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Articolo 393 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Estinzione del processo

Dispositivo dell'art. 393 Codice di procedura civile

Se la riassunzione non avviene entro il termine di cui all'articolo precedente, o si avvera successivamente ad essa una causa di estinzione del giudizio di rinvio, l'intero processo si estingue; ma la sentenza della Corte di cassazione conserva il suo effetto vincolante anche nel nuovo processo che sia instaurato con la riproposizione della domanda (1).

Note

(1) Si ritengono applicabili anche all'estinzione del giudizio di rinvio alcune delle regole sugli effetti dell'estinzione fissate nell'art. 310. In particolare, conservano efficacia le decisioni di merito passate in giudicato (ad es. sentenze non definitive, sentenze definitive impugnate solo in parte); inoltre le prove assunte nel giudizio estinto conservano l'efficacia di argomenti di prova [v. 116].

Ratio Legis

La norma risponde ad esigenze di economia processuale: infatti, mira a garantire che la pronuncia della Corte conservi efficacia in caso di estinzione del giudizio di rinvio.

Spiegazione dell'art. 393 Codice di procedura civile

Il giudizio di rinvio c.d. proprio non costituisce impugnazione, ma prosecuzione del giudizio precedente, e ciò spiega per quale ragione viene qui sancita l'estinzione dell’intero processo per effetto dell'estinzione del giudizio di rinvio ovvero nel caso di mancata riassunzione nel termine previsto.
La seconda parte della norma sancisce il carattere vincolante del principio di diritto emesso, ai sensi dell'art. 384 del c.p.c. e dell'art. 143 delle disp. att. c.p.c., il quale farà stato anche se il giudizio verrà riproposto ex novo dal giudice di legittimità.
Si tratta di un'efficacia extraprocessuale del principio di diritto.

Come si è accennato, l’'estinzione del giudizio di rinvio può derivare o dalla mancata riassunzione o dalla tardività della riassunzione stessa oltre il termine trimestrale, ovvero da altra causa intervenuta successivamente nel corso del giudizio (si fa l’esempio della mancata tempestiva riassunzione nei confronti di altri litisconsorti).

L'estinzione di questa fase processuale non può mai far rivivere la sentenza di primo grado; qualora, invece, il giudizio di rinvio fosse stato configurato quale nuovo appello, alla sua estinzione per mancata riassunzione, ovvero per un qualsiasi altro motivo, avrebbe dovuto far seguito, ineluttabilmente, in applicazione del disposto di cui all'art. 338 del c.p.c., il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.

Le uniche statuizioni che resistono all'estinzione sono quelle per le quali si è già formata la cosa giudicata, in base ai comuni canoni di formazione progressiva di questa.
L'estinzione del processo, infatti, non influisce sulle statuizioni già irrevocabili, eventualmente rese su alcune delle domande cumulate nell'unico processo, avverso le quali non sia stato proposto gravame, ovvero nei cui confronti il gravame sia stato rigettato.

L'estinzione del giudizio comporta, ai sensi dell'art. 2945 del c.c., 3° co. il permanere dell'effetto interruttivo della prescrizione provocato dalla domanda giudiziale, dalla quale comincia a decorrere il nuovo periodo di prescrizione, con esclusione dell'effetto permanente dell'interruzione.

Secondo i principi generali, l'estinzione, pur operando di diritto, deve essere eccepita dalla parte che vi ha interesse con il suo primo atto difensivo, pena la definitiva preclusione della relativa eccezione.
Pertanto, volendo esemplificare, se viene violato il termine fissato dall'art. 392 del c.p.c. per la riassunzione, l'eccezione va dispiegata al più tardi entro la comparsa di risposta, ossia il primo atto difensivo immediatamente successivo.
In mancanza, anche se la parte interessata sia rimasta contumace nel giudizio di rinvio, l'eccezione è definitivamente preclusa.

La competenza a pronunciare l'estinzione del giudizio di rinvio spetta, in via generale, allo stesso giudice di rinvio, il quale vi provvederà secondo quanto disposto dall’art. 308 del c.p.c.; tuttavia, la stessa declaratoria può essere compiuta in via incidentale o pregiudiziale dal giudice al quale è riproposta la domanda.

