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Articolo 468 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 25/08/2024]

Citazione di testimoni, periti e consulenti tecnici

Dispositivo dell'art. 468 Codice di procedura penale

1. Le parti che intendono chiedere l'esame di testimoni [194 ss.], periti [220 ss.] o consulenti tecnici [230] nonché delle persone indicate nell'articolo 210 devono, a pena di inammissibilità, depositare in cancelleria, almeno sette giorni prima della data fissata per il dibattimento [173], la lista con la indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame(1).

2. Il presidente del tribunale o della corte di assise, quando ne sia fatta richiesta, autorizza con decreto la citazione dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell'articolo 210, escludendo le testimonianze vietate dalla legge e quelle manifestamente sovrabbondanti. Il presidente può stabilire che la citazione dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell'articolo 210 sia effettuata per la data fissata per il dibattimento ovvero per altre successive udienze nelle quali ne sia previsto l'esame. In ogni caso, il provvedimento non pregiudica la decisione sull'ammissibilità della prova a norma dell'articolo 495.

3. I testimoni e i consulenti tecnici indicati nelle liste possono anche essere presentati direttamente al dibattimento.

4. In relazione alle circostanze indicate nelle liste, ciascuna parte può chiedere la citazione a prova contraria di testimoni, periti e consulenti tecnici non compresi nella propria lista, ovvero presentarli al dibattimento(2).

4-bis. La parte che intende chiedere l'acquisizione di verbali di prova di altro procedimento penale deve farne espressa richiesta unitamente al deposito delle liste. Se si tratta di verbali di dichiarazioni di persone delle quali la stessa o altra parte chiede la citazione [238 5], questa è autorizzata dal presidente solo dopo che in dibattimento il giudice ha ammesso l'esame a norma dell'articolo 495(3).

5. Il presidente in ogni caso dispone di ufficio la citazione del perito nominato nell'incidente probatorio a norma dell'articolo 392 comma 2.

Note

(1) Si tratta di un termine c.d. libero, ovvero non si computa né il dies a quoil dies ad quem.
(2) Ciò significa che ciascuna parte può ottenere la citazione e l'ammissione di testimoni, periti e consulenti sulle circostanze introdotte dalla controparte anche senza averli prima indicati nelle liste.
(3) Tale comma è stato introdotto dall'art. 7, comma 1, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella l. 7 agosto 1992, n. 356.

Ratio Legis

Al fine di garantire un efficace contraddittorio tra le parti, non sono consentite prove a sorpresa, di qui la funzione di discovery delle liste testimoniali.

Spiegazione dell'art. 468 Codice di procedura penale

Premesso che in generale non sono consentite prove “a sorpresa”, le parti sono tenute a presentare la lista dei testimoni, periti e consulenti almeno sette giorni prima della data fissata per il dibattimento, nonché delle persone indicate all'articolo 210, con l'indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame, il tutto a pena di inammissibilità.

Ogni parte processuale deve dunque essere a conoscenza dei fatt che le altre parti intendono provare e dunque le liste testimoniali presentano la tipica funzione di discovery.

Il decreto del presidente ha la funzione di autorizzare la citazione delle persone inserite nella lista. La citazione può essere negata solo per le testimonianze vietate dalla legge e per manifestamente sovrabbondanti. La relativa valutazione non implica un giudizio sulla ammissibilità, riservato ex art. 495 al collegio dopo l'esposizione introduttiva, come parimenti non richiede la conoscenza dei fatti. La valutazione, quindi, deve essere compita solamente sulla base delle informazioni contenute nelle liste.

Va ad ogni modo precisato che la norma in commento non riguarda l'esame delle parti, motivo per cui nei confronti di queste ultime è invece consentito l'esame senza preavviso, anche perché a ben vedere fanno già parte del processo.

Insieme alle liste suddette deve altresì essere depositata anche la richiesta di acquisizione dei verbali di prova provenienti da altri procedimenti ex art. 238, di modo che la parte nei cui confronti verrà utilizzato il verbale ne sia già a conoscenza, anche se in realtà il fine principale del comma 4 bis è quello di rimandare l'eventuale citazione di tali soggetti al momento dell'ammissione della prova. Difatti, al fine di evitare la c.d. “usura” dei testimoni, tramite la modifica dell'articolo 495, comma 1, l'ammissione della prova oraledeve essere successiva all'acquisizione del documento ex art. 238, e può anche essere rifiutata dal giudice, nei procedimenti per i gravi delitti di cui all'articolo 51, comma 3 bis, qualora non ricorrano le condizioni previste dall'art. 190 bis, vale a dire che l'esame riguardi fatti o circostanze diverse ovvero sia ritenuto necessario sulla base di specifiche esigenze.

Massime relative all'art. 468 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 27698/2018

L'obbligo di indicare nella lista testimoniale le circostanze sulle quali deve vertere l'esame è adempiuto anche in presenza di un'implicita articolazione delle circostanze dell'esame testimoniale del pubblico ministero inequivocabilmente riferibile alle condotte illecite contestate, purchè non vi sia alcuna apprezzabile violazione del diritto di difesa nel senso di una sostanziale imprevedibilità del contenuto della prova prospettata.

Cass. pen. n. 23004/2017

La preclusione alle richieste probatorie delle parti, conseguente al mancato rispetto del termine fissato nel primo comma dell'art. 468 cod. proc. pen., non riguarda le richieste di acquisizione di prove documentali, che possono dunque essere avanzate anche in un momento successivo a quello fissato dalla disposizione suddetta; ne consegue che deve escludersi che l'art. 493 cod. proc. pen., il quale disciplina l'esposizione introduttiva e le richieste di prova avanzate dalle parti, preveda una preclusione alla esibizione di documenti, ed all'ammissione di essi da parte del giudice, in un momento successivo a quello fissato dalla norma suddetta, essendo tale preclusione esplicitamente limitata alle prove che devono essere indicate nelle liste di cui all'art. 468 cod. proc. pen. (In motivazione la S.C. ha precisato che in caso di esibizione di documenti successiva all'esposizione introduttiva, tuttavia, deve essere garantito alle altri parti il diritto di esaminarli, secondo quanto prescrive l'art. 495, comma terzo, cod. proc. pen.).

