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Articolo 490 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Accompagnamento coattivo dell'imputato assente

Dispositivo dell'art. 490 Codice di procedura penale

(1)1. Il giudice, a norma dell'articolo 132, può disporre l'accompagnamento coattivo dell'imputato assente, quando la sua presenza è necessaria per l'assunzione di una prova diversa dall'esame [211, 213, 220].

Note

(1) Tale articolo è stato così sostituito integralmente dall'art. 10, comma 2, della l. 28 aprile 2014, n. 67.

Ratio Legis

Tale disposizione trova la propria ratio nel nuovo istituto dell'assenza, di cui all'art. 420 bis.

Spiegazione dell'art. 490 Codice di procedura penale

Tra gli atti che sono manifestazione del potere coercitivo dell'autorità giudiziaria rientra l'accompagnamento coattivo dell'imputato.

Muovendo dal presupposto che l'accompagnamento coattivo non rientra tra quelle attività destinata ad una acquisizione probatoria (disciplinate altrove e sfocianti nell'adozione di misure coercitive personali), esso si divide essenzialmente tra i provvedimenti del giudice e le attività esercitabili dal pubblico ministero (v. artt. 375, 376 e 377).

L'articolo 132, dedicato appunto all'accompagnamento coattivo dell'imputato descrive il relativo procedimento, rinviando semplicemente ai “casi previsti dalla legge”.

Oltre alle ipotesi in cui esso può essere disposto dal pubblico ministero su autorizzazione del giudice, al fine di procedere all'interrogatorio o al confronto, i casi possono essere descritti solo procedendo con ordine. Di regola l'accompagnamento coattivo è preceduto da un avviso notificato o da un decreto di citazione rimasti privi di effetto, ma può essere disposto anche in sede di incidente probatorio (art. 399) o all'interno del dibattimento, come previsto dalla norma in commento (art. 490), escludendosi tuttavia in udienza preliminare, dove non si assumono prove, al di là dell'ipotesi di cui all'art. 422. All'interno del dibattimento l'accompagnamento coattivo è dunque previsto nello specifico quando la presenza dell'imputato (non dichiarato assente) è necessaria per l'assunzione di una prova diversa dall'esame. In tale ultima ipotesi, infatti, posto che non ha l'obbligo di rispondere e nemmeno di dire la verità, egli non è tenuto a sottoporsi all'esame,

La differenza rispetto alle misure coercitive personali si coglie soprattutto nel rilievo che l'accompagnato deve comunque essere liberato al più presto. Per questo motivo, dopo l'emissione del relativo decreto motivato, non si può trattenere la persona oltre il compimento dell'atto previsto e di quelli conseguenziali (ma solo se perduri la necessità), ma si prevede altresì la durata massima, non più di ventiquattro ore.

Massime relative all'art. 490 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 34224/2005

In tema di partecipazione al dibattimento, la detenzione in un istituto penitenziario prossimo al luogo di celebrazione del dibattimento non costituisce un diritto dell'imputato e neppure una situazione giuridicamente apprezzabile ai fini della regolarità del giudizio. (In motivazione la Corte ha sottolineato che, nel caso di specie, nessuna richiesta in tal senso era stata formulata dall'imputato, che aveva rinunciato a comparire, e che ad escludere la lesione del diritto di difesa dedotta dal ricorrente concorreva la circostanza che, in linea di principio, le spese di spostamento del difensore per conferire con l'assistito sono, in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, rimborsabili).

Cass. pen. n. 7765/2002

L'ordinanza con cui il giudice di primo grado disponga l'accompagnamento coattivo dell'imputato ai fini dell'esame e l'assunzione di esso senza il preventivo avvertimento della facoltà di non rispondere (in violazione degli artt. 490 e 210 c.p.p.) è illegittima e comporta l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dall'imputato ex art. 526 c.p.p., ma non anche la nullità e l'inutilizzabilità di tutte le altre prove, legittimamente acquisite nel dibattimento in modo autonomo e nelle forme consentite, non sussistendo tra queste ultime e l'atto nullo un rapporto di dipendenza effettiva ovvero un nesso per cui l'atto dichiarato nullo costituisca la ineliminabile premessa logica e giuridica di quello successivo.

Cass. pen. n. 9877/1998

Poiché l'art. 490 c.p.p. consente al giudice di disporre l'accompagnamento coattivo «dell'imputato assente o contumace, quando la sua presenza è necessaria per l'assunzione di una prova diversa dall'esame», lo status di contumace a differenza di quanto implicava l'omologo art. 429 c.p.p. del 1930, non costituisce più di un impedimento all'attivazione di questo strumento di coercizione processuale, avendo il legislatore inteso assicurare comunque il soddisfacimento delle esigenze probatorie alla cui tutela è predisposta la norma recata dall'art.490, che consente l'accompagnamento quando il giudice ravvisi la necessità della presenza dell'imputato per l'assunzione di una qualsiasi prova diversa dall'esame (essendo, quest'ultimo, un mezzo di prova non coercibile). Data questa generica indicazione del legislatore circa gli atti che possono legittimare l'accompagnamento, il fatto che questo sia stato disposto per effettuare una ricognizione formale, non può espletarsi dopo il riconoscimento informale, non è circostanza idonea ad individuare quest'ultimo elemento di prova.

Cass. pen. n. 2443/1996

Il decreto del tribunale che disponga l'accompagnamento coattivo dell'imputato per essere sottoposto a perizia psichiatrica in dibattimento incide sulla libertà personale; ne consegue che avverso tale provvedimento, non essendo previsto alcun mezzo di impugnazione, è ammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma secondo, della Costituzione.

Il potere di ordinare l'accompagnamento coattivo dell'imputato per essere sottoposto a perizia psichiatrica nel dibattimento rientra tra quelli attribuiti al giudice dal codice di rito. A norma dell'art. 224 comma secondo, il giudice dispone la citazione del perito e la comparizione delle persone sottoposte al suo esame, ed adotta tutti gli altri provvedimenti che si rendono necessari per l'esecuzione delle operazioni peritali; in questa ottica, conseguentemente, deve essere letto il primo comma dell'art. 132 c.p.p. che attribuisce al giudice il potere di ordinare l'accompagnamento coattivo dell'imputato, ma solo se la misura è prevista specificamente dalla legge. La norma va poi collegata all'art. 490 c.p.p. il quale prevede che l'accompagnamento coattivo possa essere disposto quando occorra assicurare la presenza dell'imputato per una prova diversa dall'esame: e tale è indubbiamente la perizia, finalizzata ad acquisire dati che richiedono specifiche competenze tecniche, e disciplinata tra i mezzi di prova.

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