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Articolo 718 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Diritto ai beni in natura

Dispositivo dell'art. 718 Codice Civile

Ciascun coerede può chiedere la sua parte in natura dei beni mobili e immobili dell'eredità [733, 734, 1114 c.c.], salve le disposizioni degli articoli seguenti.

Note

(1) Ciascun coerede ha diritto, non ad una porzione di ciascun bene, ma ad una porzione formata da una quantità di beni mobili, immobili e crediti di uguale natura e quantità rispetto agli altri eredi, proporzionata all'entità della quota di ciascuno.
Es.: se il patrimonio ereditario vale 120 (di cui 60 immobili, 40 mobili e 20 crediti) e vi sono due eredi, di cui uno per 3/4 e l'altro per 1/4, il primo ha diritto a 90 (di cui 45 immobili, 30 mobili e 15 crediti) e il secondo a 30 (di cui 15 immobili, 10 mobili e 5 crediti).

Ratio Legis

La norma tende ad assicurare un'eguaglianza qualitativa delle singole quote.

Spiegazione dell'art. 718 Codice Civile

Il diritto del condividente ha carattere reale e si estende a tutta la massa ereditaria. Da ciò le conseguenze: a) che esso non possa essere obbligato a ricevere la sua quota in denaro, anziché in natura; b) che ogni quota debba essere formata di una quantità di beni mobili ed immobili, in proporzione della quantità di tali beni esistenti in massa.

Dal momento che la rigorosa applicazione di questi due principi renderebbe impossibile la divisione, vi sono delle deroghe ad entrambi. Quanto al primo, oltre alla possibilità di un legato in sostituzione di legittima, vi è l’ipotesi dell'indivisibilità; quanto al secondo, confrontare l’art. 727. Durante l’elaborazione dell’articolo, si era proposto di affidare larghi poteri di disposizione all’autorità giudiziaria circa la formazione delle quote, ma la proposta finì opportunamente col cadere.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

345 Di notevoli emendamenti è stato oggetto l'art. 718 del c.c., corrispondente all'art. 257 del progetto, che enunzia nel primo comma il principio che ciascun coerede ha diritto ad una parte in natura dei beni dell'eredità. A questo principio si sarebbe voluto apportare un temperamento, aggiungendo la espressione «a meno che la divisione dei singoli cespiti sia contraria all'interesse comune dei condividenti». Tale limitazione mi è sembrata di contenuto vago e generico, di fronte ai successivi articoli che, nei singoli casi, pongono le opportune limitazioni al principio della divisione in natura. Mi è sembrato perciò sufficiente, per far risultare che il principio della divisione in natura non ha carattere assoluto, affermare semplicemente che sono salve le disposizioni degli articoli successivi.

Massime relative all'art. 718 Codice Civile

Cass. civ. n. 3694/2021

Ai fini della comoda divisibilità, non ci si può basare esclusivamente sulla natura e destinazione degli immobili, ma occorre - soprattutto - tener conto dell'intera massa dei beni da dividere, in rapporto al numero delle quote e dei condividenti. Ne consegue che, allorché l'asse ereditario comprende un solo immobile, questo sarà comodamente divisibile se ciascuno dei coeredi potrà averne una parte, anche di valore inferiore alla quota di spettanza, salvo attuare il pareggio con l'operazione di conguaglio ovvero se, pur non essendo possibile frazionare comodamente l'immobile in tante parti, corrispondenti al numero ed alle quote dei condividenti, alcuni di questi richiedano congiuntamente la formazione di una porzione unica, corrispondente all'ammontare complessivo delle loro quote giacché, in questo caso, la divisione è resa possibile dal minore frazionamento dell'immobile.