Cass. pen. n. 22585/2017

In tema di prove testimoniali, la mancata citazione dei testimoni già ammessi dal giudice per l'udienza fissata ai fini della loro escussione comporta la decadenza della parte dalla prova, con la conseguenza che legittimamente il giudice provvede a revocare l'ammissione dei predetti testi.

Cass. pen. n. 14588/2017

Ai fini dell'acquisizione di un verbale di arresto relativo ad un altro procedimento, non è necessaria la richiesta di parte ex art. 468, comma 4-bis, cod. proc. pen., da formularsi unitamente al deposito delle liste testimoniali, non costituendo esso un verbale di prova, ma la documentazione di un atto irripetibile, acquisibile a norma dell'art. 238, comma terzo, cod. proc. pen.

Cass. pen. n. 6883/2017

È inammissibile il deposito della lista testimoniale, mediante l'uso della posta elettronica certificata (PEC). (In motivazione, la S.C. ha precisato che, in assenza di una espressa norma derogatoria - prevista invece per il giudizio civile dall'art. 16-bis D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modifiche in legge n. 221 del 2012 - il deposito della lista testimoniale non può essere effettuato con modalità diverse da quelle prescritte dall'art. 468, comma primo, cod. proc. pen. a pena di inammissibilità).

Cass. pen. n. 13338/2015

In tema di diritto alla prova, quando una parte (nella specie, il P.M.) rinuncia all'esame di un proprio testimone, le altre parti (nella specie, la difesa dell'imputato) hanno diritto a procedervi solo se questo era inserito nella loro lista testimoniale, valendo altrimenti la loro richiesta come mera sollecitazione all'esercizio dei poteri officiosi del giudice ex art. 507 cod.proc.pen.

Cass. pen. n. 29562/2014

La mancata citazione del teste per l'udienza non comporta la decadenza della parte richiedente dalla prova, salvo che quest'ultima sia superflua o la nuova autorizzazione alla citazione per un'udienza successiva comporti il ritardo della decisione.

Cass. pen. n. 28371/2013

Nel computo del termine per il deposito della lista testimoniale deve essere applicata la disciplina generale relativa alla sospensione dei termini durante il periodo feriale, per cui se il processo non rientra tra quelli che vengono comunque trattati in tale periodo, anche il termine per la presentazione della lista deve ritenersi sospeso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non rispettato il termine di sette giorni per il deposito della lista dei testimoni avvenuto il 29 luglio per l'udienza del 17 settembre).

Cass. pen. n. 4671/2010

L'ammissione dei testimoni richiesti nel corso del dibattimento dal pubblico ministero, ancorché ai sensi dell'art. 468 c.p.p. fosse stata in precedenza negata l'autorizzazione alla citazione, non dà luogo a inutilizzabilità.

Cass. pen. n. 38526/2008

L'obbligo di indicare nella lista testimoniale le circostanze su cui deve vertere l'esame è adempiuto se i temi che la parte intende proporre nell'istruzione dibattimentale possono inequivocamente individuarsi e, quindi, anche se tale individuazione è consentita dall'inserimento della lista nel decreto di citazione, in modo da rendere chiaro che i fatti su cui i testimoni devono essere esaminati sono quelli oggetto dell'imputazione.

Cass. pen. n. 5636/2008

Rientra nei poteri del giudice di appello disporre d'ufficio la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale qualora ritenga assolutamente necessario l'esame dei testimoni le cui dichiarazioni rese nel dibattimento di primo grado siano state dichiarate inutilizzabili dallo stesso giudice di appello per tardivo deposito della lista prevista dall'art. 468 c.p.p.

Cass. pen. n. 35372/2007

La decadenza dalla prova di una delle parti non può essere surrogata dal recupero di una prova alla quale un'altra parte abbia rinunciato; ne consegue che, allorchè il pubblico ministero abbia rinunciato all'esame dei propri testimoni, la difesa può procedervi solo se abbia osservato le formalità connesse alla lista testi poste a garanzia di un informato contraddittorio.

Cass. pen. n. 32343/2007

La parte, una volta ottenuta l'autorizzazione a citare i propri testimoni, ha l'onere di provvedere agli adempimenti necessari alla citazione degli stessi ovvero di provvedere personalmente alla loro presentazione in udienza; l'inadempimento di tale onere, pur non dando luogo ad inammissibilità della prova, impedisce tuttavia alla parte di chiedere il rinvio del dibattimento per l'escussione dei propri testi, non citati né presenti.

Cass. pen. n. 25523/2007

La violazione dell'obbligo della indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame testimoniale, previsto dalle disposizioni dettate per il procedimento dinanzi al giudice di pace, comporta l'inutilizzabilità della testimonianza solo quando al teste viene richiesto un contributo di conoscenza ulteriore rispetto a quanto già descritto nel capo d'imputazione, ma non quando questi è chiamato a confermare la sussistenza del fatto storico ivi enunciato. (Fattispecie in tema di esame testimoniale degli operanti in ordine all'accertamento del tasso alcoolemico, specificamente indicato nel capo d'imputazione).

Cass. pen. n. 6903/2007

È legittimo, perché giustificato dall'esercizio dei poteri officiosi di iniziativa probatoria del giudice dibattimentale, il provvedimento con cui è ammesso, in sostituzione del testimone indicato nella lista ex art. 468 c.p.p., l'esame di altro testimone non indicato, se dall'istruzione dibattimentale risulti che questi è meglio informato sui fatti su cui deve vertere l'esame. (Mass. redaz.).

