale e quella risultante nella copia notificata all'imputato non era dimostrata, in quanto il documento esibito dal ricorrente era una copia fotostatica priva della certificazione).

Cass. pen. n. 7622/1994

Il codice di rito vigente, a differenza di quello abrogato, pur non escludendo la possibilità di una parificazione degli atti della polizia giudiziaria italiana e degli atti della polizia giudiziaria degli Stati esteri, non consente, in applicazione del principio di formazione della prova al dibattimento, la possibilità di lettura e di conseguente utilizzazione di questi ultimi, tra cui si ricomprendono anche quelli di documentazione delle attività compiute, le risultanze dei quali possono essere acquisite solo con l'esame di coloro che l'attività hanno svolto (art. 514, comma 2, c.p.p.); anche la documentazione fotografica effettuata dalla polizia giudiziaria è soggetta a tale disciplina, da ritenersi speciale e derogatoria rispetto a quella di cui all'art. 234 c.p.p., inerente a tutti i documenti in genere, di qualsiasi tipo, provenienti da qualsiasi altra fonte diversa dalla polizia giudiziaria.

Cass. pen. n. 728/1994

La registrazione di una telefonata, fatta da uno degli interlocutori, all'insaputa dell'altro, è utilizzabile come prova nel procedimento penale. Essa ha la natura di documento, di cui all'art. 234 c.p.p. e, non rientrando tra le intercettazioni telefoniche, non è sottoposta alle limitazioni e formalità proprie delle predette intercettazioni, né il fatto che essa venga registrata alla insaputa di uno dei due interlocutori costituisce offesa alla libertà di autodeterminazione dell'altro

Cass. pen. n. 10309/1993

In tema di documenti, l'art. 234 c.p.p. richiede che essi vengano acquisiti in originale, potendosi acquisire copia solo quando l'originale non è recuperabile; ma poiché il vigente codice di rito non ha accolto il principio di tipicità dei mezzi di prova, tant'è che l'art. 189 c.p.p. si occupa espressamente de «le prove non disciplinate dalla legge», il giudice può ben utilizzare quale elemento di prova, anziché l'originale, la copia di un documento, quando essa sia idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti. (Fattispecie in tema di copie di videoregistrazioni comprovanti la commissione del reato da parte dell'imputato).

Poiché l'art. 234, primo comma, c.p.p. vigente, innovando rispetto all'abrogato codice di rito, prevede espressamente l'acquisizione di documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo, la pellicola cinematografica contenente la rappresentazione di un fatto va ritenuta prova documentale avente requisiti particolari, trattandosi di un documento figurativo — non caratterizzato, cioè, dalla scrittura, bensì, di norma, dalle immagini — del tipo testimoniale — in quanto contenente la descrizione — testimonianza di un fatto e diretto, perché dà la descrizione immediata degli avvenimenti. La registrazione cinematografica, quindi, non essendo una scrittura privata, non è soggetta, ai fini dell'utilizzazione processuale, alle regole imposte dall'art. 2702 c.c., onde non necessita di sottoscrizione, mentre la sua autenticità va accertata caso per caso. (Nel caso di specie la corte ha ritenuto utilizzabile a fini di prova una videoregistrazione comprovante l'esecuzione del reato da parte dell'imputato, ritenuta autentica da parte del giudice di merito attraverso l'esame diretto del nastro, e l'individuazione delle modalità di uso dell'apparecchio, dei tempi e dei luoghi delle riprese, dell'assenza di tagli o di manipolazioni delle sequenze impressionate, così traendone la certezza sia in ordine alla paternità delle registrazioni sia in ordine all'attendibilità di quanto da esse documentato).