Il provvedimento collegiale che dichiara l'estinzione del giudizio, anche se assume la forma dell’ordinanza, ha natura sostanziale di sentenza.
Avverso il provvedimento di estinzione adottato a norma della presente disposizione è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., trattandosi di pronuncia di contenuto decisorio non altrimenti impugnabile.

Massime relative all'art. 393 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 605/2022

La riassunzione del giudizio davanti al giudice del rinvio, con notificazione eseguita presso il domiciliatario o al difensore costituito nelle fasi di merito, anziché alla parte personalmente, è nulla ma non inesistente, stante la possibilità di ricollegare tali soggetti a precedenti designazioni della stessa parte. Pertanto, in applicazione dell'art. 291 c.p.c., il giudice del rinvio non potrà dichiarare, in tale ipotesi, l'estinzione del processo, ma dovrà ordinare la rinnovazione della notificazione, salvo che la parte intimata si sia costituita, così sanando la nullità. Qualora, nonostante l'invalidità, il giudizio sia proseguito, davanti alla Corte di Cassazione a cui la relativa questione venga dedotta, dovrà essere dichiarata la nullità e cassata la sentenza impugnata con rinvio, anche se nelle more delle precorse fasi processuali sia decorso il termine perentorio ex art. 393 c.p.c., potendo la nullità essere sanata con effetto retroattivo dalla riassunzione della causa dinanzi al giudice del rinvio, ritualmente eseguita dall'una o dall'altra parte, con le forme prescritte dall'art. 392, comma 2, c.p.c.. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ANCONA).

Cass. civ. n. 21469/2018

In tema di giudizio di rinvio, la cancellazione dal ruolo della causa, non seguita dalla riassunzione nel termine prescritto, determina l'estinzione dell'intero processo, ma non preclude la riproposizione della domanda. In tal caso, la precedente statuizione della Corte di cassazione è ancora vincolante, ma, poiché la decisione di annullamento ha effetto soltanto sulle parti della decisione di merito in relazione alle quali essa è operante, e cioè soltanto sulle parti cassate, i capi di pronuncia non cassati non sono travolti dall'estinzione e acquistano autorità di giudicato. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la decisione del giudice di appello, che aveva dichiarato la rescissione del contratto preliminare, non essendo stata cassata nel giudizio di legittimità, era passata in giudicato a seguito dell'estinzione del giudizio di rinvio, cosicché la riproposizione della domanda volta ad ottenere la riduzione ad equità del contratto, non poteva essere accolta).

Cass. civ. n. 13974/2014

Quando, a seguito della cassazione di una sentenza, la causa non sia stata riassunta dinanzi al giudice del rinvio, ma sia stato instaurato un nuovo giudizio, trova applicazione l'art. 393 cod. proc. civ., secondo il quale la pronuncia della Corte di cassazione conserva effetto vincolante anche nel nuovo processo che sia stato instaurato con la riproposizione della originaria domanda. Peraltro, detta pronuncia vincola anche il giudice di un diverso processo introdotto in data anteriore, a condizione che esso riguardi le medesime parti e il medesimo oggetto.

Cass. civ. n. 10282/2014

Nel giudizio di rinvio, successivo alla cassazione della sentenza di appello per violazione del litisconsorzio necessario di natura processuale, determinato dalla chiamata del terzo "iussu iudicis" in primo grado, l'omessa integrazione del contraddittorio comporta l'inammissibilità dell'impugnazione ex art. 331, secondo comma, cod. proc. civ., non trovando applicazione l'art. 393 cod. proc. civ., che riguarda esclusivamente la mancata riassunzione del giudizio di rinvio nel termine perentorio di cui all'art. 392 cod. proc. civ. ovvero il verificarsi di una nuova causa di estinzione del medesimo giudizio di rinvio.