Cass. pen. n. 1585/2007

Il mancato deposito della lista testimoniale nel termine prescritto non determina, in assenza di una espressa previsione di legge, l'inutilizzabilità della prova comunque assunta. (Mass. redaz.).

Cass. pen. n. 36791/2006

La deposizione di un testimone esaminato in sostituzione di altro indicato nella lista di cui all'art. 468 c.p.p. è utilizzabile, se l'esame è ritualmente condotto e la testimonianza pertinente alle circostanze indicate nella lista stessa.

Cass. pen. n. 5327/2004

Se è vero che la situazione di impossibilità che consente, secondo l'art. 493, secondo comma, c.p.p., la acquisizione di prove non indicate nella lista prevista dall'art. 468 dello stesso codice deve essere intesa in senso relativo e non assoluto, potendo essa ricorrere anche in presenza di un contesto di difficile esercizio della facoltà riconosciuta alle parti dall'art. 468 cit., rientra nell'esclusiva competenza del giudice di merito la valutazione delle circostanze addotte dalle parti processuali per dimostrare di non avere potuto indicare tempestivamente le prove nella lista.

Cass. pen. n. 4936/2004

È ammissibile e utilizzabile l'esame testimoniale di una persona informata sui fatti sentita in luogo di quella indicata nella lista di cui all'art. 468 c.p.p., purché ritualmente condotto e pertinente a circostanze indicate nella lista stessa. (Fattispecie nella quale era stato esaminato su determinate circostanze, in luogo dell'amministratore di una società, persona da questi «formalmente delegata»).

Cass. pen. n. 37503/2002

Ai fini della configurabilità del delitto di subornazione, nella fase del giudizio la qualità di «persona chiamata a rendere dichiarazioni davanti all'autorità giudiziaria» si assume nel momento dell'autorizzazione del giudice alla citazione della stessa in qualità di testimone, ai sensi dell'art. 468, comma 2, c.p.p.

Cass. pen. n. 31085/2001

Il provvedimento con il quale il giudice respinge la richiesta della parte alla autorizzazione alla citazione dei testi per genericità dei capitoli di prova, in quanto formulati per relationem al capo di imputazione, è illegittimo, ma non abnorme, atteso che detto provvedimento non si pone fuori dal sistema processuale (essendo specificamente previsto dall'art. 468 cpv. c.p.p.), e non determina la stasi del procedimento, in quanto, da un lato, la parte, conosciuta la ragione del diniego, ben può provvedere alle opportune specificazioni ed integrazioni, reiterando la richiesta, così come può presentare direttamente in dibattimento i testimoni indicati nelle liste; dall'altro, può sollecitare l'esercizio da parte del giudice del potere di assunzione delle prove, ritenute assolutamente necessarie, ai sensi dell'art. 507 c.p.p. (vedasi sentenza Corte costituzionale n. 111 del 1993).

Cass. pen. n. 9536/2001

Qualora la parte che, oltre ad avere chiesto ed ottenuto l'acquisizione di un verbale di prova di altro procedimento penale (nella specie, perizia), abbia anche, a suo tempo, indicato nella lista testi (debitamente approvata dal presidente del tribunale), la persona che aveva reso le dichiarazioni contenute nel suddetto verbale, dichiari di rinunciare alla sua audizione, tale rinuncia, pur a fronte dell'opposizione delle altre parti, le quali non abbiano però a loro volta avanzato esplicita richiesta volta ad ottenere la citazione di detta persona, non implica che a siffatto incombente debba provvedere, d'ufficio, il giudice e non incide, quindi, sulla legittimità dell'avvenuta acquisizione del verbale.

Cass. pen. n. 6674/2000

È legittima l'acquisizione al fascicolo del dibattimento, richiesta dal P.M. unitamente al deposito delle liste testimoniali, di verbali di prove di altri procedimenti penali, purché si tratti di prove assunte in incidente probatorio o in dibattimento. (Fattispecie relativa all'acquisizione di verbali di dichiarazioni rese da testimone e da imputato di reato connesso).

Cass. pen. n. 5603/2000

Nell'ipotesi in cui, a seguito di decreto di autorizzazione emesso ai sensi del secondo comma dell'art. 468 c.p.p., la parte non provveda alla citazione del testimone, il giudice non può — per ciò soltanto — revocare la prova ammessa, a meno che essa non risulti superflua secondo quanto prevede il quarto comma dell'art. 495 c.p.p. Ciò in quanto l'omessa citazione del testimone non ha alcuna incidenza sui criteri di ammissione della prova. (Ha specificato la Corte che se può porsi un problema di ammissibilità della prova in caso di mancata indicazione del testimone nelle liste, né l'omessa citazione né l'omessa presentazione dei testimoni al dibattimento comportano per contro alcuna decadenza della prova medesima).

Cass. pen. n. 100/2000

L'imputato che abbia omesso di indicare le prove ritenute utili per la propria difesa non può più esercitare nelle successive fasi del processo alcun autonomo impulso probatorio, anche nella ipotesi consentite, del difensore, il quale è tenuto a svolgere il proprio mandato nelle condizioni processuali esistenti al momento del suo ingresso nel processo. Infatti la sostituzione del difensore non può incidere su una situazione processuale radicatasi, per autonoma e consapevole scelta difensiva, nel rispetto delle regole del contraddittorio.

Cass. pen. n. 3482/1999

È legittimo il provvedimento con il quale il presidente o il pretore, nel rinviare a udienza successiva il dibattimento, disponga che i testimoni assenti vengano ricitati a cura del pubblico ministero. Non può in contrario valere, infatti, la disposizione dettata dall'art. 143 att. c.p.p., giacché l'espressione «citazione a giudizio» che vi compare è riferibile soltanto alla citazione dell'imputato, come si desume pure dall'art. 485 del codice di rito. D'altra parte, la regola generale stabilita dall'art. 468 c.p.p. vuole che i testimoni siano citati a cura della parte che li ha indicati nella propria lista e che ne abbia richiesto, o intenda richiederne, l'ammissione, sicché non v'è ragione che tale principio sia derogato quando la citazione sia già avvenuta ed occorra provvedere ad una nuova citazione a seguito del differimento del dibattimento ad altra udienza.