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Consulenze legali
relative all'articolo 234 Codice di procedura penale

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

G. V. chiede
martedì 20/12/2022 - Friuli-Venezia
“Buongiorno, sono imputato in unprocedimento avant al g.d.p. . 582 c.p. La prima udienza si è gia svolta il 15 dicembre c.a. .Il mio avvocato ha presentato la lista dei testi. Nonostante la mia richiesta peritale del luogo ove è avvenuto il fatto con video ed audio a mio discarico che sono prova che i fatti di cui sono accusato non risondono alla mai accaduto verità del fatto stesso , dicevo, l avvocato non ha presentato alla prima udienza ne la richiesta di un perito , ne le prove video ed audio. Nonostante la mia riluttanza lo avvocato mi dice che non servono è che si possono presentare come prova documentale durante il processo.
la risposta che chiedo è quella di conoscere se è vero quello che dice l avvocato , quale sarebbe l arti c.p.p. che esplica chiaramente del quando , in che fraggente , e se si possono presentare prove a sorpresa durante il processo.
grazie cordialemte”
Consulenza legale i 21/12/2022
Per quanto riguarda le prove documentali, è possibile affermare che video e audio costituiscono prove documentali, per l’appunto.
Tale circostanza la si evince dall'art. 234 c.p.p. secondo cui costituiscono documenti ogni elemento “che rappresenta[no] fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo”.
Che i documenti, poi, possano essere depositati in ogni momento del processo (o, almeno, fino a che il giudice non abbia chiuso l’istruzione dibattimentale) è una prassi consolidata, avallata da tempo immemore anche dalla Cassazione Penale.

Sul consulente tecnico di parte il discorso cambia. L’eventuale consulente tecnico di parte, per essere escusso nel dibattimento, deve essere inserito nella lista testi ex art. 468 del c.p.p. che va depositata 7 giorni prima della prima udienza dibattimentale.
Se non si è proceduto a tale incombente il predetto consulente non potrà essere chiamato a riferire nel corso del dibattimento penale, a meno che non vi siano integrazioni da parte del giudice (ad esempio ai sensi dell’ art. 507 del c.p.p. ) che, tuttavia, sono alquanto improbabili.

Si ricordi, inoltre, che la figura del consulente tecnico di parte è diversa dal perito che è, in buona sostanza, un soggetto tecnico e imparziale indicato dal giudice. Il coinvolgimento del perito nel processo penale è esclusivo appannaggio del giudice e il difensore ben poco può fare affinché il giudice decida in tal senso (ciò soprattutto nei processi dinanzi al GDP che, nella maggior parte dei casi, non presentano una complessità tecnica tale da determinare l’intervento del perito).

Anonimo chiede
lunedì 18/04/2022 - Lazio
“Spett.le Brocardi.it

IL PRESENTE PARERE NON DEVE ESSERE PUBBLICATO.

Parere Urgente.

Nel corso del dibattimento il P.M. ha prodotto al fascicolo del dibattimento due sentenze tributarie.
Nella discussione finale il P.M. deposita la memoria ex art. 121 c.p.p. senza le sentenze tributarie precedentemente acquisite al processo.

Nel verbale di udienza discussione finale con rinvio per la sentenza, sorprendentemente il Giudice ha dichiarato nel verbale di udienza che in allegato alla memoria del P.M. vi erano le due sentenze tributarie del P.M. precedentemente acquisite al giudizio, ma ciò non corrisponde al vero in quanto le sentenze non sono state allegate alla memoria del P.M. discussione finale, e ne aveva di nuovo richiesto l’assunzione delle stesse sentenze già ammesse nel dibattimento.

Che la memoria del P.M. era senza allegati emerge anche in calce ad essa, laddove non vi sono stati indicati dal P.M. alcuna rubricazione di allegati e ciò è dimostrabili anche alla luce di ulteriori circostanze.

La domanda: è possibile che il Giudice abbia manipolato il verbale per precostituirsi una prova a carico sostituendosi dal P.M. per la condanna in osservanza di quanto previsto dall’ art. 495 comma 1 […] Quando è stata ammessa l'acquisizione di verbali di prove di altri procedimenti, il giudice provvede in ordine alla richiesta di nuova assunzione della stessa prova solo dopo l'acquisizione della documentazione relativa alla prova dell'altro procedimento.