Cass. civ. n. 6188/2014

La mancata riassunzione del giudizio di rinvio determina, ai sensi dell'art. 393 cod. proc. civ., l'estinzione dell'intero processo, con conseguente caducazione di tutte le attività espletate, salva la sola efficacia del principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione, senza che assuma rilievo che l'eventuale sentenza d'appello, cassata, si sia limitata a definire in rito l'impugnazione della decisione di primo grado ovvero abbia rimesso la causa al primo giudice e, dunque, manchi un effetto sostitutivo rispetto a quest'ultima pronuncia, rispondendo tale disciplina ad una valutazione negativa del legislatore in ordine al disinteresse delle parti alla prosecuzione del procedimento.

Cass. civ. n. 23813/2012

Nel caso di estinzione del giudizio di rinvio per mancata o tardiva riassunzione e di successiva instaurazione di un nuovo processo mediante riproposizione della domanda, conserva efficacia, ai sensi dell'art. 310, secondo comma, c.p.c., il giudicato di merito che si sia formato, in ordine all' "an debeatur", sulla domanda di condanna al risarcimento dei danni, quale conseguenza, nella specie, del rigetto del motivo di ricorso per cassazione riguardante la spettanza di interessi e rivalutazione e dell'accoglimento della sola censura riguardante il calcolo degli stessi, caratterizzandosi il giudizio di rinvio come fase rescissoria, il cui "thema decidendum" rimane fissato dalla sentenza rescindente della Corte di cassazione.

Nel caso di estinzione del giudizio di rinvio per mancata o tardiva riassunzione, ove si sia formato il giudicato di merito, in ordine all' "an debeatur", sulla domanda di condanna al risarcimento dei danni, quale conseguenza, nella specie, del rigetto del motivo di ricorso per cassazione riguardante la spettanza di interessi e rivalutazione e dell'accoglimento della sola censura riguardante il calcolo degli stessi, rimane fermo l'effetto interruttivo della prescrizione del credito del danneggiato e la stessa, ai sensi dell'art. 2943, secondo comma, c.c., decorre soltanto dal momento del passaggio in giudicato della sentenza contenente l'accertamento dell'obbligo risarcitorio.

Cass. civ. n. 14927/2012

Qualora il giudice di merito, investito di una domanda risarcitoria formalmente unica, emetta distinte pronunce, autonome tra loro, con l'una parzialmente accogliendo la domanda sul solo "an debeatur" e disponendo il prosieguo del giudizio sul "quantum", e con l'altra parzialmente rigettando la domanda medesima, e qualora soltanto tale ultima pronuncia sia cassata con rinvio, la mancata riassunzione davanti al giudice di rinvio non comporta l'estinzione del giudizio per il "quantum", che nel frattempo sia proseguito, rilevando il giudicato interno formatosi sulla pronuncia affermativa di "an debeatur".

Cass. civ. n. 11905/2007

In tema di effetti del giudizio di rinvio sul giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, qualora la sentenza di merito di accoglimento dell'opposizione sia stata cassata con rinvio e il processo non sia stato riassunto in termine, non trova applicazione il disposto dell'art. 653 c.p.c., a mente del quale, a seguito dell'estinzione del processo di opposizione, il decreto che non ne sia munito acquista efficacia esecutiva, ma il disposto dell'art. 393 c.p.c., alla stregua del quale alla mancata riassunzione consegue l'estinzione dell'intero procedimento e, quindi, l'inefficacia anche del decreto ingiuntivo opposto. (Mass. redaz.).

Cass. civ. n. 17372/2002

La mancata riassunzione del giudizio di rinvio determina, ai sensi dell'art. 393 c.p.c., l'estinzione non solo di quel giudizio ma dell'intero processo, con conseguente caducazione di tutte le sentenze emesse nel corso dello stesso, eccettuate quelle già coperte dal giudicato (in quanto non impugnate), restando inapplicabile al giudizio di rinvio l'art. 338 dello stesso codice, che regola gli effetti dell'estinzione del procedimento di impugnazione. Pertanto, la sentenza riformata in appello resta anch'essa definitivamente caducata, senza possibilità di reviviscenza a seguito della cassazione della sentenza di appello.