Cass. pen. n. 10795/1999

Poiché l'art. 468, primo comma, c.p.p. ha soprattutto lo scopo di consentire alla controparte di dedurre la prova contraria, qualora le altre parti già conoscano i fatti sui quali deve vertere la testimonianza, essendo essi analiticamente contenuti nel capo di imputazione e avendo costituito oggetto di esami regolarmente depositati, le esigenze difensive risultano soddisfatte anche se la deduzione testimoniale faccia generico riferimento ai fatti del processo, ben potendo ciascuno di tali fatti essere correlato senza equivoci alle circostanze. (In motivazione, la S.C. ha osservato che in ogni caso non è prevista alcuna nullità per l'eventuale ammissione di prove non tempestivamente indicate dal P.M., nelle liste di cui all'art. 468 c.p.p. o con indicazione generica quanto al tema, e che rientra comunque tra i poteri del giudice assumere d'ufficio, a norma dell'art. 507 c.p.p., i mezzi di prova che la parte ha indicato, sia pure intempestivamente o irritualmente).

Cass. pen. n. 10504/1999

L'obbligo dell'indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame dei testimoni, imposto dal primo comma dell'art. 468 c.p.p., è necessario solo quando le circostanze si discostino dal capo di imputazione, ampliandosi così la tematica che si intende proporre nell'istruttoria dibattimentale. Detto obbligo deve ritenersi rispettato non soltanto quando nella lista testimoniale le circostanze sono indicate con richiamo diretto al capo di imputazione, ma anche quando sia possibile dedurre per relationem che la persona indicata è tra i protagonisti dei fatti articolati nel capo di imputazione e le circostanze sulle quali è chiamata a deporre sono ricomprese in esso o in altri atti che debbono essere noti alle parti. Infatti la finalità dell'art. 468 è quella di tutelare le parti del processo contro la introduzione di eventuali prove a sorpresa e di consentire loro la tempestiva predisposizione di proprie controdeduzioni.

Cass. pen. n. 27941/1999

Nel caso di rinvio dell'udienza dibattimentale a nuovo ruolo, così come nel caso di suo improprio rinvio ad udienza fissa, disposto prima della apertura del dibattimento, compete sempre alle parti e non al giudice l'onere di citare i testi. Invero, con il rinvio, le parti riacquistano interamente i diritti non espressamente esclusi da precise disposizioni normative e, tra questi, quello di depositare la lista testi prima dell'udienza di rinvio. Alle stesse pertanto compete anche il conseguenziale onere di curare la citazione dei testi.

Cass. pen. n. 9693/1999

Nel processo accusatorio la rinuncia, anche per acta concludentia, a far valere la decadenza in cui sia incorsa la controparte in tema di tempestivo deposito della lista testimoniale, preclude la possibilità di far valere la decadenza in sede di impugnazione. (Fattispecie in tema di costituzione della parte civile dopo la scadenza del termine per la presentazione della lista testimoniale, senza formale opposizione della difesa dell'imputato alle prove richieste).

Cass. pen. n. 8612/1998

La sanzione di inammissibilità prevista dall'art. 468, comma 1, c.p.p. riguarda non soltanto il tardivo deposito della lista ma anche la mancata indicazione delle circostanze sulle quali deve vertere l'esame dei testi. Tale esigenza è soddisfatta quando la individuazione dell'oggetto dell'esame è idoneo a consentire il diritto alla controprova: il che avviene quando alla individuazione suddetta si possa pervenire attraverso il richiamo al fatto descritto in atti noti al giudice e alle altre parti (fatti denunciati ed esplicitati nella imputazione; circostanze specifiche oggetto di atti particolari di indagine; circostanze desumibili dalla qualificazione del teste e dalla documentazione nota; racconto della vicenda compiuto già da altro soggetto nel dibattimento).

Cass. pen. n. 5976/1997

Una volta introdotto un teste nella dinamica dibattimentale attraverso l'indicazione nella lista testi approvata dal presidente del tribunale nelle forme di rito, la sua escussione non è più rimessa esclusivamente alla volontà della parte che lo ha richiesto e la rinuncia ad essa fa salvo il diritto dell'altra parte di procedere all'esame o comunque vincola il tribunale a motivare in modo esplicito sulla non assunzione della prova (nel caso di specie un teste d'accusa) in applicazione del principio generale previsto dall'art. 495 comma 4 c.p.p.

Cass. pen. n. 1968/1997

Non v'è violazione dell'art. 468 c.p.p. quando l'enunciazione dei capitoli di prova avvenga con riferimento al contenuto degli atti redatti dal pubblico ufficiale (nella specie verbale di contestazione compilato dall'amministrazione finanziaria). In tal modo è assicurato il contraddittorio tra le parti, che, attraverso l'esame della documentazione, sono in grado di assumere la propria linea difensiva e di impostare anche l'eventuale controprova. Ne consegue la legittimità dell'ordinanza ammissiva della prova medesima.

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relative all'articolo 468 Codice di procedura penale

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C. A. chiede
domenica 15/09/2024
“Buonasera, scrivo per una consulenza in ambito legale. Mi è stato chiesto di testimoniare ad un processo penale. Ho già fornito il mio nominativo completo e domicilio alla persona che mi ha fatto la richiesta e le informazioni sono state comunicate al suo legale. La mia domanda riguarda i tempi in cui riceverò la convocazione in Tribunale. Considerando che la prima udienza si terrà il prossimo 24 Settembre 2024, è corretto pensare che non riceverò la convocazione prima di quella data? Attendo riscontro e ringrazio anticipatamente.”
Consulenza legale i 17/09/2024
Il dibattimento penale, eccezion fatta per alcuni Tribunali (come ad esempio quello di Brescia), non prevede l’escussione dei testi alla prima udienza.