Alla luce di quanto prospettato, ci sono elementi per la difesa a contestare la condotta del giudice alla luce di quanto suddetto alla prossima imminente udienza prima che il Giudice vada a sentenza?

Cordialità
Consulenza legale i 20/04/2022
In primo luogo va detto che non possiamo rispondere in merito a presunti atteggiamenti dolosi del giudicante, non avendo elementi a disposizione per pronunciarci in merito.

Laddove, in ogni caso, si dovesse sospettare un “errore” del giudicante e laddove tale errore dovesse determinare l’ingresso, nel fascicolo per il dibattimento, di documenti mai prodotti dal PM e/o da questi prodotti irritualmente, la strategia migliore sarebbe:

- eccepire l’omessa produzione della documentazione e richiedere la correzione del verbale precedente;
- eccepire la produzione irrituale e la conseguente inutilizzabilità dei documenti confluiti nel dibattimento;
- eventualmente, in caso di rigetto dell’eccezione da parte del giudicante, eccepire il fatto con apposito motivo d’appello.

Anonimo chiede
domenica 17/04/2022 - Lazio
“Spett.le Brocardi.
Sono a chiedere il seguente parere.
È contestabile la tardiva produzione di una prova documentale ex art. 234 c.p.p. da parte del P.M. presentata solamente alla fine della fase dibattimentale, ovvero all’udienza della discussione finale ?
In proposito la Corte di Cassazione penale ha affermato in tema di documenti, che: la “tardiva” produzione di documenti da parte del Pubblico Ministero “alla fine della fase dibattimentale” integrerebbe una nullità a regime intermedio (Cass. Pen. Sez. III, n. 1343 del 6.11.2006). In sostanza, la giurisprudenza di legittimità afferma che prova documentale tardiva, dunque, diviene tale (in particolare per il pubblico ministero), non già nel momento in cui venga oltrepassata la fase degli atti introduttivi, bensì il momento stabilito dall’art. 496 c.p.p., inteso proprio a regolare l’ordinato svolgimento del processo da ciò ne deriva la nullità ex art. 178 comma 1 lettera c) della prova tardivamente presentata in specie le dichiarazioni annali dei redditi.
La domanda è , quanto suddetto è ammissibile o vi è una giurisprudenza più recente che va in senso diverso di quanto prospettato in materia di tardiva presentazione di documenti nel giudizio, da non confondere con la diversa fattispecie in tema di tardività di richiesta testi?
Cordialità
Consulenza legale i 20/04/2022
Per rispondere al quesito bisogna innanzi tutto descrivere ciò che accade, nel 99% dei casi, al momento delle richieste di prova nel processo penale.

La richiesta di prova è quel momento processuale che si svolge subito dopo la regolare costituzione delle parti nell’ambito del quale gli attori del processo chiedono, in genere, l’escussione dei testi della loro lista e il controesame dei testi delle liste delle controparti.
Generalmente, ciascuna parte del processo afferma anche di “riservarsi la produzione documentale”.
Ebbene, se una parte del processo ha posto tale riserva, si sostiene, sulla base di Cassazione granitica e univoca, che la stessa possa produrre documenti in ogni momento del processo, quantomeno fino a che il giudice non abbia dichiarato la chiusura dell’istruzione dibattimentale.

Su quest’ultimo punto, comunque, si registra un contrasto:

- secondo alcuni la produzione documentale sarebbe ammissibile anche dopo la chiusura dell’istruzione dibattimentale, senza scomodare i poteri del giudice ex art. 507 c.p.p.;
- secondo altri, invece, la produzione documentale dopo la chiusura dell’istruzione dibattimentale sarebbe possibile solo mediante l’articolo 507 c.p.p. menzionato in precedenza.

Si noti, comunque, che se non vengono rispettate le scansioni temporali sopra indicate, nessuna nullità si configura potendo, tuttalpiù, ritenere la produzione illegittima e, pertanto, inutilizzabile ai fini della decisione il documento medesimo.