Cass. civ. n. 17862/2020

Nella divisione ereditaria non si richiede necessariamente, in sede di formazione delle porzioni, una assoluta omogeneità delle stesse, ben potendo, nell'ambito di ciascuna categoria di beni immobili, mobili e crediti da dividere, taluni di essi essere assegnati per l'intero ad una quota ed altri, sempre per l'intero, ad altra quota, salvi i necessari conguagli, giacché il diritto dei condividenti ad una porzione in natura di ciascuna delle categorie di beni in comunione non consiste nella realizzazione di un frazionamento quotistico delle singole entità appartenenti alla stessa categoria, ma nella proporzionale divisione dei beni compresi nelle tre categorie degli immobili, mobili e crediti, dovendo evitarsi un eccessivo frazionamento dei cespiti in comunione che comporti pregiudizi al diritto preminente dei coeredi e dei condividenti in genere di ottenere in sede di divisione una porzione di valore proporzionalmente corrispondente a quello della massa ereditaria, o comunque del complesso da dividere. Pertanto, nell'ipotesi in cui nel patrimonio comune vi siano più immobili da dividere, il giudice del merito deve accertare se l'anzidetto diritto del condividente sia meglio soddisfatto attraverso il frazionamento delle singole entità immobiliari oppure attraverso l'assegnazione di interi immobili ad ogni condividente, salvo conguaglio.

Cass. civ. n. 2161/2020

In tema di divisione giudiziale di un compendio immobiliare ereditario, l'art. 718 c.c., in virtù del quale ciascun coerede ha il diritto di conseguire in natura la parte dei beni a lui spettanti con le modalità stabilite nei successivi artt. 726 e 727 c.c., trova deroga, ai sensi dell'art. 720 c.c., non solo nel caso di mera "non divisibilità" dei beni, ma anche in ogni ipotesi in cui gli stessi - secondo un accertamento riservato all'apprezzamento di fatto del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua, coerente e completa - non siano "comodamente" divisibili e, cioè, allorché sia elevata la misura dei conguagli dovuti tra le quote da attribuire ovvero quando quando, pur risultando il frazionamento materialmente possibile sotto l'aspetto strutturale, non siano tuttavia realizzabili porzioni suscettibili di formare oggetto di autonomo e libero godimento, non compromesso da servitù, pesi o limitazioni eccessive, e non richiedenti opere complesse o di notevole costo, ovvero porzioni che, sotto l'aspetto economico-funzionale, risulterebbero sensibilmente deprezzate in proporzione al valore dell'intero ovvero. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, in presenza di due immobili aventi una notevole differenza di valore, li ha assegnati ad uno solo dei condividenti sul presupposto che una divisione che avesse previsto due quote formate, ognuna, da uno dei beni avrebbe comportato il versamento di un conguaglio tale da assorbire in modo significativo una delle due quote, vanificando in tal modo l'obiettivo dell'effettiva divisione in natura).

Cass. civ. n. 25888/2016

In tema di divisione giudiziale di compendio immobiliare ereditario, l'art. 718 c.c., in virtù del quale ciascun coerede ha il diritto di conseguire in natura la parte dei beni a lui spettanti con le modalità stabilite nei successivi artt. 726 e 727 c.c., trova deroga, ai sensi dell'art. 720 c.c., non solo nel caso di mera "non divisibilità" dei beni, ma anche in ogni ipotesi in cui gli stessi non siano "comodamente" divisibili e, cioè, allorché, pur risultando il frazionamento materialmente possibile sotto l'aspetto strutturale, non siano tuttavia realizzabili porzioni suscettibili di formare oggetto di autonomo e libero godimento, non compromesso da servitù, pesi o limitazioni eccessive, e non richiedenti opere complesse o di notevole costo, ovvero porzioni che, sotto l'aspetto economico-funzionale, risulterebbero sensibilmente deprezzate in proporzione al valore dell'intero. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, malgrado la naturale ed agevole divisibilità di un bene immobile, costituito da due locali con ingressi indipendenti, ne aveva dichiarato la non comoda divisibilità, per la stretta connessione economica e funzionale dei locali medesimi, l’uno, adibito a deposito, strumentale all’altro, utilizzato come negozio).