Nel corso dell’udienza in parola, invero, si dà spazio solo alle questioni preliminari e alle richieste prova che servono per aprire correttamente il dibattimento e dunque a sentire i testimoni.

Una volta eseguite tali incombenze si rinvia per sentire i testimoni, la cui escussione ha tuttavia un ordine ben preciso nel senso che si ascoltano prima i testi del PM, poi si procede all’eventuale esame dell’imputato e, solo dopo, i testi della difesa.

Generalmente, e a meno che i testi non siano davvero pochi, in una udienza a sé stante vengono sentiti i testi del PM e, a quella successiva, si procede con l’esame dell’imputato e con tutti (o alcuni, dipende dal numero) i testi della difesa.

Nel caso di specie, quindi, trattandosi di teste della difesa, è possibile supporre che il suo esame avverrà una o due udienze dopo quella del 24 settembre 2024. E’ da escludere dunque che il teste verrà convocato per la prima udienza, anche perché in tal caso avrebbe dovuto già ricevere la citazione, che di solito (e salvo che non ricorrano particolari urgenze) viene trasmessa dal difensore molto tempo prima (generalmente 2 settimane) della data fissata per l’udienza di escussione testimoniale.

L. S. chiede
venerdì 30/08/2024
“Salve, in un eventuale processo/dibattimento per "lesioni personali lievi guaribili in 3gg" , l'accusa e il dibattimento stesso si svolge in base esclusivamente agli atti contenuti nelle indagini preliminari oppure possono emergere anche altri fatti/testimonianze tenute fino a quel momento nascoste di cui l'indagato/imputato non era a conoscenza?
Grazie.
Cordialità.


Consulenza legale i 02/09/2024
Nelle indagini preliminari, come noto, il Pubblico Ministero raccoglie tutti gli elementi che lo aiutano a comprendere se la notizia di reato è fondata oppure no.
Le indagini possono essere le più svariate in quanto il PM può raccogliere documenti, sentire a sommarie informazioni determinati soggetti e, nei casi più gravi, disporre sequestri, ispezioni etc.

Il dibattimento è la fase successiva a quella delle indagini e in tale fase protagonista assoluto è il giudice che deve valutare se la contestazione mossa dal PM è fondata oppure no, nel contraddittorio con la difesa dell’imputato che farà di tutto per dimostrare la sua innocenza.

Ora, onde convincere il giudice, il PM sarà tenuto a provare tutti gli elementi a carico dell’imputato. Questi elementi, tuttavia, sono generalmente acquisiti nel corso delle indagini e questa è la ragione per la quale, nel 99% dei casi, il PM nel dibattimento utilizzerà solo ed esclusivamente gli atti d’indagine compiuti e a quelli si atterrà, senza particolari variazioni o sorprese.

Ciò avviene soprattutto con le sommarie informazioni testimoniali. In questi casi, invero, il PM chiamerà a deporre davanti al giudice gli stessi soggetti già sentiti a sommarie informazioni per il semplice fatto che, nella maggior parte dei casi, il PM non saprebbe chi altri chiamare.

Questo è ciò che avviene di fatto nella maggior parte dei casi.

Tuttavia, va detto che non v’è nessuna disposizione del codice che vieta al PM di sentire, nel corso del dibattimento, anche soggetti diversi e ulteriori da quelli già sentiti a sit. L’unico limite è che tale intenzione deve essere dichiarata dal PM nel corso delle richieste di prova o, ancor prima (ovvero 7 giori antecedenti alla data fissata per la prima udienza dibattimentale, come affermato dall’articolo 468 c.p.p.), al momento del deposito della lista testimoniale (incombente che anche la difesa dell’imputato deve osservare).
In tale atto, infatti, dovranno essere dichiarati i testimoni e i consulenti tecnici che le parti intendono sentire nel corso del dibattimento (anche diversi da quelli sentiti a sit o a investigazioni difensive) e dovranno essere indicate anche, sebbene per sommi capi, le circostanze su cui tali soggetti verranno sentiti.

In estrema sintesi, quindi:
- nella maggior parte dei casi il PM gestisce il dibattimento sulla base delle indagini effettuate e, sul fronte testimoniale, è rarissimo che il PM chiami soggetti diversi da quelli già escussi nel corso delle indagini;
- la facoltà di sentire soggetti diversi è comunque garantita, sebbene la stessa debba essere precedentemente manifestata attraverso il deposito della lista testi o nel corso delle richieste di prova preliminari all’apertura del dibattimento.

Anonimo .. chiede
martedì 27/02/2024
“Spett.le Brocardi.it
L’imputato nel suo processo penale non ha presentato la lista testimoniale, e nel corso del dibattimento di primo grado, a seguito dell’esito della testimonianza a carico, ha chiesto l’ammissione del testimone a prova contraria di quello escusso, indicato dalla Procura.

Il Giudice di primo grado ha rigettato la richiesta dell’imputato ritendola inammissibile poiché tardiva, in violazione degli artt. 493 c.p.p. e 468 comma 1 c.p.p.

Il difensore di fiducia in udienza ha immediatamente sollevato la questione e la nullità ai sensi dell’art. 178 lett. c), c.p.p. affermando che la giurisprudenza più recente si è attestata sulla diversa posizione che “il termine perentorio per il deposito della lista testimoniale è stabilito, a pena di inammissibilità soltanto per la prova diretta e non anche per la prova contraria, dal momento che “l’opposta soluzione vanificherebbe il diritto alla controprova, il quale costituisce espressione fondamentale del diritto di difesa”.