R. G. chiede
giovedì 24/02/2022 - Abruzzo
“Un rifiuto di un paziente poi deceduto registrato in un diario clinico e in una scheda di valutazione allegata ha efficacia probatoria in un processo penale qualora non sia stato controfirmato dal paziente ma solo dal medico? Ci sono sentenze in tal senso?”
Consulenza legale i 28/02/2022
Nel processo penale, soprattutto con riferimento ai documenti, vige un amplissimo potere “probatorio”.
In particolare, rileva l’articolo 234 c.p.p. che pone davvero poche preclusioni ai documenti che possono essere depositati nel corso del processo.

Di certo, comunque, è proprio attraverso l’articolo in parola che il documento attestante il rifiuto da parte di un paziente di essere sottoposto a un trattamento terapeutico può essere accluso agli atti del fascicolo.

Il fatto che, comunque, un documento venga prodotto nel processo non vuol dire che allo stesso venga conferito il valore probatorio che lo stesso sembra attestare.
Tale ultima circostanza dipende da innumerevoli circostanze e, di certo, nel caso di specie il fatto che il rifiuto non sia sottoscritto dal paziente fa si che lo stesso non sia idoneo a dimostrare la provenienza da parte di quest’ultimo del rifiuto stesso.

Tuttavia, va anche detto che il rifiuto di certo verrà valorizzato dalla parte del processo intenta a farlo valere (presumibilmente il Pubblico Ministero) e, a quel punto, spetterà alla difesa dare una lettura alternativa delle ragioni per cui quel rifiuto non sarebbe valido e/o non indicativo della volontà del paziente.

Purtroppo in merito non ci sono sentenze specifiche, anche in considerazione del fatto che, come noto, la volontà del paziente di essere sottoposto alle cure mediche dipende da innumerevoli fattori.
Se si tratta di disposizioni anticipate di trattamento, ad esempio, la relativa volontà del paziente deve essere assoggettata ad un formalismo molto stringente (l. 219 del 2017) e altre modalità non avranno valore.
In altri casi, invece, le volontà del paziente possono essere ricostruite in vario modo e, a tal fine, un documento da questi redatto (anche se non sottoscritto) ben potrà avere un concreto valore indiziario.

Anonimo chiede
giovedì 18/02/2021 - Piemonte
“Buongiorno: una delle nostre videocamere di sorveglianza aveva ripreso la nostra vicina che intenzionalmente e reiteratamente gettava nella nostra proprietà (in quel periodo separata dalla sua per mezzo di una bassa rete metallica) della sporcizia. Si potevano vedere queste azioni in quanto la detta videocamera, posizionata per vigilare l'ingresso del box, "debordava" parzialmente nella proprietà della suddetta vicina senza però inquadrarle nè finestre né porta d' ingresso. Si possono utilizzare queste immagini in un eventuale contenzioso, dato che la condotta di questa vicina ha dato l' avvio ad una serie di eventi spiacevoli?”
Consulenza legale i 09/03/2021
Prima di rispondere al quesito, occorre fare una premessa importante.
L’attuale sistema processualpenalistico equipara materiale audio, foto e/o video effettuati dal privato cittadino alle cd. "prove documentali". Da tale circostanza discende la facoltà, che trae la sua ragione dall’art. 234 c.p.p., per il cittadino in questione di “produrre” tali documenti in qualsivoglia fase procedimentale.
Gli stessi, dunque, possono essere allegati ad una querela, depositati nel corso del processo dinanzi al giudice e via discorrendo.
Va, però, detto che ci sono state non poche dispute giurisprudenziali in merito alla legittimità delle riprese effettuate da apparecchi installati a tutela della proprietà privata.
Secondo, infatti, una parte della giurisprudenza di merito, laddove tali riprese abbiano un campo d’azione che consenta di filmare anche qualsiasi altro cittadino che transita nella zona di ripresa, potrebbero essere integrati i reati di violenza privata e/o interferenze illecite, previsti e puniti dagli artt. 615 bis e 610 del codice penale.
Tale principio è tanto più valido laddove le riprese includano una dimora privata.
La Cassazione penale, tuttavia, soprattutto in fattispecie aventi ad oggetto le riprese di proprietà private che includano nel campo anche una parte della pubblica via, ha affermato che le fattispecie predette non sussistono laddove la ripresa sia molto poco invasiva e, in ogni caso, tale da non mettere il soggetto ripreso in una posizione di soggezione idonea a coartare la sua libertà personale.
Da quanto su detto è possibile concludere che:
- in astratto, nel caso di specie è possibile procedere all’utilizzo di detti filmati nell’ambito, ad esempio, del deposito di un atto di denuncia - querela;
- tuttavia, se ci si rende conto che la videoripresa sia estremamente invasiva della proprietà privata altrui (perché, ad esempio, riprende una parte importante del giardino altrui dove spesso avviene il transito degli abitanti), converrebbe evitare l’utilizzo della stessa in quanto, in quel caso, ci si esporrebbe al rischio di una contro-querela per uno dei reati sopra indicati.