Cass. civ. n. 20250/2016

Nell'ipotesi di non comoda divisibilità dei beni immobili compresi nell'eredita, è consentito che venga assegnato ad alcuni coeredi, che ne facciano unitamente domanda, un cespite comodamente separabile dagli altri e rientrante nella quota congiunta dei coeredi predetti, ancorché gli altri coeredi si oppongano, in quanto, come risulta dai principi in tema di comunione e dal combinato disposto degli artt. 718 e 720 c.c., l'attribuzione a più coeredi di un unico cespite "pro indiviso" è possibile se vi sia la richiesta congiunta dei coeredi interessati, che sono soltanto coloro i quali rimarranno in comunione nei confronti del cespite di cui è stata domandata la attribuzione.

Cass. civ. n. 9203/2004

Nella divisione ereditaria non si richiede necessariamente in sede di formazione delle porzioni una assoluta omogeneità delle stesse, ben potendo, nell'ambito di ciascuna categoria di beni, (immobili, mobili e crediti) da dividere, che alcuni siano assegnati per l'intero ad una quota ed altri, sempre per l'intero, ad altra quota, salvi i necessari conguagli.

Cass. civ. n. 2918/1990

L'art. 718 c.c., nel riconoscere a ciascuna delle parti del giudizio di divisione il diritto di conseguire la sua porzione in natura di un bene immobile comodamente divisibile, attribuisce al giudice, onde realizzare la divisione in natura, il potere di disporre l'esecuzione di opere particolari, al fine di assicurare proporzionalità e funzionalità delle quote assegnate ai singoli condividenti.

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Consulenze legali
relative all'articolo 718 Codice Civile

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P. V. chiede
giovedì 09/11/2023
“Buonasera,

A seguito della morte dei genitori, tre fratelli diventano comproprietari dei beni immobili ereditati.
Pertanto si configura comunione ereditaria tra i tre fratelli.
I tre fratelli : A, B E C sono rispettivamente:
A celibe ;
B coniugato in regime di separazione dei beni, senza figli;
C coniugato in regime di comunione dei beni, con due figli
Si chiede:
1) In quali modi si può sciogliere la comunione e consentire ai singoli coeredi, rispettivamente, di diventare unico proprietario dei singoli beni?
2) In questo procedimento di suddivisione dei beni potrebbe rientrare il coniuge di C che è in regime di comunione dei beni?
Rimango in attesa della vs consulenza e consigli in merito a quanto sopra-esplicato.
In attesa di una certa risposta ringrazio anticipatamente ed invio cordiali saluti

Consulenza legale i 15/11/2023
La questione che si chiede di affrontare risulta abbastanza semplice, tenuto conto che i soggetti a cui ci si riferisce, ovvero i tre fratelli A-B e C, versano in un ordinario stato di comunione di beni c.d. forzosa, che per nulla differisce da quello di comunione volontaria, se non per il titolo di provenienza.
Intanto occorre precisare che il particolare titolo in forza del quale si è instaurata tra i fratelli la comunione dei beni immobili (ovvero la successione ereditaria) vale ad escludere che quei beni, anche a seguito della divisione, possano entrare a far parte della comunione legale dei beni per il fratello che versa con il coniuge in tale regime.
In tal senso dispone la lett. b) del comma 1 dell’art. 179 del c.c., ove viene espressamente detto che non costituiscono oggetto di comunione e sono beni personali del solo coniuge acquirente, quelli acquistati successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, a meno che nel medesimo atto di donazione o nel testamento il disponente non abbia manifestato la volontà di attribuirli alla comunione.

Escluso, dunque, che il coniuge del fratello C possa acquisire diritti sui beni caduti in successione e che adesso dovranno formare oggetto di divisione, per quanto concerne lo scioglimento della comunione non ci si può che riferire alle norme dettate al riguardo dal codice civile, ed in particolare agli artt. 713 e ss. c.c., richiamati peraltro dall’art. 1113 c.c., inserito a sua volta tra le norme sulla comunione in generale.