Ma come detto il Giudice è rimasto fermo con la sua decisione di rigetto della richiesta in quanto inammissibile perché tardiva.

Il difensore, per i motivi suesposti ha chiesto alla Corte di Appello la dichiarazione di nullità dell’ordinanza impugnata e della conseguente sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 604 comma 4 c.p.p. e in via subordinata ai sensi dell’art. 603 comma 1 c.p.p. la riproposizione della testimonianza a prova contraria nel processo di secondo grado.

La Corte di Appello senza alcuna motivazione sul punto principale e subordinato, ha confermato la condanna di primo grado.

La domanda è, in sede di ricorso in Corte di cassazione oltre alla dedotta violazione dell’art. 606 comma 1 lett. e), della sentenza impugnata di secondo grado, visto la ritenuta decisività della prova testimoniale contraria; è corretto sollevare anche la violazione dell’art. 606 comma 1 lettera d) ?
Ciò in quanto, si ritiene di potere dimostrare "l’error in procedendo" in cui sono incorsi entrambi i Giudici del merito, poiché la prova richiesta e non ammessa, confrontata con le motivazioni addotte a sostegno di entrambe le sentenze sentenza, risulti decisiva, cioè tale che, se esperita, avrebbe potuto determinare una decisione diversa.

Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 04/03/2024
Prima di rispondere al quesito, vanno fatte alcune precisazioni in merito al delicato sistema approntato dal nostro codice di rito da parte dell'art. 468 c.p.p.

L’articolo in parola prevede, come noto, due facoltà per le parti:
- Quella di indicare i testi in lista, a pena di inammissibilità, sette giorni prima del dibattimento;
- Quella, diversa, di controprova, rispetto ai testi indicati dalle altre parti, ma sempre e comunque “in relazione alle circostanza indicate nelle liste”.

L’addentellato normativo, dunque, non va affatto interpretato nel senso che il diritto di controprova consente di superare eventuali mancanze delle parti (nello specifico il deposito della lista testi) perché, così ragionando, si addiverrebbe alla abrogazione tacita del primo comma del medesimo articolo.
La disposizione sulla controprova, dunque, consente sì di escutere testimoni anche se non inseriti nella lista testi, ma ciò purché il diritto di controprova possa essere garantito solo attraverso tale escussione e non già attraverso il semplice controinterrogatorio dei testi della parte avversa.

In questi casi, dunque, il difensore dovrebbe essere molto abile nell’evidenziare le ragioni per le quali la controprova non può essere soddisfatta solo col controesame e se tali ragioni non sono convincenti il giudice non ha altra strada che negare l’escussione dei testi non inseriti della lista.
Il riferimento all’abilità non è casuale: dovendo il diritto di controprova essere connesso alle “circostanze indicate nelle liste” è davvero molto difficile individuare dei casi in cui tale controprova non venga soddisfatta attraverso un semplice controesame. Non è un caso se la lista testi è uno degli incombenti più rilevanti del procedimento penale e che la maggior parte delle richieste di controprova vengano rigettate dal Tribunale procedente.

Ciò, lo si ripete, perché diversamente ragionando si consentirebbe una indiscriminata possibilità alle parti di sentire testi a controprova in aperta violazione del primo comma dell’art. 468 c.p.p.

Fermo restando quanto su detto e che, nel caso di specie, la non conoscenza dei dettagli processuali non consente di affermare la correttezza della richiesta di controprova, quanto ai motivi di ricorso per Cassazione valga quanto segue.

Sicuramente un motivo corretto potrebbe essere quello che fa leva sulla mancanza, l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione ex art. 606 lett. e) c.p.p.
Se infatti il giudice di seconde cure nulla ha detto sul motivo di appello della difesa, è corretto ricorrere in tal senso in cassazione.

Numerosi dubbi restano, invece, sul motivo di ricorso afferente alla mancata acquisizione di una prova decisiva atteso che, da quanto affermato nella richiesta di parere, la prova testimoniale che non è stata acquisita al fascicolo pare tutt’altro che decisiva.
Per tale ragione, un eventuale motivo di ricorso al riguardo dovrebbe essere ben circostanziato e dovrebbero essere forniti elementi molto persuasivi sulla decisività richiesta dall’art. 606 lett. d) non bastando il rilievo dell’error in procedendo, ammesso che tale errore vi sia mai stato da parte dei giudicanti.

Anonimo chiede
sabato 27/11/2021 - Lazio
“Spett.le Brocardi.it
Sono a chiedere il seguente parere:

L’imputato con citazione diretta a giudizio per reati penali - tributari, non ha depositato la lista dei testimoni nel termine di legge ex art. 468 comma 1 c.p.p., ma in sede dibattimentale fa istanza al Giudice monocratico per la citazione a prova contraria dei testimoni (escussi) del P.M., ex art. 468 comma 4, e ex art. 495 comma 2 c.p.p.

Il Giudice sente il P.M. e quest’ultimo da parere negativo.
Il Giudice accoglie il parere negativo del P.M. e dichiara inammissibile la suddetta richiesta dei testi, e nel verbale di udienza motiva il diniego alla richiesta affermando che l’imputato aveva già soddisfatto il proprio diritto di difesa per il tramite del controesame dei testi del P.M., e ulteriormente i termini per la citazione dei testi erano decaduti per quanto stabilito dall’art. 493 comma 2 c.p.p.

Sembra tra l’altro, che il Giudice, abbia confuso il controesame con la controprova, quali diversi e distinti dritti dell’imputato, e che il difensore avesse comunque depositato una lista di testi, invece mai presentata. Sembra che l’art. 493 comma 2 c.p.p. richiamato dal Giudice a giustificazione dell’inammissibilità dei testi della difesa sia errato ovvero non pertinente, in quanto prevede l’esistenza di una lista che nel caso di specie è inesistente. Infatti l’art. 493 comma 2 c.p.p. stabilisce: È ammessa l'acquisizione di prove non comprese nella lista prevista dall'articolo 468 quando la parte che le richiede dimostra di non averle potute indicare tempestivamente.