Dal punto di vista di un eventuale giudizio civile, la norma di riferimento è rappresentata dall’art. 2712 c.c., ai sensi del quale “le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”.
La giurisprudenza (si veda ad esempio Cass. Civ., Sez. Lav., n. 8998/2001) ha chiarito che “l’efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche di cui all'art. 2712 c.c. è subordinata — in ragione della loro formazione al di fuori del processo e senza le garanzie dello stesso — all'esclusiva volontà della parte contro la quale esse sono prodotte in giudizio”. In altre parole, tale efficacia probatoria dipende dalla circostanza della “non contestazione che i fatti, che tali riproduzioni tendono a provare, siano realmente accaduti con le modalità risultanti dalle stesse”.
Da un punto di vista strettamente procedurale il disconoscimento deve essere “chiaro, circostanziato ed esplicito (dovendo concretizzarsi nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta”: così anche Cass. Civ., Sez. III, n. 1033/2013) e deve avvenire nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla rituale acquisizione delle suddette riproduzioni.
Naturalmente, anche per l’utilizzo in un eventuale giudizio civile valgono le medesime considerazioni già svolte con riguardo all’impiego nel processo penale, dal punto di vista della tutela della riservatezza e della libertà altrui.


Anonimo chiede
martedì 02/02/2021 - Basilicata
“Un bar che non aveva ancora aperto, ha aperto 10 giorni dopo, da almeno 15 giorni prima dell'apertura del locale ha installato una videocamera senza alcuna cartellonistica e all'insaputa di tutti, questa videocamera riprendeva e riprende 15 metri di un vicolo con accesso su una piazza. in questo vicolo molti ragazzi si appartavano convinti di non essere visti, per baciarsi scherzare, fumare ecc. Un giorno avviene una lite tra ragazzi ad una decina di metri dal raggio della telecamera ed uno di loro ha una frattura con guarigione oltre 40 gg. L'UPG recupera le immagini illecitamente registrate e ipotizza una rissa collettiva. in questo modo chi passa dal raggio della telecamera e va verso la rissa o proviene dalla rissa è accusato di rissa aggravata, secondo le ultime decisioni della suprema corte, senza poter dimostrare che qualcuno di loro ha tentato di fermare i litiganti o ha solo assistito alla lite.
Mi chiedo, se è possibile effettuare riprese illecite di decine e decine di ragazzi, anche minorenni e per diversi giorni, potendo così far rilevare anche gli orientamenti sessuali (bacio di due ragazzi/ze che credono di essere appartati) e la procura utilizza queste immagini senza porsi il problema della loro liceità ne procede d'ufficio nei confronti del proprietario del bar per acquisizione delle immagini in violazione del consenso, ma le utilizza come prova. Al di là delle singole responsabilità penali, non ci si pone il problema che i ragazzi non sapendo di essere ripresi hanno potuto anche avere atteggiamenti ambigui senza incorrere in un reato penale (... avere paura, unirsi in gruppo o andare a vedere che succede). Il reato di rissa è ostico e basta dimostrare la partecipazione andando verso la rissa, ma nella realtà spesso la gente corre per separare o al massimo per andare a guardare con curiosità. Intanto adesso ci dobbiamo difendere in sede Penale con gli avvisi di garanzia su ragazzi di 18 anni e censiti ... gratis nelle banche dati della polizia, come indagati per rissa. Così facendo mettiamo videocamere in violazione della privacy dappertutto e anche nei bagni pubblici tanto ... prima o poi un reato penale può sempre succedere e si agevola la giustizia..., potremmo registrare decine e decine di persone che fanno i loro bisogni fa nulla... potremmo sempre scoprire con facilità un omicidio o una violenza.