I principi generali che si ricavano dalla lettura di tali norme è che due sono le forme di divisione a cui si può ricorrere, e precisamente:
a) la divisione consensuale, la quale presuppone, come per tutti i contratti, l’accordo di tutti i soggetti interessati;
b) la divisione giudiziale, alla quale si deve necessariamente fare ricorso nell’ipotesi in cui i condividenti non raggiungano un accordo sulle concrete modalità di dividere i beni ovvero nell’ipotesi in cui taluno di essi si rifiuti di addivenire alla divisione (si tenga presente, infatti, che il diritto di chiedere lo scioglimento della comunione, sia ordinaria che ereditaria, ha natura di diritto potestativo, il che significa che anche se uno solo dei comunisti richiede di procedere a divisione dei beni comuni, gli altri devono soggiacere a tale richiesta, volontariamente o giudizialmente).

Ciò posto, considerato che nel caso di specie i beni da dividere sono immobili, dovrà specificatamente farsi applicazione, sia nel caso di divisione consensuale che giudiziale, degli artt. 718, 720 e 729 c.c.
La prima di tali norme sancisce il principio di carattere generale secondo cui ciascun comunista ha diritto di chiedere la sua parte in natura di beni mobili o immobili; ciò comporta che se, nel caso in esame, dovessero esservi tre immobili da dividere, tanti quanti sono i fratelli, ciascuno potrebbe chiedere l’assegnazione per intero di uno degli immobili e, in caso di differente valore, eguagliare tale assegnazione mediante il riconoscimento di conguagli in denaro.

Qualora, invece, oggetto di divisione dovesse essere un solo immobile non comodamente divisibile, dovrà farsi applicazione del successivo art. 720 del c.c., norma che costituisce, appunto, una deroga al principio generale di cui all’art. 718 c.c.
In particolare, per “comoda divisibilità” deve intendersi la possibilità di frazionare il bene in tante quote quanti sono i coeredi.
Presupposti per accertare rigorosamente la comoda divisibilità di un immobile sono:
1. sotto l'aspetto strutturale, la possibilità di formare in concreto porzioni suscettibili di autonomo e libero godimento, non compromesso da servitù, pesi o limitazioni eccessivi, e non richiedenti opere complesse e di notevole costo;
2. sotto l'aspetto economico funzionale, la divisione deve poter non incidere sulla originaria destinazione del bene e non comportare un sensibile deprezzamento del valore delle porzioni rispetto al valore dell'intero, tenuto conto della normale destinazione ed utilizzazione del bene stesso (così, tra le tante, Cass. ord. 24185/2017, Cass. 3635/2007, Cass. 22833/2006).

Disciplinando l'ipotesi in cui l'immobile sia non divisibile o non comodamente divisibile, l'art. 720 si differenzia poi dal successivo art. 729 del c.c., il quale si occupa al contrario della divisione degli immobili divisibili, disponendo per tale ipotesi l’applicazione del criterio del sorteggio.

Volendo a questo punto sintetizzare le regole fin qui esposte, può suggerirsi quanto segue:
a) se nell’eredità vi sono tre immobili e ciascun coerede è interessato ad uno di essi, si può procedere all’assegnazione diretta;
b) se gli immobili sono di uguale valore e nessuno degli eredi manifesta una preferenza, si applicherà il criterio dell’assegnazione per sorteggio;
c) se gli immobili sono di diverso valore, la differenza verrà regolata con i conguagli in denaro;
d) se uno o più degli immobili da dividere non sono comodamente divisibili, secondo la definizione che ne è stata data sopra, si potrà procedere alla loro vendita e successiva divisione in parti eguali della somma ricavata;
e) sempre in caso di indivisibilità, se almeno due dei coeredi sono d’accordo, possono chiederne l’attribuzione per intero e versare all’altro coerede una somma di denaro pari al valore della sua quota.

Ovviamente, questi sono alcuni degli scenari, meramente ipotetici, che possono prospettarsi, tenuto conto che non si conosce il numero degli immobili, la loro consistenza, il loro presumibile valore, la loro divisibilità o meno e, soprattutto, le intenzioni e gli interessi dei singoli coeredi.