Premetto che la richiesta della suddetta controprova (testi della difesa) si è posta in
specifica correlazione critico-funzionale con la prova dedotta dalla controparte (testi del P.M.), ovvero alla prima udienza dibattimentale utile a quella della escussione dell’ultimo dei testi del P.M., e pertinenti ai fatti contestati, ossia le prove a discarico vertano sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico e viceversa.

Il caso di specie si riferisce al difensore che non ha presentato la lista a prova cd. diretta, e la recente giurisprudenza senza voci contrarie ha fatto prevalere la tesi più garantista per l’imputato: (ex multis Cass. Pen. sez. V n. 28552/2019; Cass. Pen., sez. V n.41662/3016; Cass. penale, sez. VI, n. 48600/2017; Cass. penale, sezione V, 12.11.2013, n.2815).

L’orientamento della giurisprudenza conclude come il termine di sette giorni di cui all’art. 468 c.p.p. sia prescritto a pena di inammissibilità solo per la prova cd. diretta e non per quella contraria.
Il difensore ritiene che l’inammissibilità dei testi a controprova sia illegittima, considerato che il termine perentorio per il deposito della lista dei testimoni è stabilito, a pena di inammissibilità dall'art. 468, comma 1, soltanto per la prova diretta e non anche per quella contraria, e che l'opposta soluzione vanificherebbe il diritto alla controprova, il quale costituisce espressione fondamentale del diritto di difesa, come affermato dalla suddetta giurisprudenza.

Ebbene, nel caso di specie, la difesa in calce alla suddetta istanza di richiesta dei testi a controprova acquisita al fascicolo per il dibattimento ha espresso la seguente formula: la difesa CHIEDE che l’ ill.ma Giudice voglia autorizzare la citazione dei sopraindicati testimoni per l’udienza che vorrà indicare, citati a titolo di prova contraria dei testi escussi della pubblica accusa. Nel caso in cui la presente richiesta di citazione a prova contraria ex artt. 468 comma IV e 495 comma II° c.p.p. non venisse ammessa, si deduce la questione e la nullità di ordine generale ex artt. 178 lettera c) c.p.p.
La domanda in relazione alla tempestività della contestazione è: alla prossima udienza che è la discussione finale, il difensore deve oralmente richiamare la contestazione della nullità o è sufficiente quanto esplicitamente trascritto nell’istanza stessa come sopra indicato?

Ulteriormente, quale consiglio può darsi all’imputato nella fattispecie prospettata al fine della tutela dei propri diritti, sia in sede di udienza discussione finale (se del caso) e sia in ipotesi che venga condannato anche alla luce dell’errore dell’art. 493 comma 2 c.p.p. non pertinente nella fattispecie e per avere il Giudice equiparato il controesame alla controprova?

Cordiali Saluti.”
Consulenza legale i 29/11/2021
Prima di rispondere al quesito, vanno fatte alcune precisazioni in merito al delicato sistema approntato dal nostro codice di rito da parte dell’articolo 468.

L’articolo in parola prevede, come noto, due facoltà per le parti:
- Quella di indicare i testi in lista, a pena di inammissibilità, sette giorni prima del dibattimento;
- Quella, diversa, di controprova, rispetto ai testi indicati dalle altre parti, ma sempre e comunque “in relazione alle circostanze indicate nelle liste”.

L’addentellato normativo, tuttavia, non va affatto interpretato nel senso che il diritto di controprova consente di superare eventuali mancanze delle parti (nello specifico il deposito della lista testi) perché, così ragionando, si addiverrebbe alla abrogazione tacita del primo comma del medesimo articolo.
La disposizione sulla controprova, dunque, consente sì di escutere testimoni anche se non inseriti nella lista testi, ma ciò purché il diritto di controprova possa essere garantito solo attraverso tale escussione e non già attraverso il semplice controinterrogatorio dei testi della parte avversa.

In questi casi, dunque, il difensore dovrebbe essere molto abile nell’evidenziare le ragioni per le quali la controprova non può essere soddisfatta solo col controesame e se tali ragioni non sono convincenti il giudice non ha altra strada che negare l’escussione dei testi non inseriti nella lista.
Il riferimento all’abilità non è casuale: dovendo il diritto di controprova essere connesso alle “circostanze indicate nelle liste” è davvero molto difficile individuare dei casi in cui tale controprova non venga soddisfatta attraverso un semplice controesame. Non è un caso se la lista testi è uno degli incombenti più rilevanti del procedimento penale e che la maggior parte delle richieste di controprova vengano rigettate dal tribunale procedente.

Ciò, lo si ripete, perché diversamente ragionando si consentirebbe una indiscriminata possibilità alle parti di sentire testi a controprova in aperta violazione del primo comma dell’art. 468 c.p.p.

Nel caso di specie, dunque, è verosimile ritenere che il tribunale abbia rigettato la richiesta della difesa perché le argomentazioni difensive non hanno consentito di individuare concrete ragioni per l’esercizio del diritto di controprova in mancanza della lista testi. Nessuna equiparazione tra lista testi e controprova è stata fatta ma, semplicemente, è stato applicato il delicato sistema di equilibrio su cui si fonda l’art. 468 c.p.p.

Ciò detto, a livello processuale c’è poco da fare.

Oltre alla opportuna richiesta di verbalizzazione – adempiuta nel caso di specie – l’unico strumento, in caso di condanna, sarà quello di proporre appello facendo leva sull’illegittimità di tale ordinanza e sull’errore di valutazione del giudice in merito ai presupposti sui quali è stata rigettata la richiesta di controprova.

In sede di discussione finale, invece, a nulla servirà il richiamo orale all’eccezione proposta in considerazione del fatto che il giudice non può ritornare sull’ordinanza già emessa.