Insomma se la tortura può essere utile perché il colpevole confessa subito, ma non è utilizzata in quanto in violazione di legge, perché le immagini riprese in violazione di legge che possono essere utili per la ricerca del reo, possono essere utilizzate come prova? Quanto uno schiaffo o una spinta amichevole tra amici può asetticamente tradursi in un video violenza e rissa ... se sfortuna vuole, a pochi metri da loro due ragazzi si picchiano in seguito.
Io credo che solo le immagini lecitamente riprese possano essere utilizzata anche nel penale come prova, altrimenti distruggeremo le nostre garanzie di cittadini e della nostra privacy nel processo penale. Alla luce dell'inasprimento anche della pena nel reato di rissa (potevano introdurre un terzo comma con cui si inaspriva la pena in caso di omicidio), il garante non serve a nulla, riprendo ciò che voglio e specie una strada pubblica tanto ... ci troviamo in Italia come il sommergibile che dava la caccia ad ottobre rosso, tolse la sicura ai siluri e se li ritrovò contro saltando in aria.”
Consulenza legale i 03/02/2021
Se l’oggetto del quesito è stato ben compreso, si chiede di valutare la legittimità dell’installazione di una videocamera all’ingresso di un bar il cui raggio di ripresa video, oltre a includere lo spazio privato di pertinenza del locale, arriva anche a carpire immagini di un vicolo pubblico e accessibile a tutti.

La risposta è positiva.

Il concetto di tutela della privacy nell’ambito dei procedimenti penali è spesso e volentieri emerso e, oltre alle questioni riguardanti le intercettazioni video, si è posto anche rispetto al tema di cui al quesito.

Senza impelagarci in astrusi tecnicismi giuridici, le legittimità e la liceità di simili videoregistrazioni è stata sancita, da ultimo, dalla Cass. pen. Sez. V Sent., 07/03/2019, n. 20527 secondo la quale “l'installazione di sistemi di videosorveglianza con riprese del pubblico transito non integra il delitto di violenza privata, trattandosi di attività in sé non illecita, suscettibile di causare condizionamenti minimi delle abitudini dei soggetti esposti e comunque tale da conseguire immediatamente il suo effetto, senza determinare un evento di coartazione della libertà di autodeterminazione degli stessi”.

Logico corollario di quanto sopra esposto è che le videoregistrazioni effettuate, laddove necessario (e come accaduto nel caso di specie), possono legittimamente entrare a far parte del fascicolo delle indagini preliminari.

Ciò, tuttavia, non vuol di certo dire che tutti i soggetti ripresi (anche se in comportamenti che sembrano far pensar che siano partecipi alla rissa) saranno condannati per il reato di cui all’art. 588 c.p. in quanto questi ultimi potranno, attraverso i testimoni, dare prova della loro estraneità ai fatti.

Alessandro chiede
giovedì 29/08/2019 - Emilia-Romagna
“Buongiorno

vi scrivo relativamente ad un caso di scuola effettivamente non capitatomi.