Cass. civ. n. 10456/1996

La tempestiva instaurazione di un giudizio d'impugnazione della sentenza arbitrale, ai sensi dell'art. 828 c.p.c., dà luogo ad una vicenda processuale non riconducibile al parametro dell'impugnazione di un atto negoziale, bensì ad un vero e proprio giudizio di secondo grado, rispetto a quello già svoltosi dinanzi agli arbitri. Ne consegue che la cassazione con rinvio della sentenza della Corte d'appello che abbia dichiarato nulla la precedente decisione arbitrale comporta (nel regime anteriore alla legge n. 25 del 1994) che sia rimessa alla competenza esclusiva della stessa Corte, quale giudice di rinvio, la decisione sulla validità o invalidità del giudizio pronunciato dagli arbitri e che, se tale valutazione risulti negativa, sia sempre lo stesso giudice dell'impugnazione a dover decidere anche nel merito del giudizio rescissorio. Cosicché, nel caso in cui una siffatta pronuncia sia resa impossibile dalla mancata riassunzione del giudizio di rinvio, la decisione degli arbitri, al pari di una pronuncia di primo grado, non conserva validità, alla stregua della regola generale enunciata dall'art. 393 c.p.c., che prevede l'estinzione dell'intero processo.

Cass. civ. n. 5901/1994

Il giudizio di rinvio conseguente alla cassazione della sentenza di secondo grado per motivi di merito (cosiddetto giudizio di rinvio proprio) non costituisce la prosecuzione della pregressa fase di merito che ha preceduto il giudizio di cassazione, ma una nuova ed autonoma fase del processo che, pur essendo soggetta per ragioni di rito alle norme riguardanti il corrispondente procedimento disposto dalla sentenza rescindente, ha natura integralmente rescissoria, nel senso che esso mira ad una sentenza che, senza sostituirsi ad alcuna precedente pronuncia riformandola, statuisce per la prima volta sulle domande proposte dalle parti. Ne deriva che l'integrazione del contraddittorio disposta nel giudizio di rinvio ricade nell'ambito di applicazione non dell'art. 331 c.p.c., ma dell'art. 393, sicché non effettuata l'integrazione del contraddittorio nel termine stabilito dal giudice di rinvio, questi deve dichiarare l'estinzione dell'intero processo, senza che possa rivivere la pregressa sentenza di primo grado già riformata, a nulla rilevando che la parte pretermessa siasi costituita spontaneamente all'udienza dopo che si era verificata la causa di estinzione, dal momento che questa operando di diritto retroagisce a tale momento, impedendo al giudice l'esame di qualsiasi altra questione vertente sull'estinzione medesima, sempre che questa sia stata eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa.

Cass. civ. n. 5279/1988

Qualora, in seguito alla cassazione della sentenza d'appello che abbia dichiarato inammissibile il gravame, la causa non sia stata riassunta in sede di rinvio, o sia stata riassunta tardivamente, si verifica, a norma dell'art. 393 c.p.c., l'estinzione non solo della fase processuale nella quale è stata emessa la sentenza cassata, bensì dell'intero processo, con il conseguente venir meno della decisione di primo grado, poiché le uniche pronunce che resistono all'estinzione del giudizio di rinvio sono quelle già coperte da giudicato, in quanto non investite da appello o ricorso per cassazione, in base ai principi della formazione progressiva del giudicato.

Cass. civ. n. 1368/1985

La nullità dell'atto di riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio comporta che l'intero processo si estingue (art. 393 c.p.c.), e che tutte le spese processuali restano a carico delle parti che le hanno anticipate (art. 310, ultimo comma, c.p.c.). Pertanto, con riguardo alla sentenza del giudice di rinvio, la quale, dichiarando detta nullità, abbia integralmente compensato le spese di ogni grado e fase del processo, deve negarsi l'interesse a ricorrere per cassazione, al fine di denunciare l'erroneità di tale pronuncia di compensazione, implicando essa una regolamentazione delle spese analoga a quella imposta dalla legge.

Cass. civ. n. 2435/1963

Nel giudizio di rinvio la estinzione del processo non può essere dichiarata di ufficio dal giudice ma deve essere eccepita dalla parte nella comparsa di risposta che è il primo scritto difensivo.

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