Armando C. chiede
giovedì 18/10/2018 - Lombardia
“Buongiorno sono (omissis) e vi scrivo da Bergamo per chiederle un consiglio su come meglio comportarmi (dato che per mè è la prima volta) a fronte di un decreto di citazione di Testimone che ho ricevuto dal Tribunale di Pescara.

La questione afferisce ad una denuncia fatta circa 7 anni fa a fronte di una truffa subita per acquisto di macchina fotografica (euro 450) on line e mai recapitata.
Come mè tante altre persone(circa 25) sono state truffate e che a detta loro avrebbero denunciato il fatto.

Vi chiedevo a fronte di quanto sopra, come mi devo comportare? Sono consapevole che difficilmente avrò indietro i soldi ma non vorrei spenderne altrettanti per dover andare a Pescara…..

Come può/si deve gestire la cosa? Sono obbligato ad andare?Se non vado come c'è scritto nel doc. della procura sarà considerata remissione tacita di querela e finisce li o cosa potrebbe capitarmi?

PS: appena pagato vi invio il Documento che mi è arrivato dalla Procura di Pescara.

Ringrazio per l'attenzione

Cordialmente Armando”
Consulenza legale i 18/10/2018
La citazione pervenuta indica che il soggetto intimato nella stessa dovrà essere sentito nell’ambito del procedimento penale affinché questi, descrivendo quanto successo e soprattutto quanto denunciato, possa far entrare nel patrimonio cognitivo del giudice il fatto che costituisce reato (in questo caso la truffa subita) facendo in modo che il giudicante abbia una “prova” su cui basare il proprio convincimento.

Alla citazione deve necessariamente seguire la partecipazione all’udienza del soggetto che, in genere, se non si presenta davanti al giudice nel giorno e all’ora indicata viene multato e, in casi estremi, accompagnato coattivamente dalla polizia.

Spesso invece avviene, come nel caso di specie, che la non presenza del testimone – soprattutto se questi è la persona offesa dal reato e dunque il querelante – venga interpretata come un segnale di disinteresse a che il soggetto leso voglia che il colpevole venga punito.
Esattamente come accade nel caso di specie, dunque, la non presenza viene interpretata come una tacita remissione della querela.

A quel punto, il processo dovrà necessariamente arrestarsi (quantomeno nella parte specifica che riguarda il querelante che non si è presentato in seguito alla citazione e che, dunque, ha rimesso la querela) e dunque il soggetto denunciante non sarà più chiamato a testimoniare.

Stando a quanto suesposto, è possibile affermare che non presentandosi all’udienza non vi sarà alcuna conseguenza. Come anzidetto, infatti, l’avvertimento contenuto nella citazione sulla remissione della querela evita proprio alla base che il soggetto venga nuovamente “disturbato” atteso che venendo meno la querela, muore l’intero processo penale relativamente a quel fatto.

Va poi specificato che se anche ipotizzassimo che il soggetto denunciante si presenti all’udienza, questi non otterrà di certo in automatico la liquidazione del danno subito in seguito alla condanna dell’imputato.
Nell’ambito del procedimento penale infatti la persona offesa dal reato viene risarcita del danno subito solo laddove si sia costituita parte civile, cosa che nel caso di specie non sembra essere avvenuta.

G. V. chiede
martedì 20/12/2022 - Friuli-Venezia
“Buongiorno, sono imputato in unprocedimento avant al g.d.p. . 582 c.p. La prima udienza si è gia svolta il 15 dicembre c.a. .Il mio avvocato ha presentato la lista dei testi. Nonostante la mia richiesta peritale del luogo ove è avvenuto il fatto con video ed audio a mio discarico che sono prova che i fatti di cui sono accusato non risondono alla mai accaduto verità del fatto stesso , dicevo, l avvocato non ha presentato alla prima udienza ne la richiesta di un perito , ne le prove video ed audio. Nonostante la mia riluttanza lo avvocato mi dice che non servono è che si possono presentare come prova documentale durante il processo.
la risposta che chiedo è quella di conoscere se è vero quello che dice l avvocato , quale sarebbe l arti c.p.p. che esplica chiaramente del quando , in che fraggente , e se si possono presentare prove a sorpresa durante il processo.
grazie cordialemte”
Consulenza legale i 21/12/2022
Per quanto riguarda le prove documentali, è possibile affermare che video e audio costituiscono prove documentali, per l’appunto.
Tale circostanza la si evince dall'art. 234 c.p.p. secondo cui costituiscono documenti ogni elemento “che rappresenta[no] fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo”.
Che i documenti, poi, possano essere depositati in ogni momento del processo (o, almeno, fino a che il giudice non abbia chiuso l’istruzione dibattimentale) è una prassi consolidata, avallata da tempo immemore anche dalla Cassazione Penale.

Sul consulente tecnico di parte il discorso cambia. L’eventuale consulente tecnico di parte, per essere escusso nel dibattimento, deve essere inserito nella lista testi ex art. 468 del c.p.p. che va depositata 7 giorni prima della prima udienza dibattimentale.
Se non si è proceduto a tale incombente il predetto consulente non potrà essere chiamato a riferire nel corso del dibattimento penale, a meno che non vi siano integrazioni da parte del giudice (ad esempio ai sensi dell’ art. 507 del c.p.p. ) che, tuttavia, sono alquanto improbabili.

Si ricordi, inoltre, che la figura del consulente tecnico di parte è diversa dal perito che è, in buona sostanza, un soggetto tecnico e imparziale indicato dal giudice. Il coinvolgimento del perito nel processo penale è esclusivo appannaggio del giudice e il difensore ben poco può fare affinché il giudice decida in tal senso (ciò soprattutto nei processi dinanzi al GDP che, nella maggior parte dei casi, non presentano una complessità tecnica tale da determinare l’intervento del perito).

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