Immagino 2 scenari
1) una persona ha con sè un un registratore tascabile e va ad un incontro nel quale teme che qualcuno lo possa offendere; prima di entrare nella stanza dove anche egli partecipa all'incontro accende il registratore e non avverte nessuno della cosa. Qualora durante l'incontro emergano dichiarazioni offensive, possono queste essere utilizzate come prova valida in tribunale?
2a) una persona ha con sè un un registratore tascabile e va ad un incontro nel quale teme che qualcuno lo possa offendere; entra nella stanza ed avverte le persone che sta per registrare l'intera conversazione.
Tutte le persone accettano la cosa; qualora durante l'incontro emergano dichiarazioni offensive, possono queste essere utilizzate come prova valida in tribunale?
2b) una persona ha con sè un un registratore tascabile e va ad un incontro nel quale teme che qualcuno lo possa offendere; entra nella stanza ed avverte le persone che sta per registrare l'intera conversazione.
non tutte le persone accettano la cosa, ma egli decide di registrare ugualmente; possono le persone contrarie chiamare i carabinieri o comunque in tal caso la persona che accende il registratore sta commettendo un reato?
Qualora poi durante l'incontro emergano dichiarazioni offensive, possono queste essere utilizzate come prova valida in tribunale?

Grazie

Cordiali saluti”
Consulenza legale i 29/08/2019
I quesiti posti, in realtà, si riducono a due e, nello specifico: è legittimo registrare una conversazione tra presenti nonostante l’eventuale dissenso di questi e, in caso, il risultato è producibile in giudizio?

Tale condotta può costituire reato?

La risposta è positiva rispetto al primo quesito e negativa rispetto al secondo.

Il fatto stesso, invero, che si registri una conversazione in cui il registrante ha il diritto di partecipare e, dunque, fa legittimamente parte della stessa, esclude alla base qualsiasi violazione della privacy e la sussistenza di qualsivoglia reato.

Allo stesso modo, la notevole libertà probatoria del nostro ordinamento consente la producibilità in giudizio delle registrazioni in questione.

Entrambi i profili sono confermati dalla giurisprudenza civile, penale e amministrativa.

Si veda:
  • Cass. pen. Sez. VI Sent., 05/04/2018, n. 30994 (rv. 273595) e Cass. pen. Sez. VI Sent., 03/10/2017, n. 1422 (rv. 271973) che ammettono pacificamente la possibilità, per chi che sia, di registrare una conversazione tra presenti e di produrla in giudizio;
  • Cons. Stato Sez. VI Sent., 28/06/2007, n. 3797 che pure ammette pacificamente la registrazione tra presenti “poiché, per orientamento consolidato della Cassazione penale, la registrazione fonografica clandestina di colloqui tra presenti da parte di un soggetto che ne sia partecipe, costituisce una forma di memorizzazione di fatto storico del quale l'autore può disporre legittimamente, anche ai fini di prova nel processo ai sensi dell'art. 234 c.p.p., non può essere disciplinarmente sanzionato dall'Amministrazione il dipendente pubblico che registri conversazioni intercorse con studenti e colleghi per sostenere una denuncia in sede penale, poiché la valutazione disciplinare deve arrestarsi, per il principio di non contraddizione, di fronte ad un comportamento posto in essere nell'esercizio di un diritto quale, nel caso di specie, il diritto di difesa”;
  • Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 10/05/2018, n. 11322 (rv. 648816-01) stando alla quale “l'utilizzo a fini difensivi di registrazioni di colloqui tra il dipendente e i colleghi sul luogo di lavoro non necessita del consenso dei presenti, in ragione dell'imprescindibile necessità di bilanciare le contrapposte istanze della riservatezza da una parte e della tutela giurisdizionale del diritto dall'altra e pertanto di contemperare la norma sul consenso al trattamento dei dati con le formalità previste dal codice di procedura civile per la tutela dei diritti in giudizio; ne consegue che è legittima, ed inidonea ad integrare un illecito disciplinare, la condotta del lavoratore che abbia effettuato tali registrazioni per tutelare la propria posizione all'interno dell'azienda e per precostituirsi un mezzo di prova, rispondendo la stessa, se pertinente alla tesi difensiva e non eccedente le sue finalità, alle necessità conseguenti al legittimo esercizio di un diritto”.



