Nella sua formulazione originaria, questa norma prevedeva un’automatica
sospensione del giudizio di merito ogni qualvolta fosse proposto un regolamento di giurisdizione.
Ciò era causa di un uso distorto di tale istituto per finalità puramente dilatorie, che la Corte di Cassazione cercava di limitare facendo ricorso allo strumento della condanna al risarcimento dei danni ex
art. 96 del c.p.c..
La nuova formulazione, introdotta a seguito della Legge n. 353/1990, ha tentato di superare tali inconvenienti, eliminando il carattere della automaticità della sospensione, la quale viene rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice dinanzi a cui pende la causa.
Secondo il prevalente orientamento dottrinale, il tenore letterale di questa norma potrebbe far ritenere che il giudice abbia un vero e proprio dovere di sospendere il giudizio, salvo il caso di evidente abnormità dell'istanza.
E’, invece, preferibile la tesi secondo cui deve riconoscersi al giudice di merito un certo margine di discrezionalità sia nel valutare i vizi procedimentali, che possono determinare la manifesta inammissibilità, che nel valutare il merito della questione di giurisdizione, al fine di stabilire se la questione stessa sia o meno manifestamente infondata.
Qualora, proposto il regolamento preventivo di giurisdizione, non sia stata disposta, ai sensi della norma in esame, la sospensione del processo pendente, la pronuncia sul regolamento non è preclusa dalla sentenza di primo grado nel frattempo intervenuta, neppure se questa sia
passata in giudicato, in quanto si tratta pur sempre di sentenza condizionata al riconoscimento della giurisdizione da parte della Corte di Cassazione.
Da ciò se ne fa discendere che la validità di tutti gli atti successivi all'istanza è condizionata dalla pronuncia sul regolamento.
Sulla sospensione provvede il giudice unico di primo grado o, qualora si tratti di materia rientrante nel disposto dell’
art. 50 bis del c.p.c., il collegio.
Allo stesso modo, sarà il collegio a decidere sull'istanza di sospensione quando il regolamento sia stato proposto nel corso del giudizio d'appello.
Il provvedimento con cui viene disposta o negata la sospensione, riveste la forma dell’
ordinanza, ma la norma non precisa quale sia il regime di tale ordinanza.
Infatti, non si prevede un mezzo speciale di reclamo esperibile contro l'ordinanza, alla quale si ritiene che non possa essere esteso il regime dell'impugnazione con regolamento di competenza dei provvedimenti ai sensi dell'
art. 295 del c.p.c..
Non rientrando nelle ipotesi di cui al terzo comma dell’
art. 177 del c.p.c., l'ordinanza che pronuncia sulla sospensione è modificabile e revocabile.
Sono stati sollevati dei dubbi in merito alla facoltà del giudice di pronunciare
provvedimenti cautelari, in particolare provvedimenti d'urgenza, durante il periodo di sospensione.
Su tale specifica problematica si è espressa la Corte costituzionale con sentenza n. 294/1994, affermando che il combinato disposto degli artt. 41, 48 e 367 c.p.c. escluderebbe la possibilità della pronuncia di provvedimenti d'urgenza durante la sospensione, quanto meno, con riguardo ai provvedimenti a contenuto anticipatorio.
A seguito della sentenza con la quale la Corte di Cassazione dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, cassa la sentenza impugnata per violazione delle norme sulla competenza e statuisce su questa ai sensi del secondo comma dell’
art. 385 del c.p.c., le parti del processo sono tenute a riassumere la causa ai sensi dell’
art. 307 del c.p.c. e dell’
art. 125 delle disp. att. c.p.c..
Il termine perentorio inizia a decorrere dalla comunicazione della sentenza e il suo inutile decorso comporta l'
estinzione del processo per inattività delle parti, ai sensi dell'art. 307 c.p.c.