MAURIZIO M. chiede
domenica 21/10/2018 - Calabria
“Considerato che ho un impianto di videosorveglianza (segnalato) e mi ero tutelato mettendo anche un registratore alla finestra del bagno. Avevo sospetti sul ricevere una ulteriore provocazione da vicini "protetti" ed infatti cosi è stato. Vennero chiamati da costoro i carabinieri e mi trovo un verbale del tutto falsificato, fra l'altro scrivono che li chiamo io. Posso utilizzare tale video ed audio anche montati insieme per fare una querela di falso ed anche portarla come prova davanti a un GUP per gettare dubbi anche su verbali precedenti per un procedimento penale rinviato a giudizio grazie anche a falsi verbali precedenti considerato che nel vicolo sottostante sono presenti anche dei bambini?”
Consulenza legale i 25/10/2018
Prescindendo dal cospicuo numero di cause penali che sembrano essere in corso e dovute ad un rapporto di alta conflittualità tra i vicini, per rispondere alla richiesta va compreso come e se può essere utilizzata la registrazione sia video che audio nell’ambito di un procedimento penale.

Quando alla possibilità di usarla, alla domanda risponde in modo chiaro l’articolo 234 del codice di procedura penale che, in sostanza, assimila alla prova documentale (intesa come documento in senso stretto) anche qualsiasi elemento che rappresenta fatti, persone o cose mediante la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo.
Sicuramente dunque i filmati e le registrazioni possono essere utilizzate in un procedimento penale e possono essere utilizzate in qualsiasi stato dello stesso.

Quanto alle modalità di utilizzo di tali documenti, va fatta molta attenzione.
I documenti videoregistrati o comunque le registrazioni sono molto utili ai fini del confutamento della tesi avversaria nell’ambito di un qualsiasi processo.
Se, ad esempio, siamo nell’ambito di un procedimento penale sorto da una denuncia per aggressione in cui il querelante affermi che è stato aggredito per primo, allora l’eventuale video disponibile sarà estremamente utile al fine di dimostrare il contrario, se effettivamente dallo stesso si evince il contrario. E questo video potrà essere utilizzato, come anzidetto, sia nel corso delle indagini preliminari che nel corso di tutto il restante e eventuale processo (ivi compresa la fase del dibattimento o dell’ udienza preliminare ).

Quanto invece alla possibilità di utilizzare un video e/o un qualsiasi documento registrato per proporre una querela di falso contro un verbale, la risposta non è del tutto positiva e dipende da molteplici fattori. In via generale è possibile, ma bisogna essere assolutamente certi che il video attesti l’esatto contrario di quanto verbalizzato e che la verbalizzazione non sia oggetto di eventuali interpretazioni.

Concentrandoci tuttavia su quello che è il caso sottoposto nello specifico, si sconsiglia tale azione. Nel caso di specie infatti i verbali che si intenderebbe denunciare sono quelli redatti dalla Polizia dopo l’intervento su chiamata. Orbene, in questi casi il verbale traduce in pochissime parole ciò che viene riportato alla Polizia dal soggetto chiamante e dal soggetto intervenuto tale per cui è ovvio che quel verbale non sia destinato a provare in modo univoco una circostanza ed è dunque ovvio che non sono i poliziotti ad essersi macchiati del falso ma il dichiarante.

Concludendo in breve, sicuramente il documento audio o videoregistrato può essere utilizzato nell’ambito di un procedimento penale e difronte ad un GUP; sul versante della denuncia invece si sconsiglia di utilizzarlo contro i verbalizzanti e piuttosto si consiglia di utilizzarlo al fine di denunciare la falsità delle dichiarazioni rese dalla parte avversa che potrebbero integrare anche il reato di diffamazione e/o di calunnia ex artt. 368 c.p. o 595 c.p. Fermo restando che quella della denuncia dovrebbe essere una scelta residuale.

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